Sangriata
- la storia
e le incertezze del 2005, il NO del 2006
(con
gli aggiornamenti di cronaca e l'esito del sondaggio)
Nel 2011-2012 si riprova con il
Circo Nero
PER LE PROBLEMATICHE
LEGATE ALL'INQUINAMENTO SCORRERE VERSO IL BASSO DELLA PAGINA
immagini Clicca sulle foto per ingrandirle
e leggere la
Un pomeriggio di
dicembre 2005 con il mare in "calmata" di libeccio
Tutto quanto mostrato sopra è
attraente, ma la realtà è molto diversa...
Fosso Bianco: staccionata anti-balneazione
nello scarico
Una staccionata in legno, 50
metri a nord e 50 a sud dello scarico del fosso bianco, delimita la zona
di divieto di balneazione e permanenza sull'arenile che dal Lillatro
porta verso le Spiagge Bianche. Un modo per marcare ancora
più visibilmente una zona che, seppur molto frequentata in estate dai
turisti, è interessata da uno scarico industriale e per questo vietata
alla balneazione. I cartelli di divieto venivano rimossi, ogni estate,
dai frequentatori delle spiagge. E così, per rendere ben visibile il
divieto di tuffarsi in acqua è stata fatta la staccionata. ("Il
Tirreno" A. Bernardeschi 2/3/2012) Siamo andati a verificare immaginando una staccionata che seguisse il
fosso fino allo scarico su i due lati impedendone l'attraversamento, se
non sul ponticello di legno. Niente di tutto questo: si tratta di una
cinquantina di tubi ø
80 vecchi e arrugginiti, collegati
da una catena zincata, che corrono parallelamente alla linea di battigia
salvo avvicinarsi a questa di pochi metri alle due estremità. Una specie
di arco molto aperto, con una decina di tubi che portano infisso un
paletto di legno che sostiene altrettanti cartelli con l'ordinanza di
divieto. Scritti su pannelli in compensato non rinforzato né marino, la
metà dei quali è già mancante. Inoltre mentre fino all'estate 2011 il
canale di scarico terminava all'inizio della battigia, oggi la spiaggia
è allungata di circa 30 m. ricreando una comoda area di passo fra la
bocca del fosso e ed il mare, in pratica ripristinando condizioni simili
a prima dell'allungamento degli argini nel 2004. Pertanto se si vuole
che lo sbarramento raggiunga il suo scopo per quanto possibile,
occorre allungare le due estremità fino ad alcuni metri oltre la
battigia usando pali in acciaio inox anche di recupero di facile
reperibilità, con catene anche zincate. (Vedi
anche)
ATTENZIONE: per i tratti di mare adiacenti, indubbiamente
suggestivi, tieni presente le parole di questo
signore...ed agisci responsabilmente, ora che sei
stato informato.
Giugno 2012 - Medicina Democratica:
«Il
sindaco impedisca l’accesso alle Spiagge bianche»
È in sintesi la richiesta di
Medicina Democratica, che chiede anche «la rimozione dei nuovi cartelli
posizionati per indicare le Spiagge bianche con l’apertura della nuova
bretella ai Polveroni». Il motivo? «Perché quel tratto di mare è
altamente inquinato». M.D. sostiene questo sulla base «che la conferenza
dei servizi, riunita nel luglio 2009 per il rispetto dell’accordo di
programma tra Solvay e istituzioni, ha verbalizzato che alle Spiagge
bianche sono depositate circa 500 tonnellate di
MERCURIO. Inoltre uno
studio di Inail e Ispels del 2010 afferma che Solvay è la massima
emettitrice di arsenico in acqua.
Infine, la dichiarazione PRTR 2011 resa da Solvay al ministero
dell’Ambiente afferma che l’arsenico scaricato in mare nel 2010
ammontava ancora a 1449 kg/anno. La stessa dichiarazione dice che sempre
nel 2010, ad esempio, sono stati scaricati in mare:
ARSENICO
(2006)
2.930 kg
ARSENICO
(2010)
1.449 kg
CADMIO (cancerogeno)
91 kg
CROMO e composti
1.540 kg
MERCURIO
71 kg
NICHEL
1.766 kg
PIOMBO
3.218 kg
ZINCO
15.049 kg
FOSFORO
39.603 kg
L'AMMINISTRAZIONE
COMUNALE SULLA BALNEABILITA' DELLE SPIAGGE BIANCHE:
"CONTROLLI CONTINUI E PARAMETRI IN LINEA CON LA NORMATIVA DI
RIFERIMENTO"
In riferimento ai dati e alle informazioni sulla
balneabilità delle spiagge bianche fornite da Medicina
Democratica, il Comune di
Rosignano intende in primo luogo rassicurare i fruitori
delle spiagge bianche e stigmatizzare l’utilizzo dei dati da
parte della stessa Medicina Democratica in maniera non
corretta, con finalità in qualche modo allarmistiche.
Esistono tutta una serie di organismi di controllo deputati
a verificare i dati sulla balneabilità dello specchio acqueo
e sugli scarichi industriali dell’accordo di programma, in
primis Arpat. Da parte di questi organismi vengono
effettuati controlli periodici e ad oggi i parametri
rilevati sono in linea con la normativa, che è punto di
riferimento per garantire la balneabilità delle acque.
D’altra parte anche un’eventuale ordinanza di divieto
potrebbe essere costruita soltanto sulla base di un
comprovato non rispetto dei parametri stabiliti dalla legge.
L’Amministrazione Comunale ha chiesto comunque alla società
Solvay di delimitare con chiarezza ed evidenza lo spazio
interdetto alla balneazione di 100 metri a nord e di 100
metri a sud del canale industriale.
Visto
che anche questo sito da ormai 10 anni ha affrontato la
problematica in oggetto, ci sia consentita una breve analisi
delle versioni sopra esposte, non per presunzione di
conoscenza, ma per un'intera vita trascorsa nelle
fabbricazioni dello stabilimento, parimenti ad altre decine
di migliaia di persone durante i 100 anni della sua storia a
Rosignano. Chi ha operato nei settori della produzione
chimica, sa bene che i dati riportati da M.D. sono
assolutamente realistici e riportati da studi accreditati,
quindi sono ben lontani dal voler creare gratuito
allarmismo. Tuttavia l'Amministrazione deve attenersi alle
analisi correnti che campionate alla foce del fosso di
scarico, con opportuna diluizione, raramente fuoriescono dai
limiti. Da qui il problema reale che viene così a presentare
tre facce incompatibili.
A - Per MD c'è un inquinamento accumulato nei decenni, che
va ben al di là delle analisi puntuali dell'organismo
preposto e che ha comportato l'immissione e l'accumulo in mare di
quantità importanti di materiali tossici, ai quali si aggiungono
ogni anno le quantità indicate. (Da ricordare che fino ai
primi
anni '80 l'inquinamento prodotto dall'area Nuove
Fabbricazioni, Craking, ed ex Aniene era spaventoso).
B - Per l'Amministrazione (e per Solvay) le analisi di
routine non giustificano allarmismi e quindi non sono
necessari provvedimenti restrittivi, al punto che il
quotidiano locale riportando la nota del Comune sopra
riportata titola:
"Le spiagge bianche non sono inquinate".
C - Pertanto, la realtà sta in questi termini: l'azienda è
autorizzata a scaricare, l'Arpat fa le analisi con
campionatori in continuo, l'Amministrazione mantiene i
cartelli di divieto di balneazione ove previsto.
Tutti sono in regola, la legge è rispettata, ed i cittadini
ignari (forse) arrivano da mezza Toscana per godersi il
sole "tropicale", con l'aiuto delle numerose indicazioni
stradali che indirizzano verso le spiagge bianche, ovvero
verso uno dei luoghi più inquinati d'Italia, si voglia
ammettere o no.
Queste stesse considerazioni nel 2004 convinsero la Società
Solvay ad allungare gli argini del fosso fino alla battigia
e realizzare un opportuno ponticello, per evitare l'altro
grave problema parallelo, quello dei bagni dei bambini e non
solo, nella
foce dello scarico.
Quale può essere allora una soluzione
ragionevole stando così le cose?
1 - Considerare l'area per
quello che realmente è diventata in un secolo, cioè una
discarica marina a cielo aperto, dove la balneazione deve
essere SCONSIGLIATA con opportuni cartelli informativi del
tipo "AREA INQUINATA DA SCARICO INDUSTRIALE" posti agli accessi e non INDIRIZZATA
nella zona con ripetuta cartellonistica
stradale dedicata. Questa contraddizione suona come un IMBROGLIO
per la cittadinanza
locale e non solo e non può essere ulteriormente tollerato
trattandosi di problematica legata alla salute.
Gli organi preposti non possono fare finta di non sapere. Il
cittadino poi sceglierà se accedere o meno, ma deve
essere messo in condizioni di conoscere la realtà ambientale
ed i rischi ad essa collegati.
2 - Allargare i limiti del divieto dai 100m.
di oggi sui due lati del fosso ad almeno 500m. comprendendo
l'area della ex discarica costiera, industriale e urbana
usata fino al febbraio 1987 che finisce alla foce del Fine.
3 - Evitare
raduni con migliaia di persone.
4 - Vigilare o provvedere con recinzioni vere, affinché alla foce del fosso bianco
sia reso IMPOSSIBILE fare il
bagno.
Di più è obbiettivamente non si può fare, ma nascondersi
dietro un dito (i valori delle analisi puntuali), negando la
tragica realtà odierna, come si è fatto fino ad oggi è
del tutto irresponsabile oltre che penalmente rilevante.
Esprimete la vostra opinione sull'argomento da
QUI o da Facebook (Gruppo Lungomarecastiglioncello.it)
La nonna di Tamara e Maurizio Carmignoli, ogni tanto ci portava
alle spiagge e noi felicissimi facevamo il bagno nell'acqua
calda del fosso, ganzo! anni 56/57, poi di quei posti brulli e
trasandati non ho più memoria, tornato alla fine degli anni 70,
trovai una specie di campo di naturisti, pensando, che passi
avanti ha fatto la Solvay! però il posto non mi piaceva a parte
le belle figliole con stratanga e petto nudo, mai avrei pensato
che un'amministrazione potesse essere così inefficiente e che
sia inefficiente lo si vede da tante cose...ma addirittura nella
salute pubblica. Arrivati a questo punto credo ci sia ben poco
da fare. Luigi Festa - Milano
Sarà che a Livorno a forza di sopravvive ai pisani siamo
diventati furbi, ma a Rosignano siete proprio tonti. Scusate, ma
ci vuole proprio tanto a risolvere il problema ambientale là
dove l'inquinamento chimico è palpabile (io non ci vado più da
quando l'ho capito) e l'attrazione è dovuta al colore bianco
della spiaggia simil-tropicale? Se la natura ha dato al
carbonato di calcio il colore bianco, non è colpa della Solvay,
che se potesse venderebbe anche quello che gli scappa in mare.
Basta solo che la fabbrica aggiunga del colorante, magari
ecologico per non aggravare la situazione nel fosso ed aspettare
qualche anno. Con un colorante marrone, la spiaggia diventerà
color sabbia uguale a tutte le altre e fiorentini e pisani,
smetteranno di far la fila per prendere il sole delle Maldive. A
quel punto tanto vale andare alla Mazzanta o alle Gorette ed in
più si toglierebbe al Comune il peso di una situazione di
difficile gestione. Chi ci va ugualmente è fesso e quindi non fa
testo, lasciamocelo stare. Marco Freddi - Livorno
E così la spiaggia
diventerebbe marrone ed il mare color cacca, soprattutto quando
è scirocco come quando piove tanto ed uno si illuderebbe di
essere nell'Adriatico, chissà che schifo da vedere soprattutto
da lontano.
Luigi Santinoceto. (FB)
E’ stato inviato alla Procura della Repubblica Di Livorno
l’esposto firmato da Medicina Democratica in cui si chiede di
vietare la balneazione alle spiagge bianche di Vada.
L’iniziativa dopo che il sindaco di Rosignano, Alessandro
Franchi, ha respinto la richiesta presentata da M.D. e
giustificata con l’inquinamento causato dall’immissione in mare
di sostanze tossiche con gli scarichi della Solvay. In
particolare M.D. ha prodotto una documentazione, parte della
quale proveniente dalla stessa Solvay, in cui si parla di
immissione in mare di sostanze come arsenico, mercurio, cromo,
cadmio e nichel. Sostanze che, rappresenterebbero un pericolo
per chi fa il bagno alle spiagge bianche.
Tanto per cambiare ci risiamo, prendi nota e non mancare:
22 luglio - Circo Nero - Spiagge Bianche a cura di Comune e Pro
Loco Vada
19 agosto - Guinnes Primati – Concerto Live - Spiagge Bianche a
cura di Comune e Pro Loco Vada
I Caraibi di
Toscana e l’arsenico in mare «Ma non c’è rischio» Spiagge
bianche, l’Italia dei Valori porta il caso in Regione L’Arpat e
il sindaco rassicurano: dati sempre nella norma.
Da una parte un ambientalista che vorrebbe chiuderle. Da
un'altra il sindaco che lo accusa di allarmismo. Poi l’azienda
che nega l'inquinamento. E infine una procura, alla quale viene
chiesto di avviare una seconda indagine. Tutti lì, attorno alle
Spiagge bianche, versione vadese dei Caraibi. Sabbia e acque
stinte dagli scarti di soda della Solvay, lo stabilimento
chimico che sovrasta quel litorale affollato di surfisti,
bellezze e set prediletto dalle agenzie pubblicitarie. E ora
l’Italia dei Valori, con un’interrogazione in Regione, vuole
vederci chiaro: diteci se le spiagge sono inquinate e, se è
così, segnalatelo in modo che i bagnanti siano consapevoli dei
rischi. Maurizio Marchi, di Medicina democratica, ha spedito un
esposto alla Procura perché quel paradiso color bianco e
turchese è «un luogo altamente inquinato, usato da Solvay per lo
scarico di una quantità impressionante di sostanze tossiche».
Chiede che i magistrati indaghino e che qualcuno metta un
lucchetto a quella spiaggia. Chiede che il sindaco tolga la
segnaletica stradale, un invito ad andarci. Il sindaco
Alessandro Franchi risponde picche. Perché «l’allarmismo non
serve e i dati sulla balneabilità e sugli scarichi industriali
sono in linea. Io non dico che l’acqua non sia inquinata, non ho
gli strumenti per farlo. Devo attenermi a quanto mi certifica
Arpat. E finora Arpat mi dice che è tutto sotto controllo».
Dunque si rimane al divieto circoscritto alla "foce" del fosso
bianco: 100 metri a nord e 100 a sud. Marchi nel suo dossier
cita una serie di dati. Ad esempio il verbale del 2 luglio 2009
redatto dalla Conferenza dei servizi per valutare il rispetto
dell'Accordo di programma del 31 luglio 2003, accordo di cui
parliamo più avanti. In quel verbale, a pagina 6, c'è scritto
che alle Spiagge bianche «negli ultimi 65 anni sono state
scaricate in mare oltre 500 tonnellate di mercurio». Marchi
produce anche uno studio di Inail e Ispels del 2010 in cui si
accerta il triste primato di Solvay nella classifica degli
sversamenti in mare di arsenico. A pagina 37 si indica la
quantità emessa nel 2006: 2.930 chili. Che diventano la metà
secondo la dichiarazione Prtr (Pollutant release and transfer
register) 2011 resa da Solvay al ministero dell'ambiente:
risultano scaricati in mare lo scorso anno 1.449 kg di arsenico,
oltre a 91 di cadmio, 1.540 di cromo e composti, 71 di mercurio,
1.766 di nichel, 3.218 di piombo, 15.049 di zinco, 39.603 di
fosforo, 221 di sostanze organiche clorurate, 350 di fenoli.
Arpat replica che Solvay ha un'autorizzazione rilasciata dal
ministero dell'ambiente il 6 agosto 2010 sottoposta a un
controllo integrato annuale, durante il quale vengono
controllati a pié d'impianto gli scarichi dei processi
lavorativi di elettrolisi, clorometani, perossidati; e
un'autorizzazione provinciale (30 ottobre 2007) sottoposta a un
controllo annuale degli scarichi relativi alla sodiera. Inoltre,
in base a una delibera della Regione (336/2011) Arpat ogni mese
controlla lo scarico generale Solvay per cadmio, piombo,
mercurio, nichel. E arsenico, una volta al mese, ma solo dal
2011. Per l'agenzia i dati sono nei limiti. Ieri intanto l'Idv
in Regione ha presentato un'interrogazione: «È impensabile -
scrive il capogruppo Marta Gazzarri - che una zona ad alto
rischio per la salute dei cittadini venga segnalata come luogo
di balneazione. Dallo studio condotto nel 2010 da Ispels e Inail
emerge che in Toscana si emette nelle acque ben il 42,8%
dell'arsenico riversato in Italia e che il massimo emettitore è
la Solvay. Questa situazione è preoccupante specie per il gran
numero di persone che affollano le spiagge e per il pescato
nella zona. Dato che l'impianto in questione costituisce
un'importante realtà produttiva del territorio e che tuttavia le
esigenze economiche non possono prescindere dalla tutela della
salute dei cittadini, chiediamo alla giunta toscana se sia al
corrente di quali siano gli impianti responsabili dell'emissione
di arsenico. Se intende mettere in atto interventi per
monitorare il tratto di costa e per bonificare le acque
interessate dalla contaminazione. Mi auguro che qualora tale
situazione venga accertata si provveda tempestivamente a
segnalare il pericolo a bagnanti e pescatori». Sui fanghi Solvay
peraltro è ancora aperta, come conferma il procuratore capo
Francesco De Leo, un'inchiesta avviata nel settembre del 2009
dopo lo sforamento dei limiti accertato da Arpat. L'agenzia
infatti stabilì che non era stato rispettato l'accordo siglato
nel 2003 da Solvay, Comune, Provincia, Regione, ministeri
dell'ambiente e delle attività produttive per la riconversione
ecologica della fabbrica. Un accordo da 57 milioni di euro, di
cui 17 a carico delle amministrazioni pubbliche, con cui
l'azienda si impegnava a sostituire le vecchie celle a mercurio
dell'elettrolisi con quelle a membrana, a ridurre gli
emungimenti di acqua di falda e a ridurre la quantità di solidi
sospesi scaricati in mare dal fosso bianco, fino alla loro
totale eliminazione. Solvay rispettò solo i primi due punti, non
quello sui fanghi. Nel 2003 scaricava 200mila tonnellate
all'anno. Nel 2008 avrebbero dovuto scendere a 60mila e invece
furono il doppio.
Alessandro De Gregorio "Il
Tirreno" 20/6/12
Parliamoci
chiaro. Io che per anni (decenni) ho consentito l'invio nel
fosso bianco tonnellate di trielina, di percloroetilene, di
tetracloroetano, di clorometani, di acido cloridrico, ecc. ecc.
ad ogni fermata degli impianti perchè così era... impostato il
sistema, mi dico che se raccontassero uno alla volta i singoli
attori degli altri impianti che scaricavano solventi e molto
altro (PLT, acqua ossigenata, clarene, mercurio fin dal 1940, ed
in primis 15 anni di CK (1965-79) con benzinoni, nafta, oli
pesanti di ogni tipo stoccati in vasche di terra adiacenti al
fosso Lupaio, verrebbe fuori un quadro che farebbe cambiare
opinione a tanti che credono o devono credere ai dati analitici
odierni. Il mio rimorso e quello di tanti altri addetti ai
lavori è oggi di non aver mai preso coscienza vera del disastro
ecologico che stavamo alimentando, anche perchè, ma non è una
giustificazione, non c'era negli anni 60-80 una mentalità
ambientalista diffusa. Ecco perchè i dati di MD sono credibili
ed aggiungo, fortemente riduttivi. Mi permetto allora un invito
amichevole al nostro Sindaco che non ha elementi sufficienti per
proibire e segnalare il pericolo salute: Faccia almeno togliere
i 5-6 cartelli indicatori SPIAGGE BIANCHE, avrà fatto un
servizio corretto e responsabile alla cittadinanza.
(NdR)
Io credo nel
fair play, mi spiego! Le spiagge ci sono e sono belle, ma è
altrettanto vero che i dati di MD sono altamente riduttivi, come
dice lei, di quello che è avvenuto ed avviene a mare del fosso
lupaio. Oggi abbi...amo i mezzi, la mentalità e la lobby
ambientalista per far emergere i fatti; ma non lo vogliamo! La
sua generazione non parla, o pochi parlano, perché dovrebbero
esporsi e chi si espone in Italia senza una corporazione alle
spalle passa dal Grillo della situazione. La mia generazione è
fatta di ragazzi senza storia, non ne sappiamo niente, non
sappiamo un cavolo di quello che accade in funzione
dell’industria, tanto più quelli a cui muore la mamma o il padre
di un tumoraccio (per giunta raro chissà perché???) rimangono
solo addolorati e per niente indignati, arrabbiati, incazzati.
Danno magari la colpa al bisolfito del vino del nonno o il rame
sulle albicocche del giardino.
Per quanto riguarda chi controlla, non mi espongo. Ho delle idee
troppo drastiche per essere scritte, dovremmo incavolarci
profondamente e rivedere a fondo la reale divisione dei poteri
che in questo stato manca ed il metro di misura troppo
cognominale per l’assegnazione degli incarichi. Ieri sera ho
ascoltato Sofri a Ballarò ed il suo ultimo intervento mi è parso
calzante per la situazione attuale che stiamo vivendo, diceva
più o meno così: “durante il Fascismo c’era un’autarchia contro
gli stati esteri, oggi viviamo un’autarchia verso gli stessi
italiani, sono sempre gli altri sbagliati, il mio orto va bene è
l’altro che è scorretto!!”….altro non è che quello che emerge
dall’articolo che ha postato…..!!!!...incrociamo le dita e
speriamo nel perdono divino…!!! - Filippo Martellacci. Vada
Che sia stato
scaricato tutto quello che hai detto non ci sono dubbi, ma una
considerazione la devo fare. Togliere i cartelli è come dire a
un malato non hai nulla e lui guarisce e l'autore dell'articolo
conosce molto bene i problemi del fosso bianco dagli anni 60,
quindi non dice niente di nuovo. Angiolo Giusti - Rosignano S.
Spiagge
Bianche, per l’Arpat è tutto ok - L’agenzia sulla richiesta di
vietare la balneazione: «Le concentrazioni di arsenico sono
nella norma». Livelli nella norma per quanto riguarda
l'arsenico. L'Arpat interviene nel caso sollevato da Maurizio
Marchi relativo al presunto inquinamento delle Spiagge bianche.
Il coordinatore di Medicina democratica nei giorni scorsi ha
presentato un esposto in Procura allegando un dossier in cui
cita dati forniti da Ispesl, Inail e dalla stessa Solvay. Dati
che riguardano metalli pesanti come mercurio, cromo, cadmio,
nichel e arsenico. Arpat fornisce uno studio dettagliato anche
se relativo al solo arsenico. Dopo aver ricordato il complesso
regime di autorizzazioni e controlli che riguardano la Solvay, e
di cui avevamo già parlato, Arpat scrive che «la principale
unità produttiva Solvay da cui ci risulta probabile l'emissione
di arsenico nello scarico idrico è la sodiera che utilizza coke
e antracite nel processo di calcinazione. Queste materie prime
contengono naturalmente arsenico. Dall'analisi dei report
annuali dell'unità produttiva sodiera, trasmessi da Solvay
relativi agli anni 2009 e 2010, si evince un quantitativo annuo
di arsenico scaricato in acqua pari a 2.531 kg per il 2009 e
1.301 kg per il 2010. Tali valori sono paragonabili con il dato
di 2.930 kg indicato nel suddetto report Ispesl per il 2006. La
modesta concentrazione di arsenico rilevata allo scarico,
inferiore di almeno un ordine di grandezza rispetto al limite di
legge e il flusso di massa citato dal rapporto Ispesl, sono del
tutto paragonabili, in considerazione della rilevante portata
dello scarico generale della Solvay, che è pari a circa 10.000
mc/h. Nel corso del 2011 l'Agenzia ha anche effettuato una
indagine eco-tossicologica sui solidi sospesi nelle acque di
scarico della Solvay, nonché sui campioni di sedimenti e sabbie.
I risultati delle analisi hanno evidenziato una completa assenza
di tossicità o valori di tossicità inferiori al limite di
tossicità trascurabile». «Riguardo alla qualità delle acque di
balneazione e di quelle marino-costiere - prosegue la nota -
Arpat effettua un costante monitoraggio con le seguenti
caratteristiche. Balneazione: durante la stagione balneare (1
maggio - 30 settembre) Arpat effettua campionamenti e analisi
con frequenza mensile per verificare l'idoneità alla balneazione
in tutte le aree di balneazione presenti sul territorio
regionale al fine di supportare gli enti a cui la normativa in
materia attribuisce specifiche competenze. I risultati di tali
accertamenti sono tempestivamente resi disponibili sul sito
dell'Agenzia». Riguardo alle due aree di balneazione in cui sono
suddivise le cosiddette «spiagge bianche non risultano
superamenti dei valori previsti dalla normativa europea per la
balneazione per tutti i campionamenti effettuati». Acque
marino-costiere: Arpat effettua il monitoraggio lungo tutta la
costa toscana, su una rete costituita da 19 punti di
campionamento. I campioni di acqua vengono prelevati,
utilizzando il battello oceanografico Poseidon a 500/1000 metri
dalla riva con cadenza bimestrale. Nei medesimi punti sono anche
prelevati campioni di sedimenti con cadenza annuale. I dati del
monitoraggio sono resi disponibili con una relazione annuale
pubblicata sul sito dell'Agenzia. Fra le sostanze ricercate
nella colonna d'acqua c'è anche l'arsenico, che risulta con
livelli nella norma per quanto riguarda tutta la costa toscana.
Da vecchio
chimico mi
permetto solo una considerazione:
Con queste analisi praticamente perfette, del tutto analoghe alle zone con Bandiera Blu, non c'è
da aspettarsi alcun tipo, neppur minimo, di provvedimento
cautelare. Per ulteriori confronti vedere:
http://www.arpat.toscana.it/temi-ambientali/acqua/balneazione/livorno, quindi via libera alle
iniziative come quella sotto con il patrocinio di Provincia e
Comune:
Ritorna alle Spiagge bianche il grande spettacolo del Circo
Nero, che lo scorso anno ha richiamato sull’arenile di Rosignano
Solvay migliaia di giovani, che hanno ballato dal pomeriggio
fino all’alba. L’organizzazione di questo show on the beach ha
fissato la data dell’evento 2012: il prossimo 22 luglio, con
inizio alle 11. «Per una festa in massima sicurezza - spiega una
nota dell’organizzazione sul proprio profilo Facebook - in
accordo col Comune di Rosignano Marittimo che dedicherà un' area
vicina alle Spiagge bianche per il parcheggio degli autobus,
Circo Nero organizza servizio pullman da ogni città della
Toscana. (vedi
2011)
Caro Andrea, ho letto, ho letto, vuol dire che ora sono
tranquillo perché le centinaia di tonnellate inquinanti che ho
mandato nel fosso io, si sono volatilizzate senza alcun danno,
quindi state tranquilli e continuate pure. Resta però il fatto
assai noto come ben sai, che l'analista trova se vuol trovare...
I Caraibi chimici
più bianchi del sole
Spiagge
bianche: migliaia di bagnanti davanti alla Solvay, dove le
suggestioni tropicali convivono con la soda Una grande finzione
da cartolina tra gli scarichi industriali e gli allarmi
ambientali: foto, tintarella e metalli pesanti.
Il
paradiso tarocco inizia subito a sud di Rosignano Solvay. Il
mare è di un bianco abbacinante, ma anziché latte è solo fango
industriale mischiato ad acqua. La spiaggia rievoca i Caraibi,
in realtà è solo il risultato della risacca che deposita a terra
calcare e gesso residui della lavorazione chimica. La collinetta
dà idea di una duna, però è un'ex discarica di rifiuti civili e
di scarti di produzione, formalmente chiusa nel 1983 ma di fatto
tenuta aperta fino al 1986 per evitare che i ratti invadessero
l'abitato. Eppure in ogni weekend sulle spiagge bianche si
riversano migliaia di persone, soprattutto giovani in cerca di
una tintarella veloce e duratura. Mollano auto e moto negli
spiazzi del Galafone e in quello vicino all’ex passaggio a
livello. E con andatura stanca vanno a rosolarsi nel paradiso
tarocco, dove in mare confluisce lo scarico industriale del più
grande polo chimico dell’Italia centrale. E per questo, oltre
che di sale, sa di sfida. Attraverso il Fosso Bianco,
perennemente percorso da un fiumicello che sembrerebbe fatto di
Nivea se non fosse tanto liquido, nel 2011 lo stabilimento
Solvay ha sversato in mare 1449 chilogrammi di arsenico, 91 di
cadmio, 1540 di cromo, 1868 di rame, 71 di mercurio, 1766 di
nichel, 3218 di piombo, 15049 di zinco. Nel 2009 la procura di
Livorno ha avviato un’indagine sul volume complessivo dei fanghi
scaricati: a fine 2008 l’Arpat ne certificò 129mila tonnellate,
più del doppio delle 60mila previste dall’accordo di programma
del 2003. Nel 2010 le tonnellate furono 120mila, anch’esse
depositate sui fondali coperti dai fanghi di decenni di attività
industriale e pieni di metalli pesanti. Solo nel 2003 le
tonnellate furono 200mila, più del triplo di quanto poi previsto
nell’accordo, eppure più povere d’inquinanti pericolosi rispetto
ai decenni precedenti, quando al posto delle celle a membrana
nei circuiti produttivi si usavano quelle a mercurio. Ecco, le
Spiagge bianche sono state generate dal polo chimico. Ciò
nonostante vengono prese d’assalto senza che da qualche parte vi
sia una scritta con qualcosa di essenziale, tipo: “In questo
tratto di mare non esiste divieto di balneazione. Però c’è uno
scarico industriale”. Basterebbe un po’ d’informazione in più.
Gli unici cartelli sono quelli delle rotatorie, visto che
persino sul sito www.costadeglietruschi.it (fatto dall’ex Apt),
le Spiagge Bianche sono celebrate come un’attrattiva turistica e
lo specchio di mare antistante decantato come cristallino: «Ci
va tanta gente, il risultato delle analisi eseguite dall’Arpat
le promuove come un sito a balneazione consentita», spiega Paolo
Pacini, assessore provinciale all’ambiente. In effetti le cose
stanno così, anche se c’è da dire che per legge gli unici
parametri di cui si tiene conto per la balneabilità delle acque
sono quelli fecali. E lì scarichi urbani non ce ne sono, benché
in pochi chilometri vi siano concentrate l’ex discarica, le
tubazioni Solvay, un serbatoio di etilene e il depuratore, il
quale per un certo periodo di tempo ha scaricato dentro al Fosso
Bianco: i prodotti clorati immessi nel fiume di latte finto
avrebbero ucciso ogni cosa. Figuriamoci i batteri del
depuratore. Nelle ultime settimane però non si è parlato di
colibatteri ma di arsenico. Maurizio Marchi di Medicina
democratica, dopo aver presentato una serie di esposti alla
magistratura tra cui quello che ha prodotto l’inchiesta avviata
nel 2009, ne ha presentato un altro: «È un luogo inquinato,
usato per scaricare sostanze tossiche», ha scritto. Una premessa
per chiedere che la spiaggia sia chiusa al pubblico senza
limitarsi al divieto di balneazione entro la distanza di cento
metri dalla foce del Fosso Bianco. Ma il sindaco Alessandro
Franchi non ci sente: «Io devo attenermi gli esami dell’Arpat,
che al momento sono in regola». E in effetti la quantità di
arsenico riscontrata è al di sotto della soglia definita di
rischio: alla confluenza tra il Fosso e il mare la
concentrazione è inferiore di almeno un ordine di grandezza al
limite di legge. La portata dello scarico è calcolata in 10mila
metri cubi all’ora e la ragione del contendere, a Rosignano, sta
qui: la legge contempla il parametro della concentrazione, non
quello della quantità effettivamente sversata. Giacomo
Luppichini, ex assessore all’ambiente, docente di biologia e ora
consigliere comunale, ribadisce che a livello scientifico la
contaminazione è accertata, almeno per quanto riguarda il
mercurio presente in quantità nelle posidonie: «C’è persino uno
studio del Cnr che mette in guardia dai rischi derivanti dalla
nebulizzazione nelle giornate di vento - aggiunge Luppichini -.
Per avere le idee chiare sull’interazione tra scarichi
industriali e salute umana servirebbe un’indagine
epidemiologica». Che non c’è, come conferma il dottor Marco
Battaglini dell’Asl 6: «L’inchiesta è in corso e non posso
anticipare i risultati del lavoro fatto da Asl e Arpat. Una cosa
però è chiara: i risultati escludono rischi per la salute
umana». Hanno tutti ragione. Per primi ce l’hanno i bagnanti:
«Vengo qui perché mi abbronzo subito - dice una ragazza nello
striminzito costumino rosso - Il sole batte sulla sabbia bianca
e il riflesso ne amplifica l’effetto. In un giorno si diventa
neri. I rifiuti industriali e l’ex discarica? Boh, cosa vuole
che ne sappia...». Pure l’Arpat ha ragione: la legge prevede
parametri e prescrizioni, non si può strafare. Ce l’ha il
sindaco, che per impedire la balneazione ha bisogno del supporto
delle analisi. Ce l’hanno gli ambientalisti, il cui ragionamento
non fa una grinza: perché indirizzare i bagnanti verso una
spiaggia alimentata dai rifiuti industriali? E infine hanno
ragione i fotografi, che soprattutto d’inverno utilizzano le
Spiagge bianche come scenario tropicale. Una finzione,
s’intende, però fa lo stesso: è il risparmio che conta. E
Solvay? L’inchiesta è iniziata nel 2009 e va avanti. Quando la
fabbrica arrivò sul territorio, cent’anni fa, nessuno prendeva
la tintarella né potevano prevedere che attorno alla sodiera
sarebbe sorta una città. In tal senso neppure Solvay ha torto,
benché nel tempo la coesistenza coi residenti si sia fatta
difficile. I suoi tecnici stanno affinandosi nella dissoluzione
dei solidi con l’acido, col proposito di valorizzare il composto
chimico come materia prima nei cicli produttivi. Quando il
procedimento sarà ottimizzato, per le Spiagge bianche sarà
l’inizio della fine (di Antonio Valentini per "Il Tirreno" 8
luglio 2012)
...lo sanno tutti che è tutta inquinata quell'area, scemo chi
ci va e chi fa pure il bagno! Simone Cuppoletti (FB)
Se era inquinata la chiudevano. Sara Giacomo (FB)
Gli unici parametri di
cui si tiene conto per la balneabilità delle acque sono quelli
fecali. E lì scarichi urbani non ce ne sono, benché in pochi
chilometri vi siano concentrate l’ex discarica, le tubazioni
Solvay, un serbatoio di etilene e il depuratore, il quale per
un certo periodo di tempo ha scaricato dentro al Fosso Bianco: i
prodotti clorati immessi nel fiume di latte finto avrebbero
ucciso ogni cosa. Figuriamoci i batteri del depuratore. La
Ilaria (FB)
Tutta salute !!! fate pure il bagno senza problemi !!! Daniele
Mucci (FB)
Un
grazie ad Antonio Valentini che riprende ed amplifica con altri
mezzi per una più vasta platea, quanto andiamo inutilmente
sostenendo dal 2002 (NdR)
Ma allora anche le zone li vicino sono inquinate. Non credo che
a Castiglioncello ,Vada, non arrivi nulla. Lorella
Taccola (FB)
Chiaramente
più ci si allontana dal punto di scarico del fosso industriale,
più la situazione migliora, tuttavia è sempre prudente e
fortemente consigliabile bagnarsi più lontano possibile e per
essere chiari sono da evitare le aree comprese fra il
pennello a sud e punta Lillatro. Tuttavia questi limiti variano
secondo il vento e le correnti marine. Oggi con discreto
scirocco da sud, anche l'area Canottieri è investita, e si vede
bene dal colore biancastro del mare, da residui provenienti
dallo scarico, che come non ci stancheremo mai di ripetere NON
SONO SOLO SODA. Ecco quindi l'importanza di informare la
cittadinanza al di la delle analisi ufficiali sempre discutibili
e dipendenti dal luogo, dal modo e dal momento del
campionamento, del rischio potenziale esistente in un'area di
questo tipo.(NdR)
Quante
volte abbiamo denunciato queste cose..inutilmente. Sembra quasi
che non interessi a nessuno ed anche l'amministrazione si
trincera dietro l'aridità delle cifre e delle leggi...e degli
interessi economici. La Solvay, anche questo è ultra noto, ha
sempre fatto il bello ed il cattivo tempo! Walter Botti (FB)
A
me interessa solo che più gente possibile sappia, così come deve
sapere e valutare il potenziale rischio cloro sempre
attualissimo che come questo, non interessa a nessuno. Le
autorità e la fabbrica fanno le loro politiche come sempre,
ma la rete può dare una mano importante per la diffusione e la
conoscenza di un rischio importante per la salute dei cittadini.
Non si può più accettare che accada ancora, come raccontava
giorni fa Paolo Pagnini che durante un suo recente giro
fotografico al fosso bianco si è permesso di far presente ad una
signora di far uscire il bambino dalla bocca del fosso,
ottenendo la risposta: "ieh! ichhè vole che sia, l'he soda e me
lo lava!!!" BASTA con questa ignoranza da popolo
sottosviluppato, se le autorità hanno i loro alibi, noi non ne
abbiamo, il "chi se ne frega" non rientra nel mio dna. Ringrazio
anche i giornalisti de "Il Tirreno", Valentini, Rocchi,
Bernardeschi, Moscadelli che periodicamente ripropongono
l'argomento. Se di più non si può fare, facciamo almeno il
possibile. (NdR)
Concordo su tutta la linea con i vari commenti ed in
particolar modo con l'ultimo. La cosa che a me fa più
pensare è il fatto che non solo si lascia la balneabilità di
un tratto di costa da bollino rosso, ma lo si pubblicizza
attraverso siti istituzionali (APT et similia) ed
indicazioni turistiche con i cartelli stradali marroni.
Quindi facendo una similitudine molto rozza si mette sullo
stesso livello un sito industriale inquinato (chi dice il
contrario lo fa in malafede secondo me) con un sito di
interesse storico, architettonico o magari
archeologico. Paolo Montechiaro (FB)
Leggo
l'articolo:
VADA,
VIAGGIO
NEL MARE
DEI
PARADOSSI-I
CARAIBI
CHIMICI
PIU'
BIANCHI
DEL
SOLE. Si
tratta a
sproposito
di
scarichi
Solvay
citando
arsenico,
cromo,
cadmio,
rame
mercurio,
nichel,
piombo,
zinco
citando
quantità
ben
precise.
Non sò
se
l'autore
dell'articolo,
tale
Antonio
Valentini,
si sia
affidato
a
notizie
ricevute
dal
Marchi
di MD,
che
viene
pure
citato,
o abbia
pubblicato
dati
reperiti
da altre
fonti.
Il
Marchi
continua
a
lavorare
per
demolire
una
buona
parte
del
lavoro
di
qualità
rimasto
nelle ns
zone.
Vogliamo
chiudergli
la bocca
una
volta
per
tutte o
no ? Mi
aspetto
una
presa di
posizione
da parte
dell'Azienda
per
difendersi,
ma
soprattutto
per
difenderci
e dire
le cose
come
stanno.
Bruno
Grossi(FB)
Spiagge Bianche, una discarica
dopo lo spettacolo.
L’evento
con il Circo nero ha lasciato
sull’arenile migliaia di
bottiglie, pacchetti di
sigarette e cartacce. Il Comune
chiude l’accesso per permettere
la pulizia. Migliaia di
bottiglie, pacchetti di
sigarette ovunque, decine di
ciabatte infradito, magliette,
cartacce, scheletri di gazebo.
Le Spiagge bianche rischiano di
rubare il primato a Scapigliato,
storica discarica nel comune di
Rosignano. Il day after al mega
beach party di domenica
restituisce uno scenario
catastrofico. Arenile deserto e
spazzatura ovunque. Ce ne vorrà
per il rifare il make up ai
Caraibi modellati dalla soda. Il
Circo nero ha smontato il
tendone all'alba di lunedì. La
carovana è ripartita verso altri
lidi: il divertimento non può
aspettare. Clown e trampolieri
si sono struccati e la musica è
stata spenta. L'unica promessa è
stata mantenuta: tutto finito
entro le due del mattino. Sono
arrivati in 30mila da ogni parte
della Toscana, ma anche da
fuori. Chi doveva lavorare è
rientrato subito a casa,
qualcuno ha preferito bivaccare
fino alla mattina. E il
risveglio non deve essere stato
poi tanto diverso da quello di
Pinocchio dopo la nottata nel
Paese dei balocchi. Desolazione.
Serviranno giorni per ripulire
tutto l'arenile. Il sindaco
Alessandro Franchi ha già
firmato l'ordinanza: 36 ore di
chiusura forzata per togliere la
spazzatura dalla spiaggia e
dalle dune. Diventeranno 48 se
gli operai non riusciranno a
restituire il litorale ai
bagnanti. Serve una passeggiata
per rendersi conto di cosa abbia
lasciato il beach party di
domenica. Il parcheggio a
ridosso dell'Aurelia è vuoto. Ci
sono solo due o tre auto: i
turisti si sono arresi al vento
e alla sporcizia. Oggi si sta a
casa. Per terra, dentro i fossi,
nei campi ci sono lattine di
birra, borsine di plastica e
tante bottiglie di vetro. Il
Comune aveva vietato di
introdurle in spiaggia. I più
rispettosi se le sono scolate in
un sorso davanti al punto di
controllo, gli altri hanno preso
sentieri alternativi e se le
sono imbucate al party. Le hanno
seminate dappertutto. Erano
vietate pure le cannucce, ma ci
sono anche quelle. "Il Tirreno"
Non capisco il perchè
dare le autorizzazioni per simili eventi..... la festa se tale
era, ha creato di fatto un luogo altamente fuori controllo per
quanto riguarda situazioni di spaccio e di consumo di alcol in
maniera veramente indiscriminata.... ci sono stato verso le due
la notte , al momento che il tutto era appena finito ed ho visto
un fiume di persone che mi hanno fatto ricordare il mitico film
di ZOMBIE..... , poi tutti, sotto gli occhi delle forze
dell'ordine presenti che vedevo in netta difficoltà nella
gestire il traffico , si sono messi in macchina per cercare di
tornare a casa o andare chissà dove a finire la nottata.... ma
al di la di questo mio pensiero mi pongo un altra domanda.....
perchè la nostra sangriata no? ...... il risultato del
divertimento era lo stesso per i partecipanti, solo che alla
fine di tutto i v...ecchi ragazzi del rugby Rosignano
devolvevano parte del ricavato per acquistare mezzi alla
pubblica assistenza..... hanno fatto smettere di fare questo per
motivi di ordine pubblico, ha distanza di pochi anni ci troviamo
il circo nero.... organizzato da non sò chi..... con i soliti
risultati di migliaia di stonati che poi vagano per le strade di
Rosignano cercando la via di casa ........ in sostanza vorrei
sapere..... la sangriata no e il circo nero si? chi ha veramente
degli interessi dietro? e perchè? e poi..... il territorio per
questo evento è stato dichiarato sicuro da qualcuno? è stato
davvero tutto in regola? oppure qualcuno chiude gli occhi a
comando e fa finta di non vedere? chi ci guadagna veramente
dietro tutto questo?
La sangriata diventò poi la briaata...... ma a noi andava bene,
ricordi? poi diciamo è degenerata..... e tutto sommato per me
hanno fatto bene a toglierla.... troppo casino purtroppo..... ma
il circo nero..... a chi serve davvero il circo nero? mi
piacerebbe risposta esaudiente di chi conta....Maurizio Lami su
"Il Tirreno"
Mi
pare che il controllo sia mancato totalmente, il Sindaco poteva
ricorrere al Prefetto per precettare i vigili...comunque, facendo
la strada di accesso, sia di giorno che alle 22 si vedeva di
tutto...e da due giorni scaricavano camion di birra e liquori.
Inoltre, ci si lamenta per come è stata lasciata la spiaggia
(che normalmente è piena di rifiuti)...ma quanti cestini ci sono
alle spiagge bianche??? Penso che possiamo ritenerci fortunati
se tutto è filato liscio...Certamente l'Amministrazione (perche
con la A maiuscola si dovrebbe scrivere ma non lo merita) ha
perso una buona occasione per gestire un evento importante.
Cesare Baggiani
su "Il Tirreno"
Troppa
gente, mai più il beach party - Decisione del sindaco dopo il
caos. Ma nel contratto con gli organizzatori non erano previsti
tempi di pulizia - La Pro loco di Vada «No ai divieti servono
controlli.
Il Circo nero il prossimo anno non monterà il tendone alle
Spiagge bianche. Il beach party si ferma alla seconda edizione.
Troppe 30mila presenze ai Caraibi rosignanesi. Secondo gli
organizzatori di Stranomondo srl gli accessi avrebbero toccato
quota 50mila. Ma il giorno dopo, quando da pista da ballo
l'arenile è tornato una spiaggia, gli effetti devastanti si sono
manifestati agli occhi di tutti: bottiglie seppellite dalla
sabbia, pacchetti di sigarette e immondizia. Da lunedì il
litorale è off limits: verrà riaperto oggi, quando si concluderà
la pulizia a mano (quella dei mezzi meccanici si è conclusa ieri
sera). L'autorizzazione firmata dal Comune imponeva la pulizia
agli organizzatori. Niente penali, né tempi di lavoro indicati.
Un patto tra gentiluomini. «Macché penali e penali. Non è un
contratto - dice il sindaco Alessandro Franchi - i responsabili
dovranno sistemare la spiaggia e basta». Ma chi garantisce che
le Spiagge bianche torneranno all'antico splendore dopo che il
vento ha seppellito e sparso rifiuti per tre giorni? E lo sporco
finito in acqua? Qualcuno parla già di danno ambientale. «Che
devo dire? Abbiamo emesso un'ordinanza - sbotta Franchi - se la
guardia costiera riterrà che il litorale è ancora sporco
chiederemo ai responsabili di tornare al lavoro. Il problema
sono stati gli accessi. Troppi. Abbiamo bisogno di pensare ad
altri eventi che richiamino meno persone». Chi ha traghettato
domatori e ballerine in spiaggia non ci sta a vedersi accollare
le responsabilità di una serata che è andata fuori controllo. «È
doveroso comprendere e scusarsi dei disagi incontrati dai
cittadini della zona per il traffico - scrivono gli
organizzatori - e l’impossibilità di usufruire della parte di
spiaggia occupata dalla festa per effettuare le pulizie. Ma il
programma della ditta privata e di quella legata al Comune ha
dovuto subire dei ritardi per una causa inaspettata non
preventivabile: il maltempo e il forte vento». Dopo le scuse,
gli attacchi: per la vendita degli alcolici da parte di abusivi
e per lo sciopero dei vigili. «L'ordinanza del sindaco - scrive
Stranomondo - vietava l'ingresso alla festa di venditori di
alcolici abusivi ma poi ci chiediamo come mai c'erano, e in
massa, e organizzati, vendendo alcolici in bottiglie di vetro».
E poi, il carico: «Pensate che all'estero possa succedere che in
occasioni così importanti per la città ci possa essere uno
sciopero dei vigili urbani?». «Se i venditori abusivi sono
entrati alla festa - replica Franchi - significa che ci sono
state delle falle nei controlli. Non è colpa nostra. E sullo
sciopero dei vigili posso solo dire che anche l'amministrazione
l'ha subìto. È il prefetto che ha scelto di non precettarli e
coinvolgere la questura». «Era prevedibile che dopo una
iniziativa di spettacolo come il Circo Nero che ha convogliato
alle Spiagge Bianche migliaia e migliaia di giovani, ci fossero
le discussioni e le polemiche del giorno dopo tra chi e’
favorevole a tali eventi e chi e’ contrario». Esordisce così
Roberto Creatini (nella foto), presidente della Pro Loco di
Vada, che poi spiega il suo punto di vista sul beach party. «È
naturale - spiega - che un evento che raccoglie dalle 30.000 o
forse piu’ presenze in un’area cosi’ aperta, porti a qualche
problema di organizzazione anche per i due giorni successivi
all’evento (spazzatura, pulizia spiaggia, traffico) ma e’ anche
vero che tali eventi, se correttamente sviluppati sul
territorio, sono anche un forte richiamo turistico». Insomma
secondo il presidente della Pro Loco vadese «il problema non si
risolve semplicemente vietando da ora in poi dette
manifestazioni, ma semmai si tratta di controllarle meglio. La
scelta dei vigili di scioperare proprio quel giorno non e’ certo
stata delle piu’ apprezzate da parte della cittadinanza». (Rino
Bucci "Il Tirreno 25/7/12)
Dal
Sindaco Alessandro Franchi alcune precisazioni e considerazioni
sull'evento "Circo Nero" alle spiagge bianche di Vada.
“Considerato quanto detto e scritto negli ultimi giorni sull'evento
"Circo Nero" alle spiagge Bianche ritengo necessarie alcune
precisazioni e considerazioni. Non ho mai parlato di“falle nei
controlli” e per quanto riguarda la questione dell’assenza della
Polizia Municipale, premesso che il diritto di sciopero è un
diritto garantito dalla Costituzione, ho spiegato che il
soggetto che può precettare in caso di sciopero è il Prefetto.
In questo caso il Prefetto, che sulla questione mi ha
interpellato più volte e con il quale abbiamo concordato il da
farsi, ha ritenuto, giustamente a mio avviso, che non fosse il
caso di procedere con la precettazione in quanto con la presenza
delle altre forze dell’ordine sarebbe stato possibile sopperire
alla mancanza degli agenti della Polizia Municipale. Non è vero
inoltre che non siano stati previsti dei tempi di pulizia. Così
come lo scorso anno, era a carico degli organizzatori la pulizia
della spiaggia, essendo questa una delle condizioni previste per
il rilascio dell’autorizzazione. La pulizia della spiaggia è
quindi iniziata alle 5 del mattino e avrebbe dovuto concludersi
entro le ore 9 per consentire l’uso da parte dei bagnanti. Il
forte vento ha però impedito ai mezzi meccanici di procedere
celermente con il lavoro e dunque è stata necessaria l’ordinanza
di chiusura per evitare la promiscuità tra i mezzi in movimento
ed i possibili avventori della spiaggia. Ieri, durante tutto il
corso della giornata, i mezzi meccanici sono stati a lavoro e,
secondo quanto ci ha riferito la Guardia Costiera, che questa
mattina ha effettuato un sopralluogo, oggi i mezzi non sono
presenti perché hanno completato il proprio lavoro. Sono ancora
in spiaggia alcuni addetti che manualmente stanno rimuovendo gli
ultimi residui. Approfitto dell’occasione per una
considerazione. Premesso che le polemiche del giorno dopo sono
noiose, vorrei sottolineare che è inevitabile che un evento da
30mila persone crei del caos. Nonostante questi numeri
giganteschi, troppo grandi a mio avviso per le spiagge bianche,
tutto è andato bene. E questo grazie al lavoro di organizzazione
che è stato svolto nelle settimane precedenti e allo
straordinario impegno messo in campo da tutte le forze dell’ordine
presenti per tutto il giorno. Così come straordinario è stato il
lavoro dei tantissimi volontari della Pubblica Assistenza di
Rosignano che hanno presidiato la festa. Per il futuro ritengo
chele spiagge bianche possano essere utilizzate per attività di
intrattenimento e di spettacolarizzazione a patto che i numeri
siano sostenibili. Si tratta di non esagerare con le presenze
per non mandare in stress il territorio e garantire il massimo
della sicurezza per tutti”. (CRM)
Voglio
chiarire senza filtri di nessuno la mia posizione. In questi
giorni si fa un gran parlare di Circo Nero. Chi è a favore, chi
contrario e giù le solite polemiche dei soliti commentatori del
giorno dopo che non sono mai contenti qualunque cosa venga
fatta. Lo spettacolo di musica, giocolieri e mangiafuochi non è
male; complessivamente, l'organizzazione ha funzionato,
nonostante le presenze di decine di migliaia di persone - salvo
qualche episodio - non è successo niente di particolare; le
forze dell'ordine impegnate e i volontari della Pubblica
Assistenza di Rosignano (ovviamente con compiti diversi) hanno
fatto un lavoro straordinario; il pattume lasciato è né più né
meno quello di altre manifestazioni che hanno un pubblico simile
e comunque la pulizia della spiaggia era a carico degli
organizzatori; la stragrande maggioranza di ragazzi è andata lì
per divertirsi, stare con amici e ascoltare musica. Allora dove
sta il problema? Nell'eccessivo numero di persone presenti.
Quella zona non ce la fa a sopportare 30/40mila presenze tutte
insieme contemporaneamente, con la viabilità a rischio stress, i
parcheggi non sufficienti e le condizioni minime di sicurezza
che non sono garantite per tutti. Quindi, se si vogliono
utilizzare le spiagge bianche per organizzare eventi, occorre
pensare a iniziative che siano più compatibili con il luogo.
Evitando, se possibile, noiose polemiche!
Alessandro Franchi (FB)
In consiglio comunale stiamo discutendo sulla manifestazione del
CIRCO NERO. Personalmente sono contraria a queste manifestazioni
affrontate in modo superficiale sia per quanto riguarda la
sicurezza che la legalità. ABBIAMO FERMATO LA SANGRIATA
APPELLANDOCI ALLA SICUREZZA CHE AVEVA UN TRASPARENTISSIMO
RITORNO SOCIALE E CONSENTIAMO UNA FESTA CHE PORTA SOLDI IN TASCA
SOLO AGLI ORGANIZZATORI con spese aggiuntive per ripulire le
spiagge, rischi e brutti episodi. Angela Porciani
Chiudiamo l'argomento x quanto ci riguarda: si facciano tutti i circhineri e affini che vogliamo, ma non davanti a 500
tonnellate di mercurio, tralasciando il resto. Ci sarà un'altra
area disponibile senza inquinamento, nel terzo comune per
estensione (120,24 kmq) della Provincia? E' chiedere troppo? (NdR)
2013 la cronaca
non si ferma
A marzo 2013, meglio tardi che mai:
Addio Circo Nero. Stop alle
feste di notte sulla spiaggia. In approvazione il regolamento di
gestione del demanio. L’assessore: «Vietati eventi dopo le 21,
preservare l’habitat». No all’utilizzo per pubblicità violente.
«ARENILI»
GIRO DI VITE DEL COMUNE.
Con il nuovo regolamento, se approvato, scatteranno limitazioni
anche per i servizi fotografici e le riprese televisive, per cui
spesso vengono utilizzate le Spiagge bianche. «Prima di tutto -
dice l’assessore - abbiamo deciso di escludere i mesi di luglio
e agosto per questo tipo di concessioni. Inoltre, per il resto
dell’anno, abbiamo deciso di non dare più di due autorizzazioni
contemporanee e non autorizzare riprese e foto che pubblicizzano
armi, alcol, fumo e gioco d’azzardo o abbiano messaggi di tipo
razzista o pornografico».
Addio Circo Nero alle Spiagge bianche. Stop a feste, musica e
balli sull’arenile tra il Lillatro e Vada. Come del resto su
tutte le spiagge del territorio rosignanese. Il coprifuoco per
eventi lungo la battigia è stabilito alle 21, orario dopo il
quale gli arenili dovranno essere liberi. A meno che la festa in
questione non venga patrocinata direttamente
dall’amministrazione, che quindi si rende responsabile di una
precedente valutazione complessiva dell’evento. Questo
stabilisce il regolamento di gestione del demanio marittimo, che
l’assessore Margherita Pia porta oggi in consiglio comunale per
l’approvazione. Un documento che è stato dibattuto per molti
mesi e che prevede numerose novità rispetto al vecchio
regolamento, ormai datato (risale al novembre del 2002). Diciamo
subito che l’amministrazione locale ha deciso per la linea del
rispetto dell’habitat marino, limitando il sovrautilizzo della
fascia costiera demaniale. Niente feste sulla spiaggia.
L’organizzazione delle manifestazioni temporanee sugli arenili è
stata il motivo del ritardo nell’approvazione del nuovo
regolamento demaniale. «Abbiamo cercato di sviscerare - spiega
l’assessore Pia - tutte le possibili situazioni individuabili
come eventi sulla spiaggia. Alla fine è emerso che tali
iniziative devono preservare l’ecosistema marino». Quindi il
Comune, sulla base del regolamento che viene votato oggi dal
consiglio comunale, avrebbe deciso di «non autorizzare eventi
che comportino movimento di sabbia o inquinamento». Pensando a
eventi sugli arenili, viene subito in mente la maxi festa
organizza l’estate scorsa dal Circo Nero. All’evento
parteciparono migliaia di persone e la mattina seguente le
Spiagge bianche si risvegliarono colme di rifiuti, tanto che il
sindaco fu costretto a interrompere la balneazione per
permettere la pulizia della sabbia. Ecco, sulla base del nuovo
regolamento di gestione del demanio marittimo, ciò non potrà più
accadere. «Su arenili e scogliere - precisa l’assessore - non
vengono consentiti eventi oltre le 21, a meno che l’iniziativa
non sia patrocinata dal Comune (il Circo Nero non lo era, ndr),
e quindi ci sia una valutazione politica dettagliata precedente
all’iniziativa». Solo sei autorizzazioni per venditori
ambulanti. «Negli anni passati - dice ancora Pia - sulle spiagge
c’era un invasione di ambulanti con carrelli elettrici (l’anno
scorso erano state date 15 autorizzazioni). Ciò ha comportato
numerose lamentele da parte dei cittadini». Ecco perché il nuovo
regolamento prevede che ogni anno, prima dell’estate, siano
messe a bando un totale di sei autorizzazioni per rivendite
ambulanti con carrelli elettrici (in genere gelatai e
commercianti di bibite e panini). Nel dettaglio, le
autorizzazioni previste sono 3 per le Spiagge bianche, 1 a
Pietrabianca e 2 in zona Mazzanta. «Non vogliamo certo smorzare
- termina l’assessore - lo slancio imprenditoriale, ma è
fondamentale tutelare l’habitat. Non dimentichiamo che i turisti
vengono nelle nostre zone perché l’ambiente naturale rappresenta
ancora un’attrattiva importante».
Feste sulle spiagge Comune nel mirino
del popolo della notte. L’assessore Agostini precisa:
«Limitazione alle 21 solo per eventi non patrocinati,
gli stabilimenti non sono inclusi». Cambiano le regole musica e balli
fino alle 2 di notte.
Musica dal vivo e serate danzanti
fino a tarda notte. Certo, solo per prestabiliti periodi
dell’anno. Perché se fino ad oggi l’ora x per staccare
le spine degli amplificatori erano le 1 di notte, da
questa estate il coprifuoco verrà posticipato almeno di
un’ora. Non tutte le sere. Il Comune, con l’intenzione
di incentivare l’organizzazione di eventi e serate, ha
infatti in programma di individuare alcuni periodi
dell’anno in cui la musica potrà risuonare nei locali e
nelle piazze anche fino alle 2 (in realtà c’è da
stabilire se il nuovo limite orario saranno le 2 o le
3 di notte). «Finora si trattava di deroghe specifiche -
dice l’assessore al turismo Luca Agostini - per un
giorno, a parte Ferragosto per cui non è prevista
neppure una deroga, nel senso che è chiaro che si tratta
di una nottata particolare. In futuro individueremo
certi periodi dell’anno, per esempio le vacanze
pasquali, la settimana intorno al Ferragosto, le notti
colorate, tutte le vacanze natalizie, in cui gli eventi
organizzati in piazza o nei locali potranno andare
avanti almeno fino alle 2». Il Comune conta di approvare
il regolamento entro fine aprile, quindi renderlo
operativo già per la prossima estate.
«La restrizione oraria per l’organizzazione di eventi sulle
spiagge si riferisce esclusivamente alle zone pubbliche. In
realtà, se pensate secondo criteri condivisi
dall’amministrazione, di feste estive in riva al mare ce ne
saranno». Parola di Luca Agostini, assessore al turismo. Tanto è
vero che il Comune ha già ricevuto numerose richieste (Agostini
parla di quattro) per autorizzare, durante la prossima estate,
eventi sulle spiagge libere della costa. Lo garantisce
l’assessore, che risponde alle molte polemiche sulla decisione
del Comune di negare i party sul mare dopo le 21. «Qualsiasi
attività di intrattenimento sulle aree in concessione - dice
Agostini -, ossia gli stabilimenti, non ha alcune limitazione
oraria». Agostini, come del resto l’assessore alla
programmazione del territorio Margherita Pia, ripetono che i
beach party saranno vietati dopo le 21 soltanto se non avranno
il patrocinio del Comune. Ciò non significa, insomma, che il
Comune voglia bloccare le occasioni di divertimento sul
territorio. Anzi, l’intenzione è quella di gestirle al meglio.
«Dato che le feste sulle spiagge libere - prosegue Agostini -
sono cose delicate, abbiamo previsto che normalmente le attività
di intrattenimento devono terminare alle 21. Ciò non significa
che oltre quell’orario non si possa prevedere un evento sugli
arenili demaniali, basta che i soggetti organizzatori
condividano il programma e la gestione con il Comune». Una
precisazione, quella degli amministratori, che viene dopo una
serie di polemiche sulla scelta del Comune di stabilire un
coprifuoco - le 21, appunto - per le feste in riva al mare.
Quanto al passato, ossia la festa che il Circo Nero ha
organizzato l’estate scorsa alle Spiagge Bianche e che la
mattina seguente, a causa dei rifiuti presenti sulle dune, ha
costretto il sindaco Franchi ha interdire l’utilizzo dell’area
ai bagnanti, Agostini e Pia spiegano che eventi del genere
possono anche essere previsti. «Purché gli ideatori - dice
Agostini - chiedano il patrocinio per l’evento. Il Circo Nero
non lo aveva richiesto, ma era un evento condiviso con il
Comune, all’inizio era stato creato un tavolo di regia con le
forze dell’ordine. Il problema è che è mancata una regola
sull’obbligatorietà della pulizia». Proprio per garantire la
pulizia degli arenili in caso di party sul mare (ovviamente
patrocinati dal Comune), l’amministrazione ha deciso di inserire
nel regolamento delle aree demaniali una norma che chiarisce
come gli organizzatori debbano lasciare una fideiussione al
Comune, che si riserva di usare quei soldi per pulire le zone
nel caso in cui gli stessi organizzatori non si occupino del
ripristino della pulizia. «Non neghiamo a nessuno - dice
l’assessore Pia - la possibilità di fare feste, semplicemente la
richiesta dovrà arrivare al sindaco con una richiesta
patrocinio. Il sindaco la vaglierà e se verrà ritenuta valida
verrà approvata dalla giunta, con una normale delibera di
iniziativa. In questo modo abbiamo pensato di tutelare cittadini
e chi fa turismo e anche l'ambiente». (Anna Cecchini per Il
Tirreno del 14/3/2013)
Regolamento manifestazioni temporanee
- Art. 22
1. Sono autorizzate l’occupazione e l’uso di aree libere,
ancorché non concessionabili, per manifestazioni di carattere
temporaneo quali feste, manifestazioni sportive o culturali,
iniziative di intrattenimento o ricreative, mercatini, etc. che
prevedano o meno l’installazione di strutture di facile
rimozione.
2. Al medesimo richiedente sono autorizzate una o più
iniziative purché la durata massima complessiva delle stesse
non superi i 15 giorni nell’arco dell’anno solare, comprensiva
dei tempi per l’allestimento e la rimessa in pristino dello
stato dei luoghi.
3. Uno specifico ambito demaniale non può essere occupato dalle
manifestazioni di cui al primo comma per un periodo complessivo
superiore ai 75 giorni nell’arco dell’anno solare.
4. Durante la stagione balneare, se le manifestazioni si
svolgono su arenili e/o scogliere, la durata massima delle
stesse non può essere superiore ai tre giorni.
5. Salvo quanto previsto dal successivo comma, non è consentito
lo svolgimento di manifestazioni su arenili e/o scogliere che si
protraggono oltre le ore 21:00.
6. Alle manifestazioni che hanno il patrocinio di questo Ente ed
ai mercatini, non si applicano le limitazioni temporali di cui
ai commi 2, 4 e 5. In ogni caso la durata di ogni singolo evento
non potrà essere superiore ai 30 giorni.
7. Al fine di preservare e salvaguardare l’ecosistema marino,
non sono autorizzate quelle manifestazioni o eventi sportivi
che:
a) comportino movimentazione di sabbia;
b) presentino un potenziale rischio di inquinamento dell’arenile
e/o dello specchio acqueo.
8. Non è consentito lo svolgimento di mercatini ed altre
attività lucrative su arenili e/o scogliere.
PDL all'attacco: «Regole assurde, così il Circo nero esce dalla
porta e rientra dalla finestra».
Questa la convinzione di Maria Grazia Angeli, consigliera del
Pdl, sulla vicenda del regolamento del demanio pubblico. «I
nostri amministratori si sono arrogati la facoltà discrezionale
di riempire il contenuto del regolamento demaniale con modalità
che potrebbero, caso per caso, facilmente sfociare nel
clientelismo, il concetto di "invasivita". Imperterriti sono
andati avanti, di fatto riconoscendo agli sperimentati effetti
delle feste (carenza di sicurezza, sporcizia, chiusura delle
aree, danno all'ambiente e al territorio), legittimando una
questione che è di per sé, dannosa, incapace di recare risultati
socialmente ed economicamente utili e portatrice invece di
effetti intollerabili, in termini di libera fruibilità
dell'arenile, di sicurezza, di rispetto dell'ambiente». Secondo
la consigliera del Pdl «è evidente come il Comune e gli
assessori di competenza non abbiano esitato a sacrificare i veri
e generali interessi dei cittadini e dell'economia locale,
all'esclusivo vantaggio di alcune particolarità, quelle che,
dagli eventi temporanei traggono enormi guadagni». Secondo
Angeli «il limite orario delle 21 (comunque incomprensibile, in
quanto se facilita il superamento della questione relativa alla
sicurezza, in nulla risolve quello primario dell'accumulo della
sporcizia), con le nuove norme si permetterà, alla sola
condizione di condividere programma e gestione, la facoltà di
organizzare eventi sugli arenili demaniali, anche oltre l'orario
imposto». Infine «in conseguenza delle decisioni
dell'amministrazione, quindi, seppure, come opposizione
costruttiva ed attenta, non possiamo non denunciare la faziosità
e l'arroganza di scelte che appaiono non solo irrispettose del
grave disagio che cittadini, commercianti e turisti torneranno a
subire, ma anche ben poco diverse da quelle che hanno
legittimato gli eccessi del Circo nero». Il Tirreno 31 marzo
2013.
Scarichi abusivi, Solvay sotto accusa - I fanghi annacquati per
diluirne la concentrazione - Indagati il direttore uscente e
altri quattro ingegneri.
Quattro anni di
indagini, due consulenze, un numero imprecisato di analisi,
campionamenti, sequestri. Quattro anni di lavoro sottotraccia
per arrivare a un risultato storico: la Solvay ha ammesso che sì
lo stabilimento chimico di Rosignano non stava facendo le cose
in regola, al contrario del mantra ripetuto da direttori e
dirigenti che si erano succeduti negli anni. Tanto da richiedere
il patteggiamento alla Procura e accettare, per averlo, di
realizzare un piano anti-inquinamento tra i sei e i dieci
milioni di euro. Ora il direttore uscente Michèle Huart e altri
quattro ingegneri della Solvay, sono indagati dalla Procura dopo
gli accertamenti eseguiti dal reparto aeronavale della guardia
di finanza, dall'Arpat e grazie a una doppia consulenza tecnica.
Gli accertamenti avrebbero dimostrato l'esistenza di 4 punti di
scarico non conosciuti da chi (Arpat) doveva eseguire i
controlli e la consuetudine, vietata dalla legge, di annacquare
i fanghi in modo da aggirare i parametri.Insomma, l'inquinamento
delle caraibiche Spiagge bianche sarebbe stato dimostrato. Fin
qui l'unica cosa mai messa in dubbio era il volume dei fanghi
industriali scaricati in mare. Ma, si diceva, quei fanghi
contengono solo carbonato di calcio, sono innocui come gusci di
conchiglie. E allora pazienza se l'azienda non aveva rispettato
gli impegni dopo aver firmato, nel 2003, un accordo per la
riconversione ecologica della fabbrica. Con quell'accordo da 57
milioni (di cui oltre 17 a carico delle amministrazioni
pubbliche) firmato con Comune, Provincia, Regione, ministeri
dell'Ambiente e delle Attività produttive, l'azienda si era
impegnata a sostituire le vecchie celle a mercurio
dell’elettrolisi con quelle a membrana e a ridurre gli
emungimenti di acqua di falda attraverso il riciclo delle acque
reflue dei depuratori di Cecina e di Rosignano. Solvay rispettò
solo questi due punti dell'accordo ma non quello sui fanghi:
avrebbe dovuto ridurre la quantità di solidi sospesi scaricati
in mare dal fosso bianco fino alla loro totale eliminazione. Nel
2003 ne scaricava 200mila tonnellate all'anno, tonnellate che
nel 2008 avrebbero dovuto essere 60mila e invece furono
129mila.Che quei fanghi fossero troppi era pacifico. Che fossero
non esattamente innocui lo avrebbe accertato la Procura.
L'inchiesta fu aperta nel settembre 2009. Qualche mese dopo il
sindaco Alessandro Franchi estese il divieto di balneazione dove
sfocia il fosso bianco. Il sostituto procuratore Rizzo si
rivolse a un pool di ingegneri chimici di Milano. Fioccarono le
reazioni politiche, con interrogazioni in Regione. Quando
sembrava che l'inchiesta potesse arenarsi, Medicina democratica
ne chiese una nuova. Non ce ne è stato bisogno. La prima perizia
fu seguita da una seconda consulenza, affidata all'ing. Albino
Tussi: non un fervente ambientalista ma un professionista che
lavora nel mondo dell'industria. Le sue conclusioni e le sue
obiezioni mosse nei vari incontri con l'azienda non avrebbero
incontrato ostacoli. Anche perché Arpat e finanzieri avrebbero
scoperto che le cose in Solvay funzionavano in modo scorretto.
Fino ad allora i controlli di routine - pure affidati ad Arpat -
erano stati eseguiti nello stesso punto di scarico, dove il
fosso bianco sfocia in mare. O eccezionalmente a pie’ di
impianto per la sodiera. Ma dagli accertamenti sarebbero emersi
altri quattro scarichi abusivi. Questi e il sistema della
diluizione sono ritenuti la chiave di tutto: la dimostrazione
che Solvay avrebbe violato le disposizioni anti-inquinamento.
Così Rizzo ha chiuso le indagini, notificando il 415 bis alla
Huart e agli altri. I legali di Solvay hanno chiesto di
patteggiare: ammissione "storica". Storica e niente affatto
scontata. La Procura ha posto alcune condizioni: bonificare, poi
cambiare registro. L'azienda (che abbiamo contattato ma che al
momento ha scelto di non commentare) ha cominciato un percorso
del genere. Ha cessato di diluire gli scarichi. Ha realizzato
una saracinesca a sbarramento del fosso in modo da evitare che
sostanze come l'ammoniaca finiscano in mare, convogliandole in
vasche di contenimento. Sta lavorando intorno alla sodiera e ha
avviato un processo pilota per definire portate e composizione
dei fanghi.Tutti questi adempimenti sono al centro di una
verifica del consulente della Procura. A giorni il suo lavoro
dovrebbe essere concluso: convinto lui, si potrà patteggiare. Ma
non è finita. C'è una scadenza, il 2015: se tra due anni i
controlli dovessero bocciare ancora Solvay, la magistratura
passerebbe ai sequestri. E tutti sperano di non arrivare a
questa Ilva 2. Di
Alessandro De Gregorio Il Tirreno 4/6/13.
Quel litorale così bello e avvelenato.
C’è da chiedersi come
reagiranno gli amanti della tintarella (vera) da spiaggia
esotica (falsa) che frequentano il più curioso paradosso
ambientale della costa tirrenica: le Spiagge bianche.
Meravigliose a vedersi, con quel mare turchese e quella sabbia
così bianca che par di essere ai Caraibi, le Spiagge bianche
sono nate su una discarica e devono quel caratteristico colore
agli scarti di soda della Solvay. Cioè ai fanghi industriali.
Quelle particelle di carbonato di calcio da anni finiscono in
mare e vengono depositate sulla spiaggia dalla risacca. Ma cosa
c’è insieme al carbonato? E perché non mettere cartelli
informativi per avvisare la gente che quel bianco latteo non è
poi così naturale? Le richieste finora sono cadute nel vuoto. Il
sindaco ha sempre risposto che, in base ai dati Arpat in suo
possesso, non risultava alcun inquinamento e pertanto non era il
caso di fare allarmismo. Ora l’inchiesta della procura cambia le
carte in tavola. Ma paradosso erano e paradosso rimangono, le
Spiagge bianche: giorni fa alcuni ricercatori, per dimostrare
gli effetti nocivi del fumo passivo anche all’aperto, hanno
scelto una location. Indovinate quale... Alessandro De Gregorio
Il Tirreno 4/6/13.
Spiagge meno bianche: il giallo della balneazione - Il sindaco
di Rosignano prende tempo: pronto a vietare i bagni se sarà
necessario La Solvay: la magistratura non ci ha mai contestato
scarichi idrici abusivi.
La notizia della Solvay messa in scacco dalla Procura ha reso un
po' meno bianche le spiagge finto-caraibiche che accolgono i
fanghi industriali dello stabilimento chimico. Ci si interroga
su quel pallido divieto di balneazione ristretto ai duecento
metri intorno al fosso bianco, e più in generale sulle
concessioni dell'azienda belga sul territorio. Il sindaco
Alessandro Franchi però prende tempo, dice che è pronto anche a
chiudere le Spiagge bianche ma solo in presenza di fatti
concreti. Finora gli unici segnali sono usciti dalla Procura,
con la chiusura di un'indagine durata quattro anni e che ha
costretto - per la prima volta nella storia - la Solvay a
chiedere il patteggiamento per la direttrice uscente Michèle
Huart e altri quattro dirigenti. Ieri ha parlato anche
l'azienda. Non attraverso i legali dello studio milanese
Bolognesi ma con un comunicato. Nella nota non si fa riferimento
né alla richiesta di patteggiamento - tuttora sospesa in attesa
che il consulente della procura verifichi il rispetto delle
prime prescrizioni imposte dal sostituto Giuseppe Rizzo - né
agli indagati. Ci si concentra piuttosto sulla semantica: «Non
esistono, non sono mai esistiti né ci sono mai stati contestati
da parte delle autorità giudiziarie scarichi idrici abusivi». In
effetti, notizia già nota, i punti dove Arpat non ha mai
eseguito i campionamenti erano quelli dove il depuratore
cittadino era stato allacciato al fosso bianco. Qui, attraverso
tubi di 70 centimetri di diametro, il reparto aeronavale della
Guardia di finanza ha accertato che il Comune prima e Asa poi
facevano confluire le acque bianche e nere. Compresi quindi i
reflui dell’impianto di depurazione. Anche quelli finivano in
mare insieme ai fanghi industriali che contribuivano in qualche
modo a diluire. «Gli accertamenti giudiziari in corso riguardano
unicamente la gestione dei correnti punti di scarico dello
stabilimento - aggiunge l'azienda - Non vi è stato mai alcun
tentativo di aggiramento dei controlli degli enti preposti. La
gestione dei solidi sospesi presenti negli scarichi idrici non
ha alcuna pertinenza con gli accertamenti giudiziari in corso;
tale gestione risponde ed è normata da specifiche autorizzazioni
rilasciate dalle autorità competenti. Si ribadisce peraltro la
non tossicità di tali sedimenti, come riportato anche da
un'indagine eco-tossicologica condotta nel 2011 dagli enti di
controllo». «A integrazione di azioni specifiche già completate
dall'azienda nel trattamento degli scarichi idrici dello
stabilimento - conclude la multinazionale - nell'ambito del
procedimento giudiziario tuttora in corso, sono state inoltre
individuate delle azioni di ulteriore miglioramento che Solvay
si è impegnata a perseguire, nel quadro della sostenibilità
ambientale delle proprie attività industriali e dei principi di
sviluppo sostenibile promossi dal gruppo». Da un’accurata
verifica, risulta che quelle prescrizioni siano state ordinate
dalla Procura proprio come condizione per accogliere la
richiesta di patteggiamento dell'azienda, e che rientrino in un
piano complessivo da circa dieci milioni il cui ulteriore test è
già fissato nel 2015. In altre parole, la magistratura ha
ordinato misure immediate (pare che Solvay abbia già speso
cinque milioni per le prime bonifiche) dando due anni di tempo
per cambiare registro. In caso contrario potrebbero scattare i
sequestri. Insomma, una situazione in prospettiva molto simile
all'Ilva di Taranto. E così da una parte si temono ripercussioni
occupazionali, considerando che si sta parlando di un polo
industriale che dà lavoro a circa 900 persone tra dipendenti
diretti e ditte di appalto. Dall'altra parte ci sono i timori
legati all'ambiente e alla salute. Perché il mercurio non viene
più usato ma in fondo al mare ce ne sono ancora 400 tonnellate.
Perché si continuano a scaricare centinaia o migliaia di chili
di arsenico, cadmio, cromo, nichel, piombo, zinco, fosforo,
cloro. E non è un caso se per fine anno - anche questa una
decisione storica- è stata prevista un’indagine epidemiologica
sulla popolazione. Alessandro De Gregorio Il Tirreno 5/6/13.
I
CARAIBI CHIMICI - CHIAREZZA DA SOLVAY E COMUNE - Divieti
INSUFFICIENTI - Perché non impedire la balneazione dalla foce
del Fine al Lillatro?
Chiarezza sulle
spiagge bianche. A partire dall'indagine eco-tossicologica del
2011 fatta dagli enti di controllo sui sedimenti sversati in
mare. Ad essa Solvay fa riferimento, senza però renderne noti i
contenuti. È utile che lo faccia. E il Comune di Rosignano
spieghi la situazione ai bagnanti, evitando che giungano ignari
e soddisfatti nel paradiso tropicale più finto del Mediterraneo.
In caso contrario, sempre il Comune la racconti com’è: «Cari
signori, l'Eden è un'altra cosa. Davanti a voi avete il
risultato di decenni di scarichi in mare, sfogo di uno
stabilimento chimico che si è preso una bella fetta di ambiente,
dando però in cambio lavoro e benessere. Non è questo il luogo
dove stabilire se il gioco sia valso la candela, men che meno
però è il luogo dove stendersi a prendere il sole e fare il
bagno. Infatti qui sono scaricati i materiali di risulta del
polo chimico, tra cui arsenico, cadmio, cromo, rame, mercurio,
nichel, piombo, zinco… Il nostro consiglio è di spostarvi
altrove, ma se proprio desiderate questa spiaggia, sappiate che
si tratta di Caraibi chimici. Quelli veri sono tutt’altro».
Invece, è prevedibile, nessun cartello di avvertimento sarà
installato sulla strada sabbiosa che costeggia l'ex discarica,
fino a trent'anni fa ricolma di rifiuti fumanti. Un'omissione
per nulla mitigata dal granchio preso dall'Istituto tumori di
Milano, che proprio lì ha girato uno spot sui danni provocati
dal fumo di sigaretta in riva al mare, tralasciando quelli
causati dall'esposizione ai metalli pesanti o dall'inalazione
dell'aerosol che si spande nei giorni ventosi. Ora che la
magistratura ha concluso un’indagine lunga e difficile,
l’ipotesi si è trasformata in tesi: le spiagge bianche, per la
presenza di uno scarico industriale, sono pericolose alla
salute. È bene evitarle, non andarci, cancellare il toponimo
dalle cartine geografiche. Tanto più che a decretare la
balneabilità sono solo i parametri organici, non quelli
derivanti dai processi di lavorazione del grande insediamento.
Ciò nonostante, il sindaco farebbe bene non solo a mettere un
cartello informativo, ma ad aggiungervi un divieto di
balneazione a raggio ben più ampio dei miseri 100 metri dello
scorso anno, distanza di per sé irrisoria rispetto alla portata
del problema. Perché se è evidente che il polo chimico dà lavoro
e benessere, è altrettanto logico che la zona sarebbe da
considerarsi industriale a tutti gli effetti, nonostante
l’assenza di reticolati. Che le spiagge bianche siano il frutto
degli scarichi Solvay e che da decenni se ne discuta, è
arcinoto. Però mai si è affrontato il problema di petto. Anzi,
si è fatto il contrario, in nome dello sviluppo multipolare: la
grande fabbrica chimica e il turismo di qualità, la doc del vino
e la discarica, gli agriturismi e i serbatoi di etilene e di
cloro, il porticciolo di Castiglioncello e il pontile Solvada…
Il territorio, insomma, è stato trasformato in un grande murale
messicano, in cui Pancho Villa e i suoi caballeros cavalcano in
mezzo alle cadillac dei ricchi americani, inseguiti da plotoni
di conquistadores. Solo in nome dello sviluppo, che pretendeva
di essere vorace, alle Morelline ci sono dei cartelli indicatori
per le spiagge bianche? E lasciamo perdere i siti web dei
privati, come turismo.intoscana.it («Le spiagge bianche di Vada
si aprono su un mare cristallino») e terredeglietruschi.it («Il
motivo per cui Rosignano è una località diventata famosa va
ricercata nella particolarità delle spiagge bianche, quasi come
ai tropici»). Se in caso qualcosa di diverso ci si aspetterebbe
da quelli para-istituzionali. Ad esempio costadeglietruschi.it,
raggiungibile dal sito della Provincia di Livorno: «Tipologia:
sabbia fine bianca. Fondale: sabbia fine bianca». La
conclusione: «Spiaggia di sabbia bianca e mare cristallino…».
Sebbene la verità abbia mille facce, stavolta ne ha una sola:
quello è un paradiso tropicale farlocco. Pericoloso. Va detto,
scritto e ripetuto. L’unico modo per ridurre il rischio, è un
divieto di balneazione dalla foce del Fine al fosso di presa del
Lillatro. Soprattutto perché non sempre la salute è un bene
rinnovabile. Di
Antonio Valentini per Il Tirreno del 5/6/2013.
Vicenda Solvay: precisazioni di ARPAT - Informazioni sulle
attività di controllo svolte
dall'Agenzia.
La notizia del patteggiamento
dei dirigenti di Solvay,
riguardo alle ipotesi di reato
che gli sono contestate
nell'ambito di una indagine
della procura della Repubblica
di Livorno, relativa agli
scarichi idrici industriali
dello stabilimento di Rosignano,
ha dato luogo a numerose
ricostruzioni dei fatti sulla
stampa dalle quali emerge un
quadro non sempre corrispondente
alla effettiva realtà
relativamente all'impatto
ambientale dello stabilimento e
ai controlli che su questo
venivano svolti. Pur non avendo
l'Agenzia né titolo, né tutte le
informazioni necessarie per
riferire sui risultati delle
indagini della procura,
l'intensa attività di controllo
e di monitoraggio dell'ambiente
svolta ci consente e ci impone
di fare alcune precisazioni su
questa problematica al fine di
consentire una corretta
informazione e consentire
valutazioni il più possibile
oggettive. Dalle ricostruzioni
giornalistiche si può evincere
che sarebbe stata rivelata la
presenza di scarichi che
conferivano in mare sostanze
pericolose fino ad oggi ignote
e, perciò, non quantificate.
Dall'attività di controllo
svolta non ci risulta che sia
così: tutti i reflui dello
stabilimento erano comunque
oggetto dei controlli e delle
valutazioni sul carico
inquinante complessivo dello
stabilimento Solvay.
Infatti, lo stabilimento Solvay
è oggetto del controllo da parte
di ARPAT in base a normative,
autorizzazioni e accordi che
impegnano diverse strutture
dell'Agenzia, anche in
collaborazione con altri organi
di controllo, come nel caso
dell’attuale indagine condotta
dalla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Livorno,
che ha visto l’Agenzia a
supporto degli accertamenti
svolti dalla Guardia di Finanza.
Come per tutte le realtà
industriali di dimensioni
rilevanti, le attività legate
alla conoscenza ed alla verifica
del ciclo produttivo,
finalizzate al controllo del
rispetto delle autorizzazioni
rilasciate, ha una sua
complessità specifica. Come per
tutte le realtà industriali di
dimensioni rilevanti, le
attività legate alla conoscenza
ed alla verifica del ciclo
produttivo, finalizzate al
controllo del rispetto delle
autorizzazioni rilasciate, ha
una sua complessità specifica.
ARPAT, nel caso di Solvay, ha
maturato una profonda conoscenza
dell’insediamento, derivante
dalla continua azione di
controllo sviluppatasi negli
anni e dall’attività di supporto
agli enti, in particolare alla
Provincia di Livorno, come
testimoniano anche i più recenti
contributi istruttori forniti a
partire dal 2003 per le ultime
autorizzazioni rilasciate.
L’attività di ARPAT riguarda il
complesso delle pressioni
generate sull’ambiente
dall’attività produttiva di
Solvay, comprese le emissioni in
atmosfera per le quali il
controllo è svolto nell’ambito
delle verifiche AIA, controllo
che ha portato
all’individuazioni di numerose
azioni correttive e sanzioni
impartite all’Azienda da parte
delle Autorità competenti.
Per quanto riguarda gli
scarichi, è sottoposto a
controllo lo scarico della
Sodiera, e degli impianti
Clorometani, Elettrolisi e
Perossidati, secondo le modalità
previste rispettivamente
dall’AIA provinciale e da quella
nazionale. Tutti gli scarichi
delle produzioni Solvay sopra
richiamati convergono nello
Scarico generale (Fosso Bianco)
che rappresenta, quindi, l’unico
collettore con recapito a mare.
Il Dipartimento ARPAT di Livorno
procede al campionamento dello
Scarico generale, nel punto di
prelievo indicato dall’AIA
nazionale, con cadenza
quindicinale per la
determinazione, in funzione
delle portate e su base annuale,
della quantità di solidi sospesi
scaricati a mare, secondo quanto
previsto dall’Accordo di
Programma del 2003. I dati sono
comunicati agli enti competenti.
Lo stesso Dipartimento procede
al campionamento delle acque
dello scarico generale, definito
come prioritario ai sensi
dell’art. 108 del D.lgs 152/2006
e del Regolamento regionale
46/R, con cadenza bimestrale,
per verificare il rispetto dei
limiti di concentrazione per i
parametri previsti dalla
normativa. L’attività di
controllo ha evidenziato valori
di solidi sospesi con continuità
superiori a quelli indicati
dall’Accordo di Programma e, in
taluni casi, il superamento
della concentrazione per alcuni
parametri quali Fe, Al, Mn e Bo.
Di tali superamenti ARPAT ha
informato gli enti e le autorità
competenti.
Oltre all’attività di controllo
appena sinteticamente descritta,
ARPAT ha proceduto alla
realizzazione di un Piano di
Monitoraggio dell’ambiente
marino prospiciente lo
stabilimento Solvay, richiesto
nell’ambito dell’Accordo di
Programma, terminato nella sua
prima fase nel 2008, i cui esiti
sono stati messi a disposizione
degli enti sottoscrittori.
Attualmente ARPAT sta
predisponendo la seconda fase di
tale monitoraggio che avrà luogo
nel periodo 2014-2015.
Oltre a ciò, nel 2011 ARPAT ha
consegnato alla Regione Toscana,
che lo aveva commissionato, una
indagine ecotossicologica sui
solidi sospesi presenti nello
Scarico generale che ha rilevato
l’assenza di effetti tossici
attribuibili ai solidi presenti
nello scarico, anche per quelli
depositati nei pressi della sua
confluenza a mare, nonché per i
campioni di sabbie prelevati 100
m a Nord e a Sud dello stesso
scarico. Gli unici risultati
positivi, a carico di alcuni dei
campioni prelevati, sono
attribuibili ai valori del pH >
di 8.5.
Anche la componente degli
scarichi privata dei solidi
sospesi è risultata priva di
tossicità acuta in tutti i
campioni analizzati.
Relativamente alla balneazione,
nel 2012 non sono stati rilevati
superamenti dei valori limite
del DM 30/03/2010 per i punti di
monitoraggio del Comune di
Rosignano Marittimo (es: Spiagge
bianche Nord e Sud). Anche per
il punto Lillatro non è stata
rilevata contaminazione di tipo
fecale. Ciò nonostante, la
presenza degli scarichi
industriali Solvay ha fatto
ritenere necessaria la conferma
del divieto permanente di
balneazione a titolo
precauzionale.
A cura di ARPAT 5/6/2013.
«Spiagge
bianche, nessun divieto» - Il sindaco dopo l’incontro a Firenze
con Regione, Provincia e Arpat sulla tossicità dei fanghi.
Le Spiagge bianche
restano un paradiso (chimico) accessibile. E chi sperava, o
almeno ipotizzava che dopo le notizie dei giorni scorsi riguardo
a un'inchiesta della Procura di Livorno sulla tossicità dei
fanghi che lo stabilimento chimico locale riversa in mare le
istituzioni prendessero misure cautelative per la salute delle
migliaia di turisti che ogni estate frequentano quella parte di
litorale toscano si sbagliava. Perché ieri in una riunione
fiorentina fra Regione, Provincia, Comune e Arpat è emerso che
cittadini e visitatori potranno tranquillamente continuare a
prendere la tintarella alle Spiagge bianche e a tuffarsi nel
mare antistante, innegabilmente reso biancastro dagli scarichi
dell'industria Solvay. Lo ripetono il sindaco Franchi e
l’assessore provinciale Nicola Nista. E lo conferma anche
l'assessore regionale all'ambiente Anna Rita Bramerini. Quello
di ieri doveva essere un incontro interlocutorio per discutere
della revisione dell’accordo di programma riguardante appunto
gli scarichi Solvay. Un incontro che - i partecipanti non lo
negano - più che fare il punto sui quantitativi di fanghi che
l’industria chimica potrà sversare in futuro, è stata
l’occasione per affrontare il problema della balneazione.
«Abbiamo fatto il punto della situazione - spiega Franchi -
anche in vista del nuovo accordo di programma, ma ripeto quello
che ho già detto nei giorni scorsi. Non sono emersi elementi
diversi rispetto a quelli conosciuti che si rifanno agli studi
dell’Arpat, a quelli sull’ecotossicità dei fanghi portati avanti
nel 2011 e anche ai campionamenti che la stessa Arpat fa due
volte al mese». A confermare che nell’incontro di ieri Arpat ha
riepilogato le attività di controllo eseguite sui fanghi Solvay
negli ultimi anni, spiegando che «per i parametri di legge che
vengono controllati relativamente alla balneazione non sono
emerse evidenze» è anche l’assessore Bramerini. Insomma è
evidente che il tavolo fiorentino non è servito ad altro che a
ribadire quello che nel consiglio regionale era emerso già
mercoledì, quando l’assessore Bugli aveva risposto
all’interpellanza presentata dalla consigliera Marta Gazzarri (Idv),
insieme ad altri colleghi di schieramento e del Pd. «Non sono
mai stati rilevati scarichi a mare con livelli di arsenico
superiori ai limiti di legge da parte della Solvay», questo in
sostanza aveva detto Bugli in consiglio e questo ha ripetuto
Arpat ieri davanti ai rappresentanti delle istituzioni. Ovvio
che con queste premesse l’ipotesi di vietare ai turisti di
sguazzare nel mare delle Spiagge bianche diventa assai
improbabile. «Non ci sono elementi nuovi - dice l’assessore
provinciale Nista -, tali da prevedere un divieto di
balneazione». Analogo parere da parte del sindaco, che però non
nega l’intenzione di approfondire la vicenda anche grazie a un
confronto con gli uffici comunali. «A stasera (ieri, ndr) -
chiude Franchi - tutto resta uguale, per il momento non
prevediamo divieti». Il Tirreno del 14/6/2013.
GLI
SCARICHI A MARE - PER SOLVAY LIBERTA’ SENZA LIMITI.
Un profondo senso di disgusto prende qualunque persona onesta
che legga le dichiarazioni degli amministratori toscani. Dunque,
la Solvay di Rosignano scarica in mare i propri rifiuti speciali
gratuitamente da sempre. Ad un prezzo prudente di 300 euro a
tonnellata (tanto costerebbe un corretto smaltimento in
discarica autorizzata) Solvay ha risparmiato negli ultimi 40
anni (dalla legge Merli) almeno 1.400 milioni di euro. Solo
questo lascia intendere il motivo del consenso che si è creato
tra gli amministratori. Ma andiamo con ordine: Solvay scarica
in mare, in deroga ai limiti della legge Merli (1976), della
delibera dei ministri 4.2.77, del decreto legislativo 152/99 gli
scarichi bianchi, o solidi sospesi, che trasportano - secondo
l'ultima dichiarazione Solvay al Ministero dell'ambiente - 1.449
kg di arsenico e composti, 91 kg di cadmio e composti, 1.540 kg
di cromo e composti, 1.868 kg di rame e composti, 71 kg di
mercurio e composti, 1.766 kg di nichel e composti, 3.218 kg di
piombo e composti, 15.049 kg di zinco e composti, 145 kg di
diclorometano, 3 kg di tetraclorometano, 73 kg di triclorometano,
350 kg di fenoli, 327 kg di fosforo, 5,5 tonnellate di azoto, e
addirittura 717.000 tonnellate di cloruri. Negli anni ’70 il
Comune di Rosignano "le venne incontro", scaricando nel fosso
bianco le proprie fogne, raffreddandolo e diluendolo. Non
bastava. Dagli anni '90 Asa scarica i reflui del depuratore nel
solito fosso bianco, poi anche quelli del depuratore Aretusa,
che Solvay periodicamente non preleva e non riutilizza come
concordato. Dove non si arriva rispettando la legge, si arriva
con i cosidetti "accordi di programma". Nel 2003 con la regia
del ministro Altero Matteoli - ex verniciatore Solvay/Consonni -
si stipulava un accordo di programma che prevedeva, tra l'altro,
di ridurre gli scarichi bianchi da 200mila tonnellate/anno a 60
mila entro il 2007. Tutte le tappe intermedie di riduzione
(2004-2006) furono fallite, ma la Regione erogava ugualmente 30
milioni di euro pubblici a Solvay "a stato di avanzamento
lavori". Insomma, la Regione sapeva dell'inadempienza, ma pagava
lo stesso. Qualunque persona onesta penserebbe ad una truffa
combinata ai danni dello Stato. Oggi gli scarichi bianchi sono
ancora almeno 120 mila tonnellate l'anno, il doppio di quanto
concordato nel famoso accordo del 2003, e quel che è più grave
trasportano il doppio di arsenico, il doppio di mercurio, il
doppio di cadmio, di cromo, di piombo, di nichel, di zinco ecc
di quanti ne avrebbero "dovuto" trasportare in mare. Di quali
limiti rispettati parlano i nostri amministratori? Maurizio
Marchi Medicina Democratica.
Il Tirreno del 15/6/2013.
IL
POLO INDUSTRIALE - SERVIREBBE LA BUONA POLITICA
E dunque alle spiagge bianche si continuerà a fare il bagno.
Nulla osta, hanno detto in sequenza l'Arpat, l'assessore
regionale Bugli, la sua collega Bramerini e il sindaco di
Rosignano, Alessandro Franchi: le analisi certificano che gli
scarichi del fosso bianco sono compatibili con la salute umana.
In tanti hanno tirato un sospiro di sollievo, eccessivo rispetto
alla portata della notizia: dopotutto da lustri le analisi
certificano che in quel paradiso artificiale il bagno si può
fare e non si capisce il motivo di tanta soddisfazione. L’unica
ragione intuibile è che quest’anno l’attenzione attorno allo
stabilimento e ai suoi scarichi è più forte che in passato, in
concomitanza all’inchiesta della procura di Livorno che ha
indotto Solvay a chiedere il patteggiamento per cinque suoi
dirigenti. Da parte sua l’Arpat, a vicenda processuale aperta, è
intervenuta per ribadire l’affidabilità dei propri dati
analitici, che peraltro pubblicamente mai nessuno ha messo in
discussione. Il dibattito s’è infervorato su questo punto,
rinverdendo l’antica divisione tra industrialisti e
ambientalisti. Una differenza che potrebbe apparire giurassica
solo tra pochi anni, poiché le ultime mosse di Solvay lasciano
presagire un suo progressivo abbandono del territorio. E non si
capisce come diversamente potrebbe essere, visto il piano di
riorganizzazione presentato nei giorni scorsi ai sindacati: con
il proposito di migliorare la competitività, sarà diminuita la
capacità produttiva della sodiera a circa 600mila tonnellate
all’anno (rispetto alle 950mila possibili) e il personale sarà
ulteriormente ridotto per una quarantina di unità. Ora è chiaro
che se dopo la cessione del polietilene e del clorosoda, Solvay
manifesta l’intenzione di ridimensionare la sodiera, vuol dire
che il futuro si trasforma da certezza in scommessa, lasciando
la porta aperta a milioni di dubbi. In questa fase servirebbe
una buona politica. È difficile evocarla in tempi come questi,
ma davvero il bisogno è urgente. C’è infatti da programmare lo
sviluppo del territorio in un avvenire con meno certezze
rispetto al passato. L’esigenza muove da una domanda: cosa sarà
tra dieci anni del parco industriale? Perché se anche lo
stabilimento chimico ha perso peso, è di gran lunga la risorsa
occupazionale più importante. Ci sono alternative credibili? In
attesa di risposte certe, sta il fatto che nessuno può ridurre
il problema delle spiagge bianche a semplice ritualità polemica,
visto il mancato rispetto dell’accordo di programma sui fanghi.
Parimenti nessuno può stupirsi se il fosso bianco continua a
spurgare in mare i residui della Solvay, pesante contropartita
ambientale al benessere che ha rilasciato sul territorio.
A sorprendere, se
in caso, sono quanti frequentano quella zona e che si tuffano in
quel mare. Qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegare loro
che non si tratta del paradiso, ma è solo il frutto di una
discarica industriale. Nessuno lo farà e per un’altra estate si
andrà avanti nell’equivoco.
Di Antonio Valentini per Il
Tirreno del 16/6/2013.
Spiagge bianche, esteso il
divieto di balneazione. La Solvay patteggia: maxi multa per i
reati ambientali
“Limite invalicabile,
divieto di balneazione”. Sono questi i cartelli che, in parte
già esistenti, saranno estesi per duecento metri a partire dallo
stabilimento della Solvay a fronte del patteggiamento per
gettito di cose pericolose e superamento dei limiti previsti per
legge che ha visto l’azienda leader di produzione di soda
commutare la pena in denaro a seguito dell’adeguamento degli
impianti di diluizione sotto inchiesta da ormai quattro anni da
parte della Procura.
E’ stato lo stesso Comune di Rosignano che ha voluto allargare
la “zona rossa”, interdetta alla balneazione. La nuova
cartellonistica per turisti e bagnanti, come da accordi con la
magistratura, sarà a carico della Solvay.
Un patteggiamento “con pacchetto” dunque quello accettato dai
dirigenti della Solvay Chimica Italia Spa che dovranno pagare,
per i reati accertati fino al 2011, una somma a testa che varia
dai 29mila euro agli 8mila. Una sorta di accordo dunque tra la
Procura della Repubblica di Livorno che ha evitato in questi
quattro anni di indagini condotte dal reparto operativo
aeronavale della Guardia di Finanza, di adottare provvedimenti
penali forti e d’urgenza come quello del sequestro che poteva
essere posto in essere a fronte delle problematiche ambientali
rilevate dai periti del tribunale chiamati in campo per le
valutazioni chimiche. Sequestro non voluto di concerto con gli
inquirenti proprio per non bloccare il ciclo produttivo che, in
un periodo come questo, avrebbe voluto significare una brutta
batosta per l’economia locale e per molte famiglie della
provincia. “E’ stata accertata l’azione inquinante- ha
commentato il procuratore capo della Repubblica di Livorno
Francesco De Leo - ma soprattutto si è svolta un’attività di
consulenze complesse. Si parla di ben tre consulenze di fronte
alla proposta di patteggiamento avanzata dalla Solvay. Un
patteggiamento voluto a fronte di una condizione di adeguamento
di interventi disinquinanti indicati dal consulente della
Procura, l’ingegner Albino Trussi. Il problema era – specifica
De Leo – che il punto di campionamento non si trovava a monte ma
a valle e quindi il processo dei valori risultava alterati e
rientrava nei limiti. Quello a cui siamo arrivati è sicuramente
un risultato importante – ha chiosato De Leo – non tanto per il
profilo penale che si è risolto in una commutazione pecuniaria
della pena, quanto sotto il profilo ambientale. La Solvay ha
infatti già speso circa sei milioni e mezzo di euro per adeguare
gli impianti con elementi disinquinanti. E il nostro
monitoraggio, grazie ad Arpat, non si fermerà qui predisponendo
altre azioni di controllo a partire dal 2014. Possiamo
rassicurare tutti i cittadini che continueremo a vigilare”.
”Quest’indagine si è caratterizzata da aspetti importanti – ha
detto il pubblico ministero Giuseppe Rizzo titolare del
fascicolo di indagine – Il primo è relativo alle consulenze
tecniche molto complesse e molto costose. Una spesa ben fatta
però in quanto queste consulenze non si sono limitate a
fotografare una situazione, ma sono state consulenze di tipo
investigativo individuando così il meccanismo diluizione che è
il punto fondamentale della questione in quanto la legge vieta
questo procedimento. L’altro aspetto è il grande impegno profuso
dagli inquirenti e dai consulenti. E’ proprio grazie a questo
lavoro che la Solvay ha dovuto accettare l’impianto di
trattamento, rispettando così l’ ambiente ma senza interferire
con attività produttive”. 04 luglio 2013
www.quilivorno.it.
Solvay
patteggia, bonifiche per 7 milioni. Inquinamento Spiagge
bianche: il giudice infligge multe a 4 dirigenti. L’ex direttore
Michele Huart pagherà 29mila euro. Il riconoscimento di
responsabilità.
Quasi 7
milioni di euro (6,7) di investimenti in bonifiche ambientali
per regolare i conti con la giustizia dopo aver inquinato per
anni la zona di Rosignano con fanghi velenosi, in
particolare nell’area intorno alle Spiagge bianche. È questo
l’impegno che i vertici della Solvay si sono presi anche davanti
al giudice per le indagini preliminari che la settimana scorsa
ha accolto la richiesta di patteggiamento concordata dai legali
della multinazionale con la procura dopo un’inchiesta durata
quattro anni e nella quale gli investigatori, coordinati dal pm
Giuseppe Rizzo, hanno accertato al di là di ogni ragionevole
dubbio, «un sistema di scarichi non mappati che permettevano
all’azienda di diluire sostante come mercurio, piombo,
selenio e fenoli vari affinché nel momento in cui questi
arrivavano a valle risultavano in regola con i parametri
previsti dalle normative di legge». Oltre al maxi stanziamento
per la bonifica dei terreni inquinati e la messa in sicurezza
del sito, sono quattro i dirigenti della Solvay che hanno
patteggiato: l’ex direttrice dell’impianto Michéle Huart dovrà
versare 29mila euro, mentre Fabio Taddei, Davide Mantione e
Massimo Iacoponi dovranno pagare cifre comprese tra gli 8 e i
12mila euro. L’inchiesta. È iniziata quattro anni fa dopo un
esposto firmato da medicina democratica. Un’indagine spiegano
gli investigatori «difficile», perché accertare il sistema
attraverso il quale sono state aggirate le norme da parte della
Solvay, ha significato mappare palmo a palmo un’area sconfinata.
È attraverso questo lavoro che i finanzieri del reparto
aeronavale della finanza di Portoferraio hanno scoperto i punti
di diluizione non mappati. Le indagini - spiegano dalla procura
- hanno riguardato gli scarichi degli impianti clorometani,
perossidati, sodiera ed elettrolisi e di tutto il sistema di
fossati che confluiscono nel Fosso bianco, il collettore che
sfocia poi alle Spiagge bianche. «Nel corso degli anni è stato
necessario ripetere i campionamenti per accertare gli illeciti»,
ammettono gli inquirenti. Decisive, infine, sono state le tre
perizie richieste dalla procura che hanno messo la Solvay con le
spalle al muro, tanto da dare mandato allo studio legale
milanese Bolognesi di avviare una trattativa con la procura per
arrivare all’accordo sul patteggiamento. «Durante l’inchiesta -
ha ripetuto il procuratore capo Francesco De Leo all’indomani
della chiusura delle indagini - non abbiamo sequestrato
l’impianto per l’importanza dell’azienda sul territorio e il
particolare momento storico. Di questo siamo molto soddisfatti.
Anche perché l’azienda è stata collaborativa e noi abbiamo
ottenuto quello che volevamo: il riconoscimento di
responsabilità e l’intervento di disinquinamento. Detto
questo continueremo a vigilare». L’accordo. La procura ha
concesso all'azienda il tempo di avviare un impianto pilota per
determinare le quantità e qualità finali delle acque di scarico.
Entro il 2014 è prevista la realizzazione di un sistema di
trattamento reflui. Inoltre «sono stati fatti sequestri di
materiale di scarto accumulato indebitamente in alcuni siti e
inviati a smaltimento ed eseguita la pulizia di tutti i fossi e
canali. È stato realizzato un sistema di contenimento delle
acque di primo impatto, attraverso il ripristino e la pulizia di
sei bacini di raccolta, posizionati prima della confluenza degli
scarichi a mare, oltre che la costruzione di una serranda
automatizzata quale sbarramento del fosso di scarico stesso». E
ancora: è stata imposta la bonifica della vasca di diversione
della sodiera, da 10mila metri cubi, che all'atto del controllo
conteneva 5.000 metri cubi di rifiuti. È stato anche imposto
all'azienda un primo spostamento del punto di campionamento a
monte della confluenza di tubature provenienti da uno
scaricatore di piena dell'impianto fognario urbano. Perché nel
fosso bianco ci finiva un po' di tutto, anche i reflui civili.
(Federico Lazzotti per Il Tirreno del 15/10/2013)
Scontro sull’acqua di mare Solvay
ribatte alla procura
L’azienda respinge l’accusa di
aver diluito i fanghi e spiega perché patteggia Il
sindaco: «Scarichi più sicuri con le sei vasche e la
porta elettronica sul fosso».
SPIAGGE BIANCHE» L’INDAGINE
SULL’INQUINAMENTO ALESSANDRO FRANCHI Il divieto di
balneazione resta a 100 metri a nord e a sud del Fosso
Bianco, metteremo dei nuovi cartelli per avvertire i
bagnanti. L'accusa che a Solvay fa
più male, a giudicare dalla risposta che la società di
via Piave sintetizza in un comunicato 24 ore dopo la
conferenza stampa della Procura della Repubblica di
Livorno, è quella di aver aggirato i controlli diluendo
i fanghi con l'acqua. La multinazionale, su questo
aspetto, contesta il contenuto dell'indagine delle
Fiamme Gialle e del sostituto Giuseppe Rizzo: «L'acqua
di mare è sempre stata considerata come acqua di
processo e come tale individuata ed identificata in ogni
documentazione pertinente: pertanto l'utilizzo di acqua
marina nei processi non ha mai avuto la finalità di
aggirare i controlli", dice Solvay. Una difesa che si
scontra con quanto sostenuto dagli inquirenti e dal
consulente della procura, l'ingegner Albino Trussi, che
dice invece che l'acqua di mare è solo acqua di
raffreddamento. La difesa di Solvay. Ieri pomeriggio la
direzione dello stabilimento di Rosignano ha diramato
una nota con la quale l'azienda intende spiegare le
ragioni del patteggiamento oltre a rispondere - che per
quanto le concerne - non ci sarebbe stato alcun
aggiramento dei controlli. A proposito dello sforamento
dei minimi tabellari per alcune sostanze denunciato
dalla magistratura ( mercurio, piombo, selenio e fenoli)
Solvay dice: "Le indagini hanno rilevato il superamento
puntuale dei limiti tabellari per alcune specifiche
sostanze. Per tali presunti superamenti l'azienda ha
fatto presente le proprie argomentazioni tecniche e
giuridiche". Solvay contesta anche il fatto che si sia
parlato di fanghi inquinanti e diluiti per lo scarico a
mare di solidi sospesi sottolineando come "sia la natura
che la concentrazione di tali solidi non sono oggetto di
contestazione e quindi non hanno alcuna pertinenza con
l'istanza di patteggiamento". L'azienda aggiunge che la
"gestione di tale scarico risponde ed è normata da
specifiche autorizzazioni rilasciate dalle autorità
competenti sulla base dell'accertata non tossicità dei
solidi stessi, come peraltro ribadito dall'Arpat nel
proprio comunicato del 5 giugno scorso". Perché il
patteggiamento. Ma se Solvay ritiene di non aver eluso i
controlli e di non aver scaricato in mare fanghi
inquinanti perché ha chiesto di patteggiare? Su questo
aspetto l'azienda spiega in sostanza che il
patteggiamento non sarebbe un'ammissione di colpevolezza
ma esclusivamente una scelta, una strategia per evitare
un contenzioso con gli investigatori che avrebbe potuto
essere lungo e sfibrante. Scrive Solvay: «tenendo conto
dell’episodicità dell’evento, degli interventi tecnici
nel frattempo eseguiti, nonchè dell’attitudine
collaborativa propria del gruppo Solvay, l’azienda ha
ritenuto di non intraprendere un lungo e complesso iter
giudiziario ma di presentare un’istanza di
patteggiamento, comfermando le proprie argomentazioni
tecnico-giuridiche e la non sussistenza di specifiche
responsabilità». Il sindaco: «Scarichi più sicuri». Il
sindaco Franchi ieri ha voluto sottolineare
“l’apprezzamento per la gestione del lavoro da parte
della Procura e della polizia giudiziaria, con modalità
di assoluta riservatezza ed equilibrio in una situazione
molto delicata per il nostro territorio. Quello spirito
è sempre stato anche quello del sindaco». «Il lungo
lavoro - continua Franchi - ha prodotto risultati
importanti, con investimenti da parte della Solvay
Italia che permetteranno di innalzare i margini di
sicurezza; infatti il ripristino e la pulizia di sei
enormi bacini di raccolta, posizionati prima della
confluenza degli scarichi a mare, oltre alla costruzione
di una serranda automatizzata a sbarramento del fosso di
scarico, permetteranno di gestire al meglio eventuali
fasi di emergenza, evitando confluenze a mare». Quelle
vasche - ricordiamo noi - erano già in funzione fino
agli anni ’80, poi furono dismesse. Perché? Ora
torneranno a lavorare. Cartelli e divieto balneazione.
Franchi ricorda che già nel 2011 è stato esteso il
divieto di balneazione 100 metri a nord e a sud della
zona di scarico dello stabilimento e «abbiamo obbligato
a delimitare fisicamente le due zone di sbarramento». Ma
ribadisce che si tratta di misure di maggiore cautela
rispetto ai dati Arpat, «Con chiarezza diciamo che non
poniamo preclusioni a valutare di estendere i limiti di
divieto se fossero evidenziati dati che richiedono ciò».
E intanto annuncia che posizionerà alle Spiagge Bianche
cartelli che indicano che il colore non è frutto di un
processo naturale. 06 luglio 2013
IL PERITO DELL’ACCUSA «Ma io in quelle acque non mi
tufferei mai» L’ingegnere Albino Trussi è un consulente di
fama nazionale. Da sempre lavora nel mondo
dell’industria ed è tutto fuorché un ambientalista
invasato, come lui stesso si definisce ironicamente. Di
una cosa è sicuro: «Io un tuffo alle Spiagge bianche non
lo farei mai, preferisco i Caraibi veri, ma sono gusti
personali...». Ingegnere, i magistrati sono stati
chiari: hanno detto che la Solvay ha inquinato il mare.
«E’ vero, lo abbiamo accertato. Ma non chiedetemi che
tipo e che livello di inquinamento. Vi basti considerare
che in fondo al mare sono finiti, anche se in forma
solida, metalli pesanti. Come il piombo». Stando alla
Procura, le sostanze per le quali c’è stato uno
sforamento dei limiti sono state anche mercurio, selenio
e fenoli. «Sì, è così. Ci sono state anche altre
rilevazioni, più deboli delle altre, che non hanno dato
luogo a contestazioni formali ma che destano comunque
una certa preoccupazione». Per esempio? «Per esempio il
boro. La vostra zona è sensibile al boro, mi risulta che
Asa abbia investito molto per eliminare boro e arsenico
dall'acqua potabile. Ma per il boro e per altre sostanze
non c’è stato alcun riscontro perseguibile. Del resto
quella che ho condotto io è stata un'indagine a scopo
conoscitivo. Abbiamo fatto molte analisi, molte
simulazioni». Secondo i vostri studi, qual è stata la
sostanza che ha superato più delle altre i limiti di
legge? «Il piombo. Del resto il carbonato contiene
piombo, che veniva scaricato in mare diluito dall’acqua
di mare con un rapporto di uno a dieci». Solvay insiste
dicendo che si tratta di acqua di processo, la Procura
parla di acqua di raffreddamento. «Solvay ha ragione nel
senso che le relazioni e le varie autorizzazioni si sono
sempre basate su questa definizione. Storicamente,
l'azienda ha sempre considerato acqua di processo quella
che immette negli impianti. Ma la trovo una grande
estrapolazione. Insomma, quella è acqua di
raffreddamento. Che di fatto diluisce le sostanze. Il
punto focale infatti è proprio la diluizione.
Chiamiamola una diluizione autorizzata fino a ieri. Se a
questo si aggiunge il fatto che, sempre fino a ieri, per
la sodiera il punto ufficiale di campionamento era a
valle e non a pie' di impianto, si capisce tutto».
Durante le indagini si era parlato di punti di
sversamento non conosciuti dall’Arpat. Solvay ha sempre
smentito. «Diciamo che quando ho percorso a ritroso il
fosso bianco ho scoperto che in alcuni punti, un paio mi
sembra, vi sversava anche il tubo del “troppo pieno” del
depuratore Asa. Ma nessuno aveva mai fatto una camminata
lungo quel fosso?». di Alessandro De Gregorio - 6 luglio
2013 .
INDAGINE
SUGLI SCARICHI SOLVAY. LAVORO IN COLLABORAZIONE DELLE
ISTITUZIONI. PERMANE DIVIETO DI BALNEAZIONE A 100 METRI DAI LATI
DELLO SCARICO.
Il Sindaco Alessandro Franchi interviene in merito all’inchiesta
della Procura livornese sugli scarichi industriali Solvay. “In
merito alla conclusione del percorso di indagini della Procura
di Livorno sullo stabilimento chimico Solvay, sottolineo
volentieri la capacità di lavorare insieme e nel migliore dei
modi tenuta dalle Istituzioni a vario titolo coinvolte nella
lunga operazione. Come la Procura livornese ha generosamente
fatto cenno allo spirito di collaborazione del Sindaco, ritengo
doveroso ribadire ancor più l’apprezzamento per la gestione del
lavoro da parte della Procura e della Polizia Giudiziaria, con
modalità di assoluta riservatezza ed equilibrio in una
situazione molto delicata per il nostro territorio, in cui
fondamentali questioni di interesse ambientale e di tutela
pubblica si intrecciano però con non trascurabili aspetti legati
alla continuità produttiva e alle tante ripercussioni sul mondo
del lavoro e sul sistema sociale di riferimento. Quello spirito
è sempre stato anche quello del Sindaco. Al di là dell’aspetto
giudiziario e delle sue conclusioni, su cui ovviamente non mi
permetto di entrare perché non di mia competenza, ho sempre
condiviso la necessità di migliorare l’impatto della fabbrica
sull’ambiente circostante, nonché dei livelli di sicurezza degli
impianti, e cosa ancor più importante, garantire una più ampia
tutela dei della salute dei lavoratori, dei cittadini e dei
turisti. Il lungo lavoro ha prodotto risultati importanti, con
investimenti di rilievo da parte della soc. Solvay Italia che
permetteranno di innalzare i margini di sicurezza; infatti il
ripristino e la pulizia di sei enormi bacini di raccolta,
posizionati prima della confluenza degli scarichi a mare, oltre
alla costruzione di una serranda automatizzata a sbarramento del
fosso di scarico, permetteranno di gestire al meglio eventuali
fasi di emergenza, evitando confluenze a mare. Già nel 2011, con
la volontà di non sottovalutare alcuna possibile azione a tutela
di cittadini e turisti, abbiamo esteso a 100 metri a nord e a
sud della zona di scarico dello stabilimento il limite della
balneazione e abbiamo obbligato a delimitare fisicamente le due
zone di sbarramento. Tali misure erano e rimangono in realtà
elementi di maggiore cautela rispetto a quanto dovuto in
relazione ai dati di controllo. Ad oggi confermiamo che il
divieto di balneazione rimane a 100 metri da ambo i lati del
Fosso Bianco e confermiamo altresì l’attenzione costante ai dati
di Arpat derivanti dai controlli su punti specifici. Con
chiarezza diciamo che non poniamo preclusioni per il futuro a
valutare di estendere i limiti di divieto se fossero evidenziati
dati che richiedono ciò, anche solo precauzionalmente.
Attualmente i 100 metri sono il livello cautelativo da tenere.
Con lo spirito sopra evidenziato, cogliendo anche il
suggerimento scaturito dal dibattito sviluppato da Il Tirreno,
colgo l’occasione per riferire che a giorni
posizioneremo presso
le Spiagge Bianche dei cartelli contenenti informazioni sulla
specificità di quel luogo.
Saranno utili per i cittadini e i turisti per comprendere che,
ancorché consentita la balneazione dai controlli costanti e
puntuali che evidenziano il rispetto totale della normativa
europea, quell’arenile bianco non nasce così in natura.” 06
luglio 2013
L’AZIENDA È UNA RISORSA MA LA SALUTE
CONTA Tra Solvay, Ineos e Officina 2000
vi trovano lavoro stabile più di mille persone, alle
quali vanno aggiunte molte altre impiegate nell'indotto.
In una fase di regressione manifatturiera e di calo
occupazionale, è un bene da tutelare. Anzi, da
coltivare. Ciò però non significa, come ha chiarito la
procura di Livorno, che la multinazionale belga possa
stare al di sopra di una legge già premiante verso i
soggetti produttivi, dal momento in cui non misura il
tonnellaggio delle sostanze inquinanti ma la percentuale
in cui sono diluite. Questo va detto perché, attorno
alla questione degli scarichi, nei decenni si è prodotto
un clima da stadio che rischia di far perdere di vista
l'essenza del problema: fino a questo momento, a
Rosignano, nessuno è riuscito a immaginare
un'alternativa credibile allo stabilimento. Il
cosiddetto sviluppo multipolare - che in un fazzoletto
di terra prevede il deposito di etilene e gli
agriturismi, gli stoccaggi del cloro e la doc del vino,
il torrente bianco pieno di veleni e il turismo griffato
- si è tradotto solo in qualcosa che fa da cornice alla
grande fabbrica, senza sminuirne la centralità.
L'assenza di opzioni diverse però - ed è questo il punto
- non può svilire il rapporto con il territorio
attraverso un aut-aut ossessivo e bisbigliato a cadenza
periodica da azienda e sindacati, quasi che la
conservazione dei posti di lavoro avesse nel sacrificio
dell'ambiente l’inevitabile contropartita. Ora la
procura di Livorno ha segnato una linea di demarcazione,
stabilendo senza ombra di dubbio che fino al 2011 Solvay
ha inquinato. Ma anziché fermare gli impianti,
prefigurando una sorta di Taranto bis, le ha imposto
d'investire per migliorare il rapporto tra produzioni e
ambiente, bagnando le polveri degli ultrà ambientalisti
e dei supporter della curva opposta, gli industrialisti
a ogni costo: il lavoro e la difesa della salute possono
coesistere, basta rispettare le leggi. Un principio su
cui anche Solvay è d’accordo, avendo accettato il
patteggiamento per quattro suoi dirigenti. L’ha fatto
per ragioni tattiche, fa sapere, poiché convinta che le
procedure di scarico vadano bene e che i fanghi spurgati
siano solo carbonato di calcio. In realtà è stato
accertato nell'inchiesta che mercurio, piombo, fenoli e
selenio finivano in mare in misura eccedente ai
parametri, e che nel 2011 sono stati sversati nel fosso
percorso da un torrente bianco come il latte,1449
chilogrammi di arsenico, 91 di cadmio, 1540 di cromo,
1868 di rame, 1766 di nichel, 15049 di zinco. Il
fenomeno delle Spiagge bianche nasce da qui, da questo
scarico popolato da sostanze tossiche benché diluite e
la sua trasformazione in paradiso tropicale è funzionale
solo alla politica d’immagine della Solvay: siamo
talmente eco-compatibili che fiumi di persone vengono al
mare dove scarichiamo. L’inchiesta della procura
certifica il contrario. Ora anche l’Arpat sarà costretta
a riflettere su come ha svolto il proprio lavoro: non si
è accorta che gli scarichi avvenivano in difformità alla
legge, al punto che la stessa azienda l’ha riconosciuto
e ha fatto patteggiare i suoi dirigenti per evitargli un
processo dagli esiti incerti? Può forse obiettare, l’Arpat,
che i magistrati hanno torto dal momento in cui Solvay per prima
ha riconosciuto le loro ragioni? Gli altri enti territoriali,
Comune in primis, frattanto si liberino di un’antica sudditanza
psicologica, convincendosi che le Spiagge bianche sono frutto di
una discarica industriale. E vietino l’accesso a lungo raggio
dal fosso di scarico, anziché adagiarsi sui risultati delle
analisi che certificano l’assenza di inquinanti organici: con i
residui clorati che ci sono, in quel luogo non vi sarà mai
traccia di colibatteri e streptococchi, la cui presenza porta a
inibire la balneazione. Lo facciano, perché se Solvay è un bene
da tutelare, nessuno può pensare che siccome c’è la crisi, il
diritto alla salute possa essere svuotato di senso e contenuto.
Di ANTONIO VALENTINI
06 luglio 2013
LA
POLEMICA SULLE SPIAGGE BIANCHE - ARPAT: SULLA SOLVAY UN ATTENTO
MONITORAGGIO
Arpat ha sempre collaborato con la magistratura negli
accertamenti di violazioni delle norme ambientali, questa
collaborazione si è ulteriormente rafforzata con la nuova
organizzazione che si è data l'Agenzia lo scorso anno. Allo
stesso modo ogni problematica rilevata è stata segnalata agli
enti competenti. Arpat ha contribuito anche ai risultati
conseguiti da queste ultime indagini. L'area produttiva Solvay è
la combinazione di diversi stabilimenti produttivi. E'
sottoposta ad un regime autorizzativo complesso, che comprende
una Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) nazionale, che
riguarda le unità produttive Perossidati, Clorometani ed
Elettrolisi, nonché lo scarico generale, ed una Aia rilasciata
dalla Provincia di Livorno relativa alla sola Sodiera. Nei piani
di monitoraggio e controllo contenuti nelle Aia, sono state date
prescrizioni specifiche per i punti di monitoraggio/prelievo per
i vari impianti, cui il gestore e l'ente di controllo devono
attenersi. Arpat ha effettuato i prelievi nei punti previsti
dalle autorizzazioni. Le attività di controllo sono sempre state
condotte secondo le prescrizioni degli atti autorizzativi
esistenti, nella logica della terzietà dell'Agenzia. Arpat, già
nel 2003, in fase di rinnovo dell'autorizzazione allo scarico
dell'impianto Solvay, aveva rilevato come le ingenti quantità di
acqua di mare utilizzate soprattutto per la Sodiera, dovessero
essere suddivise tra acque di raffreddamento e acque di
processo, per evitare le conseguenti diluizioni, e/o che gli
scarichi fossero trattati (e, quindi, campionati) prima della
confluenza con le acque di raffreddamento. Su questa
interpretazione, recepita in un primo tempo dalla autorizzazione
provinciale, l'azienda fece ricorso davanti al Tar e la
questione fu risolta con il rilascio da parte della Provincia di
Livorno dell'Aia; l'indagine della Procura ed il successivo
patteggiamento (per quanto ci risulta) potrà portare
alla'individuazione di una nuova localizzazione del punto di
prelievo del piè d'impianto della Sodiera, a monte della
confluenza delle acque di raffreddamento. Siamo in attesa di
conoscere il merito degli atti conseguenti al patteggiamento.
Arpat, oltre al controllo degli scarichi, ha sempre effettuato i
controlli previsti dalla normativa sulla balneazione, non
limitandosi ai controlli batteriologici (che hanno dato sempre
esito positivo), ma definendo lo stato chimico dell'acqua di
mare delle "spiagge bianche". I risultati ottenuti non sono
dissimili da quelli tipici di gran parte del mare della Toscana.
Inoltre, la composizione chimica delle sabbie delle spiagge
bianche è stata oggetto di campionamenti ed analisi già nel 2000
e poi nel 2009 che hanno dimostrato il rispetto degli standard
normativi per i suoli destinati ad attività residenziali. Su
richiesta dell'Osservatorio previsto dall'accordo di programma
del 2003, l'Agenzia ha realizzato un monitoraggio ambientale
concluso nel 2008. Nel corso della seconda parte del 2011, è
stata anche realizzata da Arpat un'indagine eco-tossicologica
per la verifica di una eventuale tossicità legata alla natura
dei solidi veicolati in mare. I risultati dell'indagine hanno
permesso di accertare l'assenza di tossicità o tossicità
inferiore al limite di "tossicità trascurabile". Tutti i dati e
le nostre indagini sono sempre state trasmesse anche alla Ausl
competente per territorio ed a tutti i firmatari dell'Accordo di
programma. Arpat, insieme agli altri competenti (Mattm, Ispra,
Regione, Provincia) è impegnata da mesi nell'istruttoria per il
rinnovo dell'Aia degli stabilimenti Solvay, nonchè per il
rinnovo dell'Accordo di programma in scadenza per il 2015. Punto
centrale di tale istruttoria è la valutazione delle condizioni
che possono garantire la compatibilità ambientale degli
scarichi. Arpat recentemente, ha formulato al Ministero
dell'Ambiente una nuova proposta di Piano di monitoraggio e di
valutazione degli effetti ambientali sull'ecosistema marino
(2014 - 2015). In tale elaborato si prevede di effettuare il
monitoraggio dei solidi dello scarico Solvay, della composizione
delle sabbie, dei sedimenti superficiali e profondi, delle acque
e delle matrici biologiche (Fitoplancton, Benthos, Posidonia,
Coralligeno), di pesci e molluschi. Arpat Toscana 10/7/2013.
ARPAT replica al sig.
Baldeschi
Sull’edizione di
Cecina-Rosignano del
quotidiano Il Tirreno di
sabato 12 luglio, è stato
pubblicato un intervento del
sig. Mario Baldeschi,
coordinatore SEL, dal
titolo: “Il mercurio
sversato. Dov’era l’Arpat in
quegli anni?”. L’intervento
si riferisce ad un
precedente comunicato
dell’Agenzia del 10 luglio,
vedi nel quale avevamo
cercato di chiarire quali
attività di controllo abbia
svolto ARPAT in merito alla
Solvay. L’assunto da cui
parte il sig. Baldeschi per
le sue argomentazioni è che,
secondo lui, “Da quanto
descritto (nel nostro
comunicato ndr) si evince
che tutto è nella norma e
che i controlli sono stati
effettuati regolarmente
secondo le prescrizioni
previste negli atti
autorizzativi.”
Successivamente cita vari
studi scientifici in merito
alla presenza di mercurio e
ad i suoi effetti nel mare
in prossimità della Solvay.
Vogliamo dire chiaramente a
Baldeschi che con il nostro
comunicato non abbiamo
affatto inteso dire che
“tutto è nella norma”, anzi,
ad esempio nel comunicato
del 5 giugno (vedi)
abbiamo riferito come
“L’attività di controllo ha
evidenziato valori di solidi
sospesi con continuità
superiori a quelli indicati
dall’Accordo di Programma e,
in taluni casi, il
superamento della
concentrazione per alcuni
parametri quali Fe, Al, Mn e
B. Di tali superamenti ARPAT
ha informato gli enti e le
autorità competenti.”
Riguardo poi al mercurio è
evidente che questo è stato
scaricato per molti anni in
mare, ricordiamo che fino al
1976 (legge Merli) non
esisteva in Italia una
normativa nazionale che
regolasse gli scarichi
industriali, e solo nei
primi anni ottanta lo
stabilimento Solvay si è
dotato di un sistema di
trattamento del mercurio,
che poi è stato
definitivamente eliminato
dal ciclo produttivo nel
2007 (a seguito dell’Accordo
di programma del 2003). Su
questo aspetto nella
relazione conclusiva
dell’attività di
monitoraggio svolto
dall’Agenzia fra il 2004 ed
il 2008, sugli effetti degli
scarichi Solvay
sull’ecosistema marino sono
chiaramente indicati i
problemi riscontrati, con
l’indicazione della ampia
area interessata da
concentrazioni di mercurio
nei sedimenti superficiali.
Una parte di questo
mercurio, evidentemente
quello biodisponibile, è
stato nel corso del tempo
trasferito alla rete trofica
degli ecosistemi marini,
anche se il fenomeno del
bioaccumulo attualmente è,
probabilmente, inferiore a
quello di 15-20 anni fa. In
considerazione del fatto
che, a luglio 2007,
l’impianto a celle di
mercurio ha definitivamente
cessato la sua attività,
sostituito con uno,
sicuramente meno impattante
da questo punto di vista, a
celle a membrana, è
presumibile che si potranno
vedere miglioramenti nei
prossimi anni. Inoltre, già
in quella sede si
evidenziava la necessità di
riprendere l’attività di
monitoraggio, oggi
riproposta al Ministero, ad
Ispra ed a tutti i firmatari
dell'Accordo di programma
del 2003. Infine ricordiamo
che è sì necessario guardare
indietro per capire i
problemi, ma altrettanto
importante è guardare oltre,
prestando attenzione ai
possibili margini di
miglioramento del ciclo
produttivo, concentrando
l’attenzione sulle
condizioni che potrebbero
essere poste in sede di
rinnovo e modifica
sostanziale dell’AIA e
dell’Accordo di programma in
scadenza nel 2015. ARPAT
pensa di poter dare il
proprio contributo
tecnico,insieme a tutti gli
altri soggetti interessati,
alla ricerca di soluzioni
che cerchino di conciliare
la tutela dell'ambiente e
della salute con lo sviluppo
e il lavoro. Tema
complicato, non sempre
concorrenziale. 17/07/2013
"Solvay, una
nuova Ilva". Ma il risanamento slitta al 2015.
I dati sull'inquinamento della costa tra
Rosignano Marittima e Vada sono inquietanti e
confermati dalla Agenzia ambientale dell'Onu.
Un'interrogazione parlamentare rivela i contorni
di una possibile "bomba ecologica" sulla riviera
toscana. La denuncia approda in Parlamento, dopo
l'interrogazione presentata al governo dal
deputato Adriano Zaccagnini, ex M5S e ora
appartenente al gruppo misto. Una "bomba
ecologica", così viene definita la situazione
dello stabilimento Solvay, sorto sulla costa
toscana nel 1941. Lo gestisce una multinazionale
belga che estrae salgemma dai giacimenti di
Volterra e della Val di Cecina. Produce sale,
cloro, e derivati;oltre alla produzione
elettrica, a partire dagli ultimi 20 anni, la
Solvay ha sempre prodotto carbonato di sodio,
bicarbonato di sodio, cloro, soda caustica,
clorometani e acqua ossigenata. I risultati -
secondo i dati forniti dal deputato - sono stati
un valore aggiunto modesto sul territorio e un
costo enorme in termini ambientali: un visibile
degrado del mare, enormi consumi di acqua e
l'estrazione di salgemma nella Val di Cecina
fino alle saline di Volterra; la gente accorre a
frotte in un'area non balneabile: i cartelli
stradali indicano proprio «spiagge bianche», da
Rosignano Marittima a Vado, nonostante l'acqua -
si legge nell'interrogazione - "nasconda insidie
letali. Tuttavia, nel raggio di chilometri non
s'intravede un solo divieto. Anzi, con denaro
pubblico è sorto un lido balneare e l'Asl
organizza addirittura la balneazione per gruppi
di persone disabili". L’Agenzia ambientale Onu
ha classificato questo tratto costiero come uno
dei 15 più inquinanti d’Italia: secondo le stime
per difetto del Cnr di Pisa, nella sabbia bianca
la Solvay ha scaricato 337 tonnellate di
mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio,
nickel, piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco
completo è stato pubblicato sul sito
dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Più
precisamente a Rosignano, secondo Legambiente,
sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti
fino a 14 chilometri dalla battigia. E gli
albergatori hanno addirittura chiesto di
cambiare il nome della cittadina togliendo il
"marchio" Solvay proprio per non abbinare la
città alla situazione di degrado ambientale.
Oggi la Solvay è finita sotto inchiesta per gli
scarichi abusivi nel mare toscano, sono stati
indagati sia la direttrice che i 4 ingegneri. La
Solvay è stata chiamata ad agire subito poiché
vi è la paura di essere di fronte ad una Ilva
toscana. Per i pm, infatti c'erano punti di
rilascio sconosciuti all'Arpat, agenzia
regionale per la protezione ambientale della
Toscana, i fanghi erano annacquati per diluire
la concentrazione. La società ha chiesto di
patteggiare, ma la Procura ha posto precise
condizioni: risanamento e fine delle violazioni.
L’ultima scadenza per la Solvay è il 2015: se
non sarà tutto ok, potrebbero scattare i
sequestri. Aspettando ulteriori sviluppi,
Zaccagnini ha così chiamato in causa il
Ministero dello sviluppo economico, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare ed il Ministero della Salute - con
l'interpellanza nella quale sottolinea che "la
Solvay, gettando in mare gli scarti di fabbrica,
ha reso la zona di Rosignano-Vada in Toscana un
luogo ai limiti della fantascienza. Il mare
azzurro turchese e la spiaggia bianca candida
richiamano un paesaggio tropicale e una visione
paradisiaca che però nascondono un inferno
malato. È un paradiso artificiale che non può
portare alcun beneficio a coloro che lo
frequentano. La natura è stata infatti
sottomessa dal profitto economico, che l'ha
spremuta fino all'ultima goccia. Secondo le
testimonianze di chi vive in questa realtà, la
gente sempre più spesso muore di cancro. I
cartelli con scritto Divieto di balneazione sono
stati rimossi di recente dai gestori degli
stabilimenti balneari”.
Zaccagnini pone richieste precise ai ministri
competenti:
1) realizzare un'indagine epidemiologica, a cura
di un organismo pubblico autorevole e a carico
della stessa Solvay, per stabilire gli eventuali
rapporti tra le patologie e i decessi avvenuti
sul territorio e le emissioni inquinanti della
fabbrica, con la correlazione tra inquinanti
conosciuti e patologie;
2) intervento d'urgenza per quantomeno bloccare
i danni all'ambiente e alle persone prodotti
dalla lavorazione;
3) avvertire la popolazione dello scarico in
mare di tali sostanze, prevedendo inoltre che le
spiagge bianche vengano interdette alla
frequentazione per almeno 1 chilometro a nord e
a 2 chilometri a sud dalla foce dello scarico;
4) chiusura dello scarico a mare entro non oltre
4 anni, anche se depurato dagli inquinanti
denunciati;
5) obbligo per lo stabilimento di dotarsi di un
impianto a circuito chiuso dell'acqua, con la
possibilità di utilizzare solo l'acqua in
entrata in mare;
6) rimborso dei lavoratori posti in Cassa
integrazione (da dicembre 2011 a maggio 2012)
nel caso fosse riconosciuta la strumentalità
dell'iniziativa Solvay;
7) prevedere, nell'accordo di programma che è in
corso di definizione presso la regione Toscana,
un dissalatore a carico di Solvay, da cui la
multinazionale ricavi acqua e sale lasciando
l'acqua dolce alla popolazione;
8) spostamento del serbatoio di etilene ad alto
rischio dall'area archeologica di Vada
prevedendo per lo stesso una diversa
collocazione.
(Da La Repubblica del 31/7/2013)
Agosto
2013 - Arrivano i cartelli promessi con le informazioni sulla
specificità del luogo - Che la spiaggia fosse "frutto del
deposito di materiali derivanti da lavorazione chimica" lo sanno
da sempre anche coloro che consentano ai figli il bagno nel
fosso convinti che sia soda. Come al solito si equivoca sulle
parole in barba alla salute ed alla verità. La dicitura
veritiera doveva essere questa: "la spiaggia è frutto del
deposito di materiali ALTAMENTE TOSSICI derivanti da lavorazione
chimica". Ma dimenticavo...l'ARPAT non lo dice... (NdR)
Nel
luglio 2017 questo cartello non è più presente.
INCHIESTA
SCARICHI A MARE - Solvay: «Patteggiato per evitare un lungo iter
giudiziario»
Solvay
interviene con una nota sulla notizia, anticipata ieri dal
nostro giornale, dell’avvenuto patteggiamento in Tribunale
nell’inchiesta sugli scarichi a mare. «Il giudice - scrive
Solvay - ha accolto la richiesta dell’azienda, fissando una
sanzione pecuniaria complessiva di 58.460 euro». Parla di
patteggiamento « che non comporta necessariamente un’ammissione
di responsabilità». L’azienda ribadisce infatti che «la
motivazione principale è di non intraprendere un lungo e
complesso iter giudiziario, non giustificato dall’entità
dell’evento. Durante il corso del procedimento, sono state già
completate da parte dell’azienda azioni specifiche relative al
trattamento degli scarichi idrici dello stabilimento, per
complessivi 7 milioni di euro. Sono stati poi individuati
ulteriori interventi di miglioramento che Solvay si è impegnata
a perseguire, nel quadro della sostenibilità ambientale delle
proprie attività industriali e della costante collaborazione con
istituzioni ed organi di controllo, nel rispetto delle normative
e delle autorizzazioni ambientali in vigore».
(Il Tirreno del 16/10/2013)
Otto
corridoi di sicurezza sulle Spiagge Bianche di Rosignano.
Potenziato il piano di salvataggio: l’arenile sarà diviso in
zone, con cartelloni per delimitare le diverse aree e facilitare
l’accesso dei mezzi di soccorso.
Otto
cartelloni che indicano altrettante aree di
quella spiaggia dai colori caraibici e vista
industriale conosciuta in tutta Italia con
il nome di Spiagge Bianche. L’iniziativa,
promossa per l’estate 2014 dal Comune di
Rosignano, ha l’obiettivo di ottimizzare i
tempi di soccorso in caso di richiesta di
aiuto. Perché, solo l’estate scorsa, i
bagnini che presidiano quel tratto di
arenile libero lungo un chilometro hanno
soccorso 44 bagnanti: e di questi ben 14
hanno richiesto l’intervento di pronto
soccorso garantito dai mezzi della Pubblica
Assistenza.
«Un
dato – conferma il comandante della guardia
Costiera di Vada Alessandro Balisciano – che
non ha uguali in tutta la Toscana perché in
tutta la Regione non esiste un tratto così
esteso di arenile libero che, per altro,
richiama ogni estate migliaia di turisti». E
dunque, per garantire una maggiore
sicurezza, i villeggianti troveranno,
affissi lungo la spiaggia dal Lillatro sino
a Vada, otto cartelli con stampate le
indicazioni precise del luogo. Cartelli
contrassegnati da lettere e numeri.
Otto
i pannelli: due nella zona del pennello, due
al Galafone, due nei pressi del fiume Fine e
due al Lillatro. Una suddivisione in zone in
modo che, nel caso di richiesta di aiuto, i
fruitori delle spiagge possano indicare ai
soccorritori l’esatta zona in cui si
trovano; indicazioni importanti per i mezzi
di soccorso che potranno individuare
immediatamente gli accessi al mare «e
accelerare – spiega Daniele Donati assessore
alla qualità urbana – i tempi di
intervento». Ma non solo. Quest’anno sarà
aumentata anche la sorveglianza nei giorni
festivi: «In una delle torrette che verranno
installate lungo le spiagge bianche, tre in
tutto partendo dal Lillatro, sarà presente –
dice Donati - un bagnino in più così da
garantire nei giorni di festa, una maggiore
assistenza alla balneazione».
(A.Bernardeschi per Il Tirreno del 17/4/2014)
Agosto
2014 -
Rapido
giretto
annuale
in area
Fosso
Bianco
per
vedere
se c'è
qualcosa
di
nuovo...ottimi
i nuovi
pannelli:
due
nella
zona del
pennello,
due al Galafone, due nei pressi del fiume Fine e
due al Lillatro che suddividono l'area in
zone per
indicare
ai
soccorritori
l’esatta
zona
dove
intervenire;
7
cartelli
di
Divieto
di
Balneazione
sulla
stessa
recinzione
fatta
con pali
e catene
arrugginite
fin dal
montaggio
nel
2012, il
divieto
di bagno
nel
fosso
del
"Gentili"
reso
illeggibile
e con
tuffatori,
anche ex
dipendenti
Solvay
in
azione,
i due
scarichi
nel FB
posti a
valle
dei
campionatori
Arpat
per cui
"ci mando
quello
che
voglio..."la
squadra
di
calcio
giovanile
sceglie
pure lei
la "sana
zona" per
l'allenamento
ed
infine
l'immancabile
nonno
che
accompagna
il
nipotino
a
sguazzare
nella
calda
acqua
del
fosso
industriale...non
resta
che
andarsene
quanto
prima...
Troppo mercurio in mare alle spiagge
bianche Il dossier dell'Arpat sulla qualità delle acque intorno
allo scarico della Solvay: "La contaminazione arriva fino alla
costa di Quercianella"
di Anna Cecchini.
Contaminazione da mercurio, non solo davanti allo scarico Solvay
ma fino alla costa di Quercianella, nel periodo antecedente al
2010, e superamento dei parametri di mercurio e tributilstagno
nei monitoraggi effettuati fino ad oggi, tale da definire lo
stato chimico della zona “non buono”. Queste, in estrema
sintesi, le conclusioni del rapporto sulla “Qualità delle acque
marino costiere prospicienti lo scarico Solvay di Rosignano”,
pubblicato da Arpat nei giorni scorsi sul proprio sito internet.
Un rapporto dettagliato in cui vengono ripercorsi i
campionamenti effettuati dall’azienda chimica e dalla stessa
Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della
Toscana) negli ultimi dieci anni. A richiedere il documento di
sintesi ad Arpat e Ispra, come si legge nella premessa del
rapporto, è stato «il ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, con nota n. 4851 del 12 febbraio 2014.
Per fornire una risposta a tale richiesta sono stati raccolti i
dati e le informazioni, ad oggi disponibili, sui risultati del
monitoraggio ambientale effettuato e delle indagini condotte a
vario titolo da diversi istituti di ricerca, oltre alle
informazioni sui risultati dei controlli condotti negli ultimi
anni sullo scarico dell’impianto». A proporre, nel giugno del
2013, la prosecuzione del monitoraggio effettuata nel periodo
fra il 2004 e il 2008, è stata la stessa Arpat, «al fine di
valutare - si legge ancora nel documento - gli effetti
ambientali sull’ecosistema marino conseguenti alla presenza
dello scarico Solvay (che dal 1912 ha scaricato in mare oltre
13.000.000 di tonnellate di solidi sospesi, che dal 1941, sia
pure con livelli di contaminazione diversi nel tempo, hanno
veicolato tra l’altro mercurio».Quanto ai risultati, dallo
studio effettuato dagli esperti Arpat, emerge che «il
monitoraggio antecedente al 2010 ha evidenziato in sostanza che
l’area marina prospiciente lo stabilimento Solvay è
caratterizzata dalla presenza di una contaminazione da mercurio
nei sedimenti, in una zona piuttosto estesa, che va dallo
scarico Solvay, verso nord-ovest fino alla zona di Quercianella:
i vari studi condotti da diversi istituti di ricerca e i dati
del monitoraggio effettuato da Arpat, hanno rilevato la presenza
di mercurio con concentrazioni variabili, in funzione del punto
di prelievo e della profondità dello stesso (con valori massimi
intorno a 4 mg/kg s.s.). Tale situazione può essere collegata
alla distribuzione granulometrica dei solidi sospesi presenti
nello scarico che, essendo costituiti in buona parte da
particelle fini (peliti), vengono dispersi in aree abbastanza
estese, mentre la parte più grossolana si deposita nell’area più
vicina allo scarico». Arpat ha naturalmente analizzato anche gli
effetti dei solidi sospesi sulle acque: «I parametri
temperatura, salinità e nutrienti, come lo zooplancton e il
fitoplancton, non sembrano mostrare aspetti di criticità».
Peggiore, sempre relativamente ai controlli fatti prima del
2010, lo stato della prateria di posidonia nell’area marina
circostante lo scarico «è sottoposta ad un impatto negativo
dovuto essenzialmente alle concentrazioni e al flusso di massa
dei solidi sospesi totali (Sst), presenti nello scarico. La
prateria situata di fronte la costa di Rosignano è alquanto
articolata con la presenza di macchie, anche di notevoli
dimensioni ed ha subito una regressione, verso il largo, del
limite superiore causata da un notevole apporto di sedimenti».
Quanto al monitoraggio effettuato dal 2010 fino ad oggi, la
situazione non appare molto diversa. «Facendo riferimento
strettamente ai parametri chimici e biologici rilevati presso il
punto di monitoraggio “Rosignano Lillatro”, posizionato
nell’area interessata dallo scarico, risulta uno stato chimico
non buono (tra l’altro scritto a caratteri maiuscoli, ndr), a
causa del superamento dei valori di concentrazione previsti per
il mercurio e il tributilstagno; tale situazione si ripresenta
anche per gran parte degli altri corpi idrici della costa
toscana, ad esclusione della “Costa dell’Argentario”. Il
Tributilstagno non sembra ascrivibile allo scarico Solvay,
mentre il mercurio, presente anche in quasi tutti gli altri
corpi idrici marino costieri della Toscana, è stato sicuramente
influenzato, in maniera determinante dal contributo dello
stabilimento»
2016 la cronaca
non si ferma
25.01.2016 -
A Rosignano Solvay il
mesotelioma cresce del 300%: in Italia industria fa ancora rima
con tumori di Marta
Panicucci.
"Rosignano è ai primi posti in Italia per i casi di mesotelioma
in rapporto alla popolazione, e il trend è tale anche per le
altre patologie tumorali”: non lasciano spazio a interpretazioni
le parole di Ezio Bonanni dell’Ona (Osservatorio nazionale
sull’amianto) riguardo all’incidenza del tumore legato
all’esposizione all’amianto di lavoratori e cittadini del paese
di Rosignano Solvay. “Emergono per la Asl 6 di Livorno 192
decessi rispetto agli 80 attesi” sono i risultati dell’ultima
indagine Ona sulla provincia resi noti in questi giorni dalla
Onlus che ha presentato un esposto alla Corte europea per
chiedere “la condanna della Repubblica italiana per la mancata
adozione di concrete misure per limitare l’incidenza
epidemiologica delle patologie asbesto correlate in Rosignano e
in tutto il comprensorio”. Purtroppo l’Ilva di Taranto,
nonostante sia l’esempio più eclatante, non è l’unico caso in
Italia in cui lavoratori fa rima con tumori, in cui le esigenze
produttive si scontrano con la tutela ambientale e la difesa
della salute dei cittadini. La vicenda legata alla
multinazionale chimica belga, che nel 1913 ha iniziato i lavori
per la costruzione dello stabilimento toscano per la produzione
di soda caustica, bicarbonato e carbonato di sodio, è annosa e
complessa. Rosignano Solvay non è un paese che ospita una
fabbrica, è un paese creato intorno e per la fabbrica. Le case,
le scuole elementari, il teatro, lo stadio, il circolo per il
dopo lavoro, lo stabilimento balneare, tutto a Rosignano è stato
creato dalla Solvay con il marchio di fabbrica sopra. E lo
stabilimento da oltre un secolo fa il buono e il cattivo tempo
del territorio decidendo della vita, del lavoro e purtroppo
anche della morte dei cittadini. Da anni la Solvay è accusata di
essere la responsabile dell’alto tasso di malattie e tumori
legati all’esposizione dell’amianto e della presenza di altre
sostanze altamente cancerogene. I rischi per lavoratori e
cittadini non derivano soltanto dall’amianto maneggiato
all’interno della stabilimento, ma anche dalle sostanze
cancerogene che la fabbrica disperde da decenni in aria tramite
le ciminiere e in acqua tramite i fossi di scarico dei rifiuti
chimici che arrivano direttamente in mare. Dallo stabilimento di
Rosignano Solvay esce la quasi totalità della produzione di
carbonato di sodio utile all’industria italiana. Lo smaltimento
regolare di rifiuti, come mercurio e arsenico, che si creano con
una così alta produttività può costare alcune migliaia di euro a
tonnellata: costi enormi per un’azienda che, invece, scarica in
mare oltre 146mila tonnellate di rifiuti l’anno. La quantità di
inquinanti presenti nel tratto di costa di fronte alla Solvay è
così elevato che nel rapporto ONU del 2002, l’Organizzazione
mondiale ha incluso Rosignano Solvay tra i 15 luoghi costieri
più inquinati d’Italia. Secondo le stime, infatti, nel mare
turchese delle famose Spiagge Bianche create con il bicarbonato
sarebbe concentrato il 42,8% dell’arsenico totale riversato nel
mare italiano. Ed il mercurio scaricato dal fosso inquina il
tratto di mare di fronte alla fabbrica fino a 14 chilometri
dalla costa. Lo stabilimento di Rosignano Solvay dai primi anni
del ‘900 sversa in mare solidi pesanti e metalli come mercurio,
arsenico, cadmio, cromo, ammoniaca e solventi organici
potenzialmente cancerogeni. Nel 2014 il Ministero dell’Ambiente
ha incaricato l'ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale) di verificare gli effetti sull’ambiente marino dello
scarico in mare dello stabilimento, con particolare riferimento
ai solidi sospesi. Nell’ottobre 2014 l’Arpat ha pubblicato il
rapporto che rivela: “Le acque marine antistanti lo scarico
risulta uno stato chimico “Non Buono”, dovuto al superamento
(nelle acque) dei limiti previsti per il mercurio e il
tributilstagno, nel punto di monitoraggio Lillatro”. E su questo
aspetto c’è ancora un processo in corso. Nel 2009, infatti, la
procura di Livono ha aperto un’indagine che ha portato la Solvay
sul banco degli imputati nel 2013. L’allora direttrice dello
stabilimento e quattro ingegneri sono stati rinviati a giudizio
per la scoperta di quattro scarichi abusivi sconosciuti all’ARPAT,
e una procedura per annacquare i fanghi e aggirare così i limiti
di legge. La Solvay ha sostanzialmente ammesso le sue colpe
chiedendo il patteggiamento, accettato dalla Procura di Livorno
a condizione, però, che la fabbrica effettuasse un piano di
risanamento e messa in regola entro il 2015. E così mentre la
Solvay era intenta a difendersi da pesanti accuse, lavoratori e
cittadini hanno continuano ad ammalarsi. La cosa più assurda di
questa situazione è che nessuna istituzione locale o nazionale
ha ritenuto necessario svolgere una seria indagine sulla salute
di lavoratori e dei cittadini per stabilire una volta per tutte
se ci sia o meno un nesso tra alta incidenza di tumori
registrata a Rosignano dall’ASL e presenza da un secolo di una
fabbrica di tale portata. Nel 2014 anche la trasmissione della
RAI Gazebo ha fatto un servizio sulla Solvay riaccendendo la
polemica sui rischi legati all’amianto. A quel servizio la
fabbrica ha risposto accusando la trasmissione di diffondere
“assurdità” e respingendo ogni tipo di nesso tra morti e
fabbrica. L’ONA, ovviamente, non è dello stesso avviso e nemmeno
la magistratura. Nel luglio scorso il tribunale di Livorno ha
condannato l’INAIL a costituire la rendita in favore della
vedova di un ex dipendente Solvay morto per tumore al polmone
nel 2010. Aveva 57 anni e aveva lavorato per 31 anni nel settore
manutenzioni dello stabilimento chimico di Rosignano. Nel corso
del procedimento è stato provato che la morte del dipendente
Solvay era legata alla “malattia professionale”, cioè
all’esposizione all’amianto nel sito produttivo. Negli anni ’20
e ’30 quando ancora si moriva di raffreddore e le conoscenze
sanitarie era scarsissime non si poteva pretendere che
all’interno di una fabbrica si facesse prevenzione o scelte
legate alla tutela dell’ambiente. Ma negli anni la situazione è
cambiata, la consapevolezza dei rischi per l’ambiente e la
salute hanno preso il posto dell’ignoranza e della
superficialità, ma in molti casi italiani il cambio di passo
politico su queste tematiche non c’è stato. Le esigenze
produttive e occupazionali, hanno sempre prevalso sui tentativi
di lavoratori e associazioni di chiedere maggiori tutele e
garanzie. E così la Solvay per i lavoratori che per anni hanno
lavorato senza alcuna protezione con l’amianto, che l’hanno
respirato, ingerito, che sono tornati a casa dalla famiglia con
i vestiti contaminati ha offerto qualcosa come un anno di
pensione anticipata ogni due anni passati immersi nel minerale
killer (e soltanto ai lavoratori più esposti). Perchè
l’industria, le grandi multinazionali sono abituate a pensare
con il portafoglio in mano, a pensare che si possa comprare
tutto, anche il silenzio e la salute con qualche contributo in
più. “La contaminazione di polveri e fibre di amianto, e di
altri cancerogeni, negli ambienti di lavoro e in quelli di vita
ha determinato, sta determinando e determinerà – prevede ancora
l’ONA - una più alta incidenza
di patologie asbesto correlate (mesoteliomi, tumori polmonari,
della laringe, dell’ovaio, del tratto gastrointestinale) e di
altre patologie, in tutta la popolazione e non solo tra i
lavoratori”. Per questo motivo la Onlus ha presentato esposto
alla Corte Europea chiedendo che “in ambito comunitario si
sanzioni l’Italia anche per l’operato della Regione Toscana e
del Comune di Rosignano”.
La politica, infatti, a
tutti i livelli nazionale e locale ha sempre avuto un
comportamento ambiguo nei confronti dello stabilimento Solvay,
così come delle altre fabbriche sul territorio. Sotto una patina
di richieste formali di adeguamento alle norme europee e tutela
dell’ambiente e della salute, le azioni concrete di controllo e
indirizzo dell’operato della Solvay non si sono mai viste. Anzi,
secondo Medicina Democratica grazie al decreto CITAI (Comitato
Interministeriale Tutela Acque dall’Inquinamento) che affida
alle amministrazioni locali il potere di concedere
autorizzazioni in deroga alle fabbriche “la Provincia di Livorno
concede da anni a Solvay autorizzazioni quadriennali in deroga
per i solidi sospesi, veicolanti in mare migliaia di tonnellate
di metalli tossici e solventi”. Della difficile, ma necessaria
convivenza di industria, ambiente e salute si discute da anni.
Su un piatto della bilancia ci sono gli interessi e gli
investimenti di grandi marchi o multinazionali che portano sul
territorio valore aggiunto e occupazione, ma dall’altra ci sono
temi legati alla tutela dell’ambiente, l’aria e il mare, e
soprattutto della salute chi vive dentro e fuori lo
stabilimento. In realtà, per quanto riguarda la Solvay, il
piatto della bilancia con il valore aggiunto portato
dall’azienda al territorio non è più così pesante, com’era,
invece, nei primi decenni di attività. Secondo uno studio del
dipartimento di economia e management dell’Università di Pisa
(“Stima delle ricadute economiche della Solvay sul territorio
della Val di Cecina dal 2006 al 2012” di Cheli, Coli, Del
Soldato e Luzzati) ad oggi i dipendenti Solvay, compresi i
lavoratori dell’indotto, rappresentano il 2-4% della popolazione
e il valore aggiunto (calcolato in stipendi e tasse pagate
all’amministrazione) si aggira tra l’1 e il 2% del valore
complessivo prodotto dallo stabilimento Solvay. Secondo le testimonzianze
di molti dipendenti, infatti, la multinazionale belga vorrebbe
chiudere il sito livornese, ma, in quel caso, sarebbe obbligata
a bonificare tutta l’area, con un’operazione enorme e
costosissima. Rosignano Solvay è il classico esempio
dell’incompetenza e del lassismo della politica italiana che su
temi importanti come la tutela dell’ambiente e della salute
adotta un comportamento di rassegnato permissivismo in nome
della produttività e dell’occupazione. Intanto, mentre si tutela
il guadagno delle fabbriche, non si difendono i cittadini, con
costi enormi in termini umani, ma anche strettamente economici.
Secondo uno studio nazionale dell’ARPA (“Industria, ambiente e
salute” del 2012) le stime dei costi sanitari e ambientali
dovuti alle emissioni industriali
indicano una conto economico, nel 2009, compreso tra 102 e 169
miliardi di euro. “Anche la bonifica dei siti inquinati – spiega
lo studio - richiede un impegno economico spesso molto
rilevante. Eppure oggi ci sono studi che dimostrano la
convenienza di investire nella prevenzione e nella bonifica:
utilizzando una visione di più ampio respiro e strumenti già
sperimentati a livello internazionale si può quantificare il
saldo positivo che deriva dai costi sanitari “risparmiati”
eliminando le fonti di esposizione”. Ma anche in questo
frangente l’Italia si dimostra miope, assoggettata agli
interessi industriali e incapace di difendere i cittadini
proponendo metodi alternativi di produzione, smaltimento sicuro
dei rifiuti o diverso impiego dei siti. E intanto mentre
multinazionali straniere la fanno da padrona nei paesi italiani
(quello di Rosignano è soltanto uno degli stabilimenti in Italia
della Solvay) alle associazioni come l’ONA non resta che fare la
conta dei morti e invocare l’intervento europeo per chiedere
quella protezione dei cittadini che lo Stato italiano non è in
grado di garantire.
Galleggiamento lungo il
canale e padre e figlio impegnati
nella traversata nonostante i divieti. Il guado si ripete con
notevole frequenza...Dopo l'arginatura del fosso visibile a
destra e la
costruzione del ponticello in legno nel 2005, la battigia si è
allontanata di una ventina di metri ricreando le condizioni
precedenti favorevoli all'attraversamento a guado.
L'ATTRAVERSAMENTO A GUADO DELLO SCARICO NON VA SOLO VIETATO, VA RESO
IMPOSSIBILE
Appare evidente quanto sia necessario un ulteriore allungamento degli argini
del fosso e che l'area
di battigia di 200 m. (100 per lato) intorno al canale venga
totalmente recintata fino a ~20 m. in mare impedendo veramente
il passaggio delle persone su quel lato. In pratica l'attuale
inutile barriera di vecchi pali uniti da catena, va completata
con pali inox e rete metallica idonea fino in mare. Solo in questo modo
si impedisce l'accesso all'area altamente inquinanta. Più o meno
come nello schema sotto:
28
agosto 2017 - Solvay, pesci morti lungo le Spiagge Bianche della
Toscana: la procura indaga sugli sversamenti di ammoniaca.
4
settembre 2017 - I Caraibi chimici fra pesci morti e ammoniaca:
e c'è chi continua a fare il bagno tra gli scarichi. Decine di muggini
“gaggia d’oro” e alcuni esemplari di lecce “stella”, affiorati
sulla battigia in corrispondenza del Fosso Bianco. Hanno
l’occhio vitreo e la bocca spalancata, sono morti probabilmente
da poche ore.
È il tardo pomeriggio di martedì 29 agosto
. La stessa mattina alcuni residenti dei Palazzoni (zona sud di
Rosignano Solvay) segnalano all’ufficio Ambiente del Comune un
forte odore di ammoniaca nell’aria. Viene attivata l’Arpat. L'ALLARME
E LE POLEMICHE
C’è relazione tra lo sversamento di ammoniaca e la moria dei
pesci? Lo diranno le analisi dell’Istituto di zooprofilassi di
Pisa, ancora in corso. Ma intanto infuriano le polemiche. Si
scatenano i pescatori («Chiederemo i danni», dicono), la
Coldiretti lancia l’allarme per la filiera ittica, gli
ambientalisti puntano il dito contro l’azienda chimica, i
partiti politici chiedono commissioni urgenti. Il sindaco
Alessandro Franchi scrive alla Solvay e pretende chiarimenti. Si
arriva addirittura a ipotizzare di estendere il divieto di
balneazione (oggi 100 metri a sud e a nord del fosso). Ma non se
ne farà di nulla.
L'INDAGINE DELLA PROCURA
Intanto è assodato che nel mare negli anni, sono finiti i
metalli pesanti: mercurio, cadmio, arsenico, cromo, rame,
nichel, piombo. Nel 2003 il governo firmò un accordo per la
riconversione ecologica della fabbrica. Cinquantasette milioni,
di cui 17 a carico delle amministrazioni pubbliche: l’azienda si
era impegnata a sostituire le vecchie celle a mercurio
dell’elettrolisi con quelle a membrana e a ridurre gli
emungimenti di acqua di falda attraverso il riciclo delle acque
reflue dei depuratori di Cecina e di Rosignano. Solvay rispettò
questi ultimi due punti dell’accordo ma non quelli sui fanghi:
avrebbe dovuto ridurre la quantità di solidi sospesi scaricati
in mare dal Fosso Bianco secondo una precisa tabella di marcia.
A settembre 2009 fu aperta un’inchiesta da parte della Procura
di Livorno (5 dirigenti finirono indagati per reati ambientali).
L’indagine si chiuse nel 2013 con un
patteggiamento . Solvay avrebbe investito i 6,7
milioni per la bonifica e il disinquinamento delle vasche di
sedimentazione, l’adeguamento e il sistema di contenimento degli
scarichi, impegnandosi a dotarsi entro il 2014 di un impianto di
trattamento dei reflui.
Oggi lo stabilimento guidato da Davide Papavero sta giocando una
sfida importante sul risanamento ambientale. Ma il caso dello
sversamento di ammoniaca fa piombare di nuovo la multinazionale
in un mare di polemiche e rischia di scolorire l’immagine delle
bandiere blu che ancora campeggiano sul litorale fra Rosignano e
Vada. Icona contestata di un mare pulito. Franchi pretende da
Solvay chiarezza sull’accaduto e arriva a ipotizzare una
revisione dell’autorizzazione integrata concessa dal ministero.
I sindacati temono per i lavoratori e si sentono snobbati
dall’azienda Chi sembra non preoccuparsi più di tanto sono le
migliaia di bagnanti che non rinunciano a questo piccolo angolo
di paradiso. Chi se ne frega se è un paradiso tarocco.
Andrea Rocchi per Il Tirreno.
6
settembre 2017 - Ammoniaca alle Spiagge bianche, Arpat: "Valori
alti a nord del Fosso Bianco"
Intanto un primo
elemento: l’incidente di lunedì 28 agosto in sodiera è successo
alle 15.50. L’impianto è ripartito regolarmente e il giorno
successivo alle 10 la situazione era tornata alla normalità. Lo
dice Arpat, che non spiega tuttavia le cause . Parla
genericamente di verifica “dei dati disponibili della sala
controllo per le diverse apparecchiature interessate del settore
distillazione e scarico finale” e delle “valutazioni fatte dalla
società' stessa in base alle informazioni assunte direttamente
dagli operatori in turno nel suddetto periodo”. Blocco in sodiera, perché? Cosa sia successo e perché non
è ancora chiaro. Secondo nostre fonti si sarebbe verificato un
blocco del sistema informativo, il cervellone della sodiera, con
successiva aperture delle valvole di scarico e la raccolta dei
liquidi nella vasche di contenimento. La procedura avrebbe visto
l’impiego anche dei vigili del fuoco interni per l’abbattimento
dell’ ammoniaca attraverso cortine nebulizzatrici. Solvay,
interpellata sul fatto, non entra nel merito (visto - dice - che
c’è un’inchiesta di Arpat) ma riferisce di un evento di “natura
episodica e durata limitata”. E spiega anche che “già qualche
ora dopo l’impianto è stato riavviato nelle normali condizioni
di marcia, secondo procedure interne previste per garantire il
rispetto delle condizioni di sicurezza e impatto ambientale”.
«Solvay – dicono in azienda - ha già messo a disposizione degli
enti di controllo ogni dato e informazione in proprio possesso,
con uno spirito di massima collaborazione, ai fini di una
accurata ricostruzione degli eventi. Arpat: procedure corrette. Sulle operazioni messe in
campo dall’azienda chimica, Arpat spiega: «La fase di arresto in
emergenza degli impianti sia stata gestita correttamente mentre
le fasi di riavviamento impianti ed in particolare di messa a
regime degli stessi, avvenuta nelle prime ore del 29 agosto
2017, sono ancora in fase di studio così come i risultati del
parametro azoto ammoniacale ottenuti dall'analisi dei campioni
ancora disponibili presso il laboratorio Solvay. L'indagine è
ancora in corso per correlare tutti gli aspetti ambientali
emersi».
Ammoniaca ancora in mare, record a nord del Fosso Bianco. Arpat
ha poi reso noti
i dati sui campionamenti
eseguiti il 31 agosto (dopo quelli del 29 a ridosso
dell’incidente). I prelievi sono stati effettuati dalla
battigia, in corrispondenza dei sei punti (3 a sud e 3 a nord
dallo scarico generale della società Solvay). «Rispetto ai
valori di concentrazione ottenuti per tale data - scrive Arpat -
, nei campioni del 31 agosto si osserva un incremento dei valori
nei punti a nord dello scarico e una diminuzione dei valori nei
punti a sud dello scarico, coerente con la direzione prevalente
dei venti (da sud ovest. Il punto a maggiore concentrazione
risulta quello situato 100 mt a nord dello scarico (1,71 mg/l).
Informati Comune e Asl. «I risultati - informa Arpat - sono
stati inviati al Comune di Rosignano Solvay ed alla Asl per le
opportune valutazioni di competenza. I pesci prelevati martedì
29 agosto, sono ancora presso la sede di Pisa dell'Istituto
Zooprofilattico Sperimentale per il Lazio e Toscana, per
accertarne le cause della morte. Bufera sulla balneazione. Non si placa la polemica sul
divieto di balneazione. Il Comune - sulla base delle
assicurazioni del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl che ha
ritenuto le concentrazioni di azoto ammoniacale ininfluenti per
la salute umana - ha deciso di non intervenire per estenderlo.
Diversamente il M5S di Rosignano chiede un intervento adeguato
ed ha già polemizzato col sindaco per non aver vietato da subito
la balneazione alle Spiagge Bianche appena avuta notizia dello
sversamento. I dati delle ultime analisi (quelle del 31, quelle
di ieri si avranno nei prossimi giorni) confermano la permanenza
di ammoniaca vicino al fosso. Cambierà qualcosa? Intanto la
consigliera M5S Serena Mancini in un post su Facebook annuncia
un esposto in Procura sulla vicenda. Andrea Rocchi per Il
Tirreno.
8
settembre 2017 -
Pesci spiaggiati, analisi con beffa «Impossibile accertare le
cause» Nove giorni di attesa. E
un nulla di fatto. Le analisi chimiche sui pesci morti prelevati
il 29 agosto alle Spiagge bianche si sono trasformate in una
beffa. Proprio l'esito di queste verifiche avrebbe consentito di
capire una volta per tutte se la morte degli animali fosse da
collegare allo sversamento di ammoniaca dagli impianti della
società Solvay, avvenuto il 28 agosto. Insomma, le cause della
moria, segnalata da alcuni cittadini la mattina del 29 agosto,
non verranno mai a galla. Visto che la risposta dell'istituto di
zooprofilassi elimina ogni speranza. Come conferma l'assessore
all'ambiente e vicesindaco Daniele Donati. «I tecnici
dell'Istituto di zooprofilassi - spiega - non sono in grado di
analizzare i campioni. I pesci, anche se sono stati refrigerati
dopo essere stati prelevati dalla spiaggia, risultavano già
molto deteriorati». Il che significa che l'istituto di
zooprofilassi, nonostante i tentativi, non ha potuto entrare nel
merito delle cause che hanno portato alla moria. «Non sono in
grado di risalire - conferma Donati - ai motivi della morte dei
pesci».Una vicenda, quella dei risultati delle analisi sui
pesci, che ha aspetti surreali. Fino ad oltre le 16 di ieri,
dopo nostre svariate telefonate, l'istituto di zooprofilassi
(sedi di Pisa e Firenze) e l'Asl nord-ovest (zona Cecina) si
sono rimpallate le competenze. «Da noi - ha detto il direttore
dell'istituto di zooprofilassi di Firenze, Giovanni Brajon - non
è pervenuto nulla di analizzare, semmai la vicenda è stata
trattata dai colleghi di Pisa». Dove, a nostra richiesta, nella
tarda mattina di ieri ci è stato risposto di aver già inviato
all'Asl cecinese »gli esiti di quel che poteva essere
repertato». A quel punto la sensazione che le verifiche sui
pesci potesse portare ad un vicolo cieco si è fatta sempre più
strada. Anche perché l'azienda sanitari ha più volte fatto
sapere di non aver ricevuto alcun risultato dai tecnici di Pisa,
come confermato pochi minuti prima delle 16 dal dottor Paolo
Lucchesi, responsabile Asl di zona: «Non ho visto nessuna
comunicazione dall'istituto di zooprofilassi». Poco dopo
l'assessore Donati ha chiarito che la risposta era arrivata,
eccome. «L'Asl, dopo averle ricevute dall'istituto di
zooprofilassi di Pisa, - ha detto Donati - oggi (ieri, ndr)
intorno alle 14 ci ha girato la risposta alle analisi che
dovevano essere fatte sui pesci morti. Lo stato deteriorato dei
campioni prelevati non consente di fare le analisi e quindi di
risolvere il quesito sulle cause della morte». C'è da chiedersi
come sia stato gestito il prelievo dei pesci. Donati spiega che
il 29 agosto alle Spiagge bianche «per primi sono intervenuti la
Guardia costiera e personale dell'ufficio ambiente del Comune,
che ha prelevato i campioni e li ha portati all'Asl di Cecina.
Mi risulta che, ben refrigerati, il giorno successivo siano
stati portati all'istituto di zooprofilassi». Fatto sta che ad
oggi risulta impossibile capire come i pesci siano morti. Anna
Cecchini per Il Tirreno.
9
settembre 2017 - Ammoniaca
e pesci morti il caso in Parlamento europeo.
Incredulità e rabbia.
Queste le reazioni, dopo la notizia della mancata possibilità di
analizzare i pesci trovati morti la mattina del 29 agosto alle
Spiagge bianche, il giorno dopo uno sversamento di ammoniaca
dalla Solvay.Il Movimento 5 Stelle fa sapere che sulla vicenda è
già stata depositata una interrogazione al Parlamento europeo.
«Le spiegazioni fornite dal vicesindaco Daniele Donati -
scrivono Elisa Becherini, Mario Settino e Francesco Serretti - e
apprese dai quotidiani circa la mancata possibilità d'analisi
dei pesci prelevati dalla spiaggia antistante lo scarico a mare
della Solvay non sono convincenti. Non convince tutta la
vicenda, a partire dal mancato divieto di balneazione
precauzionale, proseguendo con le mancate e doverose
comunicazioni ai cittadini da parte dei dirigenti Solvay. Per
arrivare al comunicato beffa che non si riesce a sapere la causa
del decesso dei pesci». Il modo in cui è stata gestito l'iter
per ottenere le analisi sui pesci morti non convince, come
dimostrano anche numerosi commenti su fb. «Senza contare -
proseguono Settino e colleghi - che ancora non sappiamo alcun
dettaglio sull'incidente in fabbrica, tutto questo da ben più di
una settimana». Ecco che i tre consiglieri stanno procedendo ad
interessare «della grave questione i nostri portavoce regionali
e nazionali, mentre i nostri rappresentanti M5S in Europa hanno
già depositato un interrogazione. La stessa cosa avverrà in
Regione». Il M5S, che invita i cittadini a partecipare alla
Commissione prevista alle 10 di martedì 12 settembre sulla
vicenda, ha inoltre presentato una richiesta d'atti per chiedere
«la perizia macroscopica sullo stato dei campioni,
documentazione fotografica (o video) della raccolta dei pesci,
attestato del loro stato alla presa in carico del laboratorio di
zooprofilassi, analisi chimica e batteriologica corredata dalle
note che ne evidenzino i limiti, luogo dove sono stati smaltiti
i restanti pesci con relativa documentazione di smaltimento.
Anche Serena Mancini (M5S) ha fatto richiesta agli atti «per
ottenere la perizia effettuata sui pesci e la lettera di
risposta che Solvay ha inviato a Franchi». Mancini ha
inoltre chiesto che alla Commissione del 12 settembre siano
invitati a partecipare i tecnici dell'Istituto di zooprofilassi.
«Il Comune sa che la relazione di Solvay sull'accaduto -
prosegue Mancini - arriverà entro il 15, è assurdo quindi fare
la Commissione sulla vicenda tre giorni prima». Anche Mancini,
come Medicina democratica, annuncia l'invio di un esposto in
Procura. Sulla stessa linea anche Sul, che con il consigliere
Niccolò Gherarducci sottolinea come «sia assurdo che in un
giorno i pesci si deteriorino. Mi aspetto che durante la
Commissione sia chiarita la vicenda delle analisi mancate sui
pesci. Chiedo anche che alla Commissione vengano invitati i
tecnici che avrebbero dovuto fare le analisi sugli animali».
Anna Cecchini per Il Tirreno.
10
settembre 2017 - Ammoniaca e pesci morti - Ona: «Sversate altre
sostanze?»
«A quanto pare
sembra che non sia possibile capire se la morte degli animali si
possa ricollegare con lo sversamento di ammoniaca, avvenuto il
giorno precedente». Anche l'Ona (Osservatorio nazionale amianto)
interviene sulla vicenda dello sversamento e della moria,
segnalata il giorno successivo da alcuni cittadini. «Questo è
già il secondo episodio di inquinamento delle acque a Rosignano
- si legge in una nota dell'Ona - il primo avvenuto ben 10 anni
fa, a seguito di un blackout. Ma, cosa è cambiato da allora?
Come riportato in un documento Arpat, datato 1 agosto 2007, "il
giorno 19 giugno 2007 alle ore 8:50 nell'insediamento
industriale di Rosignano Solvay si è verificato un totale
black-out elettrico che ha provocato la fermata di tutte le
unità produttive dello stabilimento Solvay e delle altre ditte
dell'insediamento industriale. La situazione accidentale si è
evidenziata soprattutto con una fuoriuscita di ammoniaca
dall'unità produttiva "sodiera" e con un suo deflusso nello
scarico al riavvio delle unità di produzione; oltre a questo si
sono verificate emissioni di fumo dalla torcia dell'impianto di
stoccaggio etilene e dalla torcia dell'impianto di produzione
Polietilene"». «Sono passati 10 anni e siamo di nuovo qui -
dichiara Antonella Franchi, coordinatrice nazionale Ona- a
parlare dell'acqua inquinata. In entrambi i casi si è parlato di
ammoniaca, ma chi ci garantisce che non sia stata sversato anche
qualche altro materiale ancor più dannoso? Qui non se ne può
più. Che le istituzioni si muovano, il tempo passa ma i danni
restano». L'Osservatorio amianto ricorda anche come il documento
Arpat in occasione dello sversamento del 2007 «termina con "nel
corso degli eventi del 19 giugno sono emersi alcuni aspetti
critici, seppur evocati da una situazione particolarmente
eccezionale come quella del disservizio elettrico occorso. Si
deve in ogni caso prendere atto che nonostante quest'ultimo
avesse una probabilità estremamente bassa di verificarsi, si è
ugualmente realizzato. Pertanto è parere dell' Agenzia che la
società Solvay dovrebbe procedere ad una revisione delle
procedure e dei dispositivi di emergenza finalizzati
principalmente al confinamento di ammoniaca e alla distruzione
di vapori organici in modo esaustivo"».«Il caso di Rosignano -
dice dichiara l'avvocato Ezio Bonanni, presidente Osservatorio
nazionale amianto - è comune a molti altri territori del nostro
Paese e del nostro pianeta. È una questione di sensibilità
culturale, di senso etico, del dovere di restituire alle future
generazioni questo pianeta che abbiamo preso in prestito senza
distruggerlo». Il Tirreno.
12
settembre 2017 -
Papavero spiega il corto circuito in sodiera
«Valori ammoniaca incompatibili con l'accaduto»
Moria di
pesci
«Il nostro guasto
non c'entra»
«Non risultano evidenze di superamento
dei limiti di ammoniaca tali da creare conseguenzialità con ciò
che è successo fuori». Ossia la moria di pesci, trovati
spiaggiati il 29 agosto intorno alla foce del Fosso bianco
(canale di scarico dello stabilimento Solvay). Davide Papavero,
direttore dell'azienda di via Piave, prende le distanze da
quanto accaduto all'esterno del perimetro dell'azienda e
sottolinea l'importanza di «separare i fatti dalle opinioni».
Anche se non nasconde che l'analisi delle acque all'interno di
due delle tre provette del campionatore lungo il corso del Fosso
bianco, quelle abitualmente analizzate per verificare le
concentrazioni di solidi sospesi, hanno dato «concentrazioni di
azoto ammoniacale leggermente superiori al limite (15mg/lt,
ndr), ma si tratta davvero di pochi milligrammi per litro».In un
incontro con la stampa convocato per fare chiarezza sulla
vicenda, dati alla mano, il numero uno di Solvay Rosignano
ripercorre quello che tra il 28 e il 29 agosto è successo alla
sodiera, che di fatto è rimasta completamente bloccata dalle
15.50 alle 19 di lunedì 28, per poi ripartire a pieno regime
alle 10 del giorno successivo. Ore convulse per dirigenza e
dipendenti Solvay, che si sono trovati ad affrontare
un'effettiva emergenza. «Alle 15.50 del 28 agosto - ricorda
Papavero -un dispositivo elettronico del sistema informatico
della sodiera ha fatto corto circuito e dato che mancava la
visualizzazione totale dei processi chimici, la sala controllo
ha bloccato l'impianto». Papavero assicura che «dalle 15.50,
come avviene in tutti i casi di emergenza, gli scarichi sono
stati deviati dal Fosso bianco ad un bacino di diversione, una
enorme vasca nel perimetro dello stabilimento». Praticamente, in
via precauzionale, Solvay evita di sversare in mare quando si
verificano anomalie nelle lavorazioni. «Ricordo - dice ancora il
direttore - che i liquidi lasciati nel bacino non finiscono in
mare, ma in un secondo tempo vengono reimmessi in sodiera per la
lavorazione. Ciò è avvenuto anche questa volta». Il direttore
spiega che alle 19 del 28 agosto il guasto al sistema di
controllo della sodiera è stato riparato, con la predisposizione
del riavvio dell'impianto (operazione che richiede svariate
ore). «A questo punto - prosegue -, intorno alle 4 della notte
fra il 28 e il 29 agosto, il canale di scarico è stato girato
dal bacino di diversione al Fosso bianco. Alle 10 del 29 agosto
l'impianto era totalmente in marcia».I veri grattacapo, per la
Solvay, sono arrivati dopo. «Alle 18 del 29 - spiega - sono
arrivati rappresentanti di Capitaneria di porto e Arpat,
dicendoci dei pesci morti e della necessità di entrare in
stabilimento per fare controlli. Alle 21 Arpat ha prelevato
acqua all'altezza dei campionatori in cima al Fosso bianco e
lungo la battigia». Poi, il 30 e il 31 agosto, c'è stato un
lungo faccia a faccia tra l'Agenzia per l'ambiente e i vertici
Solvay che hanno ricostruito l'iter dell'incidente. «Abbiamo
detto ad Arpat - spiega Papavero -che non si ha evidenza di aver
scaricato quantità di azoto ammoniacale significativamente
superiori alle usuali». Il direttore chiarisce che Solvay, ha
analizzato le acque del campionatore all'inizio dello scarico
del Fosso, di solito usate per verificare la quantità dei solidi
sospesi. Si tratta di tre provette, ognuna delle quali contiene
il liquido "di passaggio" relativo ad 8 ore della giornata.
«Nella prima - spiega Papavero, che comprende le ore a ridosso
dello stop dell'impianto avvenuto il 28 (dalle 15 alle 19) i
valori di ammoniaca erano molto inferiori al limite, le altre
due provette (che contengono il liquidi di passaggio nel
campionatore tra le 19 del 28 e le 10 del 29) contengono
percentuali di ammoniaca leggermente superiori alla media, pochi
milligrammi». Insomma Papavero è dell'opinione che i pesci non
siano morti per colpa di un eccesso di ammoniaca nell'acqua.
Fatto sta che proprio le analisi delle provette hanno rivelato,
anche se in quantitativi minimi, un superamento dei livelli di
azoto ammoniacale. «L'ipotesi è che ci sia arrivato - prosegue
Papavero - quando, a guasto concluso, abbiamo girato lo scarico
dal bacino di diversione al Fosso bianco, forse l'operazione è
stata fatta un po' prima del dovuto. Ma ripeto: questi risultati
non sono compatibili con la moria, né per quantità di ammoniaca
rilevata né per i tempi». Il direttore di via Piave assicurando
che oggi parteciperà alle 10 alla Commissione consiliare
organizzata sul caso, e interviene anche sul mancato esito delle
analisi dei pesci. «Cosa si intende - spiega - quando l'Istituto
di zooprofilassi dice che erano degradati? E poi perché sono
morte solo queste due specie e ne sono stati ritrovati solo tre
o quattro?». Come a voler mettere l'accento sulla singolarità
dell'intera vicenda. Anna Cecchini Il Tirreno.
Ottobre
2018 Le analisi per il fenomeno del materiale biancastro
spiaggiato sulle Spiagge Bianche di Vada.
Il solido ritrovato
sulla spiaggia in località Spiagge Bianche ha una composizione
similare al solido contenuto nello scarico Solvay, con presenza
di carbonati, elevate concentrazioni di calcio e magnesio.
In relazione
al fenomeno riportato sulla stampa locale a partire dal 10
ottobre scorso relativo alla presenza
di schiume compatte di colore bianco ritrovate sulla battigia a
nord del Fosso Bianco in Località Spiaggie Bianche di Vada di
cui abbiamo già riportato i primi risultati analitici sui
campioni prelevati dai tecnici del Dipartimento ARPAT di Livorno
nelle giornate del 10 e 12 ottobre, si forniscono i risultati
completi delle analisi, a seguito anche di approfondimenti
documentali richiesti alla Società Solvay per valutare tutti gli
elementi acquisiti nelle ispezioni svolte. Si ricorda che la
formazione di schiume nello specchio di mare antistante lo
scarico generale Solvay è un fenomeno che si è presentato molte
volte nel corso degli anni, generalmente limitato al periodo
estivo, in particolari condizioni meteo marine. E' un fenomeno
ben investigato, anche oggetto di studi scientifici presentati
dall’Università di Siena negli anni 2011- 2012; fattori chimici,
fisici e microbiologici concorrono alla formazione di schiume,
mentre la presenza di carbonato (principale componente dei
solidi presenti nello scarico Solvay) tende a stabilizzare le
schiume formatesi. L’ultimo episodio analizzato dagli Enti
risale al luglio 2016 quando vi fu un accertamento di ARPAT su
un evento avvenuto il 30/06/2016, con approfondimenti sul
fenomeno effettuati d’intesa con ISPRA. Il fenomeno registrato
nei primi giorni di ottobre è certamente assimilabile ai
precedenti studiati in analoghe condizioni meteo climatiche che
ne hanno favorito la genesi. Si fornisce di seguito un quadro
riassuntivo delle analisi chimiche e biologiche effettuate dal
Settore Laboratorio dell’Area Vasta Costa e Centro sui campioni
acquisiti e le osservazioni del Dipartimento di Livorno a
conclusione dell’attività svolta :
Materiale solido
I tre campioni di solido
bianco prelevati sulla
spiaggia, uno da Solvay in
data 9 ottobre, due da ARPAT
nelle giornate del 10 e 12
ottobre, sono risultati
costituiti prevalentemente
da carbonati, con elevate
concentrazioni di calcio e
magnesio, nonché presenza
anche di metalli come ferro,
manganese, alluminio e
zinco; tutti questi elementi
si ritrovano
significativamente nello
scarico generale
dell'installazione Solvay,
in particolare nei solidi
sospesi da esso veicolati.
In merito ai rapporti calcio
e magnesio determinati sui
vari campioni, si evidenzia
per i materiali depositati
sull’arenile concentrazioni
più elevate di magnesio
rispetto a quanto rilevato
nello scarico. E’
presumibile che
l’arricchimento in magnesio
possa essere attribuito ad
un processo di parziale
solubilizzazione e
successiva
ricristallizzazione da acqua
di mare che, notoriamente, è
più ricca in magnesio che in
calcio. Sui due campioni di
materiale solido bianco (n.reg
8119 e 8120) prelevati sulla
spiaggia rispettivamente da
ARPAT in data 10/10/2018 e
da Solvay in data 09/10/2018
sono stati eseguiti, previa
sospensione in acqua e
successiva sedimentazione,
test per la determinazione -
con i metodi ufficiali - dei
tensioattivi anionici (MBAS)
e dei tensioattivi non
ionici (TNI), che sono
risultati inferiori al
limite di rilevabilità.
Aliquote del solido sono
state sottoposte ad
acidificazione con acido
cloridrico (HCl 1:1)
evidenziando la presenza di
carbonati, con
solubilizzazione pressoché
completa del solido. Il
saggio di tossicità con
Vibrio fischeri è stato
effettuato sull'elutriato
ottenuto dal campione solido
spiaggiato (n.reg.8158).
L'analisi ha lo scopo di
valutare la presenza di
sostanze idrosolubili in
grado di determinare
l'inibizione della
luminescenza del batterio
marino V. fischeri.
L'elutriato si ottiene
ponendo in agitazione per 1h
a temperatura ambiente il
campione in rapporto 1/4 con
acqua di mare sintetica,
preparata cioè in
laboratorio.
Il test ha evidenziato su
questo organismo un certo
grado di tossicità, comunque
non elevata (EC20 = 80,50% e
una EC50 = 90,4%). Va,
inoltre, sottolineato che,
come già comunicato
precedentemente, le acque
marine campionate 50m a nord
dello scarico generale
Solvay hanno rilevato
assenza di tossicità
valutata con lo stesso
organismo V. fischeri. Acque di scarico
Sono state analizzate le
acque di scarico della
Solvay, campionate dal
personale Solvay, nei giorni
compresi dal 6 al 8 ottobre.
Nel
liquido ottenuto dalla
filtrazione di tali campioni
sono risultati assenti i
tensioattivi anionici ed i
fosfati (fosforo totale
inferiore al limite di
rilevabilità LOD). La
determinazione dei metalli
pesanti è stata eseguita sia
sui campioni filtrati - come
previsto dalla
autorizzazione AIA
ministeriale per la verifica
del rispetto di limiti
tabellari -, sia sui
campioni tal quali,che
permette di rilevare le
concentrazioni di metalli
presenti nei solidi sospesi.
I dati ottenuti evidenziano
sui campioni filtrati (fase
liquida dello scarico)
valori bassi di
concentrazione di metalli,
mentre nei campioni tal
quale (compresenza di fase
liquida e fase solida) si
rilevano concentrazioni
degli stessi elementi di cui
alla tabella sopra
riportata: Alluminio (3,48 ÷
4,93 mg/L), Ferro (3,01 ÷
3,76 mg/L), Manganese
(1,67,3 ÷ 2,38 mg/L) e Zinco
(0,227 ÷ 0,920 mg/L).
Sui campioni tal quale sono
stati determinate anche le
concentrazioni di Calcio e
Magnesio ottenendo per tutti
i campioni analizzati un
rapporto Ca/Mg ~ 3. I
risultati delle analisi
chimiche del campionamento
hanno mostrato il rispetto
dei valori limite previsti
nell’ AIA ministeriale DM
177 del 07/08/2015 che
autorizza tale scarico.
Dalle attività analitiche
svolte emergono pertanto le
seguenti conclusioni:
il solido ritrovato
sulla spiaggia in
località Spiagge Bianche
ha una composizione
similare al solido
contenuto nello scarico
Solvay, con presenza di
carbonati, elevate
concentrazioni di calcio
e magnesio, nonché
presenza di metalli come
ferro, manganese,
alluminio e zinco;
questi elementi si
ritrovano
significativamente nello
scarico generale
dell’installazione
Solvay.
analogamente a quanto
rappresentato in passato
per spiegare la presenza
delle schiume, sono
sicuramente vari i
fattori da tenere in
considerazione nella
formazione degli
aggregati ritrovati
sulla spiaggia nei primi
giorni di ottobre, come
la temperatura dello
scarico e delle acque
marine, il moto ondoso,
nonché la portata dello
scarico, la
concentrazione dei
solidi sospesi e
l’eventuale presenza di
sostanze, anche di
origine naturale, con
capacità schiumogene. La
ricerca di tensioattivi
anionici sui campioni
prelevati ha dato esito
negativo.
Relativamente agli esiti
analitici apparsi sui
media, prodotti da un
laboratorio privato per
conto di un gruppi di
cittadini, rimarcando
che tali iniziative sono
sempre per ARPAT un
importante momento di
confronto, si vuole
precisare che - in
mancanza di ulteriori
informazioni sulle
modalità di conduzione
delle analisi effettuate
- risulta difficile
commentarne i risultati,
peraltro molto vicini al
limite di rilevabilità
dei metodi - viste le
diluizioni in gioco
(1:10). Arpat
Agenzia Regionale
21/11/2018
Spiagge
bianche, i risultati delle analisi Arpat - Resi noti i risultati
delle analisi sul "materiale granulare" in mare a metà gennaio.
"Necessari ulteriori approfondimenti per test di tossicità".
"Le analisi chimiche e la valutazione della tossicità effettuate
sui campioni di solido spiaggiato - hanno fatto sapere da Arpat
- hanno sostanzialmente confermato la natura e la composizione
dei materiali rinvenuti similare a quella riscontrata
nell’ottobre 2018: il solido è formato interamente da sali di
carbonati con contenuti variabili, a livello di mg/kg, degli
stessi metalli tipicamente presenti nei solidi scaricati dalla
Solvay come ferro, manganese, alluminio, zinco e boro". Motivo
per cui Arpat ritiene "necessari ulteriori approfondimenti per
test di tossicità".
Questo, in estrema sintesi, è quanto emerso dagli ultimi
campionamenti di materiale solido biancastro effettuati dai
tecnici Arpat alle Spiagge bianche di Vada il 14 e 18 gennaio.
In particolare, il rapporto magnesio/calcio (Mg/Ca) è risultato
compreso fra 2,0 e 2,5.
"Dalla comparazione dei risultati analitici - hanno precisato
dall'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente - si può
affermare che la composizione in termini di metalli di detti
granuli risulta pressoché similare, con concentrazioni marcate
di alluminio, ferro, manganese, boro ed in misura minore di
zinco. In tutti i campioni non è stata riscontrata presenza di
tensioattivi, sia anionici che non ionici".
In merito ai
rapporti Ca/Mg determinati sui vari campioni, "si evidenziano
per i materiali depositati sull’arenile concentrazioni più
elevate di Mg rispetto a quanto rilevato nei solidi presenti
nello scarico Solvay. È presumibile che l’arricchimento in
magnesio possa essere attribuito ad un processo di parziale
solubilizzazione e successiva ricristallizzazione da acqua di
mare che, notoriamente, è più ricca in magnesio che in calcio.
Da sottolineare il fatto che i materiali spiaggiati sono una
modesta quantità se confrontata con i quantitativi di solidi
scaricati dalla Società Solvay".
Per quanto riguarda invece il saggio di tossicità con batteri
bioluminescenti sul campione di solido spiaggiato (campione 100)
Arpat precisa che "ha mostrato un grado di tossicità più elevato
di quello raccolto il 12 ottobre 2018".
Il saggio di tossicità è stato determinato sull'elutriato (il
campione è stato posto in agitazione per 1h a temperatura
ambiente in rapporto 1/4 con acqua di mare sintetica) allo scopo
di valutare la tossicità degli eventuali tossici idrosolubili:
"Il risultato ha evidenziato una tossicità elevata per Vibrio
fischeri (EC 50 = 19,13%) mentre il saggio di tossicità sul
campione 8158 prelevato in data 12/10/2018 aveva evidenziato un
grado di tossicità medio (EC 50 = 90,4%)". Motivo per cui Arpat
ritiene necessario "un approfondimento con ulteriori test di
tossicità da eseguirsi al verificarsi di nuove formazioni del
fenomeno di spiaggiamento".
L’analisi tossicologica sull’acqua di mare (campione n. 99)
effettuata con Vibrio fischeri ha invece confermato come nel
campione dell’ottobre 2018 assenza di tossicità. Come
preannunciato dal Comune di Rosignano a fine gennaio, sarà cura
dell’amministrazione sottoporre gli esiti dei campionamenti alla
Asl per una valutazione di competenza.
Oltre ai vari fattori da tenere in considerazione nella
formazione degli aggregati ritrovati sulla spiaggia, come la
temperatura dello scarico e delle acque marine, il moto ondoso,
nonché la portata dello scarico, la concentrazione dei solidi
sospesi e l’eventuale presenza di sostanze, anche di origine
naturale, con capacità schiumogene, Arpat ha focalizzato
l’attenzione sul valore del pH nello scarico dell'insediamento
produttivo, "fattore che potrebbe giocare un ruolo importante
nella dissoluzione dei solidi scaricati dalla Soc. Solvay".
"Nello scarico generale - concludono da Arpat -, che ricordiamo
avere una portata mediamente intorno a 10.000 m3/h, si notano
variazioni anche di unità di pH nel corso di brevi lassi di
tempo, dovute a correzioni messe in atto dall’Azienda per
mantenere il parametro entro i limiti normativi (pH fra 5,5 e
9,5 ). Le fluttuazioni di pH che si rilevano nel punto di
controllo finale dello scarico generale sono un segnale per fasi
di processo non governate perfettamente; infatti, in
considerazione dell’elevata portata dello scarico e di
produzioni aventi cicli continui, sarebbero da attendersi valori
di pH delle acque reflue stabili nel tempo, mediati dall’insieme
dei flussi costituenti lo scarico generale e non facilmente
influenzabili". Qui News Rosignano.it 15 febbraio 2019.
Asl sulle schiume al Lillatro «Compatibili con materiali
presenti al Fosso Bianco»
Il Comune ha
indetto una riunione con tutti i soggetti interessati dal
fenomeno per mercoledì 13 marzo. Il problema
delle schiume sta interessando dall'ottobre 2018 la costa sud di
Rosignano Solvay, tra il muro del canale di presa degli impianti
Solvay e il magazzino punto di ritrovo dei surfisti; almeno
quattro gli episodi registrati. Gli ultimi il 13 ed il 14
gennaio scorsi. Dopo 19 giorni dall'invio da parte
dell'amministrazione
di Rosignano della relazione Arpat circa il materiale granuloso
rinvenuto sulla spiaggia del Lillatro, l'Usl Toscana nord
-ovest, dipartimento di prevenzione, ha inviato al Comune una
valutazione circa l'eventuale tossicità. «Alla luce dei test di
tossicità condotti sia sul solido che sull'acqua di mare -
scrive in una nota l'Asl - si ritiene che le implicazioni di
natura igienico-sanitaria legate alla presenza del materiale
spiaggiato non subiscano
un aggravamento rispetto a quelle già rappresentate in
precedenza a causa della presenza dello scarico del Fosso
Bianco». Fosso Bianco dove, è bene ricordare ai cittadini, per
100 metri a nord e 100 a sud, c'è il divieto di balneazione.
Intanto il sindaco Alessandro Franchi ha convocato nuovamente
tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti per una riunione
di aggiornamento che si terrà mercoledì 13 marzo. Sempre nella
nota di Asl si legge che «l'analisi chimica di
caratterizzazione del materiale dimostra che la sua composizione
è compatibile con quella del materiale normalmente immesso dal
corso d'acqua nello specchio antistante la foce». L'Asl dà
anche un suggerimento ossia quello «di rimuovere - dice Franchi
- il materiale spiaggiato». Le analisi effettuate da Arpat sui
campioni di materiale granuloso che si era spiaggiato in zona
Lillatro a metà gennaio scorso, parlavano di un solido «formato
da sali di carbonato con contenuti variabili a livello di
concentrazione, degli stessi metalli presenti nei solidi
scaricati dalla Solvay (ferro, zinco, manganese, alluminio e
boro)». In merito ai rapporti di calcio/magnesio, Arpat aveva
evidenziato «concentrazioni più elevate di magnesio rispetto
all'ottobre scorso e con diverse oscillazioni di Ph», spiegando
che è «presumibile che l'arricchimento di magnesio possa essere
attribuito ad un processo di parziale solubilizzazione e
successiva ricristallizzazione da acqua di mare, notoriamente
più ricca di magnesio». Per quanto riguardava invece il grado di
tossicità, il campione presentava «un grado di tossicità più
elevato rispetto a quello del 12 ottobre 2018». Da qui la
richiesta da pare di Arpat di ulteriori approfondimenti e test.
Lo scorso 30 gennaio il sindaco radunò attorno ad un tavolo i
responsabili di Solvay, Ineos, l'Innovyn, Engie, Asa,
Maricultura Capitaneria di porto. Tutte le aziende confermarono
di aver effettuato indagini e di non aver individuato anomalie o
disservizi ai loro impianti. «Adesso che abbiamo la relazione di
Arpat e di Asl - ha detto Franchi - ho provveduto a convocare un
ulteriore incontro per mercoledì 13 marzo con tutti i soggetti
pubblici e privati interessati al problema. Lo scopo è quello di
fare il punto e procedere ad una valutazione più approfondita
delle cause del fenomeno, per evitare che si ripeta». A.
Bernardeschi - Il Tirreno 7-3-2019.
Precisazioni sulle anticipazioni della trasmissione Report di
Rai3 In modo da completare le informazioni contenute negli
spezzoni, necessariamente molto brevi, delle interviste
rilasciate dalle nostre dirigenti.
Ci riferiamo alle anticipazioni della trasmissione di Report-Rai
3 che sarà diffusa lunedì 2 dicembre sull’impianto industriale
Solvay di Rosignano Marittimo e le antistanti spiagge e zone
costiere. Riteniamo utile fornire alcune precisazioni, in modo
da completare le informazioni contenute negli spezzoni,
necessariamente molto brevi, delle interviste rilasciate dalle
nostre dirigenti. Per quanto riguarda la balneazione, i
parametri da controllare, secondo la normativa europea ed
italiana, sono quelli microbiologici, in particolare escherichia
coli ed enterococchi intestinali. Questo monitoraggio è
specificamente finalizzato alla tutela della salute dei
bagnanti. Sulla base dei risultati quadriennali di tale
monitoraggio ogni anno viene stabilita la classificazione dei
vari tratti di costa. Per quanto riguarda il comune di Rosignano
Marittimo l’attuale classificazione è di “eccellente”. Va
sottolineato, comunque, che alla foce dello scarico della Solvay
è presente un divieto permanente di balneazione per motivi
igienico-sanitari. Tutti i dati del monitoraggio svolto sono
pubblicati sul sito dell’Agenzia. Per quanto riguarda il
mercurio – così come per molte altre sostanze – ARPAT svolge, in
base a normative europee ed italiane, un’attività di
monitoraggio, ai fini ambientali, delle aree marino-costiere. In
base a tale attività, nell’ultimo triennio il mercurio a
Rosignano (0,11 microg/l) non risponde allo Standard di Qualità
Ambientale - Massima Concentrazione Ammissibile, che è di 0,07
microg/l. Tale requisito ambientale, stabilito da una normativa
che non riguarda la balneazione, è superato non solo a Rosignano
(Lillatro), ma anche per origini naturali o minerarie, a
Piombino (Salivoli), Costa Albegna (foce) e Arcipelago Isole
Minori (Giglio).
In merito a tali valori va
osservato che per il
mercurio il limite per
l’acqua potabile è di 1
microg/l, ben superiore a
quanto rilevato in mare.
ARPAT
29/11/2019
L'opinione
del Sindaco
L'opinione Solvay: «Rispettiamo le norme» «Le
attività del sito industriale rispettano rigorosi standard
ambientali, di sicurezza e di corretta gestione di sostanze
chimiche; tali attività sono sempre condotte da personale in
possesso di elevato grado di professionalità, competenza e
scrupolosità».
Le precisazioni della società Solvay portano la firma del
direttore dello stabilimento, Pier Luigi Deli. Solvay, dopo la
trasmissione di Report e dopo l'assemblea sullo stato di salute
della costa organizzata da alcune forze di opposizione insieme
ad associazioni ambientaliste, il 20 dicembre scorso «ritiene
fondamentale effettuare concrete precisazioni. Le attività sono
svolte in piena conformità con le normative di legge e con i
regolamenti in vigore e - prosegue Deli - essendo esse
sottoposte a controllo e verifica da parte delle autorità
competenti. Gli impianti di Rosignano, anche alla luce dei
notevoli investimenti realizzati negli ultimi anni sono
considerati fra i più efficienti del gruppo Solvay; con
riferimento ai soli interventi di miglioramento degli impatti
ambientali».
Ecco che vengono citati a tal proposito, «l'impianto gestito dal
consorzio Aretusa, per il recupero delle acque reflue dei
depuratori di Rosignano e di Cecina permette oggi di ridurre
fortemente i consumi di acqua dolce dal territorio e destinati
ad usi industriali. L'impianto di cattura e recupero della 2
dalle emissioni consente la sostanziale riduzione delle
emissioni in aria di anidride carbonica. La nuova centrale
termica Rosen ad alto rendimento permette di ridurre del 40% le
emissioni in atmosfera di NOx (ossidi di azoto)». Inoltre Solvay
spiega di ritenere «doveroso ricordare che i solidi sospesi di
calcare contenuti negli scarichi industriali sono inerti ed i
metalli pesanti inglobati nella sabbia di calcare non sono
biodisponibili; inoltre le quantità di solidi scaricate sono in
linea con quanto previsto dalle migliori tecnologie disponibili
(Bat Best Available Techniques) e sono conformi alle normative
italiane e a quelle europee».
Quanto a divieto di balneazione «esistente in corrispondenza
dello scarico industriale è regolamentato come qualunque
installazione industriale e portuale». Mentre «il sale estratto
nella Val di Cecina è utilizzato da Solvay per usi industriali
propri, solo per circa il 60% del totale autorizzato, il resto è
a beneficio di altre realtà industriali del territorio e i
prelievi dei pozzi di acqua potabile di ASA dal fiume Cecina per
Volterra, sono tutti a monte dei prelievi di acqua industriale
Solvay e quindi Solvay non può essere all'origine delle
problematiche di mancanza di acqua potabile per Volterra».
Infine
Solvay fa notare di aver versato «nei mesi scorsi 4,65
milioni di euro all'Autorità Idrica Toscana, per la
realizzazione di nuove infrastrutture per la distribuzione
dell'acqua potabile: la somma versata consentirà ai cittadini
della Val di Cecina di usufruire di un migliore servizio
idrico». La società fa inoltre sapere di essere disponibile a
confrontarci in modo costruttivo e collaborativo con i cittadini
in tutte le sedi istituzionali del territorio» (Il Tirreno
24/12/2019)
La finanza contro
Solvay per la fabbrica di Rosignano
Per la prima volta non sono gli ambientalisti ma un gruppo
finanziario ad attaccare Solvay, la multinazionale chimica che
sulla costa di Rosignano (Livorno) ha il suo insediamento
storico, in cui produce carbonato di sodio, componente
fondamentale per l'industria del vetro e per quella chimica, con
600 addetti.
Come si spiega sul Sole 24 Ore, la società inglese Bluebell
Capital Partners, guidata dagli italiani Marco Taricco,
Giuseppe Bivona e Francesco Trapani, famosi per le battaglie
assembleari su Telecom, Ansaldo Energia e per l'ingresso in
Mediobanca, ha avviato un'azione ormai diffusa tra i fondi
"attivisti" che mettono a disposizione le proprie competenze: è
una campagna ('One share Esg campaign') per chiedere alla Solvay
interventi ambientali, tra cui la bonifica delle famose "spiagge
bianche" di Rosignano, frutto degli scarichi di carbonato di
sodio dell'azienda; e anche investimenti tecnologici per
limitare gli scarichi in mare; e il collegamento dei compensi
dei manager al raggiungimento di obiettivi ambientali.
Bluebell si è rivolta anche al ministero dell'Ambiente,
all'Unione europea e alla procura di Livorno, convinta che la
multinazionale belga Solvay si comporti così solo in Italia, e
non in tanti altri impianti nel mondo.
Solvay risponde che «lo stabilimento di Rosignano produce
carbonato di sodio da oltre un secolo e si attiene a rigorosi
standard ambientali». Gli scarichi a mare secondo l'azienda non
sono rifiuti ma materiali naturali non pericolosi, non tossici e
inerti e le attività sono «regolarmente monitorate e controllate
dall'autorità regionale per l'ambiente Arpat nel pieno rispetto
di tutte le leggi e i regolamenti esistenti».
24/12/2020 Il Sole 24 Ore
Traduzione del
testo originale del Financial Times
La fabbrica su una spiaggia toscana e il futuro degli
investimenti ESG
Alcuni investitori che desiderano valutare il profilo
ambientale delle aziende si preoccupano di come vengono
compilati i rating.
Silvia Sciorilli Borrelli a Milano e Attracta Mooney a Londra
Talvolta sono chiamate le Maldive italiane. Rosignano è una
località turistica toscana che ospita 30.000 persone ed è famosa
per le sue spiagge bianche, che attirano persone da tutta
Europa. La sabbia apparentemente incontaminata nasconde comunque
un problema. In parte deve il suo colore al limo calcareo
proveniente da una vicina fabbrica di proprietà di Solvay, la
multinazionale chimica belga. L'impianto è l'unico impianto di
produzione di carbonato di sodio e bicarbonato dell'azienda in
Europa dove i rifiuti chimici vengono scaricati direttamente in
mare senza essere trattati. Due decenni fa, l'Organizzazione
Mondiale della Sanità ha descritto l'area come "un hotspot
prioritario di inquinamento nel Mediterraneo" ed è stata a lungo
fonte di conflitto con gli attivisti locali. Ma quella
controversia sta ora iniziando a intersecarsi con un dibattito
che va al cuore del futuro del settore degli investimenti. Lo
stabilimento in Toscana è oggetto di una campagna di un hedge
fund con sede a Londra, Bluebell Capital Partners. Creata nel
2019, l'azienda sta avviando una campagna incentrata su
un'azienda all'anno che ritiene abbia pratiche discutibili in
materia ambientale, questioni sociali e di governance - o ESG
come è noto nel settore degli investimenti. Solvay è il suo
primo obiettivo.
"Questa spiaggia idilliaca assomiglia perfettamente a quella di
un incontaminato resort caraibico. Ma questo apparente paradiso
è una mera illusione; l'area è solo una discarica aperta dei
rifiuti chimici industriali di Solvay", ha detto Bluebell in una
lettera a Solvay.
Solvay respinge l'accusa e afferma di aderire strettamente alle
norme ambientali relative allo scarico degli effluenti
dall'impianto, che a suo avviso non presentano rischi per la
salute o l'ambiente. "Ci rammarichiamo che continuino a
verificarsi attacchi occasionali e clamorosi nei confronti del
nostro stabilimento di Rosignano", afferma.
Uno dei motivi per cui Solvay sta attirando l'attenzione degli
investitori è che ha un rating tripla A sui rischi ESG da MSCI,
una società con sede a Londra che fornisce valutazioni del
profilo di un’azienda in queste categorie. MSCI certifica Solvay
come un "leader del settore" per sicurezza chimica, utilizzo
dell'acqua e opportunità di tecnologia pulita. "Solvay è
valutata molto positivamente dalle società specializzate nella
elaborazione di una classifica ESC, il che è abbastanza
indicativo della reale correttezza di tali valutazioni" afferma
Giuseppe Bivona, uno dei fondatori di Bluebell.
L'ESG è diventata una delle aree in più rapida crescita della
gestione patrimoniale poiché negli ultimi anni la domanda di
investimenti sostenibili è aumentata vertiginosamente.
Investitori con più di $ 100 trilioni in vari asset hanno
firmato un impegno, i “Principles for Rasponsible lnvestment”,
per integrare le informazioni ESG nelle loro decisioni di
investimento. Per mantenere tali impegni, gli investitori
dipendono in parte dal nuovo ramo delle agenzie di rating che
valuta le società in base alla loro performance ESG. Eppure c'è
poco consenso su quali criteri dovrebbero essere usati per
formulare tali giudizi. Mentre Solvay ha una valutazione da
tripla A per MSCI, altre agenzie le assegnano un punteggio
inferiore.
Sustainalytics, un altro influente fornitore di rating, l’ha
classificata a medio rischio per questioni ESG. Per il settore
dell'asset management, i disaccordi su questi rating aumentano
le probabilità che i fattori ESG vengano visti come un mero
esercizio di marketing e finiscano per perdere credibilità tra
gli investitori. "È importante che la comunità finanziaria non
consideri ESG come una nuova parola d'ordine alla moda per gli
investimenti" afferma Bivona di Bluebell. Questo mese Mairead
McGiunnes, il commissario per i servizi finanziari dell'UE, ha
dichiarato a una conferenza sulla gestione patrimoniale che
Bruxelles esaminerà il rating ESG quando lancerà la sua
rinnovata strategia di finanziamento sostenibile nel 2021.
"Abbiamo sentito alcune preoccupazioni del settore della
gestione patrimoniale sul livello di concentrazione nel mercato
dei rating e dei dati ESG e sui possibili conflitti di
interesse" ha affermato. Gestione dei
rifiuti
Dal 1913 esiste uno stabilimento chimico a Rosignano in Toscana.
La presenza di Solvay è stata così determinante per lo sviluppo
economico della comunità locale che il distretto in cui ha sede
lo stabilimento è stato ribattezzato "Rosignano Solvay". Nella
prima metà del '900 l'azienda belga costruì alloggi, scuole, una
chiesa e uno stadio di calcio per la comunità locale. Da quando
lo stabilimento è lì un totale di 13 milioni di tonnellate di
solidi sono defluiti in mare, secondo l'agenzia ambientale
toscana.
Secondo l'agenzia ambientale italiana Arpa, i rifiuti contengono
alti livelli di mercurio, arsenico, ammoniaca, azoto e boro. I
dati dell'agenzia pubblicati nel 2020 mostrano che i livelli di
questi metalli pesanti, che sono tossici per l'uomo e alterano
la crescita delle piante, sono al di sopra del limite fissato
dalla legge nelle acque circostanti le spiagge bianche.
Solvay afferma che l'acqua nella zona è sicura e in linea con il
resto della costa toscana. Evidenzia i dati della sede toscana
dell'agenzia ambientale che dimostrano che la qualità dell'acqua
era buona quando testata per batteri ed altri elementi. Lo
studio dell'agenzia ambientale afferma inoltre che
l'inquinamento delle acque ha fatto scomparire dai fondali di
fronte alle bianche spiagge di Rosignano la Posidonia oceanica,
una pianta acquatica del Mar Mediterraneo nota come Erba di
Nettuno.
L'anno scorso, il programma televisivo Rai “Report” ha trasmesso
filmati che mostrano la scarsa trasparenza delle acque
antistanti le spiagge a causa di uno spesso residuo bianco che
galleggia in superficie. Secondo un rapporto del 2014 prodotto
da Arpa, l'agenzia ambientale regionale, Solvay ha scaricato in
mare più di 120.000 tonnellate di sostanze tossiche all'anno dal
2005 al 2013.
Solvay afferma che "aderisce a rigorosi standard ambientali
relativi agli effluenti di scarico, operando in modo sicuro,
senza impatto sulla salute o sull'ambiente e nel pieno rispetto
di tutte le leggi e normative esistenti". L'azienda è sotto
pressione da decenni per il suo operato a Rosignano. Nel 2003
Solvay ha concordato con le istituzioni italiane di ridurre i
livelli di rifiuti da 200.000 tonnellate all'anno a 60.000 entro
il 2008, ma in seguito ha affermato che il l’obiettivo era
impossibile da raggiungere. Solvay ha affermato che "nel corso
degli anni e dopo importanti investimenti, è diventato chiaro
che il livello di 60.000 tonnellate annue non era tecnicamente
raggiungibile, e la soglia è stata quindi rivista ad un livello
superiore".
Nel 2015, dopo che una direttiva UE sull'acqua è stata adattata
alla legislazione nazionale, le autorità italiane hanno
aumentato il limite da 60.000 a 250.000 tonnellate all'anno. Un
portavoce del ministero dell'Ambiente italiano ha affermato che
le autorità hanno deciso che la quantità di rifiuti solidi
dovrebbe essere "proporzionale ai livelli di produzione" e che
la società sarà responsabile delle attività di monitoraggio.
Secondo Solvay, lo scarico non è tossico e aiuta anche a
mitigare l'erosione naturale della costa. "Il calcare contiene
naturalmente tracce di metalli pesanti, ma questi rimangono
imprigionati nello stato solido del calcare stesso e non
possono, in ogni caso, essere assorbiti dagli organismi viventi,
comprese le persone ed il pesce" dice Solvay. “La torbidezza
dell'acqua di mare a ridosso della costa rallenta la crescita
delle alghe, tuttavia questo livello di trasparenza è
considerato ‘sufficiente’ dalla classificazione ecologica del
mare antistante lo stabilimento Solvay di Rosignano, secondo la
direttiva UE 200/60/CE e l'agenzia ambientale della Toscana" ha
detto un portavoce di Solvay.
Tuttavia, un funzionario UE ha dichiarato al Financial Times che
"le autorità italiane stanno esaminando la questione e
dovrebbero stabilire se la condotta attuale è conforme alla
legislazione UE e nazionale, e la Commissione sta monitorando la
situazione". Il funzionario UE ha affermato che la direttiva
menziona chiaramente la trasparenza dell'acqua come parametro
chiave e "i nostri controlli indicano che i campioni idrici più
rilevanti nella zona di Rosignano non raggiungono un buono stato
chimico (apparentemente a causa del mercurio e del
tributilstagno)".
Diritti di estrazione
L'inquinamento intorno alle spiagge bianche non è l'unica
controversia che coinvolge Solvay nella regione. In base ad un
accordo del 1997 tra Solvay ed il governo italiano, l'azienda
può estrarre fino a 2 milioni di tonnellate all'anno di sale
dalle vicine saline di Volterra per la produzione di bicarbonato
di sodio. L'estrazione del sale è stata a lungo motivo di
controversia con gli attivisti locali, che temono che l'area
venga distrutta. "Tutti sanno cosa succede nello stabilimento,
che Volterra viene spazzata via, che alti livelli di anidride
carbonica e altre sostanze vengono rilasciate nell'aria"
sostiene Maurizio Marchi, membro di Medicina Democratica, gruppo
che ha sfidato Solvay per la sua condotta ambientale. "L'ho
visto con i miei occhi, chiunque può vederlo, è visibile, ma
nessuno ha mai fatto nulla." Il Sig. Marchi afferma “C'è stata
un’epoca in cui l'azienda impiegava oltre 2.500 persone a
Rosignano, non si facevano domande e le istituzioni hanno chiuso
un occhio”. Tuttavia, il 72enne attivista aggiunge: “Oggi
impiega soltanto 400 persone, e le aziende e le istituzioni si
riempiono la bocca di annunci di strategie ESG, quindi
dovrebbero saperlo meglio".
Solvay afferma che le autorità italiane hanno effettuato
valutazioni ambientali, e hanno approvato l'utilizzo di salgemma
da parte dell'azienda a Volterra. Dice che, sebbene capisca le
preoccupazioni sulla “natura visibile degli effluenti di scarico
a Rosignano”, i dati sulla sicurezza dell'area vengono
regolarmente pubblicati dalle autorità locali.
Uno studio del 2017 di un gruppo di ricercatori italo-americani
pubblicato sull'International Journal of Occupational Medicine
and Environmental Health, compiuto utilizzando dati raccolti tra
il 2001 ed il 2014, ha concluso che "un eccesso di mortalità per
malattie cronico-degenerative nell'area di Rosignano” è da
mettere in relazione con "l'inquinamento ambientale dovuto in
particolare alla contaminazione dell'acqua da metalli pesanti".
Tale studio ha evidenziato che rispetto al resto della Toscana,
l'area di Rosignano mostrava "tassi di mortalità
significativamente più alti" per malattie cardiache, Alzheimer e
altre malattie degenerative del sistema nervoso.
Il gruppo belga sottolinea che lo studio ha concluso che "non è
possibile stabilire un nesso causale tra inquinamento ambientale
e aumento della mortalità". Afferma che lo scarico pompato in
mare è “non pericoloso, non tossico e composto da materiali
naturali inerti” e che “metalli pesanti non vengono né
deliberatamente introdotti né utilizzati nel processo del
carbonato di sodio” nello stabilimento di Rosignano. Solvay è
"un’azienda scientifica che ha a cuore ESG ", afferma. Profilo
esaminato
Rosignano è uno dei 115 siti in cui Solvay opera in 64 paesi. Ma
lo stabilimento in Toscana è ormai diventato bersaglio per un
nuovo fondo di investimento attivista. Bluebell è stata fondata
nel 2019 da Francesco Trapani, ex-amministratore delegato
dell'azienda italiana di gioielli Bulgari, e da due ex-traders
di Lehman Brothers e altre banche di investimento, Giuseppe
Bivona e Marco Taricco. Alla fine di settembre, la direzione di
Bluebell ha scritto una lettera al consiglio di amministrazione
di Solvay chiedendo di intraprendere una revisione della
condotta ESG e di interrompere immediatamente lo scarico dei
rifiuti direttamente in mare. Lo stabilimento di Rosignano è
"responsabile di quello che consideriamo un disastro ambientale
in corso, e senza precedenti, dovuto alla contaminazione di
diversi chilometri di spiagge italiane da parte dei rifiuti
chimici scaricati direttamente in mare dallo stabilimento
Solvay" si legge nella lettera. Bivona ha dichiarato al
Financial Times che Bluebell ha chiesto a Solvay una completa
decontaminazione delle coste "nonché di implementare le stesse
soluzioni tecniche che esistevano in passato e che Solvay ha già
implementato negli altri suoi stabilimenti per smaltire i
rifiuti". La lettera richiedeva inoltre che il consiglio di
amministrazione di Solvay utilizzasse parte della remunerazione
dell'amministratore delegato di Solvay per tali sforzi di
pulizia e per l'ammodernamento tecnico del sito di Rosignano.
A febbraio llham Kadri di Solvay, che nel 2019 è diventata la
prima donna amministratore delegato di un'importante azienda
chimica globale, ha annunciato un cambiamento radicale nei piani
ambientali dell'azienda lanciando un programma chiamato Solvay
One Planet: una strategia di 10 anni volta a promuovere la
sostenibilità in tutti gli investimenti aziendali. "Stiamo
definendo obiettivi ambiziosi per risolvere le principali sfide
ambientali e sociali attraverso la scienza e l'innovazione" ha
detto la signora Kadri. Solvay afferma che la retribuzione del
management "include già obiettivi di sostenibilità nei loro
incentivi a breve e lungo termine". L'azienda afferma che i suoi
funzionari senior hanno incontrato il management di Bluebell e
"hanno corretto molte delle loro imprecisioni e un utilizzo
improprio delle informazioni". Bluebell nega di aver modificato
le sue critiche nei confronti dell'azienda.
Bluebell Capital è un fondo nato un anno fa con un patrimonio di
soli 60 milioni di Euro, ma si è rapidamente affermato in Italia
attraverso diverse campagne controverse contro le direzioni di
grandi aziende italiane come Mediobanca e Leonardo. Ha anche
cercato di fare pressione sulle direzioni di società come
Lufthansa, Hugo Boss e il gestore patrimoniale GAM. "Oggigiorno
l'ESC è diventato un ottimo strumento di marketing, tutti
parlano delle loro grandi imprese in questo ambito ma è davvero
così?" ha detto il signor Bivona. Ruolo delle
valutazioni
Poiché la domanda di investimenti sostenibili è aumentata
vertiginosamente negli ultimi anni, i gestori di fondi hanno
voluto mostrare come incorporano le questioni ESG nelle loro
decisioni di investimento. Sebbene molti asset managers abbiano
assunto specialisti e sviluppato sistemi su misura nel tentativo
di guadagnare un vantaggio nell'investimento sostenibile, il
primo riferimento per i gestori di portafoglio è spesso il
rating ESG emesso dalle agenzie. Un recente studio del CFA
Institute ha rilevato che il 73% dei professionisti degli
investimenti del Regno Unito ha utilizzato i rating ESG
nell'analisi aziendale. In risposta, grandi gruppi come MSCI e
S&P hanno investito moltissimo nelle loro attività di rating
ESG, compresa l'acquisizione di aziende concorrenti, nel
tentativo di consolidare il loro status di fornitori di
riferimento. In alcuni casi, questi rating costituiscono la
pietra angolare di come un fondo investe. Molti gestori
patrimoniali vendono fondi collegati, ad esempio, ad indici MSCI
che si concentrano su azioni con buoni rating ESG, o escludono
quelli con punteggi negativi. Più di 30 fondi ESG collegati ad
indici MSCI detengono Solvay, secondo l’analista Morningstar. In
totale, più di 170 fondi che si concentrano su investimenti
sostenibili o ESG detengono Solvay. Ma ci sono crescenti
preoccupazioni sulla qualità delle valutazioni ESG. All'inizio
di quest'anno, MSCI è stata esaminata dopo che è emerso che
aveva assegnato un punteggio AA al rivenditore di fast fashion
Boohoo, nonostante i media avessero sostenuto per anni che i
lavoratori della sua catena di approvvigionamento venivano
trattati in maniera iniqua.
In altri casi, è possibile che un'azienda ottenga un buon
punteggio complessivo anche se ci sono preoccupazioni su alcuni
aspetti della sua attività. MSCI ha classificato Solvay al di
sotto della media del settore per emissioni tossiche e rifiuti
ma, poiché l’azienda si è classificata meglio delle concorrenti
su questioni che vanno dall'emissione di carbonio alla sicurezza
chimica, ha ricevuto il punteggio più alto in assoluto. MSCI
afferma che "le preoccupazioni per l'impatto ambientale sono
determinanti nel settore in cui opera Solvay". Le valutazioni
hanno lo scopo di fornire un quadro e di valutare la performance
di un'azienda rispetto agli standard e alle performance dei
competitors del settore, aggiunge.
"I rating di MSCI sono basati sulla valutazione di migliaia di
dati in relazione ai 35 indicatori ESG che hanno maggiori
probabilità di influenzare la resilienza finanziaria a lungo
termine di un'azienda, e la capacità dell'azienda di gestire
tali rischi". I fornitori di rating ESG, tuttavia, utilizzano
metodologie diverse per sviluppare le proprie classifiche. Uno
studio di quest'anno condotto da accademici del Massachusetts
Institute of Technology e dell'Università di Zurigo ha rilevato
che la correlazione tra i punteggi di sei fornitori era in media
appena 0.54, il che suggerisce solo una moderata somiglianza
nelle valutazioni. "L'ambiguità intorno alle valutazioni ESG
rappresenta una sfida per i gestori di investimenti che cercano
di contribuire ad un'economia sostenibile dal punto di vista
ambientale e socialmente giusta" hanno affermato gli accademici.
Questa ambiguità è evidente nel caso di Solvay, alla quale MSCI
ha assegnato un punteggio massimo mentre Sustainalytics, un
altro importante analista di rating, l'ha classificata come a
medio rischio per questioni ESG rilevanti.
Sustainalytics afferma che il "rischio complessivo ESG di Solvay
è maggiore" perché il gruppo è "materialmente esposto a più
problematiche ESG rispetto alla maggior parte delle società del
nostro universo". Ciò include il processo di produzione
aziendale che potenzialmente genera "emissioni in aria o acqua e
rifiuti pericolosi, esponendo l'azienda al rischio di
sversamenti accidentali o violazioni delle normative
ambientali”. Aggiunge: "I prodotti Solvay contengono sostanze
che possono avere effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute
umana". Tuttavia, ha anche assegnato al gruppo un punteggio
elevato per la gestione di importanti questioni ESG. Copyright
The Financial Times Limited 2020 -Tutti i diritti riservati.
Bluebell
Capital Partners, i “disturbatori” che creano valore per gli
azionisti
Disturbare il manovratore. Bluebell Capital Partners vuole
rompere le scatole al management delle società quotate. Ma non
per recitare il ruolo del Pierino della finanza, bensì per
creare valore per gli azionisti nel lungo termine, applicando ai
mercati borsistici l’approccio del private equity. Ora nel
mirino c’è nientemeno che il sancta sanctorum della finanza
italiana: Mediobanca. E, in particolare, strategie e performance
dell’attuale vertice di Piazzetta Cuccia, l’amministratore
delegato Alberto Nagel e il presidente Renato Pagliaro.
Marco Taricco ha
fondato il fondo attivista nel 2019, insieme a Giuseppe Bivona,
ma svolgono il lavoro di attivisti al fianco di fondi quali
Elliott, Third Point e Jana Partners dal gennaio 2014. Taricco
guida il fondo – nel ruolo di partner e co-chief investment
officer – da Londra con Bivona e Francesco Trapani, ex
amministratore delegato di Bulgari, conosciuto ai tempi dell’ipo
dell’azienda nel 1995. Prima di lanciarsi in questa avventura,
Taricco ha lavorato per oltre vent’anni nelle banche d’affari
(Goldman Sachs, Morgan Stanley e JP Morgan), tra New York,
Londra e Milano, arrivando a occupare la poltrona di numero uno
dell’investment banking advisory and coverage dei clienti
corporate di JP Morgan. Sul suo tavolo, per esempio, sono
passati i dossier della privatizzazione di Telecom Italia e le
quotazioni di Mediaset, Gucci e Ferragamo…
Rosignano
Solvay, frazione in provincia di Livorno. Qui l'azienda Solvay,
che produce carbonato di sodio, ogni anno scarica in mare
tonnellate e tonnellate di metalli pesanti, tanto da rendere le
spiagge di colore bianco. Lo hanno denunciato infinite battaglie
di ambientalisti, ora ci prova il mondo della finanza. A
prendere il toro per le corna ci prova un fondo attivista con
sede a Londra, Bluebell Capital Partners,
guidato dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e
Francesco Trapani, che attacca apertamente la multinazionale
chimica belga avviando una contesa per inquinamento
sull'impianto industriale di Rosignano. "Noi riteniamo che
quello che fa Solvay sia inaccettabile e insostenibile - spiega
Bivona - abbiamo parlato con loro, ma crediamo sia una
situazione gravissima, che deve essere sanata, preservando
ovviamente l'occupazione". Bluebell ha scelto di individuare
ogni anno una società su cui ritiene che ci siano delle pratiche
discutibili a livello ambientale. Per il 2020 la società ha
scelto quindi la Solvay. Da gennaio a settembre ha studiato a
fondo tutta la situazione, dopo di che ha chiamato in causa la
stessa azienda, il ministero per l'Ambiente italiano e
all'Unione europea. "Sono indifendibili - prosegue Bivona - e
tutto questo prescinde dal fatto che i rifiuti scaricati siano
tossici o non tossici. Nessuno può essere autorizzato a
depositare gli scarti della propria lavorazione sulle coste
italiane". Anche perché il paradosso è che, per colpa dei
rifiuti scaricati sulla costa, si siano formate le famose "
spiagge bianche", una vera e propria attrazione turistica, che
con l'azzurro del mare di fronte fanno di questo lembo di costa
una sorta di paradiso caraibico". Le richieste che fanno a
Solvay sono quindi quattro: implementare i necessari interventi
tecnologici per non scaricare a mare i residui; la bonifica di 5
chilometri di spiaggia, dove negli anni si sono depositate
tonnellate di materiale; prendere accantonamenti in bilancio per
spesare la pulizia della spiaggia e la riconversione degli
impianti a una tecnologia più adatta; modificare la struttura
dei compensi dei manager in base a obiettivi ambientali.
C'è chi parla e chi fa. Le leggittime richieste di salvaguardare
la nostra costa ponendo maggiore attenzione all'ambiente,
raccolte dal fondo attivista Bluebell, sono state portate in
Parlamento da
Francesco Berti e
Elio Lannutti che ringraziamo,
anche per aver ricordato il lavoro dei nostri consiglieri
comunali e di noi tutti. C'è
chi si diverte a distruggere il Governo, bloccando un paese per
egoismo personale.
Nel frattempo
c’è chi continua a lavorare nell'interesse generale. Non so se
vi è mai capitato di vedere le spiagge bianche Rosignano Solvay,
provincia di Livorno. Un luogo di turismo caratteristico, ma in
realtà il bianco delle spiaggie è dovuto a un’attività
industriale che ha completamente alterato l’ecosistema. Ho
appena depositato un’interrogazione parlamentare, assieme a dei
colleghi, per sottolineare come, oltre la società civile e la
politica, anche esponenti della finanza etica stanno gettando
luce sulle cattive pratiche della Solvay. La Solvay dice di
essere al top dei parametri ESG (Enviroenmental, Social,
Governance) cioè una sorta di classifica ambientale, ma allo
stesso tempo scaricano direttamente in mare centinaia di
migliaia di tonnellate di derivati dei processi industriale.
Lotteremo fino all’ultimo per evitare lo scarico in mare di
sostanze derivanti dal processo industriale, anche in questi
momenti di crisi l’attenzione è alta. Ringrazio i consiglieri
Elisa Becherini e Mario Settino per aver sempre lottato su
questo tema. F.Berti
AMBIENTE: ESPOSTO CONTRO LA SOLVAY PER GREENWASHING (Ecologismo
di facciata)
LIVORNO, 10 FEB - "Siamo pronti a inoltrare un esposto alla
procura di Livorno perché l'attività della Solvay a Rosignano
(Livorno) è totalmente incompatibile con le performance di
sostenibilità ambientale comunicate ufficialmente a livello
globale dall'azienda. In poche parole, c'è il fondato sospetto
di trovarsi davanti a un'operazione di greenwashing", ovvero
l'ecologismo di facciata. Così il deputato M5s Francesco Berti,
che oggi ha svolto un sopralluogo a Rosignano Marittimo, alle
spiagge bianche, insieme, tra gli altri, a Giuseppe Bivona,
cofondatore del fondo internazionale di investimento Bluebell
Capital Partners. "Per troppi anni - aggiunge Berti - i
cittadini di Rosignano sono stati vittima di un conflitto tra
lavoro e salute. Il ricatto occupazionale esercitato da una
multinazionale, capace di dare il proprio nome a una frazione da
16mila abitanti in un Comune di 30mila persone, ha permesso che
quest'area diventasse uno dei siti più inquinati del
Mediterraneo". Per l'esponente M5s, "è giunta l'ora di un cambio
di passo", "il nostro obiettivo è fargli bonificare tutta
l'area". La stessa Bluebell, a fine ottobre 2020, aveva puntato
il dito contro la multinazionale belga, sottolineando come
l'impatto prodotto dall'impianto toscano sia incompatibile con i
principi di tutela ambientale che il cda della società si è
impegnato con i propri azionisti a rispettare. "Abbiamo chiesto
al cda di Solvay - ha detto Bivona - di adottare le stesse
soluzioni tecniche che già adotta in tutti i suoi altri impianti
in Europa, ovvero realizzare bacini di decantazione nei quali
far confluire gli scarichi, prima di sversare in mare. Così pure
abbiamo chiesto alla società di accantonare i fondi necessari
per bonificare la discarica a cielo aperta, meglio nota come
'spiagge bianche', costituita da milioni di tonnellate di scarti
industriali provenienti dal processo di fabbricazione della
soda". Presente oggi anche Vito Spallasso, avvocato che ha
promosso con successo l'azione legale contro Solvay in Liguria e
che ora si è fatto promotore di un secondo esposto, per conto di
un gruppo di residenti che abitano nei pressi dello stabilimento
di Rosignano. (ANSA).
LA BONIFICA DELLE SPIAGGE BIANCHE DI ROSIGNANO NON È PIÙ
RINVIABILE
Il futuro dell’ambiente in cui viviamo dipende da noi. È il caso
di Rosignano (Livorno). In questa foto vedete rappresentanti dei
cittadini, avvocati, attivisti, esperti e investitori che hanno
un obiettivo comune: inchiodare la Solvay alle proprie
responsabilità e far bonificare le spiagge bianche di Rosignano,
ovviamente a spese di chi le ha inquinate. Per raggiungere
questo obiettivo abbiamo bisogno del sostegno di tutta la forza
e l’energia della comunità locale. Sarà un percorso lungo e
difficile, ma è un percorso che va fatto
nel nome della salvaguardia della salute collettiva. La Solvay è
arrivata a fatturare 11 miliardi di euro anche grazie a 100 anni
di utilizzo delle risorse naturali di Rosignano. Questa azienda
non può più scaricare i loro rifiuti direttamente in mare,
fregandosene bellamente degli impatti sull’ambiente. Ci sono
studi scientifici che dimostrano l’aumento di mortalità dovuto a
malattie degenerative provocate da sostanze come piombo,
arsenico, cadmio e mercurio. L’ecosistema marino e costiero è
praticamente scomparso. È incivile, inaccettabile, disumano.
Abbiamo raccolto tante informazioni e nelle prossime settimane
le comunicheremo. La Solvay è già stata condannata ad
Alessandria per disastro ambientale (sentenza definitiva in
Cassazione) e a Livorno ha patteggiato nel 2013 per reati
ambientali. Siamo pronti a inoltrare diversi esposti alla
procura di Livorno, poiché l'attività della Solvay è totalmente
incompatibile con l’ecosistema circostante e, oltretutto, le
performance di sostenibilità ambientale comunicate a livello
globale dall'azienda non sono credibili. In poche parole, non
solo l’azienda versa i propri scarti industriali direttamente in
mare, ma c’è il fondato sospetto di che comunichi agli
investitori internazionali di essere “green”, cioè rispettosa
dei massimi standard ambientali. Un caso di scuola di “greenwashing",
ovvero l'ecologismo di facciata. Quest'area è diventata uno dei
siti più inquinati del Mediterraneo, le Nazioni Unite e
l’Organizzazione mondiale della sanità lo segnalavano già 20
anni fa. È giunta l'ora di un cambio di passo. Francesco
Berti
La Replica - L'azienda non ci sta. «Per noi la sostenibilità è
un elemento cardine»
«In qualità di società basata sulla scienza, Solvay ha come
elemento centrale la sostenibilità ed è impegnata a promuoverla
con il proprio portafoglio-prodotti, le attività industriali e
le interazioni con le comunità del territorio. Continueremo a
impegnarci senza sosta nella protezione dell'ambiente». Così
Solvay replica al deputato M5s Francesco Berti che ha annunciato
di essere pronto a inoltrare un esposto contro l'azienda per
greenwashing.«A Rosignano - spiega l'azienda in una nota -
aderiamo a rigorosi standard ambientali relativi ai nostri
effluenti di scarico, che non sono rifiuti, ma materiali
naturali inerti quali calcare, gesso, sabbia e acqua di mare,
che sono non tossici e non pericolosi. Operiamo in modo sicuro e
senza impatto sulla salute e sull'ambiente e nel pieno rispetto
di tutte le leggi e i regolamenti esistenti. Solvay vanta una
serie di risultati con continui investimenti negli ultimi 20
anni a Rosignano per migliorare i propri processi, andando oltre
i parametri imposti dalle normative, compresi i recenti
investimenti per ridurre le emissioni».
Solvay inquina? Per la Regione può continuare indisturbata.
Bocciata oggi una mozione del M5S che chiedeva le bonifiche e
impianti di depurazione degli scarti industriali sversati in
mare da oltre un secolo.
"ll lupo perde il pelo ma non il vizio" recita un antico
proverbio e nonostante l'infarinatura da new ecologist indossata
nelle campagne elettorali e a favor di telecamere dai
consiglieri PD, l'anima rimane profondamente ed economicamente
neoliberista, non c'è niente da fare. Per questo, nonostante il
recente scandalo dei residui tossici Keu provenienti dai fanghi
delle Concerie di Santa Croce, abbia dimostrato quanto i
cittadini toscani siano interessati a vivere in un ambiente sano
e non inquinato, oggi il PD insieme a Lega e Italia Viva, hanno
votato contro ad una mozione presentata dal Movimento 5 Stelle
che chiedeva di accelerare la riconversione dello stabilimento
Solvay a Rosignano con l'installazione di un dissalatore,
provvedere all'installazione di adeguati sistemi di depurazione
e alle bonifiche dei luoghi. Lo studio dei dati presentati dal
vari organismi di controllo pubblicati sul sito del Ministero e
citati nella mozione, riporta con tutta evidenza che la
situazione e fortemente critica, sia sul fronte degli incidenti
rilevanti che si susseguono da anni, gli ultimi a febbraio e
agosto 2020, sia per quanto riguarda la contaminazione dei pozzi
del quartiere dei palazzoni di Rosignano segnalata da ARPAT
dallo scorso febbraio. Ricordiamo che nel 2019 Solvay e stata condannata per
disastro ambientale a Spinetta Marengo per lo scarico di cromo
esavalente.
A preoccupare ancora di più sono le dichiarazioni del
consigliere Anselmi, intervenuto a nome del PD, come esperto del
problema, il quale ha negato che ci sia un inquinamento delle
acque marine, che l'azienda versi rifiuti in mare e che ci siano
impatti ambientali, anzi secondo lui le affermazioni della
consigliera del M5S Silvia Noferi sono estremizzazioni
irrealizzabili, alle quali ha contrapposto invece l'istituzione
di un tavolo per lo studio di un qualche indeterminato indirizzo
da dare alla vicenda Solvay.
Che le "sensate" iniziative del Partito Democratico portino da
poche parti lo dimostra il fatto che ancora oggi dopo più di un
secolo, stia ancora pensando di come e se organizzare uno studio
epidemiologico sulla popolazione di Rosignano mentre dati di
ricercatori del CNR come dell'Azienda Sanitaria Regionale dimostrano che nell'area c'è un'incidenza maggiore del tumore
alla mammella e malformazioni nei neonati.
Silvia Noferi Consigliera della Regione Toscana. 12 maggio 2021.
«Dalla Solvay in mare tonnellate di metalli». Ma la
multinazionale: «Tutto nella norma». Botta e risposta con Bluebell all’assemblea degli azionisti. Il
fondo: «Si valutino i fatti e si prendano provvedimenti»
Scarichi in mare, metalli pesanti ed eventuali sostanze nocive.
45 domande e 45 risposte per un botta e risposta tra il fondo
internazionale di investimento Bluebell capital partners (che
chiede) e il comitato esecutivo della multinazionale Solvay
durante l’assemblea degli azionisti. Con Bluebell che, alla fine
dei conti, sostiene che Solvay abbia addebitato alle autorità
italiane le «responsabilità del disastro ambientale a Rosignano»
e con Solvay che, nelle sue risposte, sostiene di non aggiungere
metalli pesanti nel processo industriale e afferma che le
analisi delle acque hanno mostrato una quantità di metalli
pesanti in linea con il resto della costa toscana. Ma ecco
alcuni dei temi trattati.
INQUINAMENTO
Bluebell prima di tutto chiede conto a Solvay della quantità di
solidi sospesi, che sono anche legati alla torbidità dell’acqua
e della quantità di metalli pesanti presenti nel mare delle
Spiagge Bianche in corrispondenza dello stabilimento Solvay. «I
solidi sospesi - così risponde l’azienda che riporta la quantità
scaricata per anno - vengono scaricati in conformità
all’autorizzazione e il contenuto di metalli pesanti è in linea
con il resto della costa toscana». E poi specifica: «Per
produrre soda servono calcare e sale. Il calcare è non tossico,
anche se contiene tracce di metalli pesanti presenti in natura.
Il processo di produzione della soda comporta lo scarico di
calcare inerte e di altri materiali naturali dispersi nell’acqua
marina. Nell’ambito del processo industriale, Solvay non
utilizza né aggiunge metalli pesanti. Il processo di produzione
della soda non ha mai utilizzato mercurio. Il calcare contiene
tracce di metalli pesanti che però rimangono imprigionati nel
calcare allo stato solido e non possono essere assorbiti dagli
organismi viventi». Per Bluebell però tutto ciò non è che una
conferma del fatto che Solvay sversa in mare «tonnellate di
solidi sospesi contenenti metalli pesanti». Anche perché
«l’impianto di Rosignano è l’unico impianto di Solvay per la
produzione di soda in cui la multinazionale belga scarica
direttamente sulla costa i residui chimici di lavorazione».
SCARICO A MARE
Che Solvay afferma non essere acque reflue poiché «l’acqua
scaricata è costituita da acqua di processo, acqua piovana e
acqua di raffreddamento senza contatto». Detto ciò Solvay
sottolinea che la scelta di scaricare in mare, tecnica
utilizzata a Rosignano ma non in altri suoi impianti, è stata
ritenuta la migliore dopo averne discusso con le autorità.
Perché «le correnti marine garantiscono che il calcare non
tossico non si accumuli, ma si disperda sul fondale marino e il
calcare che rifluisce sul litorale e sulla spiaggia contribuisce
a stabilizzare la linea di costa contro l’erosione». Bluebell,
invece, in tutto ciò vede la volontà di Solvay di «addossare
alle autorità italiane la responsabilità dello sversamento a
mare degli scarti chimici della soda a Rosignano». E chiede a
queste stesse autorità, tramite una lettera inviata al ministro
Roberto Cingolani, al presidente della regione Toscana Eugenio
Giani, al sindaco di Rosignano Daniele Donati e al presidente
della commissione parlamentare d’inchiesta Stefano Vignaroli «di
valutare i fatti e di assumere i necessari provvedimenti,
inclusa la revoca dell’autorizzazione integrata ambientale ove
ne dovessero sussistere i presupposti di legge». Insomma, lo
scontro tra Bluebell e Solvay prosegue. Dentro e fuori le
assemblee istituzionali.
CLAUDIA GUARINO
Il Tirreno 17 LUGLIO 2021.
Solvay ancora nel mirino per gli scarichi a Rosignano: il fondo
attivista Bluebell chiede alla multinazionale belga di cambiare
CEO La
multinazionale belga Solvay,
che produce bicarbonato di sodio da oltre un secolo, è
(nuovamente) sotto attacco. Per circa un anno il fondo
attivista Bluebell
Capital Partners (vedi sopra) ha fatto pressioni per
fermare l’inquinamento provocato dall’impianto industriale di
Rosignano Marittimo (in provincia di Livorno), località
tristemente nota alle cronache per le sue spiagge
bianche, non per cause naturali, ma per via degli
scarichi tossici. Adesso, però, la Bluebell fa sul serio e
chiede alla società belga di rimuovere dall’incarico
l’amministratore delegato Ilham Kadri, per non essere stata
all’altezza di risolvere la faccenda degli scarichi pericolosi
in Italia. Qualsiasi
amministratore delegato responsabile impegnato nella
sostenibilità, dovrebbe impedire all’azienda di scaricare
annualmente sulla riva e poi in mare fino a 250.000 tonnellate
dei suoi rifiuti di produzione” – ha dichiarato il fondo
attivista – Noi di Bluebell abbiamo ormai perso fiducia nel CEO
Kadri, e invitiamo il consiglio a optare per una nuova
leadership”.
Solvay non è intenzionata a cedere. La
mossa di Bluebell, che ha definito Rosignano Marittimo una
“discarica di rifiuti industriali a cielo aperto”, rientra in
una più ampia campagna che punta a spingere le aziende verso un
impegno maggiore in ambito ambientale e sociale. Ma la
multinazionale nega che gli scarichi nel Livornese siano
pericolosi per la salute e l’ambiente e sul suo sito web
asserisce che sono atossici ed innocui ed effettuati secondo
rigorose norme ambientali. L’impianto
utilizza come materia prima il calcare naturale proveniente
dalla vicina cava di San Carlo, in provincia di Livorno – si
legge sul sito della Solvay – Il calcare polverulento residuo
del ciclo produttivo viene scaricato dallo stabilimento Solvay
nel vicino mare. Contribuisce al colore delle spiagge bianche e
stabilizza la costa contro l’erosione. Ciò avviene nel pieno
rispetto delle normative locali e nazionali, nonché degli
elevati standard di Solvay in materia di salute, sicurezza e
protezione ambientale.
Insomma, la società nega apertamente, nonostante recenti
studi e inchieste mettano in guardia sui rischi sulla
salute di chi vive a Rosignano (dove ad esempio è più facile
ammalarsi di mesotelioma pleurico), oltre
che sull’ecosistema. E, come spiegato dal presidente
di Solvay, Nicholas Boyle, la società non ha intenzione di
cambiare l’amministratore delegato. “Dalla sua nomina nel 2019,
Kadri ha intrapreso un’azione decisiva per plasmare la strategia
dell’azienda e allineare il suo portafoglio con forte tendenze
di sostenibilità, implementando anche un nuovo ambizioso
programma di sostenibilità, Solvay One Planet” ha replicato
Boyle.
GreenMe - ROSITA CIPOLLA 17 SETTEMBRE 2021
Solvay, è tutto in regola. Altri 12 anni di produzione.
Via libera del ministero all’autorizzazione per lo stabilimento
di Rosignano. Si può proseguire a relizzare bicarbonato di
sodio, a norma gli scarichi in mare.
Il ministero della Transizione Ecologica ha confermato
il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), a
produrre, per lo stabilimento chimico Solvay di Rosignano. Il
rinnovo certifica che gli impianti sono in regola per proseguire
con la produzione di soda in sicurezza per i prossimi 12 anni.
La scelta delle tecniche di emissione è valutata in base alle
caratteristiche del luogo e all’allineamento con le "Best
Available Techniques" (BAT), non al loro costo. "A Rosignano –
spiega una nota della Solvay – lo scarico diretto in mare attraverso
un canale aperto si conferma come la "Best Available Technique",
poiché le correnti sottomarine fanno sì che il calcare non si
accumuli, ma si distribuisca sul fondale". Il rinnovo del
permesso di Solvay a Rosignano conferma anche la quantità totale
di solidi sospesi che è possibile scaricare in mare. Questa
quantità corrisponde a un massimo di 250.000 tonnellate
all’anno, come autorizzato in precedenza. "Potevano essere
utilizzate delle vasche di decantazione del materiale invece
dello scarico in mare, ma l’impatto sarebbe stato maggiore per
il territorio. Siamo stati convolti nel processo di
autorizzazione come ente locale – spiega il sindaco di Rosignano
Daniele Donati – e il monitoraggio delle emissioni è
fondamentale. Quindi diamo un giudizio positivo del rinnovo in
quanto vengono rispettate tutte le procedure previste. E’
importante mantenere anche un polo industriale e di eccellenza a
Rosignano con centinaia di posti di lavoro e prospettive di
sviluppo". Soddisfatti anche i sindacati: "Abbiamo un quadro
definito per i prossimi 12 anni ed è importante" spiega Lorenzo
Martini coordinatore delle Rsu Solvay Rosignano. Solvay si è
impegnata poi nella ricerca di nuove soluzioni tecniche, per
ridurre la quantità dei solidi sospesi prodotti o scaricati in
mare. "Lo stabilimento Solvay di Rosignano è da oltre un secolo
parte attiva della comunità e il rinnovo dell’autorizzazione ci
permette di continuare a dimostrare il nostro impegno ad operare
in modo sicuro, sostenibile e secondo le migliori tecniche
disponibili", ha commentato Nicolas Dugenetay, direttore dello
stabilimento Solvay. Negativo invece il giudizio di Legambiente
Costa Etrusca: "Non si doveva autorizzare lo scarico in mare, ci
sono altre tecniche meno impattanti rispetto a versare migliaia
di tonnellate di inerti nell’ecosistema marino". 27 gennaio
2022.
Questo il commento del Sindaco
Daniele Donati, in merito al rilascio dell'Aia
a
Solvay Group da parte del Ministero. "Il
rilascio dell'AIA a Solvay da parte del Ministero - spiega
Donati - è una tappa importante per lo Sviluppo Sostenibile del
Parco Industriale di Rosignano e del Sito di produzione Soda e
Derivati. L'autorizzazione, frutto di un lavoro e di un
confronto tra le varie istituzioni e gli organi tecnici di
controllo locali e nazionali, affronta in maniera analitica le
principali questioni ambientali e le declina a livello
territoriale, in un quadro di progressiva riduzione degli
impatti, sulla base delle migliori tecnologie disponibili nel
contesto scientifico e tecnologico internazionale. Anche a
fronte della discussione alimentata nei mesi scorsi da soggetti
finanziari con finalità non chiare, emerge di fatto come
soluzioni già valutate e scartate da tempo circa il trattamento
in vasche e successivo accumulo in loco od in discariche
autorizzate dei residui calcarei di lavorazione, non siano le
migliori tecniche applicabili per la compatibilità ambientale e
socio economica di questo territorio".
Solvay contro il fondo Bluebell «Una campagna contro la soda» -
Lettera del gruppo a clienti e azionisti: «Così vogliono
danneggiare la nostra produzione» È una battaglia dall'interno: negli ultimi due anni il fondo
attivista Bluebell Capital Partners, con sede a Londra, guidato
dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco
Trapani, chiede che Solvay metta in campo migliorie per
risolvere problemi di carattere ambientale, sociale e di
governance. In primis viene chiesto di interrompere gli scarichi
a mare e di bonificare i 5 chilometri di arenile dove gli
scarichi si accumulano, vale a dire le Spiagge Bianche. Una
battaglia interna, perché il fondo londinese possiede delle
quote di Solvay e si rivolge agli azionisti. Ora la novità è che
la multinazionale belga ha deciso di rispondere sullo stesso
terreno, con una lettera aperta del board, il consiglio
d'amministrazione del gruppo, a tutti gli stakeholders, vale a
dire azionisti, clienti, istituzioni, sindacati...«Negli ultimi
16 mesi, Bluebell Capital Partners, fondo che possiede una quota
di Solvay, ha promosso una campagna basata su informazioni
fuorvianti sull'operato a Rosignano - si legge in apertura nella
lettera -. Come azienda attiva da 160 anni, siamo profondamente
consapevoli delle nostre responsabilità sociali e del ruolo che
la chimica riveste nel percorso in ambito ESG (investimenti
sostenibili, ndr) che abbiamo intrapreso. Nel corso delle
interlocuzioni di Solvay con Bluebell, siamo sempre più
preoccupati che non esista un effettivo interesse a un dialogo
basato sulla scienza e sui fatti». Nella lettera si ricorda che
«il gruppo è impegnato in operazioni ESG nel segno della roadmap
"Solvay One Planet", che promuove la sostenibilità dei prodotti
dell'azienda e delle relative strutture. «Questo è quanto mai
vero per lo stabilimento di Rosignano, dove Solvay produce soda
da oltre un secolo». Processo di produzione - si sottolinea -
«sicuro e controllato». Ed ecco l'accusa di Solvay: «È difficile
immaginare come un fondo che non vanta alcuna competenza in
scienze ambientali o in chimica e di cui non c'è traccia di
investimenti in sostenibilità, possa comprendere il
funzionamento dei processi di produzione di soda di Solvay
meglio delle autorità di regolamentazione ambientale» e degli
scienziati indipendenti. Bluebell ha presentato a Solvay 52
domande nel corso dell'assemblea generale annuale dell'11 maggio
2021. «Nonostante le risposte puntuali e la diligenza di Solvay
nell'indicare fatti e dati scientifici da fonti ufficiali -
Bluebell ha continuato a perseverare e diffondere la stessa
narrazione fuorviante. Il fondo ha inviato numerose lettere a
quasi 200 stakeholder, tra cui azionisti, clienti, autorità
regolatorie, nonchè a funzionari italiani, dell'UE e dell'Onu
per scatenare quella che sembra essere a tutti gli effetti una
campagna volta a danneggiare l'attività di produzione di soda di
Solvay». La lettera aggiunge che alla fine dello scorso mese «è
stato rinnovato il permesso IPPC1 per il sito di Rosignano dopo
una lunga e attenta revisione delle operazioni condotta da
esperti indipendenti e agenzie governative, un atto dovuto,
risultato dell'adozione nel 2017 di nuovi requisiti UE da parte
Inovyn, una società non collegata a Solvay, e all'unità di
produzione di perossidi, i cui impianti condividono lo stesso
plesso industriale e sono quindi coperti dallo stesso permesso».
Subito dopo il rinnovo del permesso, «Bluebell si è spinta fino
all'estremo tentativo di coinvolgere direttamente il Ministero
della Transizione Ecologica, insinuandone una condotta non
corretta. Quest'ultimo attacco ha reso chiaro al consiglio di
amministrazione di Solvay che Bluebell non sembra essere
interessata a un impegno concreto in tema ESG. Con la guida
della nostra Ceo e presidente dell'esecutivo Ilham Kadri sono
stati compiuti importanti passi in avanti per accelerare i
progressi di Solvay sul tema. Grazie a una chiara tabella di
marcia, la cosiddetta ESG "One Planet", Solvay sta portando
avanti progetti di sostenibilità con dieci obiettivi ambiziosi
divisi in tre pilastri chiave - si spiega ancora -: clima,
risorse e qualità della vita. In questo piano è compresa anche
l'eliminazione graduale del carbone, la riduzione delle
emissioni e il passaggio all'energia verde per raggiungere la
neutralità climatica entro il 2050 e permettere a tutte le
attività produttive diverse dalla manifattura di soda di
diventare neutrali entro il 2040. Solvay ha intrapreso
investimenti significativi a Rosignano come parte integrante del
continuo impegno della Società sulla sostenibilità. Investimenti
che hanno portato a ridurre il consumo di acqua dolce di oltre
il 20%. Il sito ha anche ridotto del 40% le emissioni negli
ultimi due anni grazie alla costruzione di un impianto di
cogenerazione ad alta efficienza e di un'altra struttura che
intercetta, purifica e liquefà la CO2, per riutilizzarla nel
processo di produzione». 15/2/22.
Il fondo Bluebell contro Solvay - «Metalli pesanti sversati in
mare - Ci basiamo sui dati forniti dalla multinazionale» -
Al centro gli scarti della produzione della soda. Nuovo capitolo della "guerra della soda". Il fondo Bluebell
non tarda a replicare alla lettera aperta diffusa dal Consiglio
di amministrazione di Solvay in cui la multinazionale accusa il
fondo attivista di usare argomentazioni pretestuose al fine di
danneggiare la produzione della soda. Bluebell contrattacca
invitando Solvay ad «un vero dialogo aperto e costruttivo».
«Bluebell Capital Partners conferma di possedere una unica
azione di Solvay, qualificandosi in quanto tale come azionista.
Questa partecipazione fa parte di un'iniziativa senza scopo di
lucro ("One Share ESG Campaign") in cui, senza alcun interesse
economico, mettiamo le nostre competenze di investitori
finanziari attivisti, al servizio di organizzazioni ambientali,
comunità locali ed amministratori». Secondo i criteri
sottolineati « dall'Agenda 2030 con gli Obiettivi di Sviluppo
Sostenibile da parte degli Stati membri delle Nazioni Unite. Tra
questi obiettivi, quello al 2025 di prevenire e ridurre
significativamente l'inquinamento marino di tutti i tipi».
Bluebell, il fondo diretto dall'avvocato Giuseppe Bivona, con
Marco Taricco e Francesco Trapani, sottolinea che «nello
stabilimento per la produzione di soda a Rosignano ogni anno
l'azienda scarica sul litorale, e poi direttamente nel Mar
Mediterraneo, centinaia di migliaia di tonnellate di solidi
sospesi, contenenti nichel, cadmio, cromo, arsenico e mercurio.
In base ai dati forniti dalla società, Solvay nel triennio dal
2018 al 2020, ha sversato a mare 688.000 tonnellate di solidi
sospesi, contenenti 88,7 tonnellate di metalli pesanti». Lo
sversamento «dei rifiuti della produzione di soda dallo
stabilimento della Solvay a Rosignano ha creato una discarica a
cielo aperto, con l'aspetto accattivante (e fuorviante) di
un'idilliaca spiaggia caraibica, le cosiddette Spiagge bianche
di Rosignano». Insomma, «contrariamente a quanto dichiarato
dalla Solvay nella lettera aperta, Bluebell Capital Partners ha
interesse unicamente in un confronto basato su dati scientifici
e riscontrabili, e per questo abbiamo messo a disposizione di
Solvay tutta la documentazione che abbiamo esaminato e valutato.
Abbiamo anche analizzato, in dettaglio, le risposte fornite da
Solvay alle domande poste da Bluebell Capital Partners,
all'assemblea dei soci a maggio 2021. Siamo rimasti estremamente
delusi dalla condotta della Solvay che si è rifiutata (l'11
giugno 2021) di fornire chiarimenti». Inoltre «abbiamo anche
analizzato con attenzione la presentazione "Solvay - la
Produzione della soda a Rosignano (gennaio 2022). Nella
presentazione Solvay si legge che, secondo l'agenzia di
monitoraggio Arpat a Rosignano, la "qualità della balneazione è
eccellente". Riteniamo che questa affermazione sia fuorviante,
in quanto Solvay ha omesso di specificare che la valutazione
dell'Arpat si basa "solo 2 parametri microbiologici
(escherichiacoli ed enterococchi intestinali) , indicatori della
presenza di tali apporti fecali" "senza prendere in
considerazione alcun aspetto ecologico, né chimico, né
organolettico». 18/2/22.
Legambiente: «Basta deroghe agli scarichi»
Legambiente sul piede di guerra per l°autorizzazione Aia
confermata a Solvay. «Ci eravamo illusi, nel 2018, che con il
cambio alla direzione della multinazionale e l'arrivo della
giovane e brillante Ilham Kadri, le cose potessero cambiare a
Rosignano - scrive l'associazione ambientalista in una
nota dell'ufficiofistampa toscano e del circolo Costa Etrusca -.
Sostenibilità, equità, innovazione: queste le parole d'ordine
della nuova CEO di Solvay. Purtroppo, a distanza di tre anni e
mezzo non ci pare di aver notato grandi discontinuità rispetto
al passato, dunque erano solo parole di circostanza, o
per meglio dire green washing. Solvay è stata di nuovo
autorizzata a sversare in mare 250.000 tonnellate annue di
residui della produzione, per altri 12 anni. Una decisione che
proroga sine die l'eccezione concessa allo stabilimento della
multinazionale belga». Legambiente ricorda «che il limite di
legge prescriverebbe la soglia di 60.000 t/a, elevato a 250.000
solo per l'azienda» ed esprime pertanto «sconcerto e
preoccupazione››.Aggiunge che «delle fabbriche Solvay in Europa,
quella di Rosignano è l'unica che continua a sversare scorie in
mare in piena libertà. E anche vero che quella in Portogallo,
che sversava in un fiume, alla fine è stata chiusa e tutto versa
in malora alla luce del sole. Ma non si creda che Legambiente si
auguri la chiusura del polo industriale di Rosignano. Al
contrario, il nostro auspicio era ed è che diventi realmente uno
stabilimento più efficiente e meno inquinante».
18/2/22.
Ricorso al TAR contro Solvay e ministero firmato da Bluebell con
Wwf e Project Zero.
Anche la figlia di Mick Jagger dà battaglia sulle Spiagge
bianche. Il fondo Bluebell Capital Partners ha presentato
ricorso al Tar della Toscana per l'annullamento del decreto
emesso il 20 gennaio 2022 dal ministro della Transizione
ecologica Roberto Cingolani che ha rinnovato ed esteso
l'Autorizzazione integrale ambientale (Aia) dello stabilimento
Solvay a Rosignano, al centro da tempo di una controversia
ambientale. Il ricorso è stato sottoscritto anche dal Wwf
Italia, da Project Zero (organizzazione no profit che si batte
per la salvaguardia dei mari e che vanta tra i suoi
"ambasciatori" celebrità come Sienna Miller, Slash, Cara
Delevingne, Georgia May Jagger, la figlia di Mick Jagger, e Liv
Tyler) , dalla onlus Medicina Democratica e da numerosi
cittadini di Rosignano guidati da Maurizio Marchi, ecologista
che da anni critica l'impianto che, con i suoi scarichi in mare,
crea artificialmente le Spiagge bianche. Il ricorso si fonda su
tre motivazioni, spiegano dal fondo Bluebell: in primo luogo la
presunta violazione da parte di Solvay della linee guida europea
e nazionale che vietano l'accumulo localizzato di solidi sospesi
sversati a mare. In secondo luogo il presunto eccesso di potere
delle autorità italiane per carenza di istruttoria da parte del
Ministero che ha rilasciato l'autorizzazione senza che fossero
stati esaminati tutti gli elementi utili a valutare i pericoli
per l'ambiente e per la salute. Infine il potenziale conflitto
di interesse di Cingolani per aver firmato un decreto che
avvantaggia una società (Solvay) con cui, da dirigente di
Leonardo, aveva concluso una joint venture. «Questo ricorso al
Tar rappresenta un'iniziativa senza precedenti che dimostra come
investitori attivisti attenti alle tematiche ambientali e
sociali (Bluebell Capital Partners) , organizzazioni no-profit
che si occupano della tutela dell'ambiente (WWF Italia, Progetto
Zero) e della salute (Medicina Democratica) e le comunità locali
(Maurizio Marchi e i cittadini di Rosignano che hanno aderito
all'azione legale) possano, anzi debbano, lavorare insieme per
la difesa del nostro ambiente», spiega la nota dei firmatari del
ricorso. Solvay conferma che nella serata di ieri le è stato
notificato un ricorso rispetto al rinnovo dell'Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) rilasciata lo scorso 20 gennaio dal
Ministero della Transizione ecologica. «Il processo di
produzione di bicarbonato di sodio di Solvay a Rosignano - si
legge nella nota dell'azienda - è sicuro e controllato, utilizza
materiali naturali ed è svolto nel pieno rispetto delle
normative europee e italiane, come è attestato dal rinnovo
dell'AIA della società da parte delle autorità italiane nel
gennaio del 2022. Il rinnovo è arrivato dopo un'ampia revisione
di durata triennale delle operazioni di Rosignano, condotta da
un comitato di esperti indipendenti». Solvay si dice «fiduciosa
che il Tar respinga il ricorso presentato. L'Aia nel frattempo
rimane del tutto valida». M.M. Il Tirreno 23/3/22.
4 aprile 2022 - Che succede oggi a Rosignano Solvay LA
SPIAGGIA COME CHERNOBYL
UN INTERESSANTE VIDEO APPENA REALIZZATO DA DUE GIOVANI SUL
PROBLEMA DELL'INQUINAMENTO SOLVAY. A mio avviso, al di là di
tutto, è tecnicamente ben fatto ed anche documentato. È
importante che siano i giovani ad occuparsi del problema, perché
il futuro ambientale (e non solo) di questo mondo è loro. Nel
video ci sono anche tre interviste a persone ahimè non più
giovani (Maurizio Marchi, Giuseppe Bivona di Bluebell ed il
sottoscritto Paolo Bini), ma è anche vero come dicono i Masai
che gli Anziani possono essere utili ai giovani a trovare la
strada migliore. Era stato invitato anche il Sindaco, ma sembra
che abbia declinato l'invito. GUARDATELO!
19 maggio 2022 -
Lettera aperta dei sindacati: Solvay in regola con gli scarichi. Lavoratori e sindacati si schierano in difesa dello
stabilimento Solvay di Rosignano dopo gli attacchi della
Bluebell. La Rsu aziendale ha scritto una lettera aperta alle
istituzioni e ai cittadini in cui evidenzia tutta la sua
preoccupazione per il futuro dell'azienda. Il fondo attivista
Bluebell Capital Partners di recente è tornato ad attaccare la
multinazionale belga Solvay, avviando un contenzioso per
inquinamento sull'impianto industriale di Rosignano. Il tema è
sotto i riflettori ormai da decenni, in un'area geografica dove
la multinazionale belga ha collegato il suo nome al destino dei
residenti: Rosignano Solvay si è attrezzata da decenni con
scuole e case per i dipendenti. «La Rsu di Rosignano - così
comincia la lettera che è stata diffusa con un testo anche in
inglese - è preoccupata per la campagna in corso contro Solvay
Chimica Italia S.p.A. guidata da Bluebell Capital Partners
(Bluebell), un fondo speculativo che fa base a Londra, che
possiede una azione della società Solvay. Bluebell accusa Solvay
di trascurare l'ambiente a Rosignano, nonostante la nostra Aia
(autorizzazione integrata ambientale) sia stata recentemente
rinnovata dopo un processo di verifica durato tre anni. Cosa
stanno cercando? Quali sono i loro reali interessi? Noi siamo
orgogliosi del nostro operato e da quanto l'azienda ha
realizzato negli anni. Noi svolgiamo attività estremamente ben
regolamentate sia dagli enti locali ufficiali che dagli
organismi scientifici indipendenti e abbiamo a cuore l'ambiente,
ed è qui che viviamo con le nostre famiglie. Non possiamo più
accettare le accuse di Bluebell e siamo uniti insieme alla
nostra società ed ai colleghi nel respingerle». I dipendenti si
schierano in difesa dell'azienda. «Il nostro stabilimento
rilascia esclusivamente effluenti monitorati che contengono
solidi sospesi costituiti da calcare naturale. È stato
dimostrato più e più volte che tutte le nostre attività sono
conformi alle normative vigenti ed il processo di miglioramento
delle nostre attività è continuo. Non c'è alcun dubbio che i
nostri effluenti siano sicuri. Voi dovete esser consapevoli che
Bluebell - spiegano nella lettera - sta esercitando pressioni su
di noi come azienda ed anche sui nostri clienti. Dato che è
stato stabilito che operiamo in modo responsabile, il
proseguimento di questa campagna è infondato a meno che
l'obiettivo non sia quello di chiudere Rosignano ed eliminare
migliaia di posti di lavoro. Oltre a ciò, tutta questa campagna
sta screditando e mettendo in discussione la legge del nostro
paese». Il Tirreno.
2022 - Il gruppo Solvay investe 15 milioni per ridurre gli
scarichi a Rosignano.
Il gruppo chimico Solvay investe 15 milioni di euro per ridurre
gli scarichi dello stabilimento di Rosignano nelle acque davanti
alle Spiagge bianche. Il gruppo ha varato un piano d'azione per
accelerare i propri investimenti a Rosignano nell'ambito degli
impegni previsti dal programma "Solvay One Planet" e ridurre
significativamente i residui di calcare rilasciati dalla
produzione di carbonato di sodio. L'investimento, spiega
l'azienda con una nota del gruppo, rientra «nell'ambito degli
sforzi di continua ottimizzazione dell'efficienza e della
sostenibilità delle proprie attività industriali» e in linea con
il rinnovo dell'autorizzazione Ippc (Integrated pollution
prevention and control, ovvero la minimizzazione
dell'inquinamento da diverse fonti industriali in tutta l'Unione
europea) del gennaio 2022. «Siamo impegnati nel migliorare
costantemente la sostenibilità dei nostri processi - ha
dichiarato Philippe Kehren, presidente della divisione Soda Ash
& Derivatives di Solvay - e concentrati nel garantire che il
nostro stabilimento di Rosignano continui a svolgere un ruolo
importante nella fornitura di materiali essenziali per la
società. La nostra determinazione a continuare ad alzare
l'asticella e la volontà di fare ulteriori investimenti,
dimostrano ulteriormente il nostro impegno a migliorare le
nostre attività industriali». Il piano d'azione è rappresentato
da un investimento su nuove soluzioni tecniche e di processo,
alcune delle quali richiederanno l'approvazione delle autorità
competenti. Il piano includerà miglioramenti finalizzati alle
diverse fasi del processo produttivo e a un'ottimizzazione della
granulometria e della qualità del calcare. L'obiettivo di
Solvay, entro il 2030, è quello di ridurre del 20% il volume
massimo di scarichi attualmente definiti dall'autorizzazione.
Con frequenza semestrale, Solvay fornirà alle autorità
competenti un aggiornamento sui progressi del piano. Entro il
2040, l'ambizione di Solvay è quella di ridurre gli scarichi di
calcare del 40%. «Il piano d'azione annunciato, conferma
l'impegno della società e di tutti gli attori del sito nel
percorso di progresso continuo delle nostre attività sul
territorio e in un contesto di piena sostenibilità», afferma
Nicolas Dugenetay, direttore dello stabilimento Solvay di
Rosignano. Lo stabilimento di Rosignano produce carbonato di
sodio e bicarbonato di sodio dal 1912. Questi prodotti,
realizzati a partire da calcare naturale e sale, servono per
applicazioni essenziali, come la produzione di vetro e sistemi
di controllo dell'inquinamento atmosferico, nonché per
applicazioni nel settore sanitario, come i sistemi di
emodialisi. Dopo l'annuncio del gruppo belga, Bluebell Capital
Partners - fondo attivista londinese guidato dagli italiani
Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani - ha
applaudito all'operazione ed espresso apprezzamento per i piani
della multinazionale. Nel dicembre 2020 il fondo Bluebell
Capital Partners aveva attaccato Solvay avviando una contesa per
inquinamento sull'impianto industriale di Rosignano. Il Tirreno
7/9/22.
Via gli scarichi a mare Solvay. Una vittoria ambientalista. Il
deputato Berti sul piano investimenti del gruppo.
«Una splendida notizia per il territorio livornese e toscano.
Dopo anni di battaglie, la Solvay ha annunciato 15 milioni di
investimento per l'impianto di Rosignano. Questo in un ottica di
chiudere lo scarico a mare di derivati industriali, famoso in
tutta Italia per le "Spiagge bianche", ma che ha devastato
l'ecosistema marino». Così Francesco Berti, deputato 5 Stelle
confluito nel gruppo di Di Maio. Il politico livornese
interviene sull'annuncio del gruppo Solvay di investire 15
milioni per un piano di riduzione consistente degli scarichi a
mare. «L'impianto passerà da una riduzione del 20% entro il 2030
e una riduzione del 40% entro il 2040, per chiudere
completamente entro il 2050 - commenta Berti -. Solvay insiste
sul territorio livornese dal 1913. A gennaio 2022, il Ministero
della Transizione Ecologica aveva rinnovato l'autorizzazione per
ulteriori 12 anni, senza chiedere specifiche garanzie
ambientali. Per fortuna, grazie a una pressione mediatica e
politica, siamo riusciti a portare Solvay al tavolo per fargli
prendere un accordo nero su bianco. Pochi giorni fa le Nazioni
Unite, tramite il Rapporteur Orellana, avevano segnalato la
criticità del territorio. Continueremo a lavorare affinché i
patti siano rispettati e la bonifica completata: in questa
battaglia ci sono avvocati, attivisti, economisti e
professionisti sanitari». 8/9/22
Il gruppo di minoranza Rnc sull’investimento Solvay per ridurre
gli scarichi a mare: “Non è un regalo, ma un legittimo
indennizzo” “La notizia della riduzione e (forse) dell’abolizione degli
scarichi a mare, sbandierata da molti come una grande vittoria,
ci lascia molto perplessi”. Il
gruppo consiliare di minoranza, Rosignano nel cuore, interviene
sulla notizia data nei giorni scorsi dalla società Solvay di
aver stabilito un investimento di 15 milioni di euro per
diminuire in modo consistente il quantitativo di scarichi in
mare dei residui di calcare (30% entro il 2030
per arrivare al 40% entro il 2040).
“Innanzitutto – scrive Rnc in una nota stampa – bisogna
chiarire che non è un regalo che l’industria ci fa, quanto
piuttosto un legittimo indennizzo basato sul principio “chi
inquina paga”. Ventotto anni sono lunghissimi, c’è tutto il
tempo per disattendere l’accordo. Ce ne sono voluti molti meno
per non rispettare l’accordo di programma del 2003 che, come
questo, prevedeva la riduzione progressiva degli scarichi a
mare”. Il gruppo consiliare di minoranza fa inoltre
notare che “promettere
di non inquinare più il mare non equivale affatto a bonificarlo.
Le analisi Arpat sono lì a certificare la presenza di sedimenti
pieni di Mercurio e di altre sostanze tossiche mentre un flusso
“evasionale” di mercurio è stato misurato dalle acque delle
Spiagge Bianche”.
Infine, il gruppo consiliare all’opposizione, interviene su una
serie di questioni legate all’ambiente.“Sul
territorio di Rosignano ci sono altre partite ambientali aperte,
altrettanto e forse più importanti rispetto agli scarichi a
mare: pozzi inquinati delle case vicine al perimetro della
fabbrica; uso abnorme di acqua dolce per uso industriale;
emissione di enormi quantità di gas climalteranti; rischio
industriale legato alla presenza di stoccaggi di gas pericolosi;
occupazione da parte dell’industria di un’area archeologica di
pregio come gli scavi di San Gaetano. Ci sono, infine, i segnali
di aumentata mortalità per malattie cronico-degenerative nel
nostro Comune che aspettano ancora di essere analizzati con una
ricerca appropriata”. Ecco che Rnc conclude
sottolineando che “rimarchiamo
e condanniamo ancora una volta la studiata operazione di
rallentamento e di ostacolo alla realizzazione dello studio
epidemiologico operata dal sindaco che, a distanza di oltre tre
anni dalla deliberazione del consiglio comunale, non agisce in
modo da dare una risposta alla domanda: abitare vicino alla
fabbrica comporta un rischio di malattia o di morte?”
IL COMUNE DI ROSIGNANO E LA SOLVAY FIRMANO IN REGIONE UN
PROTOCOLLO D'INTESA PER MIGLIORARE L'INTEGRAZIONE E LA
SOSTENIBILITÀ DEL SITO DI ROSIGNANO.
Impegno reciproco, rispetto, senso dello sviluppo del territorio
e una governabilità che fa rima con sostenibilità. Eugenio
Giani, tiene a battesimo nella sala Cutuli della Regione la
firma del protocollo d'Intesa tra Comune di Rosignano e Solvay.
Un passaggio che il presidente saluta con i due firmatari,
Daniele Donati, sindaco di Rosignano e Philippe Kehren,
presidente della Business Unit Soda Ash di Solvay.
"E' un potocollo molto importante e proprio per la sua valenza e
importanza viene firmato qui:
il
Pegaso dà il senso del rilievo regionale di questo atto, che va
nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità ambientale"
afferma il presidente. Gli interventi previsti confermano "come
Solvay operi e lavori, con beneficio per la nostra occupazione,
la manifattura e l'economia in Toscana". Giani ringrazia
entrambi i firmatari: "Il Comune di Rosignano sull'ambiente sta
lavorando molto: abbiamo bisogno di uno sviluppo che si coniughi
con la sostenibilità". Alla firma hanno partecipato anche
Katelijn De Nijs, primo consigliere dell'Ambasciata del Belgio
in Italia, Vincenzo Brogi, assessore del Comune di Rosignano,
Nicolas Dugenetay, direttore del sito Solvay di Rosignano e
Marco Colatarci, country manager di Solvay in Italia. All'inziaitiva
è intervenuto anche Francesco Gazzetti, consigliere regionale
presidente della Commissione poltiche europee e
internazionali. Lo scopo del protocollo, è stato chiarito, va
inserito nella ricerca del continuo miglioramento
dell’integrazione dello stabilimento di Rosignano nel
territorio, in modo da migliorare la qualità della vita delle
comunità locale.
Questa iniziativa si va ad aggiungere a quanto recentemente
annunciato del Gruppo Solvay su nuovi investimenti finalizzati
ad individuare nuove soluzioni tecnologiche per la riduzione
della quantità di residui calcarei rilasciati in mare e ha
l’obiettivo di favorire un’azione coordinata tra il sito e le
amministrazioni locali su specifici interventi di carattere
urbanistico, nonché sull'innalzamento del livello di conoscenza
e di consapevolezza da parte del territorio delle attività
produttive esistenti.
Si tratta di una sinergia, quella tra il Comune e Solvay, che
permetterà non solo di migliorare ulteriormente gli obiettivi di
sostenibilità ambientale, ma anche di integrare il sito
produttivo nel territorio con immediate ricadute positive per la
comunità locale.
L’integrazione e il rapporto con il territorio è uno degli
aspetti più significativi di questo piano d'azione coordinato,
possibile solo attraverso lo sviluppo di una consapevolezza che
parta, in primis, dalle comunità locali. Sotto questo profilo,
sono molte le iniziative previste: ad esempio, sarà creata una
piattaforma di collaborazione per facilitare un dialogo
permanente con gli stakeholder locali e visite regolari agli
impianti. Ma non solo. Sarà anche installato uno stand
informativo pubblico che illustrerà il processo di produzione
della soda e spiegherà le caratteristiche della spiaggia.
“La firma di questo protocollo d’intesa – commenta il Sindaco di
Rosignano Marittimo, Daniele Donati – si inserisce all’interno
di un solido percorso di interlocuzione che amministrazione
comunale e Solvay hanno avviato da tempo, concretizzatasi anche
attraverso la partecipazione alle conferenze di servizio per il
rilascio delle varie autorizzazioni. Il nostro intento comune è
quello di dare un chiaro segnale di concretezza, perché il parco
industriale Solvay possa continuare ad essere una risorsa per il
territorio, anche e soprattutto dal punto di vista ambientale,
oltre che dell’occupazione. Lo sviluppo sostenibile è una nostra
priorità e dev’essere il filo conduttore che unisce pubblico e
privato in iniziative come questa. Non a caso, la riduzione dei
solidi sospesi e delle emissioni di CO2, il risparmio di acqua e
la salvaguardia del territorio e della sua biodiversità sono i
punti principali di questo protocollo che oggi andiamo a firmare
insieme. Un protocollo all'interno del quale Solvay si impegna a
destinare a questi obiettivi risorse proprie, di importi
significativi”. "Questo nuovo piano integrato di sostenibilità
per lo stabilimento di Rosignano – ha sottolineato Philippe
Kehren, presidente della Business Unit Soda Ash di Solvay -
dimostra la nostra grande ambizione di sviluppare gli impegni
assunti in “Solvay One Planet” anche a livello locale. Sono
orgoglioso di vedere numerose azioni in corso che garantiranno
un futuro più sostenibile per le nostre attività a Rosignano e
la continuità del dialogo positivo con la comunità locale e le
autorità", ha concluso. 29/9/2022
2024 -
Nanopressviaggi-Una spiaggia come le Maldive in Italia. Il
segreto della sabbia. Una storia strana che ha il suo segreto
nella sabbia. Che non è sabbia. Per poter ammirare una spiaggia dalla sabbia bianchissima
occorre spesso prendere aerei per spostarsi di centinaia e
centinaia di chilometri. Ma esiste un luogo che invece si trova
in Italia e non alle Maldive. Un luogo con una storia
molto particolare, iniziata a ridosso delle
Guerre Mondiali e che si è protratta fino al presente. Il
motivo per cui questo luogo esiste è un esempio
di cosa non si dovrebbe mai fare. Eppure, nonostante tutto è un
luogo in cui ogni anno moltissimi vanno in vacanza. Dovresti
però utilizzarla solo come soggetto per qualche foto. Il segreto
è nella sabbia.
Le recensioni di TripAdvisor per queste spiagge che si trovano
lungo la costa
livorneseaRosignano
Marittimo, sottolineano tutte come si tratti di
un luogo che sembra uscito
da una cartolina. E in effetti il bianco di
quella che sembra sabbia
che aiuta a far risaltare il blu dell’acqua crea un contrasto
degno di una cartolina tropicale.
Quello che c’è dietro
il fenomeno delle cosiddette spiagge bianche o
spiagge Solvay è tutt’altro che un fenomeno naturale. Per questo
motivo, anche se scenograficamente entusiasmanti, occorre
sapere che
cosa potresti toccare e con che cosa potresti entrare in
contatto decidendo di fermarti in questo luogo.
Perché la storia delle spiagge Solvay è legata indissolubilmente
al vicino stabilimentoper
la produzione del bicarbonato dell’omonima
marca. E il colore di questa spiaggia non è sempre stato bianco.
Ecco come è successo. Lo stabilimento Solvay di Rosignano esiste
dall’inizio del ‘900 e purtroppo fin dall’inizio, data la
posizione, ha sversato tonnellate di scarti direttamente in
mare. Negli Anni ’90 ci fu poi un enorme incidente che causò lo
sversamento di una quantità ingente di sostanze che hanno in
pratica ricoperto la spiaggia di un miscuglio di calcare e
cloruro di calcio, oltre a mercurio e altre sostanze tossiche.
Per questo motivo esiste da sempre una ordinanza che vieta la
balneazione. Nonostante questo tanti turisti continuano a fare
il bagno in queste acque. Ma, e torniamo lì dove abbiamo
iniziato, basta leggere le recensioni di TripAdvisor per
scoprire quelli che sono anche gli effetti della balneazione:
c’è chi racconta di aver provato a fare il bagno e di
aver sentito la pelle pizzicare per giorni oppure di chi
invoglia a soffermarsi non sul bianco e l’azzurro, ma su tutto
quello che non c’è. L’inquinamento della Solvay, infatti,
ha distrutto l’ecosistema di questa zona e non si sente più
neanche l’odore del mare. Di nuovo, questo spettacolo di sabbia
bianca può essere interessante, ma sarebbe meglio evitare
esposizioni prolungate.
Giugno 2024 di Valeria
Poropat.
SIGFRIDO RANUCCI REPORT
- ALLA FACCIA DEL BICARBONATO DI SODIO
Vedi:
Lo scarico a mare Vedi:
I Caraibi del Tirreno: spiagge, soda e gas Vedi:
La versione Solvay? Danni limitati Vedi:
Il difficile contenimento degli scarichi Vedi:
La discarica in bocca di Fine Torna a Rosignano Solvay/La fabbrica