Vada spiagge bianche...ma

Sangriata - la storia e le incertezze del 2005, il NO del 2006
(con gli aggiornamenti di cronaca e l'esito del sondaggio)
Nel 2011-2012 si riprova con il Circo Nero   

PER LE PROBLEMATICHE LEGATE ALL'INQUINAMENTO SCORRERE VERSO IL BASSO DELLA PAGINA

              immagini          Clicca sulle foto per ingrandirle e leggere la  

Pietrabianca - Spiagge bianche
anche nel Medioevo 
I Caraibi del Tirreno: spiagge, soda e gas Ambiente: la versione Solvay
Foce del Fine    
Gabbiani Foto di Francesca Sorrentino  
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Erosione verso sud Pietrabianca - Il pennello Il pennello
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Il pennello Tessa Gelisio di Rosignano
Set televisivo   Foto di Piero Stiavetti Foto di Tommaso Birelli
Foto di Tommaso Birelli
Foto di Tommaso Birelli

Foto di Tommaso Birelli Foto di Nadia Biagini Anche la spiaggia per cani

Surf e Katesurf

     
No ai porti uccidono le onde!
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Un pomeriggio di dicembre 2005 con il mare in "calmata" di libeccio
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Tutto quanto mostrato sopra è attraente, ma la realtà è molto diversa...
Fosso Bianco: staccionata anti-balneazione nello scarico
Una staccionata in legno, 50 metri a nord e 50 a sud dello scarico del fosso bianco, delimita la zona di divieto di balneazione e permanenza sull'arenile che dal Lillatro porta verso le Spiagge Bianche. Un modo per marcare ancora più visibilmente una zona che, seppur molto frequentata in estate dai turisti, è interessata da uno scarico industriale e per questo vietata alla balneazione. I cartelli di divieto venivano rimossi, ogni estate, dai frequentatori delle spiagge. E così, per rendere ben visibile il divieto di tuffarsi in acqua è stata fatta la staccionata. ("Il Tirreno" A. Bernardeschi 2/3/2012) 
Siamo andati a verificare immaginando una staccionata che seguisse il fosso fino allo scarico su i due lati impedendone l'attraversamento, se non sul ponticello di legno. Niente di tutto questo: si tratta di una cinquantina di tubi
ø 80 vecchi e arrugginiti, collegati da una catena zincata, che corrono parallelamente alla linea di battigia salvo avvicinarsi a questa di pochi metri alle due estremità. Una specie di arco molto aperto, con una decina di tubi che portano infisso un paletto di legno che sostiene altrettanti cartelli con l'ordinanza di divieto. Scritti su pannelli in compensato non rinforzato né marino, la metà dei quali è già mancante. Inoltre mentre fino all'estate 2011 il canale di scarico terminava all'inizio della battigia, oggi la spiaggia è allungata di circa 30 m. ricreando una comoda area di passo fra la bocca del fosso e ed il mare, in pratica ripristinando condizioni simili a prima dell'allungamento degli argini nel 2004. Pertanto se si vuole che lo sbarramento  raggiunga il suo scopo per quanto possibile, occorre allungare le due estremità fino ad alcuni metri oltre la battigia usando pali in acciaio inox anche di recupero di facile reperibilità, con catene anche zincate.  (Vedi anche)
ATTENZIONE: per i tratti di mare adiacenti, indubbiamente suggestivi, tieni presente le parole di questo signore...ed agisci responsabilmente, ora che sei stato informato.
 
Giugno 2012 - Medicina Democratica:
                 «Il sindaco impedisca l’accesso alle Spiagge bianche»
È in sintesi la richiesta di Medicina Democratica, che chiede anche «la rimozione dei nuovi cartelli posizionati per indicare le Spiagge bianche con l’apertura della nuova bretella ai Polveroni». Il motivo? «Perché quel tratto di mare è altamente inquinato». M.D. sostiene questo sulla base «che la conferenza dei servizi, riunita nel luglio 2009 per il rispetto dell’accordo di programma tra Solvay e istituzioni, ha verbalizzato che alle Spiagge bianche sono depositate circa 500 tonnellate di MERCURIO. Inoltre uno studio di Inail e Ispels del 2010 afferma che Solvay è la massima emettitrice di arsenico in acqua. Infine, la dichiarazione PRTR 2011 resa da Solvay al ministero dell’Ambiente afferma che l’arsenico scaricato in mare nel 2010 ammontava ancora a 1449 kg/anno. La stessa dichiarazione dice che sempre nel 2010, ad esempio, sono stati scaricati in mare:
ARSENICO (2006) 2.930 kg ARSENICO (2010) 1.449 kg
CADMIO (cancerogeno) 91 kg CROMO e composti 1.540 kg
MERCURIO 71 kg NICHEL 1.766 kg
PIOMBO 3.218 kg ZINCO 15.049 kg
FOSFORO 39.603 kg    
                            L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE SULLA BALNEABILITA' DELLE SPIAGGE BIANCHE:
                         "CONTROLLI CONTINUI E PARAMETRI IN LINEA CON LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO"
In riferimento ai dati e alle informazioni sulla balneabilità delle spiagge bianche fornite da Medicina Democratica, il Comune di Rosignano intende in primo luogo rassicurare i fruitori delle spiagge bianche e stigmatizzare l’utilizzo dei dati da parte della stessa Medicina Democratica in maniera non corretta, con finalità in qualche modo allarmistiche. Esistono tutta una serie di organismi di controllo deputati a verificare i dati sulla balneabilità dello specchio acqueo e sugli scarichi industriali dell’accordo di programma, in primis Arpat. Da parte di questi organismi vengono effettuati controlli periodici e ad oggi i parametri rilevati sono in linea con la normativa, che è punto di riferimento per garantire la balneabilità delle acque. D’altra parte anche un’eventuale ordinanza di divieto potrebbe essere costruita soltanto sulla base di un comprovato non rispetto dei parametri stabiliti dalla legge. L’Amministrazione Comunale ha chiesto comunque alla società Solvay di delimitare con chiarezza ed evidenza lo spazio interdetto alla balneazione di 100 metri a nord e di 100 metri a sud del canale industriale.

Miniatura della versione delle 16:12, 10 apr 2006Visto che anche questo sito da ormai 10 anni ha affrontato la problematica in oggetto, ci sia consentita una breve analisi delle versioni sopra esposte, non per presunzione di conoscenza, ma per un'intera vita trascorsa nelle fabbricazioni dello stabilimento, parimenti ad altre decine di migliaia di persone durante i 100 anni della sua storia a Rosignano. Chi ha operato nei settori della produzione chimica, sa bene che i dati riportati da M.D. sono assolutamente realistici e riportati da studi accreditati, quindi sono ben lontani dal voler creare gratuito allarmismo. Tuttavia l'Amministrazione deve attenersi alle analisi correnti che campionate alla foce del fosso di scarico, con opportuna diluizione, raramente fuoriescono dai limiti. Da qui il problema reale che viene così a presentare tre facce incompatibili. 
A - Per MD c'è un inquinamento accumulato nei decenni, che va ben al di là delle analisi puntuali dell'organismo preposto e che ha comportato l'immissione e l'accumulo in mare di quantità importanti di materiali tossici, ai quali si aggiungono ogni anno le quantità indicate. (Da ricordare che fino ai primi anni '80 l'inquinamento prodotto dall'area Nuove Fabbricazioni, Craking, ed ex Aniene era spaventoso).
B - Per l'Amministrazione (e per Solvay) le analisi di routine non giustificano allarmismi e quindi non sono necessari provvedimenti restrittivi, al punto che il quotidiano locale riportando la nota del Comune sopra riportata titola: "Le spiagge bianche non sono inquinate".
C - Pertanto, la realtà sta in questi termini: l'azienda è autorizzata a scaricare, l'Arpat fa le analisi con campionatori in continuo, l'Amministrazione mantiene i cartelli di divieto di balneazione ove previsto.
Tutti sono in regola, la legge è rispettata, ed i cittadini ignari (forse) arrivano da mezza Toscana per godersi il sole "tropicale", con l'aiuto delle numerose indicazioni stradali che indirizzano verso le spiagge bianche, ovvero verso uno dei luoghi più inquinati d'Italia, si voglia ammettere o no.
Queste stesse considerazioni nel 2004 convinsero la Società Solvay ad allungare gli argini del fosso fino alla battigia e realizzare un opportuno ponticello, per evitare l'altro grave problema parallelo, quello dei bagni dei bambini e non solo, nella foce dello scarico.
Quale può essere allora una soluzione ragionevole stando così le cose?
1 - Considerare l'area per quello che realmente è diventata in un secolo, cioè una discarica marina a cielo aperto, dove la balneazione deve essere SCONSIGLIATA con opportuni cartelli informativi del tipo "AREA INQUINATA DA SCARICO INDUSTRIALE" posti agli accessi e non INDIRIZZATA nella zona con  ripetuta cartellonistica stradale dedicata. Questa contraddizione suona come un IMBROGLIO per la cittadinanza locale e non solo e non può essere ulteriormente tollerato trattandosi di problematica legata alla salute. Gli organi preposti non possono fare finta di non sapere. Il cittadino poi sceglierà  se accedere o meno, ma deve essere messo in condizioni di conoscere la realtà ambientale ed i rischi ad essa collegati.
2 - Allargare i limiti del divieto dai 100m. di oggi sui due lati del fosso ad almeno 500m. comprendendo l'area della ex discarica costiera, industriale e urbana usata fino al febbraio 1987 che finisce alla foce del Fine.
3 - Evitare raduni con migliaia di persone.
4 - Vigilare o provvedere con recinzioni vere, affinché alla foce del fosso bianco sia reso IMPOSSIBILE fare il bagno.
Di più è obbiettivamente non si può fare, ma nascondersi dietro un dito (i valori delle analisi puntuali), negando la tragica realtà odierna, come si è fatto fino ad oggi è del tutto irresponsabile oltre che penalmente rilevante.

Esprimete la vostra opinione sull'argomento da QUI o da Facebook (Gruppo Lungomarecastiglioncello.it)

A Nerina Monti, Filippo Tanganelli piace questo elemento. (FB)

Luigi Santinoceto - Grazie Lungomarecastiglioncello. (FB)

«Per il Comune le Spiagge bianche non sono inquinate? Lo denunciamo ». È quanto annuncia Medicina Democratica. «Come già preannunciato al sindaco Franchi in caso di assenza di provvedimenti urgenti di difesa della salute, lo avremmo denunciato alla magistratura. E così sarà». La raccomandata alla Procura, partirà domani mattina «e speriamo che questa volta sia presa nella dovuta considerazione: qui si tratta di decine di tonnellate di sostanze tossiche e cancerogene (arsenico, cromo, mercurio,piombo, nichel, zinco, fenoli ed altro) che vengono dichiaratamente riversate in mare ogni anno. Che significa che vengano riversate entro presunti limiti di legge? Se un ignaro avventore assume arsenico, cromo o mercurio entro i limiti di legge - alle Spiagge bianche - sarebbe garantito e può continuare a farlo? Il sindaco Franchi minimizza per salvare se stesso, la sua burocrazia e l’azienda Solvay, ma devono anche rispondere dei reati di voler esporre coscientemente la popolazione a questo inquinamento evitabile». (Sintesi da "IlTirreno" del 17/6/12)

La nonna di Tamara e Maurizio Carmignoli, ogni tanto ci portava alle spiagge e noi felicissimi facevamo il bagno nell'acqua calda del fosso, ganzo! anni 56/57, poi di quei posti brulli e trasandati non ho più memoria, tornato alla fine degli anni 70, trovai una specie di campo di naturisti, pensando, che passi avanti ha fatto la Solvay! però il posto non mi piaceva a parte le belle figliole con stratanga e petto nudo, mai avrei pensato che un'amministrazione potesse essere così inefficiente e che sia inefficiente lo si vede da tante cose...ma addirittura nella salute pubblica. Arrivati a questo punto credo ci sia ben poco da fare. Luigi Festa - Milano

Sarà che a Livorno a forza di sopravvive ai pisani siamo diventati furbi, ma a Rosignano siete proprio tonti. Scusate, ma ci vuole proprio tanto a risolvere il problema ambientale là dove l'inquinamento chimico è palpabile (io non ci vado più da quando l'ho capito) e l'attrazione è dovuta al colore bianco della spiaggia simil-tropicale? Se la natura ha dato al carbonato di calcio il colore bianco, non è colpa della Solvay, che se potesse venderebbe anche quello che gli scappa in mare. Basta solo che la fabbrica aggiunga del colorante, magari ecologico per non aggravare la situazione nel fosso ed aspettare qualche anno. Con un colorante marrone, la spiaggia diventerà color sabbia uguale a tutte le altre e fiorentini e pisani, smetteranno di far la fila per prendere il sole delle Maldive. A quel punto tanto vale andare alla Mazzanta o alle Gorette ed in più si toglierebbe al Comune il peso di una situazione di difficile gestione. Chi ci va ugualmente è fesso e quindi non fa testo, lasciamocelo stare. Marco Freddi - Livorno

E così la spiaggia diventerebbe marrone ed il mare color cacca, soprattutto quando è scirocco come quando piove tanto ed uno si illuderebbe di essere nell'Adriatico, chissà che schifo da vedere soprattutto da lontano. Luigi Santinoceto. (FB)

E’ stato inviato alla Procura della Repubblica Di Livorno l’esposto firmato da Medicina Democratica in cui si chiede di vietare la balneazione alle spiagge bianche di Vada. L’iniziativa dopo che il sindaco di Rosignano, Alessandro Franchi, ha respinto la richiesta presentata da M.D. e giustificata con l’inquinamento causato dall’immissione in mare di sostanze tossiche con gli scarichi della Solvay. In particolare M.D. ha prodotto una documentazione, parte della quale proveniente dalla stessa Solvay, in cui si parla di immissione in mare di sostanze come arsenico, mercurio, cromo, cadmio e nichel. Sostanze che, rappresenterebbero un pericolo per chi fa il bagno alle spiagge bianche.

Tanto per cambiare ci risiamo, prendi nota e non mancare:
22 luglio - Circo Nero - Spiagge Bianche a cura di Comune e Pro Loco Vada
19 agosto - Guinnes Primati – Concerto Live - Spiagge Bianche a cura di Comune e Pro Loco Vada

I Caraibi di Toscana e l’arsenico in mare «Ma non c’è rischio» Spiagge bianche, l’Italia dei Valori porta il caso in Regione L’Arpat e il sindaco rassicurano: dati sempre nella norma.
Da una parte un ambientalista che vorrebbe chiuderle. Da un'altra il sindaco che lo accusa di allarmismo. Poi l’azienda che nega l'inquinamento. E infine una procura, alla quale viene chiesto di avviare una seconda indagine. Tutti lì, attorno alle Spiagge bianche, versione vadese dei Caraibi. Sabbia e acque stinte dagli scarti di soda della Solvay, lo stabilimento chimico che sovrasta quel litorale affollato di surfisti, bellezze e set prediletto dalle agenzie pubblicitarie. E ora l’Italia dei Valori, con un’interrogazione in Regione, vuole vederci chiaro: diteci se le spiagge sono inquinate e, se è così, segnalatelo in modo che i bagnanti siano consapevoli dei rischi. Maurizio Marchi, di Medicina democratica, ha spedito un esposto alla Procura perché quel paradiso color bianco e turchese è «un luogo altamente inquinato, usato da Solvay per lo scarico di una quantità impressionante di sostanze tossiche». Chiede che i magistrati indaghino e che qualcuno metta un lucchetto a quella spiaggia. Chiede che il sindaco tolga la segnaletica stradale, un invito ad andarci. Il sindaco Alessandro Franchi risponde picche. Perché «l’allarmismo non serve e i dati sulla balneabilità e sugli scarichi industriali sono in linea. Io non dico che l’acqua non sia inquinata, non ho gli strumenti per farlo. Devo attenermi a quanto mi certifica Arpat. E finora Arpat mi dice che è tutto sotto controllo». Dunque si rimane al divieto circoscritto alla "foce" del fosso bianco: 100 metri a nord e 100 a sud. Marchi nel suo dossier cita una serie di dati. Ad esempio il verbale del 2 luglio 2009 redatto dalla Conferenza dei servizi per valutare il rispetto dell'Accordo di programma del 31 luglio 2003, accordo di cui parliamo più avanti. In quel verbale, a pagina 6, c'è scritto che alle Spiagge bianche «negli ultimi 65 anni sono state scaricate in mare oltre 500 tonnellate di mercurio». Marchi produce anche uno studio di Inail e Ispels del 2010 in cui si accerta il triste primato di Solvay nella classifica degli sversamenti in mare di arsenico. A pagina 37 si indica la quantità emessa nel 2006: 2.930 chili. Che diventano la metà secondo la dichiarazione Prtr (Pollutant release and transfer register) 2011 resa da Solvay al ministero dell'ambiente: risultano scaricati in mare lo scorso anno 1.449 kg di arsenico, oltre a 91 di cadmio, 1.540 di cromo e composti, 71 di mercurio, 1.766 di nichel, 3.218 di piombo, 15.049 di zinco, 39.603 di fosforo, 221 di sostanze organiche clorurate, 350 di fenoli. Arpat replica che Solvay ha un'autorizzazione rilasciata dal ministero dell'ambiente il 6 agosto 2010 sottoposta a un controllo integrato annuale, durante il quale vengono controllati a pié d'impianto gli scarichi dei processi lavorativi di elettrolisi, clorometani, perossidati; e un'autorizzazione provinciale (30 ottobre 2007) sottoposta a un controllo annuale degli scarichi relativi alla sodiera. Inoltre, in base a una delibera della Regione (336/2011) Arpat ogni mese controlla lo scarico generale Solvay per cadmio, piombo, mercurio, nichel. E arsenico, una volta al mese, ma solo dal 2011. Per l'agenzia i dati sono nei limiti. Ieri intanto l'Idv in Regione ha presentato un'interrogazione: «È impensabile - scrive il capogruppo Marta Gazzarri - che una zona ad alto rischio per la salute dei cittadini venga segnalata come luogo di balneazione. Dallo studio condotto nel 2010 da Ispels e Inail emerge che in Toscana si emette nelle acque ben il 42,8% dell'arsenico riversato in Italia e che il massimo emettitore è la Solvay. Questa situazione è preoccupante specie per il gran numero di persone che affollano le spiagge e per il pescato nella zona. Dato che l'impianto in questione costituisce un'importante realtà produttiva del territorio e che tuttavia le esigenze economiche non possono prescindere dalla tutela della salute dei cittadini, chiediamo alla giunta toscana se sia al corrente di quali siano gli impianti responsabili dell'emissione di arsenico. Se intende mettere in atto interventi per monitorare il tratto di costa e per bonificare le acque interessate dalla contaminazione. Mi auguro che qualora tale situazione venga accertata si provveda tempestivamente a segnalare il pericolo a bagnanti e pescatori». Sui fanghi Solvay peraltro è ancora aperta, come conferma il procuratore capo Francesco De Leo, un'inchiesta avviata nel settembre del 2009 dopo lo sforamento dei limiti accertato da Arpat. L'agenzia infatti stabilì che non era stato rispettato l'accordo siglato nel 2003 da Solvay, Comune, Provincia, Regione, ministeri dell'ambiente e delle attività produttive per la riconversione ecologica della fabbrica. Un accordo da 57 milioni di euro, di cui 17 a carico delle amministrazioni pubbliche, con cui l'azienda si impegnava a sostituire le vecchie celle a mercurio dell'elettrolisi con quelle a membrana, a ridurre gli emungimenti di acqua di falda e a ridurre la quantità di solidi sospesi scaricati in mare dal fosso bianco, fino alla loro totale eliminazione. Solvay rispettò solo i primi due punti, non quello sui fanghi. Nel 2003 scaricava 200mila tonnellate all'anno. Nel 2008 avrebbero dovuto scendere a 60mila e invece furono il doppio.
Alessandro De Gregorio "Il Tirreno" 20/6/12

Parliamoci chiaro. Io che per anni (decenni) ho consentito l'invio nel fosso bianco tonnellate di trielina, di percloroetilene, di tetracloroetano, di clorometani, di acido cloridrico, ecc. ecc. ad ogni fermata degli impianti perchè così era... impostato il sistema, mi dico che se raccontassero uno alla volta i singoli attori degli altri impianti che scaricavano solventi e molto altro (PLT, acqua ossigenata, clarene, mercurio fin dal 1940, ed in primis 15 anni di CK (1965-79) con benzinoni, nafta, oli pesanti di ogni tipo stoccati in vasche di terra adiacenti al fosso Lupaio, verrebbe fuori un quadro che farebbe cambiare opinione a tanti che credono o devono credere ai dati analitici odierni. Il mio rimorso e quello di tanti altri addetti ai lavori è oggi di non aver mai preso coscienza vera del disastro ecologico che stavamo alimentando, anche perchè, ma non è una giustificazione, non c'era negli anni 60-80 una mentalità ambientalista diffusa. Ecco perchè i dati di MD sono credibili ed aggiungo, fortemente riduttivi. Mi permetto allora un invito amichevole al nostro Sindaco che non ha elementi sufficienti per proibire e segnalare il pericolo salute: Faccia almeno togliere i 5-6 cartelli indicatori SPIAGGE BIANCHE, avrà fatto un servizio corretto e responsabile alla cittadinanza. (NdR)

Io credo nel fair play, mi spiego! Le spiagge ci sono e sono belle, ma è altrettanto vero che i dati di MD sono altamente riduttivi, come dice lei, di quello che è avvenuto ed avviene a mare del fosso lupaio. Oggi abbi...amo i mezzi, la mentalità e la lobby ambientalista per far emergere i fatti; ma non lo vogliamo! La sua generazione non parla, o pochi parlano, perché dovrebbero esporsi e chi si espone in Italia senza una corporazione alle spalle passa dal Grillo della situazione. La mia generazione è fatta di ragazzi senza storia, non ne sappiamo niente, non sappiamo un cavolo di quello che accade in funzione dell’industria, tanto più quelli a cui muore la mamma o il padre di un tumoraccio (per giunta raro chissà perché???) rimangono solo addolorati e per niente indignati, arrabbiati, incazzati. Danno magari la colpa al bisolfito del vino del nonno o il rame sulle albicocche del giardino.
Per quanto riguarda chi controlla, non mi espongo. Ho delle idee troppo drastiche per essere scritte, dovremmo incavolarci profondamente e rivedere a fondo la reale divisione dei poteri che in questo stato manca ed il metro di misura troppo cognominale per l’assegnazione degli incarichi. Ieri sera ho ascoltato Sofri a Ballarò ed il suo ultimo intervento mi è parso calzante per la situazione attuale che stiamo vivendo, diceva più o meno così: “durante il Fascismo c’era un’autarchia contro gli stati esteri, oggi viviamo un’autarchia verso gli stessi italiani, sono sempre gli altri sbagliati, il mio orto va bene è l’altro che è scorretto!!”….altro non è che quello che emerge dall’articolo che ha postato…..!!!!...incrociamo le dita e speriamo nel perdono divino…!!! - Filippo Martellacci. Vada

Che sia stato scaricato tutto quello che hai detto non ci sono dubbi, ma una considerazione la devo fare. Togliere i cartelli è come dire a un malato non hai nulla e lui guarisce e l'autore dell'articolo conosce molto bene i problemi del fosso bianco dagli anni 60, quindi non dice niente di nuovo. Angiolo Giusti - Rosignano S.

 Spiagge Bianche, per l’Arpat è tutto ok - L’agenzia sulla richiesta di vietare la balneazione: «Le concentrazioni di arsenico sono nella norma». Livelli nella norma per quanto riguarda l'arsenico. L'Arpat interviene nel caso sollevato da Maurizio Marchi relativo al presunto inquinamento delle Spiagge bianche. Il coordinatore di Medicina democratica nei giorni scorsi ha presentato un esposto in Procura allegando un dossier in cui cita dati forniti da Ispesl, Inail e dalla stessa Solvay. Dati che riguardano metalli pesanti come mercurio, cromo, cadmio, nichel e arsenico. Arpat fornisce uno studio dettagliato anche se relativo al solo arsenico. Dopo aver ricordato il complesso regime di autorizzazioni e controlli che riguardano la Solvay, e di cui avevamo già parlato, Arpat scrive che «la principale unità produttiva Solvay da cui ci risulta probabile l'emissione di arsenico nello scarico idrico è la sodiera che utilizza coke e antracite nel processo di calcinazione. Queste materie prime contengono naturalmente arsenico. Dall'analisi dei report annuali dell'unità produttiva sodiera, trasmessi da Solvay relativi agli anni 2009 e 2010, si evince un quantitativo annuo di arsenico scaricato in acqua pari a 2.531 kg per il 2009 e 1.301 kg per il 2010. Tali valori sono paragonabili con il dato di 2.930 kg indicato nel suddetto report Ispesl per il 2006. La modesta concentrazione di arsenico rilevata allo scarico, inferiore di almeno un ordine di grandezza rispetto al limite di legge e il flusso di massa citato dal rapporto Ispesl, sono del tutto paragonabili, in considerazione della rilevante portata dello scarico generale della Solvay, che è pari a circa 10.000 mc/h. Nel corso del 2011 l'Agenzia ha anche effettuato una indagine eco-tossicologica sui solidi sospesi nelle acque di scarico della Solvay, nonché sui campioni di sedimenti e sabbie. I risultati delle analisi hanno evidenziato una completa assenza di tossicità o valori di tossicità inferiori al limite di tossicità trascurabile». «Riguardo alla qualità delle acque di balneazione e di quelle marino-costiere - prosegue la nota - Arpat effettua un costante monitoraggio con le seguenti caratteristiche. Balneazione: durante la stagione balneare (1 maggio - 30 settembre) Arpat effettua campionamenti e analisi con frequenza mensile per verificare l'idoneità alla balneazione in tutte le aree di balneazione presenti sul territorio regionale al fine di supportare gli enti a cui la normativa in materia attribuisce specifiche competenze. I risultati di tali accertamenti sono tempestivamente resi disponibili sul sito dell'Agenzia». Riguardo alle due aree di balneazione in cui sono suddivise le cosiddette «spiagge bianche non risultano superamenti dei valori previsti dalla normativa europea per la balneazione per tutti i campionamenti effettuati». Acque marino-costiere: Arpat effettua il monitoraggio lungo tutta la costa toscana, su una rete costituita da 19 punti di campionamento. I campioni di acqua vengono prelevati, utilizzando il battello oceanografico Poseidon a 500/1000 metri dalla riva con cadenza bimestrale. Nei medesimi punti sono anche prelevati campioni di sedimenti con cadenza annuale. I dati del monitoraggio sono resi disponibili con una relazione annuale pubblicata sul sito dell'Agenzia. Fra le sostanze ricercate nella colonna d'acqua c'è anche l'arsenico, che risulta con livelli nella norma per quanto riguarda tutta la costa toscana.


Da vecchio chimico mi permetto solo una considerazione:
Con queste analisi praticamente perfette, del tutto analoghe alle zone con Bandiera Blu, non c'è da aspettarsi alcun tipo, neppur minimo, di provvedimento cautelare. Per ulteriori confronti vedere:
http://www.arpat.toscana.it/temi-ambientali/acqua/balneazione/livorno, quindi via libera alle iniziative come quella sotto con il patrocinio di Provincia e Comune:

Ritorna alle Spiagge bianche il grande spettacolo del Circo Nero, che lo scorso anno ha richiamato sull’arenile di Rosignano Solvay migliaia di giovani, che hanno ballato dal pomeriggio fino all’alba. L’organizzazione di questo show on the beach ha fissato la data dell’evento 2012: il prossimo 22 luglio, con inizio alle 11. «Per una festa in massima sicurezza - spiega una nota dell’organizzazione sul proprio profilo Facebook - in accordo col Comune di Rosignano Marittimo che dedicherà un' area vicina alle Spiagge bianche per il parcheggio degli autobus, Circo Nero organizza servizio pullman da ogni città della Toscana.  (vedi 2011)

Caro Andrea, ho letto, ho letto, vuol dire che ora sono tranquillo perché le centinaia di tonnellate inquinanti che ho mandato nel fosso io, si sono volatilizzate senza alcun danno, quindi state tranquilli e continuate pure. Resta però il fatto assai noto come ben sai, che l'analista trova se vuol trovare...

I Caraibi chimici più bianchi del sole
Spiagge bianche: migliaia di bagnanti davanti alla Solvay, dove le suggestioni tropicali convivono con la soda Una grande finzione da cartolina tra gli scarichi industriali e gli allarmi ambientali: foto, tintarella e metalli pesanti.
 Il paradiso tarocco inizia subito a sud di Rosignano Solvay. Il mare è di un bianco abbacinante, ma anziché latte è solo fango industriale mischiato ad acqua. La spiaggia rievoca i Caraibi, in realtà è solo il risultato della risacca che deposita a terra calcare e gesso residui della lavorazione chimica. La collinetta dà idea di una duna, però è un'ex discarica di rifiuti civili e di scarti di produzione, formalmente chiusa nel 1983 ma di fatto tenuta aperta fino al 1986 per evitare che i ratti invadessero l'abitato. Eppure in ogni weekend sulle spiagge bianche si riversano migliaia di persone, soprattutto giovani in cerca di una tintarella veloce e duratura. Mollano auto e moto negli spiazzi del Galafone e in quello vicino all’ex passaggio a livello. E con andatura stanca vanno a rosolarsi nel paradiso tarocco, dove in mare confluisce lo scarico industriale del più grande polo chimico dell’Italia centrale. E per questo, oltre che di sale, sa di sfida. Attraverso il Fosso Bianco, perennemente percorso da un fiumicello che sembrerebbe fatto di Nivea se non fosse tanto liquido, nel 2011 lo stabilimento Solvay ha sversato in mare 1449 chilogrammi di arsenico, 91 di cadmio, 1540 di cromo, 1868 di rame, 71 di mercurio, 1766 di nichel, 3218 di piombo, 15049 di zinco. Nel 2009 la procura di Livorno ha avviato un’indagine sul volume complessivo dei fanghi scaricati: a fine 2008 l’Arpat ne certificò 129mila tonnellate, più del doppio delle 60mila previste dall’accordo di programma del 2003. Nel 2010 le tonnellate furono 120mila, anch’esse depositate sui fondali coperti dai fanghi di decenni di attività industriale e pieni di metalli pesanti. Solo nel 2003 le tonnellate furono 200mila, più del triplo di quanto poi previsto nell’accordo, eppure più povere d’inquinanti pericolosi rispetto ai decenni precedenti, quando al posto delle celle a membrana nei circuiti produttivi si usavano quelle a mercurio. Ecco, le Spiagge bianche sono state generate dal polo chimico. Ciò nonostante vengono prese d’assalto senza che da qualche parte vi sia una scritta con qualcosa di essenziale, tipo: “In questo tratto di mare non esiste divieto di balneazione. Però c’è uno scarico industriale”. Basterebbe un po’ d’informazione in più. Gli unici cartelli sono quelli delle rotatorie, visto che persino sul sito www.costadeglietruschi.it (fatto dall’ex Apt), le Spiagge Bianche sono celebrate come un’attrattiva turistica e lo specchio di mare antistante decantato come cristallino: «Ci va tanta gente, il risultato delle analisi eseguite dall’Arpat le promuove come un sito a balneazione consentita», spiega Paolo Pacini, assessore provinciale all’ambiente. In effetti le cose stanno così, anche se c’è da dire che per legge gli unici parametri di cui si tiene conto per la balneabilità delle acque sono quelli fecali. E lì scarichi urbani non ce ne sono, benché in pochi chilometri vi siano concentrate l’ex discarica, le tubazioni Solvay, un serbatoio di etilene e il depuratore, il quale per un certo periodo di tempo ha scaricato dentro al Fosso Bianco: i prodotti clorati immessi nel fiume di latte finto avrebbero ucciso ogni cosa. Figuriamoci i batteri del depuratore. Nelle ultime settimane però non si è parlato di colibatteri ma di arsenico. Maurizio Marchi di Medicina democratica, dopo aver presentato una serie di esposti alla magistratura tra cui quello che ha prodotto l’inchiesta avviata nel 2009, ne ha presentato un altro: «È un luogo inquinato, usato per scaricare sostanze tossiche», ha scritto. Una premessa per chiedere che la spiaggia sia chiusa al pubblico senza limitarsi al divieto di balneazione entro la distanza di cento metri dalla foce del Fosso Bianco. Ma il sindaco Alessandro Franchi non ci sente: «Io devo attenermi gli esami dell’Arpat, che al momento sono in regola». E in effetti la quantità di arsenico riscontrata è al di sotto della soglia definita di rischio: alla confluenza tra il Fosso e il mare la concentrazione è inferiore di almeno un ordine di grandezza al limite di legge. La portata dello scarico è calcolata in 10mila metri cubi all’ora e la ragione del contendere, a Rosignano, sta qui: la legge contempla il parametro della concentrazione, non quello della quantità effettivamente sversata. Giacomo Luppichini, ex assessore all’ambiente, docente di biologia e ora consigliere comunale, ribadisce che a livello scientifico la contaminazione è accertata, almeno per quanto riguarda il mercurio presente in quantità nelle posidonie: «C’è persino uno studio del Cnr che mette in guardia dai rischi derivanti dalla nebulizzazione nelle giornate di vento - aggiunge Luppichini -. Per avere le idee chiare sull’interazione tra scarichi industriali e salute umana servirebbe un’indagine epidemiologica». Che non c’è, come conferma il dottor Marco Battaglini dell’Asl 6: «L’inchiesta è in corso e non posso anticipare i risultati del lavoro fatto da Asl e Arpat. Una cosa però è chiara: i risultati escludono rischi per la salute umana». Hanno tutti ragione. Per primi ce l’hanno i bagnanti: «Vengo qui perché mi abbronzo subito - dice una ragazza nello striminzito costumino rosso - Il sole batte sulla sabbia bianca e il riflesso ne amplifica l’effetto. In un giorno si diventa neri. I rifiuti industriali e l’ex discarica? Boh, cosa vuole che ne sappia...». Pure l’Arpat ha ragione: la legge prevede parametri e prescrizioni, non si può strafare. Ce l’ha il sindaco, che per impedire la balneazione ha bisogno del supporto delle analisi. Ce l’hanno gli ambientalisti, il cui ragionamento non fa una grinza: perché indirizzare i bagnanti verso una spiaggia alimentata dai rifiuti industriali? E infine hanno ragione i fotografi, che soprattutto d’inverno utilizzano le Spiagge bianche come scenario tropicale. Una finzione, s’intende, però fa lo stesso: è il risparmio che conta. E Solvay? L’inchiesta è iniziata nel 2009 e va avanti. Quando la fabbrica arrivò sul territorio, cent’anni fa, nessuno prendeva la tintarella né potevano prevedere che attorno alla sodiera sarebbe sorta una città. In tal senso neppure Solvay ha torto, benché nel tempo la coesistenza coi residenti si sia fatta difficile. I suoi tecnici stanno affinandosi nella dissoluzione dei solidi con l’acido, col proposito di valorizzare il composto chimico come materia prima nei cicli produttivi. Quando il procedimento sarà ottimizzato, per le Spiagge bianche sarà l’inizio della fine (di Antonio Valentini per "Il Tirreno" 8 luglio 2012)

‎...lo sanno tutti che è tutta inquinata quell'area, scemo chi ci va e chi fa pure il bagno! Simone Cuppoletti (FB)

Se era inquinata la chiudevano. Sara Giacomo (FB)

Gli unici parametri di cui si tiene conto per la balneabilità delle acque sono quelli fecali. E lì scarichi urbani non ce ne sono, benché in pochi chilometri vi siano concentrate l’ex discarica, le tubazioni Solvay, un serbatoio di etilene e il depuratore, il quale per un certo periodo di tempo ha scaricato dentro al Fosso Bianco: i prodotti clorati immessi nel fiume di latte finto avrebbero ucciso ogni cosa. Figuriamoci i batteri del depuratore. La Ilaria (FB)

Tutta salute !!! fate pure il bagno senza problemi !!! Daniele Mucci (FB)

Un grazie ad Antonio Valentini che riprende ed amplifica con altri mezzi per una più vasta platea, quanto andiamo inutilmente sostenendo dal 2002 (NdR)

Ma allora anche le zone li vicino sono inquinate. Non credo che a Castiglioncello ,Vada, non arrivi  nulla. Lorella Taccola (FB)

Chiaramente più ci si allontana dal punto di scarico del fosso industriale, più la situazione migliora, tuttavia è sempre prudente e fortemente consigliabile bagnarsi più lontano possibile e per essere chiari sono da evitare le aree comprese fra il pennello a sud e punta Lillatro. Tuttavia questi limiti variano secondo il vento e le correnti marine. Oggi con discreto scirocco da sud, anche l'area Canottieri è investita, e si vede bene dal colore biancastro del mare, da residui provenienti dallo scarico, che come non ci stancheremo mai di ripetere NON SONO SOLO SODA. Ecco quindi l'importanza di informare la cittadinanza al di la delle analisi ufficiali sempre discutibili e dipendenti dal luogo, dal modo e dal momento del campionamento, del rischio potenziale esistente in un'area di questo tipo.(NdR)

Quante volte abbiamo denunciato queste cose..inutilmente. Sembra quasi che non interessi a nessuno ed anche l'amministrazione si trincera dietro l'aridità delle cifre e delle leggi...e degli interessi economici. La Solvay, anche questo è ultra noto, ha sempre fatto il bello ed il cattivo tempo! Walter Botti (FB)

A me interessa solo che più gente possibile sappia, così come deve sapere e valutare il potenziale rischio cloro sempre attualissimo che come questo, non interessa a nessuno. Le autorità e la fabbrica fanno le loro politiche come sempre, ma la rete può dare una mano importante per la diffusione e la conoscenza di un rischio importante per la salute dei cittadini. Non si può più accettare che accada ancora, come raccontava giorni fa Paolo Pagnini che durante un suo recente giro fotografico al fosso bianco si è permesso di far presente ad una signora di far uscire il bambino dalla bocca del fosso, ottenendo la risposta: "ieh! ichhè vole che sia, l'he soda e me lo lava!!!" BASTA con questa ignoranza da popolo sottosviluppato, se le autorità hanno i loro alibi, noi non ne abbiamo, il "chi se ne frega" non rientra nel mio dna. Ringrazio anche i giornalisti de "Il Tirreno", Valentini, Rocchi, Bernardeschi, Moscadelli che periodicamente ripropongono l'argomento. Se di più non si può fare, facciamo almeno il possibile. (NdR)

Concordo su tutta la linea con i vari commenti ed in particolar modo con l'ultimo. La cosa che a me fa più pensare è il fatto che non solo si lascia la balneabilità di un tratto di costa da bollino rosso, ma lo si pubblicizza attraverso siti istituzionali (APT et similia) ed indicazioni turistiche con i cartelli stradali marroni. Quindi facendo una similitudine molto rozza si mette sullo stesso livello un sito industriale inquinato (chi dice il contrario lo fa in malafede secondo me) con un sito di interesse storico, architettonico o magari archeologico.  Paolo Montechiaro (FB)

Leggo l'articolo: VADA, VIAGGIO NEL MARE DEI PARADOSSI-I CARAIBI CHIMICI PIU' BIANCHI DEL SOLE. Si tratta a sproposito di scarichi Solvay citando arsenico, cromo, cadmio, rame mercurio, nichel, piombo, zinco citando quantità ben precise. Non sò se l'autore dell'articolo, tale Antonio Valentini, si sia affidato a notizie ricevute dal Marchi di MD, che viene pure citato, o abbia pubblicato dati reperiti da altre fonti. Il Marchi continua a lavorare per demolire una buona parte del lavoro di qualità rimasto nelle ns zone. Vogliamo chiudergli la bocca una volta per tutte o no ? Mi aspetto una presa di posizione da parte dell'Azienda per difendersi, ma soprattutto per difenderci e dire le cose come stanno. Bruno Grossi(FB)

Spiagge Bianche, una discarica dopo lo spettacolo. 
L’evento con il Circo nero ha lasciato sull’arenile migliaia di
bottiglie, pacchetti di sigarette e cartacce. Il Comune chiude l’accesso per permettere la pulizia. Migliaia di bottiglie, pacchetti di sigarette ovunque, decine di ciabatte infradito, magliette, cartacce, scheletri di gazebo. Le Spiagge bianche rischiano di rubare il primato a Scapigliato, storica discarica nel comune di Rosignano. Il day after al mega beach party di domenica restituisce uno scenario catastrofico. Arenile deserto e spazzatura ovunque. Ce ne vorrà per il rifare il make up ai Caraibi modellati dalla soda. Il Circo nero ha smontato il tendone all'alba di lunedì. La carovana è ripartita verso altri lidi: il divertimento non può aspettare. Clown e trampolieri si sono struccati e la musica è stata spenta. L'unica promessa è stata mantenuta: tutto finito entro le due del mattino. Sono arrivati in 30mila da ogni parte della Toscana, ma anche da fuori. Chi doveva lavorare è rientrato subito a casa, qualcuno ha preferito bivaccare fino alla mattina. E il risveglio non deve essere stato poi tanto diverso da quello di Pinocchio dopo la nottata nel Paese dei balocchi. Desolazione. Serviranno giorni per ripulire tutto l'arenile. Il sindaco Alessandro Franchi ha già firmato l'ordinanza: 36 ore di chiusura forzata per togliere la spazzatura dalla spiaggia e dalle dune. Diventeranno 48 se gli operai non riusciranno a restituire il litorale ai bagnanti. Serve una passeggiata per rendersi conto di cosa abbia lasciato il beach party di domenica. Il parcheggio a ridosso dell'Aurelia è vuoto. Ci sono solo due o tre auto: i turisti si sono arresi al vento e alla sporcizia. Oggi si sta a casa. Per terra, dentro i fossi, nei campi ci sono lattine di birra, borsine di plastica e tante bottiglie di vetro. Il Comune aveva vietato di introdurle in spiaggia. I più rispettosi se le sono scolate in un sorso davanti al punto di controllo, gli altri hanno preso sentieri alternativi e se le sono imbucate al party. Le hanno seminate dappertutto. Erano vietate pure le cannucce, ma ci sono anche quelle. "Il Tirreno"

Non capisco il perchè dare le autorizzazioni per simili eventi..... la festa se tale era, ha creato di fatto un luogo altamente fuori controllo per quanto riguarda situazioni di spaccio e di consumo di alcol in maniera veramente indiscriminata.... ci sono stato verso le due la notte , al momento che il tutto era appena finito ed ho visto un fiume di persone che mi hanno fatto ricordare il mitico film di ZOMBIE..... , poi tutti, sotto gli occhi delle forze dell'ordine presenti che vedevo in netta difficoltà nella gestire il traffico , si sono messi in macchina per cercare di tornare a casa o andare chissà dove a finire la nottata.... ma al di la di questo mio pensiero mi pongo un altra domanda..... perchè la nostra sangriata no? ...... il risultato del divertimento era lo stesso per i partecipanti, solo che alla fine di tutto i v...ecchi ragazzi del rugby Rosignano devolvevano parte del ricavato per acquistare mezzi alla pubblica assistenza..... hanno fatto smettere di fare questo per motivi di ordine pubblico, ha distanza di pochi anni ci troviamo il circo nero.... organizzato da non sò chi..... con i soliti risultati di migliaia di stonati che poi vagano per le strade di Rosignano cercando la via di casa ........ in sostanza vorrei sapere..... la sangriata no e il circo nero si? chi ha veramente degli interessi dietro? e perchè? e poi..... il territorio per questo evento è stato dichiarato sicuro da qualcuno? è stato davvero tutto in regola? oppure qualcuno chiude gli occhi a comando e fa finta di non vedere? chi ci guadagna veramente dietro tutto questo? La sangriata diventò poi la briaata...... ma a noi andava bene, ricordi? poi diciamo è degenerata..... e tutto sommato per me hanno fatto bene a toglierla.... troppo casino purtroppo..... ma il circo nero..... a chi serve davvero il circo nero? mi piacerebbe risposta esaudiente di chi conta....Maurizio Lami su "Il Tirreno"

Mi pare che il controllo sia mancato totalmente, il Sindaco poteva ricorrere al Prefetto per precettare i vigili...comunque, facendo la strada di accesso, sia di giorno che alle 22 si vedeva di tutto...e da due giorni scaricavano camion di birra e liquori. Inoltre, ci si lamenta per come è stata lasciata la spiaggia (che normalmente è piena di rifiuti)...ma quanti cestini ci sono alle spiagge bianche??? Penso che possiamo ritenerci fortunati se tutto è filato liscio...Certamente l'Amministrazione (perche con la A maiuscola si dovrebbe scrivere ma non lo merita) ha perso una buona occasione per gestire un evento importante. Cesare Baggiani su "Il Tirreno"

Troppa gente, mai più il beach party - Decisione del sindaco dopo il caos. Ma nel contratto con gli organizzatori non erano previsti tempi di pulizia - La Pro loco di Vada «No ai divieti servono controlli.
Il Circo nero il prossimo anno non monterà il tendone alle Spiagge bianche. Il beach party si ferma alla seconda edizione. Troppe 30mila presenze ai Caraibi rosignanesi. Secondo gli organizzatori di Stranomondo srl gli accessi avrebbero toccato quota 50mila. Ma il giorno dopo, quando da pista da ballo l'arenile è tornato una spiaggia, gli effetti devastanti si sono manifestati agli occhi di tutti: bottiglie seppellite dalla sabbia, pacchetti di sigarette e immondizia. Da lunedì il litorale è off limits: verrà riaperto oggi, quando si concluderà la pulizia a mano (quella dei mezzi meccanici si è conclusa ieri sera). L'autorizzazione firmata dal Comune imponeva la pulizia agli organizzatori. Niente penali, né tempi di lavoro indicati. Un patto tra gentiluomini. «Macché penali e penali. Non è un contratto - dice il sindaco Alessandro Franchi - i responsabili dovranno sistemare la spiaggia e basta». Ma chi garantisce che le Spiagge bianche torneranno all'antico splendore dopo che il vento ha seppellito e sparso rifiuti per tre giorni? E lo sporco finito in acqua? Qualcuno parla già di danno ambientale. «Che devo dire? Abbiamo emesso un'ordinanza - sbotta Franchi - se la guardia costiera riterrà che il litorale è ancora sporco chiederemo ai responsabili di tornare al lavoro. Il problema sono stati gli accessi. Troppi. Abbiamo bisogno di pensare ad altri eventi che richiamino meno persone». Chi ha traghettato domatori e ballerine in spiaggia non ci sta a vedersi accollare le responsabilità di una serata che è andata fuori controllo. «È doveroso comprendere e scusarsi dei disagi incontrati dai cittadini della zona per il traffico - scrivono gli organizzatori - e l’impossibilità di usufruire della parte di spiaggia occupata dalla festa per effettuare le pulizie. Ma il programma della ditta privata e di quella legata al Comune ha dovuto subire dei ritardi per una causa inaspettata non preventivabile: il maltempo e il forte vento». Dopo le scuse, gli attacchi: per la vendita degli alcolici da parte di abusivi e per lo sciopero dei vigili. «L'ordinanza del sindaco - scrive Stranomondo - vietava l'ingresso alla festa di venditori di alcolici abusivi ma poi ci chiediamo come mai c'erano, e in massa, e organizzati, vendendo alcolici in bottiglie di vetro». E poi, il carico: «Pensate che all'estero possa succedere che in occasioni così importanti per la città ci possa essere uno sciopero dei vigili urbani?». «Se i venditori abusivi sono entrati alla festa - replica Franchi - significa che ci sono state delle falle nei controlli. Non è colpa nostra. E sullo sciopero dei vigili posso solo dire che anche l'amministrazione l'ha subìto. È il prefetto che ha scelto di non precettarli e coinvolgere la questura». «Era prevedibile che dopo una iniziativa di spettacolo come il Circo Nero che ha convogliato alle Spiagge Bianche migliaia e migliaia di giovani, ci fossero le discussioni e le polemiche del giorno dopo tra chi e’ favorevole a tali eventi e chi e’ contrario». Esordisce così Roberto Creatini (nella foto), presidente della Pro Loco di Vada, che poi spiega il suo punto di vista sul beach party. «È naturale - spiega - che un evento che raccoglie dalle 30.000 o forse piu’ presenze in un’area cosi’ aperta, porti a qualche problema di organizzazione anche per i due giorni successivi all’evento (spazzatura, pulizia spiaggia, traffico) ma e’ anche vero che tali eventi, se correttamente sviluppati sul territorio, sono anche un forte richiamo turistico». Insomma secondo il presidente della Pro Loco vadese «il problema non si risolve semplicemente vietando da ora in poi dette manifestazioni, ma semmai si tratta di controllarle meglio. La scelta dei vigili di scioperare proprio quel giorno non e’ certo stata delle piu’ apprezzate da parte della cittadinanza». (Rino Bucci "Il Tirreno 25/7/12)

Dal Sindaco Alessandro Franchi alcune precisazioni e considerazioni sull'evento "Circo Nero" alle spiagge bianche di Vada.
“Considerato quanto detto e scritto negli ultimi giorni sull'evento "Circo Nero" alle spiagge Bianche ritengo necessarie alcune precisazioni e considerazioni. Non ho mai parlato di“falle nei controlli” e per quanto riguarda la questione dell’assenza della Polizia Municipale, premesso che il diritto di sciopero è un diritto garantito dalla Costituzione, ho spiegato che il soggetto che può precettare in caso di sciopero è il Prefetto. In questo caso il Prefetto, che sulla questione mi ha interpellato più volte e con il quale abbiamo concordato il da farsi, ha ritenuto, giustamente a mio avviso, che non fosse il caso di procedere con la precettazione in quanto con la presenza delle altre forze dell’ordine sarebbe stato possibile sopperire alla mancanza degli agenti della Polizia Municipale. Non è vero inoltre che non siano stati previsti dei tempi di pulizia. Così come lo scorso anno, era a carico degli organizzatori la pulizia della spiaggia, essendo questa una delle condizioni previste per il rilascio dell’autorizzazione. La pulizia della spiaggia è quindi iniziata alle 5 del mattino e avrebbe dovuto concludersi entro le ore 9 per consentire l’uso da parte dei bagnanti. Il forte vento ha però impedito ai mezzi meccanici di procedere celermente con il lavoro e dunque è stata necessaria l’ordinanza di chiusura per evitare la promiscuità tra i mezzi in movimento ed i possibili avventori della spiaggia. Ieri, durante tutto il corso della giornata, i mezzi meccanici sono stati a lavoro e, secondo quanto ci ha riferito la Guardia Costiera, che questa mattina ha effettuato un sopralluogo, oggi i mezzi non sono presenti perché hanno completato il proprio lavoro. Sono ancora in spiaggia alcuni addetti che manualmente stanno rimuovendo gli ultimi residui. Approfitto dell’occasione per una considerazione. Premesso che le polemiche del giorno dopo sono noiose, vorrei sottolineare che è inevitabile che un evento da 30mila persone crei del caos. Nonostante questi numeri giganteschi, troppo grandi a mio avviso per le spiagge bianche, tutto è andato bene. E questo grazie al lavoro di organizzazione che è stato svolto nelle settimane precedenti e allo straordinario impegno messo in campo da tutte le forze dell’ordine presenti per tutto il giorno. Così come straordinario è stato il lavoro dei tantissimi volontari della Pubblica Assistenza di Rosignano che hanno presidiato la festa. Per il futuro ritengo chele spiagge bianche possano essere utilizzate per attività di intrattenimento e di spettacolarizzazione a patto che i numeri siano sostenibili. Si tratta di non esagerare con le presenze per non mandare in stress il territorio e garantire il massimo della sicurezza per tutti”. (CRM)

Voglio chiarire senza filtri di nessuno la mia posizione. In questi giorni si fa un gran parlare di Circo Nero. Chi è a favore, chi contrario e giù le solite polemiche dei soliti commentatori del giorno dopo che non sono mai contenti qualunque cosa venga fatta. Lo spettacolo di musica, giocolieri e mangiafuochi non è male; complessivamente, l'organizzazione ha funzionato, nonostante le presenze di decine di migliaia di persone - salvo qualche episodio - non è successo niente di particolare; le forze dell'ordine impegnate e i volontari della Pubblica Assistenza di Rosignano (ovviamente con compiti diversi) hanno fatto un lavoro straordinario; il pattume lasciato è né più né meno quello di altre manifestazioni che hanno un pubblico simile e comunque la pulizia della spiaggia era a carico degli organizzatori; la stragrande maggioranza di ragazzi è andata lì per divertirsi, stare con amici e ascoltare musica. Allora dove sta il problema? Nell'eccessivo numero di persone presenti. Quella zona non ce la fa a sopportare 30/40mila presenze tutte insieme contemporaneamente, con la viabilità a rischio stress, i parcheggi non sufficienti e le condizioni minime di sicurezza che non sono garantite per tutti. Quindi, se si vogliono utilizzare le spiagge bianche per organizzare eventi, occorre pensare a iniziative che siano più compatibili con il luogo. Evitando, se possibile, noiose polemiche! Alessandro Franchi (FB)

In consiglio comunale stiamo discutendo sulla manifestazione del CIRCO NERO. Personalmente sono contraria a queste manifestazioni affrontate in modo superficiale sia per quanto riguarda la sicurezza che la legalità. ABBIAMO FERMATO LA SANGRIATA APPELLANDOCI ALLA SICUREZZA CHE AVEVA UN TRASPARENTISSIMO RITORNO SOCIALE E CONSENTIAMO UNA FESTA CHE PORTA SOLDI IN TASCA SOLO AGLI ORGANIZZATORI con spese aggiuntive per ripulire le spiagge, rischi e brutti episodi. Angela Porciani

Chiudiamo l'argomento x quanto ci riguarda: si facciano tutti i circhineri e affini che vogliamo, ma non davanti a 500 tonnellate di mercurio, tralasciando il resto. Ci sarà un'altra area disponibile senza inquinamento, nel terzo comune per estensione (120,24 kmq) della Provincia? E' chiedere troppo? (NdR)

2013 la cronaca non si ferma

A marzo 2013, meglio tardi che mai:
Addio Circo Nero. Stop alle feste di notte sulla spiaggia. In approvazione il regolamento di gestione del demanio. L’assessore: «Vietati eventi dopo le 21, preservare l’habitat». No all’utilizzo per pubblicità violente. «ARENILI» GIRO DI VITE DEL COMUNE.
Con il nuovo regolamento, se approvato, scatteranno limitazioni anche per i servizi fotografici e le riprese televisive, per cui spesso vengono utilizzate le Spiagge bianche. «Prima di tutto - dice l’assessore - abbiamo deciso di escludere i mesi di luglio e agosto per questo tipo di concessioni. Inoltre, per il resto dell’anno, abbiamo deciso di non dare più di due autorizzazioni contemporanee e non autorizzare riprese e foto che pubblicizzano armi, alcol, fumo e gioco d’azzardo o abbiano messaggi di tipo razzista o pornografico».
Addio Circo Nero alle Spiagge bianche. Stop a feste, musica e balli sull’arenile tra il Lillatro e Vada. Come del resto su tutte le spiagge del territorio rosignanese. Il coprifuoco per eventi lungo la battigia è stabilito alle 21, orario dopo il quale gli arenili dovranno essere liberi. A meno che la festa in questione non venga patrocinata direttamente dall’amministrazione, che quindi si rende responsabile di una precedente valutazione complessiva dell’evento. Questo stabilisce il regolamento di gestione del demanio marittimo, che l’assessore Margherita Pia porta oggi in consiglio comunale per l’approvazione. Un documento che è stato dibattuto per molti mesi e che prevede numerose novità rispetto al vecchio regolamento, ormai datato (risale al novembre del 2002). Diciamo subito che l’amministrazione locale ha deciso per la linea del rispetto dell’habitat marino, limitando il sovrautilizzo della fascia costiera demaniale. Niente feste sulla spiaggia. L’organizzazione delle manifestazioni temporanee sugli arenili è stata il motivo del ritardo nell’approvazione del nuovo regolamento demaniale. «Abbiamo cercato di sviscerare - spiega l’assessore Pia - tutte le possibili situazioni individuabili come eventi sulla spiaggia. Alla fine è emerso che tali iniziative devono preservare l’ecosistema marino». Quindi il Comune, sulla base del regolamento che viene votato oggi dal consiglio comunale, avrebbe deciso di «non autorizzare eventi che comportino movimento di sabbia o inquinamento». Pensando a eventi sugli arenili, viene subito in mente la maxi festa organizza l’estate scorsa dal Circo Nero. All’evento parteciparono migliaia di persone e la mattina seguente le Spiagge bianche si risvegliarono colme di rifiuti, tanto che il sindaco fu costretto a interrompere la balneazione per permettere la pulizia della sabbia. Ecco, sulla base del nuovo regolamento di gestione del demanio marittimo, ciò non potrà più accadere. «Su arenili e scogliere - precisa l’assessore - non vengono consentiti eventi oltre le 21, a meno che l’iniziativa non sia patrocinata dal Comune (il Circo Nero non lo era, ndr), e quindi ci sia una valutazione politica dettagliata precedente all’iniziativa». Solo sei autorizzazioni per venditori ambulanti. «Negli anni passati - dice ancora Pia - sulle spiagge c’era un invasione di ambulanti con carrelli elettrici (l’anno scorso erano state date 15 autorizzazioni). Ciò ha comportato numerose lamentele da parte dei cittadini». Ecco perché il nuovo regolamento prevede che ogni anno, prima dell’estate, siano messe a bando un totale di sei autorizzazioni per rivendite ambulanti con carrelli elettrici (in genere gelatai e commercianti di bibite e panini). Nel dettaglio, le autorizzazioni previste sono 3 per le Spiagge bianche, 1 a Pietrabianca e 2 in zona Mazzanta. «Non vogliamo certo smorzare - termina l’assessore - lo slancio imprenditoriale, ma è fondamentale tutelare l’habitat. Non dimentichiamo che i turisti vengono nelle nostre zone perché l’ambiente naturale rappresenta ancora un’attrattiva importante».

Feste sulle spiagge Comune nel mirino del popolo della notte. L’assessore Agostini precisa: «Limitazione alle 21 solo per eventi non patrocinati, gli stabilimenti non sono inclusi». Cambiano le regole musica e balli fino alle 2 di notte.
Musica dal vivo e serate danzanti fino a tarda notte. Certo, solo per prestabiliti periodi dell’anno. Perché se fino ad oggi l’ora x per staccare le spine degli amplificatori erano le 1 di notte, da questa estate il coprifuoco verrà posticipato almeno di un’ora. Non tutte le sere. Il Comune, con l’intenzione di incentivare l’organizzazione di eventi e serate, ha infatti in programma di individuare alcuni periodi dell’anno in cui la musica potrà risuonare nei locali e nelle piazze anche fino alle 2 (in realtà c’è da stabilire se il nuovo limite orario saranno le 2 o le 3 di notte). «Finora si trattava di deroghe specifiche - dice l’assessore al turismo Luca Agostini - per un giorno, a parte Ferragosto per cui non è prevista neppure una deroga, nel senso che è chiaro che si tratta di una nottata particolare. In futuro individueremo certi periodi dell’anno, per esempio le vacanze pasquali, la settimana intorno al Ferragosto, le notti colorate, tutte le vacanze natalizie, in cui gli eventi organizzati in piazza o nei locali potranno andare avanti almeno fino alle 2». Il Comune conta di approvare il regolamento entro fine aprile, quindi renderlo operativo già per la prossima estate.
«La restrizione oraria per l’organizzazione di eventi sulle spiagge si riferisce esclusivamente alle zone pubbliche. In realtà, se pensate secondo criteri condivisi dall’amministrazione, di feste estive in riva al mare ce ne saranno». Parola di Luca Agostini, assessore al turismo. Tanto è vero che il Comune ha già ricevuto numerose richieste (Agostini parla di quattro) per autorizzare, durante la prossima estate, eventi sulle spiagge libere della costa. Lo garantisce l’assessore, che risponde alle molte polemiche sulla decisione del Comune di negare i party sul mare dopo le 21. «Qualsiasi attività di intrattenimento sulle aree in concessione - dice Agostini -, ossia gli stabilimenti, non ha alcune limitazione oraria». Agostini, come del resto l’assessore alla programmazione del territorio Margherita Pia, ripetono che i beach party saranno vietati dopo le 21 soltanto se non avranno il patrocinio del Comune. Ciò non significa, insomma, che il Comune voglia bloccare le occasioni di divertimento sul territorio. Anzi, l’intenzione è quella di gestirle al meglio. «Dato che le feste sulle spiagge libere - prosegue Agostini - sono cose delicate, abbiamo previsto che normalmente le attività di intrattenimento devono terminare alle 21. Ciò non significa che oltre quell’orario non si possa prevedere un evento sugli arenili demaniali, basta che i soggetti organizzatori condividano il programma e la gestione con il Comune». Una precisazione, quella degli amministratori, che viene dopo una serie di polemiche sulla scelta del Comune di stabilire un coprifuoco - le 21, appunto - per le feste in riva al mare. Quanto al passato, ossia la festa che il Circo Nero ha organizzato l’estate scorsa alle Spiagge Bianche e che la mattina seguente, a causa dei rifiuti presenti sulle dune, ha costretto il sindaco Franchi ha interdire l’utilizzo dell’area ai bagnanti, Agostini e Pia spiegano che eventi del genere possono anche essere previsti. «Purché gli ideatori - dice Agostini - chiedano il patrocinio per l’evento. Il Circo Nero non lo aveva richiesto, ma era un evento condiviso con il Comune, all’inizio era stato creato un tavolo di regia con le forze dell’ordine. Il problema è che è mancata una regola sull’obbligatorietà della pulizia». Proprio per garantire la pulizia degli arenili in caso di party sul mare (ovviamente patrocinati dal Comune), l’amministrazione ha deciso di inserire nel regolamento delle aree demaniali una norma che chiarisce come gli organizzatori debbano lasciare una fideiussione al Comune, che si riserva di usare quei soldi per pulire le zone nel caso in cui gli stessi organizzatori non si occupino del ripristino della pulizia. «Non neghiamo a nessuno - dice l’assessore Pia - la possibilità di fare feste, semplicemente la richiesta dovrà arrivare al sindaco con una richiesta patrocinio. Il sindaco la vaglierà e se verrà ritenuta valida verrà approvata dalla giunta, con una normale delibera di iniziativa. In questo modo abbiamo pensato di tutelare cittadini e chi fa turismo e anche l'ambiente». (Anna Cecchini per Il Tirreno del 14/3/2013)

               Regolamento manifestazioni temporanee - Art. 22
1. Sono autorizzate l’occupazione e l’uso di aree libere, ancorché non concessionabili, per manifestazioni di carattere temporaneo quali feste, manifestazioni sportive o culturali, iniziative di intrattenimento o ricreative, mercatini, etc. che prevedano o meno l’installazione di strutture di facile rimozione.
2. Al medesimo richiedente sono autorizzate una o più iniziative purché la durata massima complessiva delle stesse non superi i 15 giorni nell’arco dell’anno solare, comprensiva dei tempi per l’allestimento e la rimessa in pristino dello stato dei luoghi.
3. Uno specifico ambito demaniale non può essere occupato dalle manifestazioni di cui al primo comma per un periodo complessivo superiore ai 75 giorni nell’arco dell’anno solare.
4. Durante la stagione balneare, se le manifestazioni si svolgono su arenili e/o scogliere, la durata massima delle stesse non può essere superiore ai tre giorni.
5. Salvo quanto previsto dal successivo comma, non è consentito lo svolgimento di manifestazioni su arenili e/o scogliere che si protraggono oltre le ore 21:00.
6. Alle manifestazioni che hanno il patrocinio di questo Ente ed ai mercatini, non si applicano le limitazioni temporali di cui ai commi 2, 4 e 5. In ogni caso la durata di ogni singolo evento non potrà essere superiore ai 30 giorni.
7. Al fine di preservare e salvaguardare l’ecosistema marino, non sono autorizzate quelle manifestazioni o eventi sportivi che:
a) comportino movimentazione di sabbia;
b) presentino un potenziale rischio di inquinamento dell’arenile e/o dello specchio acqueo.
8. Non è consentito lo svolgimento di mercatini ed altre attività lucrative su arenili e/o scogliere.

PDL all'attacco: «Regole assurde, così il Circo nero esce dalla porta e rientra dalla finestra».
Questa la convinzione di Maria Grazia Angeli, consigliera del Pdl, sulla vicenda del regolamento del demanio pubblico. «I nostri amministratori si sono arrogati la facoltà discrezionale di riempire il contenuto del regolamento demaniale con modalità che potrebbero, caso per caso, facilmente sfociare nel clientelismo, il concetto di "invasivita". Imperterriti sono andati avanti, di fatto riconoscendo agli sperimentati effetti delle feste (carenza di sicurezza, sporcizia, chiusura delle aree, danno all'ambiente e al territorio), legittimando una questione che è di per sé, dannosa, incapace di recare risultati socialmente ed economicamente utili e portatrice invece di effetti intollerabili, in termini di libera fruibilità dell'arenile, di sicurezza, di rispetto dell'ambiente». Secondo la consigliera del Pdl «è evidente come il Comune e gli assessori di competenza non abbiano esitato a sacrificare i veri e generali interessi dei cittadini e dell'economia locale, all'esclusivo vantaggio di alcune particolarità, quelle che, dagli eventi temporanei traggono enormi guadagni». Secondo Angeli «il limite orario delle 21 (comunque incomprensibile, in quanto se facilita il superamento della questione relativa alla sicurezza, in nulla risolve quello primario dell'accumulo della sporcizia), con le nuove norme si permetterà, alla sola condizione di condividere programma e gestione, la facoltà di organizzare eventi sugli arenili demaniali, anche oltre l'orario imposto». Infine «in conseguenza delle decisioni dell'amministrazione, quindi, seppure, come opposizione costruttiva ed attenta, non possiamo non denunciare la faziosità e l'arroganza di scelte che appaiono non solo irrispettose del grave disagio che cittadini, commercianti e turisti torneranno a subire, ma anche ben poco diverse da quelle che hanno legittimato gli eccessi del Circo nero». Il Tirreno 31 marzo 2013.

      Scarichi abusivi, Solvay sotto accusa - I fanghi annacquati per diluirne la concentrazione - Indagati il direttore uscente e altri quattro ingegneri.
Quattro anni di indagini, due consulenze, un numero imprecisato di analisi, campionamenti, sequestri. Quattro anni di lavoro sottotraccia per arrivare a un risultato storico: la Solvay ha ammesso che sì lo stabilimento chimico di Rosignano non stava facendo le cose in regola, al contrario del mantra ripetuto da direttori e dirigenti che si erano succeduti negli anni. Tanto da richiedere il patteggiamento alla Procura e accettare, per averlo, di realizzare un piano anti-inquinamento tra i sei e i dieci milioni di euro. Ora il direttore uscente Michèle Huart e altri quattro ingegneri della Solvay, sono indagati dalla Procura dopo gli accertamenti eseguiti dal reparto aeronavale della guardia di finanza, dall'Arpat e grazie a una doppia consulenza tecnica. Gli accertamenti avrebbero dimostrato l'esistenza di 4 punti di scarico non conosciuti da chi (Arpat) doveva eseguire i controlli e la consuetudine, vietata dalla legge, di annacquare i fanghi in modo da aggirare i parametri.Insomma, l'inquinamento delle caraibiche Spiagge bianche sarebbe stato dimostrato. Fin qui l'unica cosa mai messa in dubbio era il volume dei fanghi industriali scaricati in mare. Ma, si diceva, quei fanghi contengono solo carbonato di calcio, sono innocui come gusci di conchiglie. E allora pazienza se l'azienda non aveva rispettato gli impegni dopo aver firmato, nel 2003, un accordo per la riconversione ecologica della fabbrica. Con quell'accordo da 57 milioni (di cui oltre 17 a carico delle amministrazioni pubbliche) firmato con Comune, Provincia, Regione, ministeri dell'Ambiente e delle Attività produttive, l'azienda si era impegnata a sostituire le vecchie celle a mercurio dell’elettrolisi con quelle a membrana e a ridurre gli emungimenti di acqua di falda attraverso il riciclo delle acque reflue dei depuratori di Cecina e di Rosignano. Solvay rispettò solo questi due punti dell'accordo ma non quello sui fanghi: avrebbe dovuto ridurre la quantità di solidi sospesi scaricati in mare dal fosso bianco fino alla loro totale eliminazione. Nel 2003 ne scaricava 200mila tonnellate all'anno, tonnellate che nel 2008 avrebbero dovuto essere 60mila e invece furono 129mila.Che quei fanghi fossero troppi era pacifico. Che fossero non esattamente innocui lo avrebbe accertato la Procura. L'inchiesta fu aperta nel settembre 2009. Qualche mese dopo il sindaco Alessandro Franchi estese il divieto di balneazione dove sfocia il fosso bianco. Il sostituto procuratore Rizzo si rivolse a un pool di ingegneri chimici di Milano. Fioccarono le reazioni politiche, con interrogazioni in Regione. Quando sembrava che l'inchiesta potesse arenarsi, Medicina democratica ne chiese una nuova. Non ce ne è stato bisogno. La prima perizia fu seguita da una seconda consulenza, affidata all'ing. Albino Tussi: non un fervente ambientalista ma un professionista che lavora nel mondo dell'industria. Le sue conclusioni e le sue obiezioni mosse nei vari incontri con l'azienda non avrebbero incontrato ostacoli. Anche perché Arpat e finanzieri avrebbero scoperto che le cose in Solvay funzionavano in modo scorretto. Fino ad allora i controlli di routine - pure affidati ad Arpat - erano stati eseguiti nello stesso punto di scarico, dove il fosso bianco sfocia in mare. O eccezionalmente a pie’ di impianto per la sodiera. Ma dagli accertamenti sarebbero emersi altri quattro scarichi abusivi. Questi e il sistema della diluizione sono ritenuti la chiave di tutto: la dimostrazione che Solvay avrebbe violato le disposizioni anti-inquinamento. Così Rizzo ha chiuso le indagini, notificando il 415 bis alla Huart e agli altri. I legali di Solvay hanno chiesto di patteggiare: ammissione "storica". Storica e niente affatto scontata. La Procura ha posto alcune condizioni: bonificare, poi cambiare registro. L'azienda (che abbiamo contattato ma che al momento ha scelto di non commentare) ha cominciato un percorso del genere. Ha cessato di diluire gli scarichi. Ha realizzato una saracinesca a sbarramento del fosso in modo da evitare che sostanze come l'ammoniaca finiscano in mare, convogliandole in vasche di contenimento. Sta lavorando intorno alla sodiera e ha avviato un processo pilota per definire portate e composizione dei fanghi.Tutti questi adempimenti sono al centro di una verifica del consulente della Procura. A giorni il suo lavoro dovrebbe essere concluso: convinto lui, si potrà patteggiare. Ma non è finita. C'è una scadenza, il 2015: se tra due anni i controlli dovessero bocciare ancora Solvay, la magistratura passerebbe ai sequestri. E tutti sperano di non arrivare a questa Ilva 2. Di Alessandro De Gregorio Il Tirreno 4/6/13.

Quel litorale così bello e avvelenato.
C’è da chiedersi come reagiranno gli amanti della tintarella (vera) da spiaggia esotica (falsa) che frequentano il più curioso paradosso ambientale della costa tirrenica: le Spiagge bianche. Meravigliose a vedersi, con quel mare turchese e quella sabbia così bianca che par di essere ai Caraibi, le Spiagge bianche sono nate su una discarica e devono quel caratteristico colore agli scarti di soda della Solvay. Cioè ai fanghi industriali. Quelle particelle di carbonato di calcio da anni finiscono in mare e vengono depositate sulla spiaggia dalla risacca. Ma cosa c’è insieme al carbonato? E perché non mettere cartelli informativi per avvisare la gente che quel bianco latteo non è poi così naturale? Le richieste finora sono cadute nel vuoto. Il sindaco ha sempre risposto che, in base ai dati Arpat in suo possesso, non risultava alcun inquinamento e pertanto non era il caso di fare allarmismo. Ora l’inchiesta della procura cambia le carte in tavola. Ma paradosso erano e paradosso rimangono, le Spiagge bianche: giorni fa alcuni ricercatori, per dimostrare gli effetti nocivi del fumo passivo anche all’aperto, hanno scelto una location. Indovinate quale... Alessandro De Gregorio Il Tirreno 4/6/13.

Spiagge meno bianche: il giallo della balneazione - Il sindaco di Rosignano prende tempo: pronto a vietare i bagni se sarà necessario La Solvay: la magistratura non ci ha mai contestato scarichi idrici abusivi.
La notizia della Solvay messa in scacco dalla Procura ha reso un po' meno bianche le spiagge finto-caraibiche che accolgono i fanghi industriali dello stabilimento chimico. Ci si interroga su quel pallido divieto di balneazione ristretto ai duecento metri intorno al fosso bianco, e più in generale sulle concessioni dell'azienda belga sul territorio. Il sindaco Alessandro Franchi però prende tempo, dice che è pronto anche a chiudere le Spiagge bianche ma solo in presenza di fatti concreti. Finora gli unici segnali sono usciti dalla Procura, con la chiusura di un'indagine durata quattro anni e che ha costretto - per la prima volta nella storia - la Solvay a chiedere il patteggiamento per la direttrice uscente Michèle Huart e altri quattro dirigenti. Ieri ha parlato anche l'azienda. Non attraverso i legali dello studio milanese Bolognesi ma con un comunicato. Nella nota non si fa riferimento né alla richiesta di patteggiamento - tuttora sospesa in attesa che il consulente della procura verifichi il rispetto delle prime prescrizioni imposte dal sostituto Giuseppe Rizzo - né agli indagati. Ci si concentra piuttosto sulla semantica: «Non esistono, non sono mai esistiti né ci sono mai stati contestati da parte delle autorità giudiziarie scarichi idrici abusivi». In effetti, notizia già nota, i punti dove Arpat non ha mai eseguito i campionamenti erano quelli dove il depuratore cittadino era stato allacciato al fosso bianco. Qui, attraverso tubi di 70 centimetri di diametro, il reparto aeronavale della Guardia di finanza ha accertato che il Comune prima e Asa poi facevano confluire le acque bianche e nere. Compresi quindi i reflui dell’impianto di depurazione. Anche quelli finivano in mare insieme ai fanghi industriali che contribuivano in qualche modo a diluire. «Gli accertamenti giudiziari in corso riguardano unicamente la gestione dei correnti punti di scarico dello stabilimento - aggiunge l'azienda - Non vi è stato mai alcun tentativo di aggiramento dei controlli degli enti preposti. La gestione dei solidi sospesi presenti negli scarichi idrici non ha alcuna pertinenza con gli accertamenti giudiziari in corso; tale gestione risponde ed è normata da specifiche autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti. Si ribadisce peraltro la non tossicità di tali sedimenti, come riportato anche da un'indagine eco-tossicologica condotta nel 2011 dagli enti di controllo». «A integrazione di azioni specifiche già completate dall'azienda nel trattamento degli scarichi idrici dello stabilimento - conclude la multinazionale - nell'ambito del procedimento giudiziario tuttora in corso, sono state inoltre individuate delle azioni di ulteriore miglioramento che Solvay si è impegnata a perseguire, nel quadro della sostenibilità ambientale delle proprie attività industriali e dei principi di sviluppo sostenibile promossi dal gruppo». Da un’accurata verifica, risulta che quelle prescrizioni siano state ordinate dalla Procura proprio come condizione per accogliere la richiesta di patteggiamento dell'azienda, e che rientrino in un piano complessivo da circa dieci milioni il cui ulteriore test è già fissato nel 2015. In altre parole, la magistratura ha ordinato misure immediate (pare che Solvay abbia già speso cinque milioni per le prime bonifiche) dando due anni di tempo per cambiare registro. In caso contrario potrebbero scattare i sequestri. Insomma, una situazione in prospettiva molto simile all'Ilva di Taranto. E così da una parte si temono ripercussioni occupazionali, considerando che si sta parlando di un polo industriale che dà lavoro a circa 900 persone tra dipendenti diretti e ditte di appalto. Dall'altra parte ci sono i timori legati all'ambiente e alla salute. Perché il mercurio non viene più usato ma in fondo al mare ce ne sono ancora 400 tonnellate. Perché si continuano a scaricare centinaia o migliaia di chili di arsenico, cadmio, cromo, nichel, piombo, zinco, fosforo, cloro. E non è un caso se per fine anno - anche questa una decisione storica- è stata prevista un’indagine epidemiologica sulla popolazione. Alessandro De Gregorio Il Tirreno 5/6/13.

I CARAIBI CHIMICI - CHIAREZZA DA SOLVAY E COMUNE - Divieti INSUFFICIENTI - Perché non impedire la balneazione dalla foce del Fine al Lillatro?
Chiarezza sulle spiagge bianche. A partire dall'indagine eco-tossicologica del 2011 fatta dagli enti di controllo sui sedimenti sversati in mare. Ad essa Solvay fa riferimento, senza però renderne noti i contenuti. È utile che lo faccia. E il Comune di Rosignano spieghi la situazione ai bagnanti, evitando che giungano ignari e soddisfatti nel paradiso tropicale più finto del Mediterraneo. In caso contrario, sempre il Comune la racconti com’è: «Cari signori, l'Eden è un'altra cosa. Davanti a voi avete il risultato di decenni di scarichi in mare, sfogo di uno stabilimento chimico che si è preso una bella fetta di ambiente, dando però in cambio lavoro e benessere. Non è questo il luogo dove stabilire se il gioco sia valso la candela, men che meno però è il luogo dove stendersi a prendere il sole e fare il bagno. Infatti qui sono scaricati i materiali di risulta del polo chimico, tra cui arsenico, cadmio, cromo, rame, mercurio, nichel, piombo, zinco… Il nostro consiglio è di spostarvi altrove, ma se proprio desiderate questa spiaggia, sappiate che si tratta di Caraibi chimici. Quelli veri sono tutt’altro». Invece, è prevedibile, nessun cartello di avvertimento sarà installato sulla strada sabbiosa che costeggia l'ex discarica, fino a trent'anni fa ricolma di rifiuti fumanti. Un'omissione per nulla mitigata dal granchio preso dall'Istituto tumori di Milano, che proprio lì ha girato uno spot sui danni provocati dal fumo di sigaretta in riva al mare, tralasciando quelli causati dall'esposizione ai metalli pesanti o dall'inalazione dell'aerosol che si spande nei giorni ventosi. Ora che la magistratura ha concluso un’indagine lunga e difficile, l’ipotesi si è trasformata in tesi: le spiagge bianche, per la presenza di uno scarico industriale, sono pericolose alla salute. È bene evitarle, non andarci, cancellare il toponimo dalle cartine geografiche. Tanto più che a decretare la balneabilità sono solo i parametri organici, non quelli derivanti dai processi di lavorazione del grande insediamento. Ciò nonostante, il sindaco farebbe bene non solo a mettere un cartello informativo, ma ad aggiungervi un divieto di balneazione a raggio ben più ampio dei miseri 100 metri dello scorso anno, distanza di per sé irrisoria rispetto alla portata del problema. Perché se è evidente che il polo chimico dà lavoro e benessere, è altrettanto logico che la zona sarebbe da considerarsi industriale a tutti gli effetti, nonostante l’assenza di reticolati. Che le spiagge bianche siano il frutto degli scarichi Solvay e che da decenni se ne discuta, è arcinoto. Però mai si è affrontato il problema di petto. Anzi, si è fatto il contrario, in nome dello sviluppo multipolare: la grande fabbrica chimica e il turismo di qualità, la doc del vino e la discarica, gli agriturismi e i serbatoi di etilene e di cloro, il porticciolo di Castiglioncello e il pontile Solvada… Il territorio, insomma, è stato trasformato in un grande murale messicano, in cui Pancho Villa e i suoi caballeros cavalcano in mezzo alle cadillac dei ricchi americani, inseguiti da plotoni di conquistadores. Solo in nome dello sviluppo, che pretendeva di essere vorace, alle Morelline ci sono dei cartelli indicatori per le spiagge bianche? E lasciamo perdere i siti web dei privati, come turismo.intoscana.it («Le spiagge bianche di Vada si aprono su un mare cristallino») e terredeglietruschi.it («Il motivo per cui Rosignano è una località diventata famosa va ricercata nella particolarità delle spiagge bianche, quasi come ai tropici»). Se in caso qualcosa di diverso ci si aspetterebbe da quelli para-istituzionali. Ad esempio costadeglietruschi.it, raggiungibile dal sito della Provincia di Livorno: «Tipologia: sabbia fine bianca. Fondale: sabbia fine bianca». La conclusione: «Spiaggia di sabbia bianca e mare cristallino…». Sebbene la verità abbia mille facce, stavolta ne ha una sola: quello è un paradiso tropicale farlocco. Pericoloso. Va detto, scritto e ripetuto. L’unico modo per ridurre il rischio, è un divieto di balneazione dalla foce del Fine al fosso di presa del Lillatro. Soprattutto perché non sempre la salute è un bene rinnovabile. Di Antonio Valentini per Il Tirreno del 5/6/2013.

Vicenda Solvay: precisazioni di ARPAT - Informazioni sulle attività di controllo svolte dall'Agenzia.
La notizia del patteggiamento dei dirigenti di Solvay, riguardo alle ipotesi di reato che gli sono contestate nell'ambito di una indagine della procura della Repubblica di Livorno, relativa agli scarichi idrici industriali dello stabilimento di Rosignano, ha dato luogo a numerose ricostruzioni dei fatti sulla stampa dalle quali emerge un quadro non sempre corrispondente alla effettiva realtà relativamente all'impatto ambientale dello stabilimento e ai controlli che su questo venivano svolti. Pur non avendo l'Agenzia né titolo, né tutte le informazioni necessarie per riferire sui risultati delle indagini della procura, l'intensa attività di controllo e di monitoraggio dell'ambiente svolta ci consente e ci impone di fare alcune precisazioni su questa problematica al fine di consentire una corretta informazione e consentire valutazioni il più possibile oggettive. Dalle ricostruzioni giornalistiche si può evincere che sarebbe stata rivelata la presenza di scarichi che conferivano in mare sostanze pericolose fino ad oggi ignote e, perciò, non quantificate. Dall'attività di controllo svolta non ci risulta che sia così: tutti i reflui dello stabilimento erano comunque oggetto dei controlli e delle valutazioni sul carico inquinante complessivo dello stabilimento Solvay.
Infatti, lo stabilimento Solvay è oggetto del controllo da parte di ARPAT in base a normative, autorizzazioni e accordi che impegnano diverse strutture dell'Agenzia, anche in collaborazione con altri organi di controllo, come nel caso dell’attuale indagine condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, che ha visto l’Agenzia a supporto degli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza. Come per tutte le realtà industriali di dimensioni rilevanti, le attività legate alla conoscenza ed alla verifica del ciclo produttivo, finalizzate al controllo del rispetto delle autorizzazioni rilasciate, ha una sua complessità specifica. Come per tutte le realtà industriali di dimensioni rilevanti, le attività legate alla conoscenza ed alla verifica del ciclo produttivo, finalizzate al controllo del rispetto delle autorizzazioni rilasciate, ha una sua complessità specifica.
ARPAT, nel caso di Solvay, ha maturato una profonda conoscenza dell’insediamento, derivante dalla continua azione di controllo sviluppatasi negli anni e dall’attività di supporto agli enti, in particolare alla Provincia di Livorno, come testimoniano anche i più recenti contributi istruttori forniti a partire dal 2003 per le ultime autorizzazioni rilasciate. L’attività di ARPAT riguarda il complesso delle pressioni generate sull’ambiente dall’attività produttiva di Solvay, comprese le emissioni in atmosfera per le quali il controllo è svolto nell’ambito delle verifiche AIA, controllo che ha portato all’individuazioni di numerose azioni correttive e sanzioni impartite all’Azienda da parte delle Autorità competenti.
Per quanto riguarda gli scarichi, è sottoposto a controllo lo scarico della Sodiera, e degli impianti Clorometani, Elettrolisi e Perossidati, secondo le modalità previste rispettivamente dall’AIA provinciale e da quella nazionale. Tutti gli scarichi delle produzioni Solvay sopra richiamati convergono nello Scarico generale (Fosso Bianco) che rappresenta, quindi, l’unico collettore con recapito a mare.
Il Dipartimento ARPAT di Livorno procede al campionamento dello Scarico generale, nel punto di prelievo indicato dall’AIA nazionale, con cadenza quindicinale per la determinazione, in funzione delle portate e su base annuale, della quantità di solidi sospesi scaricati a mare, secondo quanto previsto dall’Accordo di Programma del 2003. I dati sono comunicati agli enti competenti.
Lo stesso Dipartimento procede al campionamento delle acque dello scarico generale, definito come prioritario ai sensi dell’art. 108 del D.lgs 152/2006 e del Regolamento regionale 46/R, con cadenza bimestrale, per verificare il rispetto dei limiti di concentrazione per i parametri previsti dalla normativa. L’attività di controllo ha evidenziato valori di solidi sospesi con continuità superiori a quelli indicati dall’Accordo di Programma e, in taluni casi, il superamento della concentrazione per alcuni parametri quali Fe, Al, Mn e Bo. Di tali superamenti ARPAT ha informato gli enti e le autorità competenti.
Oltre all’attività di controllo appena sinteticamente descritta, ARPAT ha proceduto alla realizzazione di un Piano di Monitoraggio dell’ambiente marino prospiciente lo stabilimento Solvay, richiesto nell’ambito dell’Accordo di Programma, terminato nella sua prima fase nel 2008, i cui esiti sono stati messi a disposizione degli enti sottoscrittori. Attualmente ARPAT sta predisponendo la seconda fase di tale monitoraggio che avrà luogo nel periodo 2014-2015.
Oltre a ciò, nel 2011 ARPAT ha consegnato alla Regione Toscana, che lo aveva commissionato, una indagine ecotossicologica sui solidi sospesi presenti nello Scarico generale che ha rilevato l’assenza di effetti tossici attribuibili ai solidi presenti nello scarico, anche per quelli depositati nei pressi della sua confluenza a mare, nonché per i campioni di sabbie prelevati 100 m a Nord e a Sud dello stesso scarico. Gli unici risultati positivi, a carico di alcuni dei campioni prelevati, sono attribuibili ai valori del pH > di 8.5.
Anche la componente degli scarichi privata dei solidi sospesi è risultata priva di tossicità acuta in tutti i campioni analizzati. Relativamente alla balneazione, nel 2012 non sono stati rilevati superamenti dei valori limite del DM 30/03/2010 per i punti di monitoraggio del Comune di Rosignano Marittimo (es: Spiagge bianche Nord e Sud). Anche per il punto Lillatro non è stata rilevata contaminazione di tipo fecale. Ciò nonostante, la presenza degli scarichi industriali Solvay ha fatto ritenere necessaria la conferma del divieto permanente di balneazione a titolo precauzionale.
A cura di ARPAT 5/6/2013.  

«Spiagge bianche, nessun divieto» - Il sindaco dopo l’incontro a Firenze con Regione, Provincia e Arpat sulla tossicità dei fanghi.
Le Spiagge bianche restano un paradiso (chimico) accessibile. E chi sperava, o almeno ipotizzava che dopo le notizie dei giorni scorsi riguardo a un'inchiesta della Procura di Livorno sulla tossicità dei fanghi che lo stabilimento chimico locale riversa in mare le istituzioni prendessero misure cautelative per la salute delle migliaia di turisti che ogni estate frequentano quella parte di litorale toscano si sbagliava. Perché ieri in una riunione fiorentina fra Regione, Provincia, Comune e Arpat è emerso che cittadini e visitatori potranno tranquillamente continuare a prendere la tintarella alle Spiagge bianche e a tuffarsi nel mare antistante, innegabilmente reso biancastro dagli scarichi dell'industria Solvay. Lo ripetono il sindaco Franchi e l’assessore provinciale Nicola Nista. E lo conferma anche l'assessore regionale all'ambiente Anna Rita Bramerini. Quello di ieri doveva essere un incontro interlocutorio per discutere della revisione dell’accordo di programma riguardante appunto gli scarichi Solvay. Un incontro che - i partecipanti non lo negano - più che fare il punto sui quantitativi di fanghi che l’industria chimica potrà sversare in futuro, è stata l’occasione per affrontare il problema della balneazione. «Abbiamo fatto il punto della situazione - spiega Franchi - anche in vista del nuovo accordo di programma, ma ripeto quello che ho già detto nei giorni scorsi. Non sono emersi elementi diversi rispetto a quelli conosciuti che si rifanno agli studi dell’Arpat, a quelli sull’ecotossicità dei fanghi portati avanti nel 2011 e anche ai campionamenti che la stessa Arpat fa due volte al mese». A confermare che nell’incontro di ieri Arpat ha riepilogato le attività di controllo eseguite sui fanghi Solvay negli ultimi anni, spiegando che «per i parametri di legge che vengono controllati relativamente alla balneazione non sono emerse evidenze» è anche l’assessore Bramerini. Insomma è evidente che il tavolo fiorentino non è servito ad altro che a ribadire quello che nel consiglio regionale era emerso già mercoledì, quando l’assessore Bugli aveva risposto all’interpellanza presentata dalla consigliera Marta Gazzarri (Idv), insieme ad altri colleghi di schieramento e del Pd. «Non sono mai stati rilevati scarichi a mare con livelli di arsenico superiori ai limiti di legge da parte della Solvay», questo in sostanza aveva detto Bugli in consiglio e questo ha ripetuto Arpat ieri davanti ai rappresentanti delle istituzioni. Ovvio che con queste premesse l’ipotesi di vietare ai turisti di sguazzare nel mare delle Spiagge bianche diventa assai improbabile. «Non ci sono elementi nuovi - dice l’assessore provinciale Nista -, tali da prevedere un divieto di balneazione». Analogo parere da parte del sindaco, che però non nega l’intenzione di approfondire la vicenda anche grazie a un confronto con gli uffici comunali. «A stasera (ieri, ndr) - chiude Franchi - tutto resta uguale, per il momento non prevediamo divieti». Il Tirreno del 14/6/2013.

GLI SCARICHI A MARE - PER SOLVAY LIBERTA’ SENZA LIMITI.
Un profondo senso di disgusto prende qualunque persona onesta che legga le dichiarazioni degli amministratori toscani. Dunque, la Solvay di Rosignano scarica in mare i propri rifiuti speciali gratuitamente da sempre. Ad un prezzo prudente di 300 euro a tonnellata (tanto costerebbe un corretto smaltimento in discarica autorizzata) Solvay ha risparmiato negli ultimi 40 anni (dalla legge Merli) almeno 1.400 milioni di euro. Solo questo lascia intendere il motivo del consenso che si è creato tra gli amministratori. Ma andiamo con ordine: Solvay scarica in mare, in deroga ai limiti della legge Merli (1976), della delibera dei ministri 4.2.77, del decreto legislativo 152/99 gli scarichi bianchi, o solidi sospesi, che trasportano - secondo l'ultima dichiarazione Solvay al Ministero dell'ambiente - 1.449 kg di arsenico e composti, 91 kg di cadmio e composti, 1.540 kg di cromo e composti, 1.868 kg di rame e composti, 71 kg di mercurio e composti, 1.766 kg di nichel e composti, 3.218 kg di piombo e composti, 15.049 kg di zinco e composti, 145 kg di diclorometano, 3 kg di tetraclorometano, 73 kg di triclorometano, 350 kg di fenoli, 327 kg di fosforo, 5,5 tonnellate di azoto, e addirittura 717.000 tonnellate di cloruri. Negli anni ’70 il Comune di Rosignano "le venne incontro", scaricando nel fosso bianco le proprie fogne, raffreddandolo e diluendolo. Non bastava. Dagli anni '90 Asa scarica i reflui del depuratore nel solito fosso bianco, poi anche quelli del depuratore Aretusa, che Solvay periodicamente non preleva e non riutilizza come concordato. Dove non si arriva rispettando la legge, si arriva con i cosidetti "accordi di programma". Nel 2003 con la regia del ministro Altero Matteoli - ex verniciatore Solvay/Consonni - si stipulava un accordo di programma che prevedeva, tra l'altro, di ridurre gli scarichi bianchi da 200mila tonnellate/anno a 60 mila entro il 2007. Tutte le tappe intermedie di riduzione (2004-2006) furono fallite, ma la Regione erogava ugualmente 30 milioni di euro pubblici a Solvay "a stato di avanzamento lavori". Insomma, la Regione sapeva dell'inadempienza, ma pagava lo stesso. Qualunque persona onesta penserebbe ad una truffa combinata ai danni dello Stato. Oggi gli scarichi bianchi sono ancora almeno 120 mila tonnellate l'anno, il doppio di quanto concordato nel famoso accordo del 2003, e quel che è più grave trasportano il doppio di arsenico, il doppio di mercurio, il doppio di cadmio, di cromo, di piombo, di nichel, di zinco ecc di quanti ne avrebbero "dovuto" trasportare in mare. Di quali limiti rispettati parlano i nostri amministratori? Maurizio Marchi Medicina Democratica. Il Tirreno del 15/6/2013.

IL POLO INDUSTRIALE - SERVIREBBE LA BUONA POLITICA
E dunque alle spiagge bianche si continuerà a fare il bagno. Nulla osta, hanno detto in sequenza l'Arpat, l'assessore regionale Bugli, la sua collega Bramerini e il sindaco di Rosignano, Alessandro Franchi: le analisi certificano che gli scarichi del fosso bianco sono compatibili con la salute umana. In tanti hanno tirato un sospiro di sollievo, eccessivo rispetto alla portata della notizia: dopotutto da lustri le analisi certificano che in quel paradiso artificiale il bagno si può fare e non si capisce il motivo di tanta soddisfazione. L’unica ragione intuibile è che quest’anno l’attenzione attorno allo stabilimento e ai suoi scarichi è più forte che in passato, in concomitanza all’inchiesta della procura di Livorno che ha indotto Solvay a chiedere il patteggiamento per cinque suoi dirigenti. Da parte sua l’Arpat, a vicenda processuale aperta, è intervenuta per ribadire l’affidabilità dei propri dati analitici, che peraltro pubblicamente mai nessuno ha messo in discussione. Il dibattito s’è infervorato su questo punto, rinverdendo l’antica divisione tra industrialisti e ambientalisti. Una differenza che potrebbe apparire giurassica solo tra pochi anni, poiché le ultime mosse di Solvay lasciano presagire un suo progressivo abbandono del territorio. E non si capisce come diversamente potrebbe essere, visto il piano di riorganizzazione presentato nei giorni scorsi ai sindacati: con il proposito di migliorare la competitività, sarà diminuita la capacità produttiva della sodiera a circa 600mila tonnellate all’anno (rispetto alle 950mila possibili) e il personale sarà ulteriormente ridotto per una quarantina di unità. Ora è chiaro che se dopo la cessione del polietilene e del clorosoda, Solvay manifesta l’intenzione di ridimensionare la sodiera, vuol dire che il futuro si trasforma da certezza in scommessa, lasciando la porta aperta a milioni di dubbi. In questa fase servirebbe una buona politica. È difficile evocarla in tempi come questi, ma davvero il bisogno è urgente. C’è infatti da programmare lo sviluppo del territorio in un avvenire con meno certezze rispetto al passato. L’esigenza muove da una domanda: cosa sarà tra dieci anni del parco industriale? Perché se anche lo stabilimento chimico ha perso peso, è di gran lunga la risorsa occupazionale più importante. Ci sono alternative credibili? In attesa di risposte certe, sta il fatto che nessuno può ridurre il problema delle spiagge bianche a semplice ritualità polemica, visto il mancato rispetto dell’accordo di programma sui fanghi. Parimenti nessuno può stupirsi se il fosso bianco continua a spurgare in mare i residui della Solvay, pesante contropartita ambientale al benessere che ha rilasciato sul territorio.
A sorprendere, se in caso, sono quanti frequentano quella zona e che si tuffano in quel mare. Qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegare loro che non si tratta del paradiso, ma è solo il frutto di una discarica industriale. Nessuno lo farà e per un’altra estate si andrà avanti nell’equivoco. Di Antonio Valentini per I
l Tirreno del 16/6/2013.

Spiagge bianche, esteso il divieto di balneazione. La Solvay patteggia: maxi multa per i reati ambientali
“Limite invalicabile, divieto di balneazione”. Sono questi i cartelli che, in parte già esistenti, saranno estesi per duecento metri a partire dallo stabilimento della Solvay a fronte del patteggiamento per gettito di cose pericolose e superamento dei limiti previsti per legge che ha visto l’azienda leader di produzione di soda commutare la pena in denaro a seguito dell’adeguamento degli impianti di diluizione sotto inchiesta da ormai quattro anni da parte della Procura.
E’ stato lo stesso Comune di Rosignano che ha voluto allargare la “zona rossa”, interdetta alla balneazione. La nuova cartellonistica per turisti e bagnanti, come da accordi con la magistratura, sarà a carico della Solvay.
Un patteggiamento “con pacchetto” dunque quello accettato dai dirigenti della Solvay Chimica Italia Spa che dovranno pagare, per i reati accertati fino al 2011, una somma a testa che varia dai 29mila euro agli 8mila. Una sorta di accordo dunque tra la Procura della Repubblica di Livorno che ha evitato in questi quattro anni di indagini condotte dal reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza, di adottare provvedimenti penali forti e d’urgenza come quello del sequestro che poteva essere posto in essere a fronte delle problematiche ambientali rilevate dai periti del tribunale chiamati in campo per le valutazioni chimiche. Sequestro non voluto di concerto con gli inquirenti proprio per non bloccare il ciclo produttivo che, in un periodo come questo, avrebbe voluto significare una brutta batosta per l’economia locale e per molte famiglie della provincia. “E’ stata accertata l’azione inquinante- ha commentato il procuratore capo della Repubblica di Livorno Francesco De Leo - ma soprattutto si è svolta un’attività di consulenze complesse. Si parla di ben tre consulenze di fronte alla proposta di patteggiamento avanzata dalla Solvay. Un patteggiamento voluto a fronte di una condizione di adeguamento di interventi disinquinanti indicati dal consulente della Procura, l’ingegner Albino Trussi. Il problema era – specifica De Leo – che il punto di campionamento non si trovava a monte ma a valle e quindi il processo dei valori risultava alterati e rientrava nei limiti. Quello a cui siamo arrivati è sicuramente un risultato importante – ha chiosato De Leo – non tanto per il profilo penale che si è risolto in una commutazione pecuniaria della pena, quanto sotto il profilo ambientale. La Solvay ha infatti già speso circa sei milioni e mezzo di euro per adeguare gli impianti con elementi disinquinanti. E il nostro monitoraggio, grazie ad Arpat, non si fermerà qui predisponendo altre azioni di controllo a partire dal 2014. Possiamo rassicurare tutti i cittadini che continueremo a vigilare”. ”Quest’indagine si è caratterizzata da aspetti importanti – ha detto il pubblico ministero Giuseppe Rizzo titolare del fascicolo di indagine – Il primo è relativo alle consulenze tecniche molto complesse e molto costose. Una spesa ben fatta però in quanto queste consulenze non si sono limitate a fotografare una situazione, ma sono state consulenze di tipo investigativo individuando così il meccanismo diluizione che è il punto fondamentale della questione in quanto la legge vieta questo procedimento. L’altro aspetto è il grande impegno profuso dagli inquirenti e dai consulenti. E’ proprio grazie a questo lavoro che la Solvay ha dovuto accettare l’impianto di trattamento, rispettando così l’ ambiente ma senza interferire con attività produttive”. 04 luglio 2013 www.quilivorno.it.

Solvay patteggia, bonifiche per 7 milioni. Inquinamento Spiagge bianche: il giudice infligge multe a 4 dirigenti. L’ex direttore Michele Huart pagherà 29mila euro. Il riconoscimento di responsabilità.
Quasi 7 milioni di euro (6,7) di investimenti in bonifiche ambientali per regolare i conti con la giustizia dopo aver inquinato per anni la zona di Rosignano con fanghi velenosi, in particolare nell’area intorno alle Spiagge bianche. È questo l’impegno che i vertici della Solvay si sono presi anche davanti al giudice per le indagini preliminari che la settimana scorsa ha accolto la richiesta di patteggiamento concordata dai legali della multinazionale con la procura dopo un’inchiesta durata quattro anni e nella quale gli investigatori, coordinati dal pm Giuseppe Rizzo, hanno accertato al di là di ogni ragionevole dubbio, «un sistema di scarichi non mappati che permettevano all’azienda di diluire sostante come mercurio, piombo, selenio e fenoli vari affinché nel momento in cui questi arrivavano a valle risultavano in regola con i parametri previsti dalle normative di legge». Oltre al maxi stanziamento per la bonifica dei terreni inquinati e la messa in sicurezza del sito, sono quattro i dirigenti della Solvay che hanno patteggiato: l’ex direttrice dell’impianto Michéle Huart dovrà versare 29mila euro, mentre Fabio Taddei, Davide Mantione e Massimo Iacoponi dovranno pagare cifre comprese tra gli 8 e i 12mila euro. L’inchiesta. È iniziata quattro anni fa dopo un esposto firmato da medicina democratica. Un’indagine spiegano gli investigatori «difficile», perché accertare il sistema attraverso il quale sono state aggirate le norme da parte della Solvay, ha significato mappare palmo a palmo un’area sconfinata. È attraverso questo lavoro che i finanzieri del reparto aeronavale della finanza di Portoferraio hanno scoperto i punti di diluizione non mappati. Le indagini - spiegano dalla procura - hanno riguardato gli scarichi degli impianti clorometani, perossidati, sodiera ed elettrolisi e di tutto il sistema di fossati che confluiscono nel Fosso bianco, il collettore che sfocia poi alle Spiagge bianche. «Nel corso degli anni è stato necessario ripetere i campionamenti per accertare gli illeciti», ammettono gli inquirenti. Decisive, infine, sono state le tre perizie richieste dalla procura che hanno messo la Solvay con le spalle al muro, tanto da dare mandato allo studio legale milanese Bolognesi di avviare una trattativa con la procura per arrivare all’accordo sul patteggiamento. «Durante l’inchiesta - ha ripetuto il procuratore capo Francesco De Leo all’indomani della chiusura delle indagini - non abbiamo sequestrato l’impianto per l’importanza dell’azienda sul territorio e il particolare momento storico. Di questo siamo molto soddisfatti. Anche perché l’azienda è stata collaborativa e noi abbiamo ottenuto quello che volevamo: il riconoscimento di responsabilità e l’intervento di disinquinamento. Detto questo continueremo a vigilare». L’accordo. La procura ha concesso all'azienda il tempo di avviare un impianto pilota per determinare le quantità e qualità finali delle acque di scarico. Entro il 2014 è prevista la realizzazione di un sistema di trattamento reflui. Inoltre «sono stati fatti sequestri di materiale di scarto accumulato indebitamente in alcuni siti e inviati a smaltimento ed eseguita la pulizia di tutti i fossi e canali. È stato realizzato un sistema di contenimento delle acque di primo impatto, attraverso il ripristino e la pulizia di sei bacini di raccolta, posizionati prima della confluenza degli scarichi a mare, oltre che la costruzione di una serranda automatizzata quale sbarramento del fosso di scarico stesso». E ancora: è stata imposta la bonifica della vasca di diversione della sodiera, da 10mila metri cubi, che all'atto del controllo conteneva 5.000 metri cubi di rifiuti. È stato anche imposto all'azienda un primo spostamento del punto di campionamento a monte della confluenza di tubature provenienti da uno scaricatore di piena dell'impianto fognario urbano. Perché nel fosso bianco ci finiva un po' di tutto, anche i reflui civili. (Federico Lazzotti per Il Tirreno del 15/10/2013)

Scontro sull’acqua di mare Solvay ribatte alla procura L’azienda respinge l’accusa di aver diluito i fanghi e spiega perché patteggia Il sindaco: «Scarichi più sicuri con le sei vasche e la porta elettronica sul fosso».
SPIAGGE BIANCHE» L’INDAGINE SULL’INQUINAMENTO ALESSANDRO FRANCHI Il divieto di balneazione resta a 100 metri a nord e a sud del Fosso Bianco, metteremo dei nuovi cartelli per avvertire i bagnanti.
 L'accusa che a Solvay fa più male, a giudicare dalla risposta che la società di via Piave sintetizza in un comunicato 24 ore dopo la conferenza stampa della Procura della Repubblica di Livorno, è quella di aver aggirato i controlli diluendo i fanghi con l'acqua. La multinazionale, su questo aspetto, contesta il contenuto dell'indagine delle Fiamme Gialle e del sostituto Giuseppe Rizzo: «L'acqua di mare è sempre stata considerata come acqua di processo e come tale individuata ed identificata in ogni documentazione pertinente: pertanto l'utilizzo di acqua marina nei processi non ha mai avuto la finalità di aggirare i controlli", dice Solvay. Una difesa che si scontra con quanto sostenuto dagli inquirenti e dal consulente della procura, l'ingegner Albino Trussi, che dice invece che l'acqua di mare è solo acqua di raffreddamento. La difesa di Solvay. Ieri pomeriggio la direzione dello stabilimento di Rosignano ha diramato una nota con la quale l'azienda intende spiegare le ragioni del patteggiamento oltre a rispondere - che per quanto le concerne - non ci sarebbe stato alcun aggiramento dei controlli. A proposito dello sforamento dei minimi tabellari per alcune sostanze denunciato dalla magistratura ( mercurio, piombo, selenio e fenoli) Solvay dice: "Le indagini hanno rilevato il superamento puntuale dei limiti tabellari per alcune specifiche sostanze. Per tali presunti superamenti l'azienda ha fatto presente le proprie argomentazioni tecniche e giuridiche". Solvay contesta anche il fatto che si sia parlato di fanghi inquinanti e diluiti per lo scarico a mare di solidi sospesi sottolineando come "sia la natura che la concentrazione di tali solidi non sono oggetto di contestazione e quindi non hanno alcuna pertinenza con l'istanza di patteggiamento". L'azienda aggiunge che la "gestione di tale scarico risponde ed è normata da specifiche autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti sulla base dell'accertata non tossicità dei solidi stessi, come peraltro ribadito dall'Arpat nel proprio comunicato del 5 giugno scorso". Perché il patteggiamento. Ma se Solvay ritiene di non aver eluso i controlli e di non aver scaricato in mare fanghi inquinanti perché ha chiesto di patteggiare? Su questo aspetto l'azienda spiega in sostanza che il patteggiamento non sarebbe un'ammissione di colpevolezza ma esclusivamente una scelta, una strategia per evitare un contenzioso con gli investigatori che avrebbe potuto essere lungo e sfibrante. Scrive Solvay: «tenendo conto dell’episodicità dell’evento, degli interventi tecnici nel frattempo eseguiti, nonchè dell’attitudine collaborativa propria del gruppo Solvay, l’azienda ha ritenuto di non intraprendere un lungo e complesso iter giudiziario ma di presentare un’istanza di patteggiamento, comfermando le proprie argomentazioni tecnico-giuridiche e la non sussistenza di specifiche responsabilità». Il sindaco: «Scarichi più sicuri». Il sindaco Franchi ieri ha voluto sottolineare “l’apprezzamento per la gestione del lavoro da parte della Procura e della polizia giudiziaria, con modalità di assoluta riservatezza ed equilibrio in una situazione molto delicata per il nostro territorio. Quello spirito è sempre stato anche quello del sindaco». «Il lungo lavoro - continua Franchi - ha prodotto risultati importanti, con investimenti da parte della Solvay Italia che permetteranno di innalzare i margini di sicurezza; infatti il ripristino e la pulizia di sei enormi bacini di raccolta, posizionati prima della confluenza degli scarichi a mare, oltre alla costruzione di una serranda automatizzata a sbarramento del fosso di scarico, permetteranno di gestire al meglio eventuali fasi di emergenza, evitando confluenze a mare». Quelle vasche - ricordiamo noi - erano già in funzione fino agli anni ’80, poi furono dismesse. Perché? Ora torneranno a lavorare. Cartelli e divieto balneazione. Franchi ricorda che già nel 2011 è stato esteso il divieto di balneazione 100 metri a nord e a sud della zona di scarico dello stabilimento e «abbiamo obbligato a delimitare fisicamente le due zone di sbarramento». Ma ribadisce che si tratta di misure di maggiore cautela rispetto ai dati Arpat, «Con chiarezza diciamo che non poniamo preclusioni a valutare di estendere i limiti di divieto se fossero evidenziati dati che richiedono ciò». E intanto annuncia che posizionerà alle Spiagge Bianche cartelli che indicano che il colore non è frutto di un processo naturale. 06 luglio 2013

IL PERITO DELL’ACCUSA «Ma io in quelle acque non mi tufferei mai»
L’ingegnere Albino Trussi è un consulente di fama nazionale. Da sempre lavora nel mondo dell’industria ed è tutto fuorché un ambientalista invasato, come lui stesso si definisce ironicamente. Di una cosa è sicuro: «Io un tuffo alle Spiagge bianche non lo farei mai, preferisco i Caraibi veri, ma sono gusti personali...». Ingegnere, i magistrati sono stati chiari: hanno detto che la Solvay ha inquinato il mare. «E’ vero, lo abbiamo accertato. Ma non chiedetemi che tipo e che livello di inquinamento. Vi basti considerare che in fondo al mare sono finiti, anche se in forma solida, metalli pesanti. Come il piombo». Stando alla Procura, le sostanze per le quali c’è stato uno sforamento dei limiti sono state anche mercurio, selenio e fenoli. «Sì, è così. Ci sono state anche altre rilevazioni, più deboli delle altre, che non hanno dato luogo a contestazioni formali ma che destano comunque una certa preoccupazione». Per esempio? «Per esempio il boro. La vostra zona è sensibile al boro, mi risulta che Asa abbia investito molto per eliminare boro e arsenico dall'acqua potabile. Ma per il boro e per altre sostanze non c’è stato alcun riscontro perseguibile. Del resto quella che ho condotto io è stata un'indagine a scopo conoscitivo. Abbiamo fatto molte analisi, molte simulazioni». Secondo i vostri studi, qual è stata la sostanza che ha superato più delle altre i limiti di legge? «Il piombo. Del resto il carbonato contiene piombo, che veniva scaricato in mare diluito dall’acqua di mare con un rapporto di uno a dieci». Solvay insiste dicendo che si tratta di acqua di processo, la Procura parla di acqua di raffreddamento. «Solvay ha ragione nel senso che le relazioni e le varie autorizzazioni si sono sempre basate su questa definizione. Storicamente, l'azienda ha sempre considerato acqua di processo quella che immette negli impianti. Ma la trovo una grande estrapolazione. Insomma, quella è acqua di raffreddamento. Che di fatto diluisce le sostanze. Il punto focale infatti è proprio la diluizione. Chiamiamola una diluizione autorizzata fino a ieri. Se a questo si aggiunge il fatto che, sempre fino a ieri, per la sodiera il punto ufficiale di campionamento era a valle e non a pie' di impianto, si capisce tutto». Durante le indagini si era parlato di punti di sversamento non conosciuti dall’Arpat. Solvay ha sempre smentito. «Diciamo che quando ho percorso a ritroso il fosso bianco ho scoperto che in alcuni punti, un paio mi sembra, vi sversava anche il tubo del “troppo pieno” del depuratore Asa. Ma nessuno aveva mai fatto una camminata lungo quel fosso?». di Alessandro De Gregorio - 6 luglio 2013 .

INDAGINE SUGLI SCARICHI SOLVAY. LAVORO IN COLLABORAZIONE DELLE ISTITUZIONI. PERMANE DIVIETO DI BALNEAZIONE A 100 METRI DAI LATI DELLO SCARICO.
Il Sindaco Alessandro Franchi interviene in merito all’inchiesta della Procura livornese sugli scarichi industriali Solvay. “In merito alla conclusione del percorso di indagini della Procura di Livorno sullo stabilimento chimico Solvay, sottolineo volentieri la capacità di lavorare insieme e nel migliore dei modi tenuta dalle Istituzioni a vario titolo coinvolte nella lunga operazione. Come la Procura livornese ha generosamente fatto cenno allo spirito di collaborazione del Sindaco, ritengo doveroso ribadire ancor più l’apprezzamento per la gestione del lavoro da parte della Procura e della Polizia Giudiziaria, con modalità di assoluta riservatezza ed equilibrio in una situazione molto delicata per il nostro territorio, in cui fondamentali questioni di interesse ambientale e di tutela pubblica si intrecciano però con non trascurabili aspetti legati alla continuità produttiva e alle tante ripercussioni sul mondo del lavoro e sul sistema sociale di riferimento. Quello spirito è sempre stato anche quello del Sindaco. Al di là dell’aspetto giudiziario e delle sue conclusioni, su cui ovviamente non mi permetto di entrare perché non di mia competenza, ho sempre condiviso la necessità di migliorare l’impatto della fabbrica sull’ambiente circostante, nonché dei livelli di sicurezza degli impianti, e cosa ancor più importante, garantire una più ampia tutela dei della salute dei lavoratori, dei cittadini e dei turisti. Il lungo lavoro ha prodotto risultati importanti, con investimenti di rilievo da parte della soc. Solvay Italia che permetteranno di innalzare i margini di sicurezza; infatti il ripristino e la pulizia di sei enormi bacini di raccolta, posizionati prima della confluenza degli scarichi a mare, oltre alla costruzione di una serranda automatizzata a sbarramento del fosso di scarico, permetteranno di gestire al meglio eventuali fasi di emergenza, evitando confluenze a mare. Già nel 2011, con la volontà di non sottovalutare alcuna possibile azione a tutela di cittadini e turisti, abbiamo esteso a 100 metri a nord e a sud della zona di scarico dello stabilimento il limite della balneazione e abbiamo obbligato a delimitare fisicamente le due zone di sbarramento. Tali misure erano e rimangono in realtà elementi di maggiore cautela rispetto a quanto dovuto in relazione ai dati di controllo. Ad oggi confermiamo che il divieto di balneazione rimane a 100 metri da ambo i lati del Fosso Bianco e confermiamo altresì l’attenzione costante ai dati di Arpat derivanti dai controlli su punti specifici. Con chiarezza diciamo che non poniamo preclusioni per il futuro a valutare di estendere i limiti di divieto se fossero evidenziati dati che richiedono ciò, anche solo precauzionalmente. Attualmente i 100 metri sono il livello cautelativo da tenere. Con lo spirito sopra evidenziato, cogliendo anche il suggerimento scaturito dal dibattito sviluppato da Il Tirreno, colgo l’occasione per riferire che a giorni
posizioneremo presso le Spiagge Bianche dei cartelli contenenti informazioni sulla specificità di quel luogo. Saranno utili per i cittadini e i turisti per comprendere che, ancorché consentita la balneazione dai controlli costanti e puntuali che evidenziano il rispetto totale della normativa europea, quell’arenile bianco non nasce così in natura.” 06 luglio 2013

L’AZIENDA È UNA RISORSA MA LA SALUTE CONTA
Tra Solvay, Ineos e Officina 2000 vi trovano lavoro stabile più di mille persone, alle quali vanno aggiunte molte altre impiegate nell'indotto. In una fase di regressione manifatturiera e di calo occupazionale, è un bene da tutelare. Anzi, da coltivare. Ciò però non significa, come ha chiarito la procura di Livorno, che la multinazionale belga possa stare al di sopra di una legge già premiante verso i soggetti produttivi, dal momento in cui non misura il tonnellaggio delle sostanze inquinanti ma la percentuale in cui sono diluite. Questo va detto perché, attorno alla questione degli scarichi, nei decenni si è prodotto un clima da stadio che rischia di far perdere di vista l'essenza del problema: fino a questo momento, a Rosignano, nessuno è riuscito a immaginare un'alternativa credibile allo stabilimento. Il cosiddetto sviluppo multipolare - che in un fazzoletto di terra prevede il deposito di etilene e gli agriturismi, gli stoccaggi del cloro e la doc del vino, il torrente bianco pieno di veleni e il turismo griffato - si è tradotto solo in qualcosa che fa da cornice alla grande fabbrica, senza sminuirne la centralità. L'assenza di opzioni diverse però - ed è questo il punto - non può svilire il rapporto con il territorio attraverso un aut-aut ossessivo e bisbigliato a cadenza periodica da azienda e sindacati, quasi che la conservazione dei posti di lavoro avesse nel sacrificio dell'ambiente l’inevitabile contropartita. Ora la procura di Livorno ha segnato una linea di demarcazione, stabilendo senza ombra di dubbio che fino al 2011 Solvay ha inquinato. Ma anziché fermare gli impianti, prefigurando una sorta di Taranto bis, le ha imposto d'investire per migliorare il rapporto tra produzioni e ambiente, bagnando le polveri degli ultrà ambientalisti e dei supporter della curva opposta, gli industrialisti a ogni costo: il lavoro e la difesa della salute possono coesistere, basta rispettare le leggi. Un principio su cui anche Solvay è d’accordo, avendo accettato il patteggiamento per quattro suoi dirigenti. L’ha fatto per ragioni tattiche, fa sapere, poiché convinta che le procedure di scarico vadano bene e che i fanghi spurgati siano solo carbonato di calcio. In realtà è stato accertato nell'inchiesta che mercurio, piombo, fenoli e selenio finivano in mare in misura eccedente ai parametri, e che nel 2011 sono stati sversati nel fosso percorso da un torrente bianco come il latte,1449 chilogrammi di arsenico, 91 di cadmio, 1540 di cromo, 1868 di rame, 1766 di nichel, 15049 di zinco. Il fenomeno delle Spiagge bianche nasce da qui, da questo scarico popolato da sostanze tossiche benché diluite e la sua trasformazione in paradiso tropicale è funzionale solo alla politica d’immagine della Solvay: siamo talmente eco-compatibili che fiumi di persone vengono al mare dove scarichiamo. L’inchiesta della procura certifica il contrario. Ora anche l’Arpat sarà costretta a riflettere su come ha svolto il proprio lavoro: non si è accorta che gli scarichi avvenivano in difformità alla legge, al punto che la stessa azienda l’ha riconosciuto e ha fatto patteggiare i suoi dirigenti per evitargli un processo dagli esiti incerti? Può forse obiettare, l’Arpat, che i magistrati hanno torto dal momento in cui Solvay per prima ha riconosciuto le loro ragioni? Gli altri enti territoriali, Comune in primis, frattanto si liberino di un’antica sudditanza psicologica, convincendosi che le Spiagge bianche sono frutto di una discarica industriale. E vietino l’accesso a lungo raggio dal fosso di scarico, anziché adagiarsi sui risultati delle analisi che certificano l’assenza di inquinanti organici: con i residui clorati che ci sono, in quel luogo non vi sarà mai traccia di colibatteri e streptococchi, la cui presenza porta a inibire la balneazione. Lo facciano, perché se Solvay è un bene da tutelare, nessuno può pensare che siccome c’è la crisi, il diritto alla salute possa essere svuotato di senso e contenuto. Di ANTONIO VALENTINI 06 luglio 2013

LA POLEMICA SULLE SPIAGGE BIANCHE - ARPAT: SULLA SOLVAY UN ATTENTO MONITORAGGIO
Arpat ha sempre collaborato con la magistratura negli accertamenti di violazioni delle norme ambientali, questa collaborazione si è ulteriormente rafforzata con la nuova organizzazione che si è data l'Agenzia lo scorso anno. Allo stesso modo ogni problematica rilevata è stata segnalata agli enti competenti. Arpat ha contribuito anche ai risultati conseguiti da queste ultime indagini. L'area produttiva Solvay è la combinazione di diversi stabilimenti produttivi. E' sottoposta ad un regime autorizzativo complesso, che comprende una Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) nazionale, che riguarda le unità produttive Perossidati, Clorometani ed Elettrolisi, nonché lo scarico generale, ed una Aia rilasciata dalla Provincia di Livorno relativa alla sola Sodiera. Nei piani di monitoraggio e controllo contenuti nelle Aia, sono state date prescrizioni specifiche per i punti di monitoraggio/prelievo per i vari impianti, cui il gestore e l'ente di controllo devono attenersi. Arpat ha effettuato i prelievi nei punti previsti dalle autorizzazioni. Le attività di controllo sono sempre state condotte secondo le prescrizioni degli atti autorizzativi esistenti, nella logica della terzietà dell'Agenzia. Arpat, già nel 2003, in fase di rinnovo dell'autorizzazione allo scarico dell'impianto Solvay, aveva rilevato come le ingenti quantità di acqua di mare utilizzate soprattutto per la Sodiera, dovessero essere suddivise tra acque di raffreddamento e acque di processo, per evitare le conseguenti diluizioni, e/o che gli scarichi fossero trattati (e, quindi, campionati) prima della confluenza con le acque di raffreddamento. Su questa interpretazione, recepita in un primo tempo dalla autorizzazione provinciale, l'azienda fece ricorso davanti al Tar e la questione fu risolta con il rilascio da parte della Provincia di Livorno dell'Aia; l'indagine della Procura ed il successivo patteggiamento (per quanto ci risulta) potrà portare alla'individuazione di una nuova localizzazione del punto di prelievo del piè d'impianto della Sodiera, a monte della confluenza delle acque di raffreddamento. Siamo in attesa di conoscere il merito degli atti conseguenti al patteggiamento. Arpat, oltre al controllo degli scarichi, ha sempre effettuato i controlli previsti dalla normativa sulla balneazione, non limitandosi ai controlli batteriologici (che hanno dato sempre esito positivo), ma definendo lo stato chimico dell'acqua di mare delle "spiagge bianche". I risultati ottenuti non sono dissimili da quelli tipici di gran parte del mare della Toscana. Inoltre, la composizione chimica delle sabbie delle spiagge bianche è stata oggetto di campionamenti ed analisi già nel 2000 e poi nel 2009 che hanno dimostrato il rispetto degli standard normativi per i suoli destinati ad attività residenziali. Su richiesta dell'Osservatorio previsto dall'accordo di programma del 2003, l'Agenzia ha realizzato un monitoraggio ambientale concluso nel 2008. Nel corso della seconda parte del 2011, è stata anche realizzata da Arpat un'indagine eco-tossicologica per la verifica di una eventuale tossicità legata alla natura dei solidi veicolati in mare. I risultati dell'indagine hanno permesso di accertare l'assenza di tossicità o tossicità inferiore al limite di "tossicità trascurabile". Tutti i dati e le nostre indagini sono sempre state trasmesse anche alla Ausl competente per territorio ed a tutti i firmatari dell'Accordo di programma. Arpat, insieme agli altri competenti (Mattm, Ispra, Regione, Provincia) è impegnata da mesi nell'istruttoria per il rinnovo dell'Aia degli stabilimenti Solvay, nonchè per il rinnovo dell'Accordo di programma in scadenza per il 2015. Punto centrale di tale istruttoria è la valutazione delle condizioni che possono garantire la compatibilità ambientale degli scarichi. Arpat recentemente, ha formulato al Ministero dell'Ambiente una nuova proposta di Piano di monitoraggio e di valutazione degli effetti ambientali sull'ecosistema marino (2014 - 2015). In tale elaborato si prevede di effettuare il monitoraggio dei solidi dello scarico Solvay, della composizione delle sabbie, dei sedimenti superficiali e profondi, delle acque e delle matrici biologiche (Fitoplancton, Benthos, Posidonia, Coralligeno), di pesci e molluschi. Arpat Toscana 10/7/2013.

ARPAT replica al sig. Baldeschi
Sull’edizione di Cecina-Rosignano del quotidiano Il Tirreno di sabato 12 luglio, è stato pubblicato un intervento del sig. Mario Baldeschi, coordinatore SEL, dal titolo: “Il mercurio sversato. Dov’era l’Arpat in quegli anni?”. L’intervento si riferisce ad un precedente comunicato dell’Agenzia del 10 luglio, vedi nel quale avevamo cercato di chiarire quali attività di controllo abbia svolto ARPAT in merito alla Solvay. L’assunto da cui parte il sig. Baldeschi per le sue argomentazioni è che, secondo lui, “Da quanto descritto (nel nostro comunicato ndr) si evince che tutto è nella norma e che i controlli sono stati effettuati regolarmente secondo le prescrizioni previste negli atti autorizzativi.” Successivamente cita vari studi scientifici in merito alla presenza di mercurio e ad i suoi effetti nel mare in prossimità della Solvay. Vogliamo dire chiaramente a Baldeschi che con il nostro comunicato non abbiamo affatto inteso dire che “tutto è nella norma”, anzi, ad esempio nel comunicato del 5 giugno (vedi) abbiamo riferito come “L’attività di controllo ha evidenziato valori di solidi sospesi con continuità superiori a quelli indicati dall’Accordo di Programma e, in taluni casi, il superamento della concentrazione per alcuni parametri quali Fe, Al, Mn e B. Di tali superamenti ARPAT ha informato gli enti e le autorità competenti.” Riguardo poi al mercurio è evidente che questo è stato scaricato per molti anni in mare, ricordiamo che fino al 1976 (legge Merli) non esisteva in Italia una normativa nazionale che regolasse gli scarichi industriali, e solo nei primi anni ottanta lo stabilimento Solvay si è dotato di un sistema di trattamento del mercurio, che poi è stato definitivamente eliminato dal ciclo produttivo nel 2007 (a seguito dell’Accordo di programma del 2003). Su questo aspetto nella relazione conclusiva dell’attività di monitoraggio svolto dall’Agenzia fra il 2004 ed il 2008, sugli effetti degli scarichi Solvay sull’ecosistema marino sono chiaramente indicati i problemi riscontrati, con l’indicazione della ampia area interessata da concentrazioni di mercurio nei sedimenti superficiali. Una parte di questo mercurio, evidentemente quello biodisponibile, è stato nel corso del tempo trasferito alla rete trofica degli ecosistemi marini, anche se il fenomeno del bioaccumulo attualmente è, probabilmente, inferiore a quello di 15-20 anni fa. In considerazione del fatto che, a luglio 2007, l’impianto a celle di mercurio ha definitivamente cessato la sua attività, sostituito con uno, sicuramente meno impattante da questo punto di vista, a celle a membrana, è presumibile che si potranno vedere miglioramenti nei prossimi anni. Inoltre, già in quella sede si evidenziava la necessità di riprendere l’attività di monitoraggio, oggi riproposta al Ministero, ad Ispra ed a tutti i firmatari dell'Accordo di programma del 2003. Infine ricordiamo che è sì necessario guardare indietro per capire i problemi, ma altrettanto importante è guardare oltre, prestando attenzione ai possibili margini di miglioramento del ciclo produttivo, concentrando l’attenzione sulle condizioni che potrebbero essere poste in sede di rinnovo e modifica sostanziale dell’AIA e dell’Accordo di programma in scadenza nel 2015. ARPAT pensa di poter dare il proprio contributo tecnico,insieme a tutti gli altri soggetti interessati, alla ricerca di soluzioni che cerchino di conciliare la tutela dell'ambiente e della salute con lo sviluppo e il lavoro. Tema complicato, non sempre concorrenziale. 17/07/2013

"Solvay, una nuova Ilva". Ma il risanamento slitta al 2015.
I dati sull'inquinamento della costa tra Rosignano Marittima e Vada sono inquietanti e confermati dalla Agenzia ambientale dell'Onu. Un'interrogazione parlamentare rivela i contorni di una possibile "bomba ecologica" sulla riviera toscana. La denuncia approda in Parlamento, dopo l'interrogazione presentata al governo dal deputato Adriano Zaccagnini, ex M5S e ora appartenente al gruppo misto. Una "bomba ecologica", così viene definita la situazione dello stabilimento Solvay, sorto sulla costa toscana nel 1941. Lo gestisce una multinazionale belga che estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e della Val di Cecina. Produce sale, cloro, e derivati;oltre alla produzione elettrica, a partire dagli ultimi 20 anni, la Solvay ha sempre prodotto carbonato di sodio, bicarbonato di sodio, cloro, soda caustica, clorometani e acqua ossigenata. I risultati - secondo i dati forniti dal deputato - sono stati un valore aggiunto modesto sul territorio e un costo enorme in termini ambientali: un visibile degrado del mare, enormi consumi di acqua e l'estrazione di salgemma nella Val di Cecina fino alle saline di Volterra; la gente accorre a frotte in un'area non balneabile: i cartelli stradali indicano proprio «spiagge bianche», da Rosignano Marittima a Vado, nonostante l'acqua - si legge nell'interrogazione - "nasconda insidie letali. Tuttavia, nel raggio di chilometri non s'intravede un solo divieto. Anzi, con denaro pubblico è sorto un lido balneare e l'Asl organizza addirittura la balneazione per gruppi di persone disabili". L’Agenzia ambientale Onu ha classificato questo tratto costiero come uno dei 15 più inquinanti d’Italia: secondo le stime per difetto del Cnr di Pisa, nella sabbia bianca la Solvay ha scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio, nickel, piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco completo è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Più precisamente a Rosignano, secondo Legambiente, sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti fino a 14 chilometri dalla battigia. E gli albergatori hanno addirittura chiesto di cambiare il nome della cittadina togliendo il "marchio" Solvay proprio per non abbinare la città alla situazione di degrado ambientale. Oggi la Solvay è finita sotto inchiesta per gli scarichi abusivi nel mare toscano, sono stati indagati sia la direttrice che i 4 ingegneri. La Solvay è stata chiamata ad agire subito poiché vi è la paura di essere di fronte ad una Ilva toscana. Per i pm, infatti c'erano punti di rilascio sconosciuti all'Arpat, agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, i fanghi erano annacquati per diluire la concentrazione. La società ha chiesto di patteggiare, ma la Procura ha posto precise condizioni: risanamento e fine delle violazioni. L’ultima scadenza per la Solvay è il 2015: se non sarà tutto ok, potrebbero scattare i sequestri. Aspettando ulteriori sviluppi, Zaccagnini ha così chiamato in causa il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministero della Salute - con l'interpellanza nella quale sottolinea che "la Solvay, gettando in mare gli scarti di fabbrica, ha reso la zona di Rosignano-Vada in Toscana un luogo ai limiti della fantascienza. Il mare azzurro turchese e la spiaggia bianca candida richiamano un paesaggio tropicale e una visione paradisiaca che però nascondono un inferno malato. È un paradiso artificiale che non può portare alcun beneficio a coloro che lo frequentano. La natura è stata infatti sottomessa dal profitto economico, che l'ha spremuta fino all'ultima goccia. Secondo le testimonianze di chi vive in questa realtà, la gente sempre più spesso muore di cancro. I cartelli con scritto Divieto di balneazione sono stati rimossi di recente dai gestori degli stabilimenti balneari”.
Zaccagnini pone richieste precise ai ministri competenti:
1) realizzare un'indagine epidemiologica, a cura di un organismo pubblico autorevole e a carico della stessa Solvay, per stabilire gli eventuali rapporti tra le patologie e i decessi avvenuti sul territorio e le emissioni inquinanti della fabbrica, con la correlazione tra inquinanti conosciuti e patologie;
2) intervento d'urgenza per quantomeno bloccare i danni all'ambiente e alle persone prodotti dalla lavorazione;
3) avvertire la popolazione dello scarico in mare di tali sostanze, prevedendo inoltre che le spiagge bianche vengano interdette alla frequentazione per almeno 1 chilometro a nord e a 2 chilometri a sud dalla foce dello scarico;
4) chiusura dello scarico a mare entro non oltre 4 anni, anche se depurato dagli inquinanti denunciati;
5) obbligo per lo stabilimento di dotarsi di un impianto a circuito chiuso dell'acqua, con la possibilità di utilizzare solo l'acqua in entrata in mare;
6) rimborso dei lavoratori posti in Cassa integrazione (da dicembre 2011 a maggio 2012) nel caso fosse riconosciuta la strumentalità dell'iniziativa Solvay;
7) prevedere, nell'accordo di programma che è in corso di definizione presso la regione Toscana, un dissalatore a carico di Solvay, da cui la multinazionale ricavi acqua e sale lasciando l'acqua dolce alla popolazione;
8) spostamento del serbatoio di etilene ad alto rischio dall'area archeologica di Vada prevedendo per lo stesso una diversa collocazione.
(Da La Repubblica del 31/7/2013)

Agosto 2013 - Arrivano i cartelli promessi con le informazioni sulla specificità del luogo - Che la spiaggia fosse "frutto del deposito di materiali derivanti da lavorazione chimica" lo sanno da sempre anche coloro che consentano ai figli il bagno nel fosso convinti che sia soda. Come al solito si equivoca sulle parole in barba alla salute ed alla verità. La dicitura veritiera doveva essere questa: "la spiaggia è frutto del deposito di materiali ALTAMENTE TOSSICI derivanti da lavorazione chimica". Ma dimenticavo...l'ARPAT non lo dice... (NdR)

Nel luglio 2017 questo cartello non è più presente.

INCHIESTA SCARICHI A MARE - Solvay: «Patteggiato per evitare un lungo iter giudiziario»
Solvay interviene con una nota sulla notizia, anticipata ieri dal nostro giornale, dell’avvenuto patteggiamento in Tribunale nell’inchiesta sugli scarichi a mare. «Il giudice - scrive Solvay - ha accolto la richiesta dell’azienda, fissando una sanzione pecuniaria complessiva di 58.460 euro». Parla di patteggiamento « che non comporta necessariamente un’ammissione di responsabilità». L’azienda ribadisce infatti che «la motivazione principale è di non intraprendere un lungo e complesso iter giudiziario, non giustificato dall’entità dell’evento. Durante il corso del procedimento, sono state già completate da parte dell’azienda azioni specifiche relative al trattamento degli scarichi idrici dello stabilimento, per complessivi 7 milioni di euro. Sono stati poi individuati ulteriori interventi di miglioramento che Solvay si è impegnata a perseguire, nel quadro della sostenibilità ambientale delle proprie attività industriali e della costante collaborazione con istituzioni ed organi di controllo, nel rispetto delle normative e delle autorizzazioni ambientali in vigore».
(Il Tirreno del 16/10/2013)

Otto corridoi di sicurezza sulle Spiagge Bianche di Rosignano. Potenziato il piano di salvataggio: l’arenile sarà diviso in zone, con cartelloni per delimitare le diverse aree e facilitare l’accesso dei mezzi di soccorso.

Otto cartelloni che indicano altrettante aree di quella spiaggia dai colori caraibici e vista industriale conosciuta in tutta Italia con il nome di Spiagge Bianche. L’iniziativa, promossa per l’estate 2014 dal Comune di Rosignano, ha l’obiettivo di ottimizzare i tempi di soccorso in caso di richiesta di aiuto. Perché, solo l’estate scorsa, i bagnini che presidiano quel tratto di arenile libero lungo un chilometro hanno soccorso 44 bagnanti: e di questi ben 14 hanno richiesto l’intervento di pronto soccorso garantito dai mezzi della Pubblica Assistenza.

«Un dato – conferma il comandante della guardia Costiera di Vada Alessandro Balisciano – che non ha uguali in tutta la Toscana perché in tutta la Regione non esiste un tratto così esteso di arenile libero che, per altro, richiama ogni estate migliaia di turisti». E dunque, per garantire una maggiore sicurezza, i villeggianti troveranno, affissi lungo la spiaggia dal Lillatro sino a Vada, otto cartelli con stampate le indicazioni precise del luogo. Cartelli contrassegnati da lettere e numeri.

Otto i pannelli: due nella zona del pennello, due al Galafone, due nei pressi del fiume Fine e due al Lillatro. Una suddivisione in zone in modo che, nel caso di richiesta di aiuto, i fruitori delle spiagge possano indicare ai soccorritori l’esatta zona in cui si trovano; indicazioni importanti per i mezzi di soccorso che potranno individuare immediatamente gli accessi al mare «e accelerare – spiega Daniele Donati assessore alla qualità urbana – i tempi di intervento». Ma non solo. Quest’anno sarà aumentata anche la sorveglianza nei giorni festivi: «In una delle torrette che verranno installate lungo le spiagge bianche, tre in tutto partendo dal Lillatro, sarà presente – dice Donati - un bagnino in più così da garantire nei giorni di festa, una maggiore assistenza alla balneazione». (A.Bernardeschi per Il Tirreno del 17/4/2014)

Agosto 2014 - Rapido giretto annuale in area Fosso Bianco per vedere se c'è qualcosa di nuovo...ottimi i nuovi pannelli: due nella zona del pennello, due al Galafone, due nei pressi del fiume Fine e due al Lillatro che suddividono l'area in zone per indicare ai soccorritori l’esatta zona dove intervenire; 7 cartelli di Divieto di Balneazione sulla stessa recinzione fatta con pali e catene arrugginite fin dal montaggio nel 2012, il divieto di bagno nel fosso del "Gentili" reso illeggibile e con tuffatori, anche ex dipendenti Solvay in azione, i due scarichi nel FB posti a valle dei campionatori Arpat per cui "ci mando quello che voglio..."la squadra di calcio giovanile sceglie pure lei la "sana zona" per l'allenamento ed infine l'immancabile nonno che accompagna il nipotino a sguazzare nella calda acqua del fosso industriale...non resta che andarsene quanto prima...

Troppo mercurio in mare alle spiagge bianche Il dossier dell'Arpat sulla qualità delle acque intorno allo scarico della Solvay: "La contaminazione arriva fino alla costa di Quercianella" di Anna Cecchini.
Contaminazione da mercurio, non solo davanti allo scarico Solvay ma fino alla costa di Quercianella, nel periodo antecedente al 2010, e superamento dei parametri di mercurio e tributilstagno nei monitoraggi effettuati fino ad oggi, tale da definire lo stato chimico della zona “non buono”. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni del rapporto sulla “Qualità delle acque marino costiere prospicienti lo scarico Solvay di Rosignano”, pubblicato da Arpat nei giorni scorsi sul proprio sito internet. Un rapporto dettagliato in cui vengono ripercorsi i campionamenti effettuati dall’azienda chimica e dalla stessa Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana) negli ultimi dieci anni. A richiedere il documento di sintesi ad Arpat e Ispra, come si legge nella premessa del rapporto, è stato «il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con nota n. 4851 del 12 febbraio 2014. Per fornire una risposta a tale richiesta sono stati raccolti i dati e le informazioni, ad oggi disponibili, sui risultati del monitoraggio ambientale effettuato e delle indagini condotte a vario titolo da diversi istituti di ricerca, oltre alle informazioni sui risultati dei controlli condotti negli ultimi anni sullo scarico dell’impianto». A proporre, nel giugno del 2013, la prosecuzione del monitoraggio effettuata nel periodo fra il 2004 e il 2008, è stata la stessa Arpat, «al fine di valutare - si legge ancora nel documento - gli effetti ambientali sull’ecosistema marino conseguenti alla presenza dello scarico Solvay (che dal 1912 ha scaricato in mare oltre 13.000.000 di tonnellate di solidi sospesi, che dal 1941, sia pure con livelli di contaminazione diversi nel tempo, hanno veicolato tra l’altro mercurio».Quanto ai risultati, dallo studio effettuato dagli esperti Arpat, emerge che «il monitoraggio antecedente al 2010 ha evidenziato in sostanza che l’area marina prospiciente lo stabilimento Solvay è caratterizzata dalla presenza di una contaminazione da mercurio nei sedimenti, in una zona piuttosto estesa, che va dallo scarico Solvay, verso nord-ovest fino alla zona di Quercianella: i vari studi condotti da diversi istituti di ricerca e i dati del monitoraggio effettuato da Arpat, hanno rilevato la presenza di mercurio con concentrazioni variabili, in funzione del punto di prelievo e della profondità dello stesso (con valori massimi intorno a 4 mg/kg s.s.). Tale situazione può essere collegata alla distribuzione granulometrica dei solidi sospesi presenti nello scarico che, essendo costituiti in buona parte da particelle fini (peliti), vengono dispersi in aree abbastanza estese, mentre la parte più grossolana si deposita nell’area più vicina allo scarico». Arpat ha naturalmente analizzato anche gli effetti dei solidi sospesi sulle acque: «I parametri temperatura, salinità e nutrienti, come lo zooplancton e il fitoplancton, non sembrano mostrare aspetti di criticità». Peggiore, sempre relativamente ai controlli fatti prima del 2010, lo stato della prateria di posidonia nell’area marina circostante lo scarico «è sottoposta ad un impatto negativo dovuto essenzialmente alle concentrazioni e al flusso di massa dei solidi sospesi totali (Sst), presenti nello scarico. La prateria situata di fronte la costa di Rosignano è alquanto articolata con la presenza di macchie, anche di notevoli dimensioni ed ha subito una regressione, verso il largo, del limite superiore causata da un notevole apporto di sedimenti». Quanto al monitoraggio effettuato dal 2010 fino ad oggi, la situazione non appare molto diversa. «Facendo riferimento strettamente ai parametri chimici e biologici rilevati presso il punto di monitoraggio “Rosignano Lillatro”, posizionato nell’area interessata dallo scarico, risulta uno stato chimico non buono (tra l’altro scritto a caratteri maiuscoli, ndr), a causa del superamento dei valori di concentrazione previsti per il mercurio e il tributilstagno; tale situazione si ripresenta anche per gran parte degli altri corpi idrici della costa toscana, ad esclusione della “Costa dell’Argentario”. Il Tributilstagno non sembra ascrivibile allo scarico Solvay, mentre il mercurio, presente anche in quasi tutti gli altri corpi idrici marino costieri della Toscana, è stato sicuramente influenzato, in maniera determinante dal contributo dello stabilimento»

2016 la cronaca non si ferma

25.01.2016 - A Rosignano Solvay il mesotelioma cresce del 300%: in Italia industria fa ancora rima con tumori di Marta Panicucci.
"Rosignano è ai primi posti in Italia per i casi di mesotelioma in rapporto alla popolazione, e il trend è tale anche per le altre patologie tumorali”: non lasciano spazio a interpretazioni le parole di Ezio Bonanni dell’Ona (Osservatorio nazionale sull’amianto) riguardo all’incidenza del tumore legato all’esposizione all’amianto di lavoratori e cittadini del paese di Rosignano Solvay.  “Emergono per la Asl 6 di Livorno 192 decessi rispetto agli 80 attesi” sono i risultati dell’ultima indagine Ona sulla provincia resi noti in questi giorni dalla Onlus che ha presentato un esposto alla Corte europea per chiedere “la condanna della Repubblica italiana per la mancata adozione di concrete misure per limitare l’incidenza epidemiologica delle patologie asbesto correlate in Rosignano e in tutto il comprensorio”. Purtroppo l’Ilva di Taranto, nonostante sia l’esempio più eclatante, non è l’unico caso in Italia in cui lavoratori fa rima con tumori, in cui le esigenze produttive si scontrano con la tutela ambientale e la difesa della salute dei cittadini. La vicenda legata alla multinazionale chimica belga, che nel 1913 ha iniziato i lavori per la costruzione dello stabilimento toscano per la produzione di soda caustica, bicarbonato e carbonato di sodio, è annosa e complessa. Rosignano Solvay non è un paese che ospita una fabbrica, è un paese creato intorno e per la fabbrica. Le case, le scuole elementari, il teatro, lo stadio, il circolo per il dopo lavoro, lo stabilimento balneare, tutto a Rosignano è stato creato dalla Solvay con il marchio di fabbrica sopra. E lo stabilimento da oltre un secolo fa il buono e il cattivo tempo del territorio decidendo della vita, del lavoro e purtroppo anche della morte dei cittadini. Da anni la Solvay è accusata di essere la responsabile dell’alto tasso di malattie e tumori legati all’esposizione dell’amianto e della presenza di altre sostanze altamente cancerogene. I rischi per lavoratori e cittadini non derivano soltanto dall’amianto maneggiato all’interno della stabilimento, ma anche dalle sostanze cancerogene che la fabbrica disperde da decenni in aria tramite le ciminiere e in acqua tramite i fossi di scarico dei rifiuti chimici che arrivano direttamente in mare. Dallo stabilimento di Rosignano Solvay esce la quasi totalità della produzione di carbonato di sodio utile all’industria italiana. Lo smaltimento regolare di rifiuti, come mercurio e arsenico, che si creano con una così alta produttività può costare alcune migliaia di euro a tonnellata: costi enormi per un’azienda che, invece, scarica in mare oltre 146mila tonnellate di rifiuti l’anno. La quantità di inquinanti presenti nel tratto di costa di fronte alla Solvay è così elevato che nel rapporto ONU del 2002, l’Organizzazione  mondiale ha incluso Rosignano Solvay tra i 15 luoghi costieri più inquinati d’Italia. Secondo le stime, infatti, nel mare turchese delle famose Spiagge Bianche create con il bicarbonato sarebbe concentrato il 42,8% dell’arsenico totale riversato nel mare italiano. Ed il mercurio scaricato dal fosso inquina il tratto di mare di fronte alla fabbrica fino a 14 chilometri dalla costa. Lo stabilimento di Rosignano Solvay dai primi anni del ‘900 sversa in mare solidi pesanti e metalli come mercurio, arsenico, cadmio, cromo, ammoniaca e solventi organici potenzialmente cancerogeni. Nel 2014 il Ministero dell’Ambiente ha incaricato l'ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) di verificare gli effetti sull’ambiente marino dello scarico in mare dello stabilimento, con particolare riferimento ai solidi sospesi. Nell’ottobre 2014 l’Arpat ha pubblicato il rapporto che rivela: “Le acque marine antistanti lo scarico risulta uno stato chimico “Non Buono”, dovuto al superamento (nelle acque) dei limiti previsti per il mercurio e il tributilstagno, nel punto di monitoraggio Lillatro”. E su questo aspetto c’è ancora un processo in corso. Nel 2009, infatti, la procura di Livono ha aperto un’indagine che ha portato la Solvay sul banco degli imputati nel 2013. L’allora direttrice dello stabilimento e quattro ingegneri sono stati rinviati a giudizio per la scoperta di quattro scarichi abusivi sconosciuti all’ARPAT, e una procedura per annacquare i fanghi e aggirare così i limiti di legge. La Solvay ha sostanzialmente ammesso le sue colpe chiedendo il patteggiamento, accettato dalla Procura di Livorno a condizione, però, che la fabbrica effettuasse un piano di risanamento e messa in regola entro il 2015. E così mentre la Solvay era intenta a difendersi da pesanti accuse, lavoratori e cittadini hanno continuano ad ammalarsi. La cosa più assurda di questa situazione è che nessuna istituzione locale o nazionale ha ritenuto necessario svolgere una seria indagine sulla salute di lavoratori e dei cittadini per stabilire una volta per tutte se ci sia o meno un nesso tra alta incidenza di tumori registrata a Rosignano dall’ASL e presenza da un secolo di una fabbrica di tale portata. Nel 2014 anche la trasmissione della RAI Gazebo ha fatto un servizio sulla Solvay riaccendendo la polemica sui rischi legati all’amianto. A quel servizio la fabbrica ha risposto accusando la trasmissione di diffondere “assurdità” e respingendo ogni tipo di nesso tra morti e fabbrica. L’ONA, ovviamente, non è dello stesso avviso e nemmeno la magistratura. Nel luglio scorso il tribunale di Livorno ha condannato l’INAIL a costituire la rendita in favore della vedova di un ex dipendente Solvay morto per tumore al polmone nel 2010. Aveva 57 anni e aveva lavorato per 31 anni nel settore manutenzioni dello stabilimento chimico di Rosignano. Nel corso del procedimento è stato provato che la morte del dipendente Solvay era legata alla “malattia professionale”, cioè all’esposizione all’amianto nel sito produttivo. Negli anni ’20 e ’30 quando ancora si moriva di raffreddore e le conoscenze sanitarie era scarsissime non si poteva pretendere che all’interno di una fabbrica si facesse prevenzione o scelte legate alla tutela dell’ambiente. Ma negli anni la situazione è cambiata, la consapevolezza dei rischi per l’ambiente e la salute hanno preso il posto dell’ignoranza e della superficialità, ma in molti casi italiani il cambio di passo politico su queste tematiche non c’è stato. Le esigenze produttive e occupazionali, hanno sempre prevalso sui tentativi di lavoratori e associazioni di chiedere maggiori tutele e garanzie. E così la Solvay per i lavoratori che per anni hanno lavorato senza alcuna protezione con l’amianto, che l’hanno respirato, ingerito, che sono tornati a casa dalla famiglia con i vestiti contaminati ha offerto qualcosa come un anno di pensione anticipata ogni due anni passati immersi nel minerale killer (e soltanto ai lavoratori più esposti). Perchè l’industria, le grandi multinazionali sono abituate a pensare con il portafoglio in mano, a pensare che si possa comprare tutto, anche il silenzio e la salute con qualche contributo in più. “La contaminazione di polveri e fibre di amianto, e di altri cancerogeni, negli ambienti di lavoro e in quelli di vita ha determinato, sta determinando e determinerà – prevede ancora l’ONA - una più alta in
cidenza di patologie asbesto correlate (mesoteliomi, tumori polmonari, della laringe, dell’ovaio, del tratto gastrointestinale) e di altre patologie, in tutta la popolazione e non solo tra i lavoratori”. Per questo motivo la Onlus ha presentato esposto alla Corte Europea chiedendo che “in ambito comunitario si sanzioni l’Italia anche per l’operato della Regione Toscana e del Comune di Rosignano”. La politica, infatti, a tutti i livelli nazionale e locale ha sempre avuto un comportamento ambiguo nei confronti dello stabilimento Solvay, così come delle altre fabbriche sul territorio. Sotto una patina di richieste formali di adeguamento alle norme europee e tutela dell’ambiente e della salute, le azioni concrete di controllo e indirizzo dell’operato della Solvay non si sono mai viste. Anzi, secondo Medicina Democratica grazie al decreto CITAI (Comitato Interministeriale Tutela Acque dall’Inquinamento) che affida alle amministrazioni locali il potere di concedere autorizzazioni in deroga alle fabbriche “la Provincia di Livorno concede da anni a Solvay autorizzazioni quadriennali in deroga per i solidi sospesi, veicolanti in mare migliaia di tonnellate di metalli tossici e solventi”. Della difficile, ma necessaria convivenza di industria, ambiente e salute si discute da anni. Su un piatto della bilancia ci sono gli interessi e gli investimenti di grandi marchi o multinazionali che portano sul territorio valore aggiunto e occupazione, ma dall’altra ci sono temi legati alla tutela dell’ambiente, l’aria e il mare, e soprattutto della salute chi vive dentro e fuori lo stabilimento. In realtà, per quanto riguarda la Solvay, il piatto della bilancia con il valore aggiunto portato dall’azienda al territorio non è più così pesante, com’era, invece, nei primi decenni di attività. Secondo uno studio del dipartimento di economia e management dell’Università di Pisa (“Stima delle ricadute economiche della Solvay sul territorio della Val di Cecina dal 2006 al 2012” di Cheli, Coli, Del Soldato e Luzzati) ad oggi i dipendenti Solvay, compresi i lavoratori dell’indotto, rappresentano il 2-4% della popolazione e il valore aggiunto (calcolato in stipendi e tasse pagate all’amministrazione) si aggira tra l’1 e il 2% del valore complessivo prodotto dallo stabilimento Solvay. Secondo le testimonzianze di molti dipendenti, infatti, la multinazionale belga vorrebbe chiudere il sito livornese, ma, in quel caso, sarebbe obbligata a bonificare tutta l’area, con un’operazione enorme e costosissima. Rosignano Solvay è il classico esempio dell’incompetenza e del lassismo della politica italiana che su temi importanti come la tutela dell’ambiente e della salute adotta un comportamento di rassegnato permissivismo in nome della produttività e dell’occupazione. Intanto, mentre si tutela il guadagno delle fabbriche, non si difendono i cittadini, con costi enormi in termini umani, ma anche strettamente economici. Secondo uno studio nazionale dell’ARPA (“Industria, ambiente e salute” del 2012) le stime dei costi sanitari e ambientali dovuti alle emissioni industriali indicano una conto economico, nel 2009, compreso tra 102 e 169 miliardi di euro. “Anche la bonifica dei siti inquinati – spiega lo studio - richiede un impegno economico spesso molto rilevante. Eppure oggi ci sono studi che dimostrano la convenienza di investire nella prevenzione e nella bonifica: utilizzando una visione di più ampio respiro e strumenti già sperimentati a livello internazionale si può quantificare il saldo positivo che deriva dai costi sanitari “risparmiati” eliminando le fonti di esposizione”.  Ma anche in questo frangente l’Italia si dimostra miope, assoggettata agli interessi industriali e incapace di difendere i cittadini proponendo metodi alternativi di produzione, smaltimento sicuro dei rifiuti o diverso impiego dei siti. E intanto mentre multinazionali straniere la fanno da padrona nei paesi italiani (quello di Rosignano è soltanto uno degli stabilimenti in Italia della Solvay) alle associazioni come l’ONA non resta che fare la conta dei morti e invocare l’intervento europeo per chiedere quella protezione dei cittadini che lo Stato italiano non è in grado di garantire.

2017 la cronaca non si ferma


LA SITUAZIONE INACCETTABILE MOSTRATA SOTTO DEVE CESSARE QUANTO PRIMA


Galleggiamento lungo il canale e padre e figlio impegnati nella traversata nonostante i divieti. Il guado si ripete con notevole frequenza...Dopo l'arginatura del fosso visibile a destra e la costruzione del ponticello in legno nel 2005, la battigia si è allontanata di una ventina di metri ricreando le condizioni precedenti favorevoli all'attraversamento a guado.
L'ATTRAVERSAMENTO A GUADO DELLO SCARICO NON VA SOLO VIETATO, VA RESO IMPOSSIBILE
Appare evidente quanto sia necessario un ulteriore allungamento degli argini del fosso e che l'area di battigia di 200 m. (100 per lato) intorno al canale venga totalmente recintata fino a ~20 m. in mare impedendo veramente il passaggio delle persone su quel lato. In pratica l'attuale inutile barriera di vecchi pali uniti da catena, va completata con pali inox e rete metallica idonea fino in mare. Solo in questo modo si impedisce l'accesso all'area altamente inquinanta. Più o meno come nello schema sotto:

28 agosto 2017 - Solvay, pesci morti lungo le Spiagge Bianche della Toscana: la procura indaga sugli sversamenti di ammoniaca.

4 settembre 2017 - I Caraibi chimici fra pesci morti e ammoniaca: e c'è chi continua a fare il bagno tra gli scarichi.
Decine di muggini “gaggia d’oro” e alcuni esemplari di lecce “stella”, affiorati sulla battigia in corrispondenza del Fosso Bianco. Hanno l’occhio vitreo e la bocca spalancata, sono morti probabilmente da poche ore. È il tardo pomeriggio di martedì 29 agosto . La stessa mattina alcuni residenti dei Palazzoni (zona sud di Rosignano Solvay) segnalano all’ufficio Ambiente del Comune un forte odore di ammoniaca nell’aria. Viene attivata l’Arpat.
L'ALLARME E LE POLEMICHE
C’è relazione tra lo sversamento di ammoniaca e la moria dei pesci? Lo diranno le analisi dell’Istituto di zooprofilassi di Pisa, ancora in corso. Ma intanto infuriano le polemiche. Si scatenano i pescatori («Chiederemo i danni», dicono), la Coldiretti lancia l’allarme per la filiera ittica, gli ambientalisti puntano il dito contro l’azienda chimica, i partiti politici chiedono commissioni urgenti. Il sindaco Alessandro Franchi scrive alla Solvay e pretende chiarimenti. Si arriva addirittura a ipotizzare di estendere il divieto di balneazione (oggi 100 metri a sud e a nord del fosso). Ma non se ne farà di nulla.
L'INDAGINE DELLA PROCURA
Intanto è assodato che nel mare negli anni, sono finiti i metalli pesanti: mercurio, cadmio, arsenico, cromo, rame, nichel, piombo. Nel 2003 il governo firmò un accordo per la riconversione ecologica della fabbrica. Cinquantasette milioni, di cui 17 a carico delle amministrazioni pubbliche: l’azienda si era impegnata a sostituire le vecchie celle a mercurio dell’elettrolisi con quelle a membrana e a ridurre gli emungimenti di acqua di falda attraverso il riciclo delle acque reflue dei depuratori di Cecina e di Rosignano. Solvay rispettò questi ultimi due punti dell’accordo ma non quelli sui fanghi: avrebbe dovuto ridurre la quantità di solidi sospesi scaricati in mare dal Fosso Bianco secondo una precisa tabella di marcia. A settembre 2009 fu aperta un’inchiesta da parte della Procura di Livorno (5 dirigenti finirono indagati per reati ambientali). L’indagine si chiuse nel 2013 con un patteggiamento . Solvay avrebbe investito i 6,7 milioni per la bonifica e il disinquinamento delle vasche di sedimentazione, l’adeguamento e il sistema di contenimento degli scarichi, impegnandosi a dotarsi entro il 2014 di un impianto di trattamento dei reflui.
Oggi lo stabilimento guidato da Davide Papavero sta giocando una sfida importante sul risanamento ambientale. Ma il caso dello sversamento di ammoniaca fa piombare di nuovo la multinazionale in un mare di polemiche e rischia di scolorire l’immagine delle bandiere blu che ancora campeggiano sul litorale fra Rosignano e Vada. Icona contestata di un mare pulito. Franchi pretende da Solvay chiarezza sull’accaduto e arriva a ipotizzare una revisione dell’autorizzazione integrata concessa dal ministero. I sindacati temono per i lavoratori e si sentono snobbati dall’azienda Chi sembra non preoccuparsi più di tanto sono le migliaia di bagnanti che non rinunciano a questo piccolo angolo di paradiso. Chi se ne frega se è un paradiso tarocco.  Andrea Rocchi per Il Tirreno.

6 settembre 2017 - Ammoniaca alle Spiagge bianche, Arpat: "Valori alti a nord del Fosso Bianco"
Intanto un primo elemento: l’incidente di lunedì 28 agosto in sodiera è successo alle 15.50. L’impianto è ripartito regolarmente e il giorno successivo alle 10 la situazione era tornata alla normalità. Lo dice Arpat, che non spiega tuttavia le cause . Parla genericamente di verifica “dei dati disponibili della sala controllo per le diverse apparecchiature interessate del settore distillazione e scarico finale” e delle “valutazioni fatte dalla società' stessa in base alle informazioni assunte direttamente dagli operatori in turno nel suddetto periodo”.
Blocco in sodiera, perché? Cosa sia successo e perché non è ancora chiaro. Secondo nostre fonti si sarebbe verificato un blocco del sistema informativo, il cervellone della sodiera, con successiva aperture delle valvole di scarico e la raccolta dei liquidi nella vasche di contenimento. La procedura avrebbe visto l’impiego anche dei vigili del fuoco interni per l’abbattimento dell’ ammoniaca attraverso cortine nebulizzatrici. Solvay, interpellata sul fatto, non entra nel merito (visto - dice - che c’è un’inchiesta di Arpat) ma riferisce di un evento di “natura episodica e durata limitata”. E spiega anche che “già qualche ora dopo l’impianto è stato riavviato nelle normali condizioni di marcia, secondo procedure interne previste per garantire il rispetto delle condizioni di sicurezza e impatto ambientale”. «Solvay – dicono in azienda - ha già messo a disposizione degli enti di controllo ogni dato e informazione in proprio possesso, con uno spirito di massima collaborazione, ai fini di una accurata ricostruzione degli eventi.
Arpat: procedure corrette. Sulle operazioni messe in campo dall’azienda chimica, Arpat spiega: «La fase di arresto in emergenza degli impianti sia stata gestita correttamente mentre le fasi di riavviamento impianti ed in particolare di messa a regime degli stessi, avvenuta nelle prime ore del 29 agosto 2017, sono ancora in fase di studio così come i risultati del parametro azoto ammoniacale ottenuti dall'analisi dei campioni ancora disponibili presso il laboratorio Solvay. L'indagine è ancora in corso per correlare tutti gli aspetti ambientali emersi».
Ammoniaca ancora in mare, record a nord del Fosso Bianco. Arpat ha poi reso noti i dati sui campionamenti eseguiti il 31 agosto (dopo quelli del 29 a ridosso dell’incidente). I prelievi sono stati effettuati dalla battigia, in corrispondenza dei sei punti (3 a sud e 3 a nord dallo scarico generale della società Solvay). «Rispetto ai valori di concentrazione ottenuti per tale data - scrive Arpat - , nei campioni del 31 agosto si osserva un incremento dei valori nei punti a nord dello scarico e una diminuzione dei valori nei punti a sud dello scarico, coerente con la direzione prevalente dei venti (da sud ovest. Il punto a maggiore concentrazione risulta quello situato 100 mt a nord dello scarico (1,71 mg/l). Informati Comune e Asl. «I risultati - informa Arpat - sono stati inviati al Comune di Rosignano Solvay ed alla Asl per le opportune valutazioni di competenza. I pesci prelevati martedì 29 agosto, sono ancora presso la sede di Pisa dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Lazio e Toscana, per accertarne le cause della morte. 
Bufera sulla balneazione. Non si placa la polemica sul divieto di balneazione. Il Comune - sulla base delle assicurazioni del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl che ha ritenuto le concentrazioni di azoto ammoniacale ininfluenti per la salute umana - ha deciso di non intervenire per estenderlo. Diversamente il M5S di Rosignano chiede un intervento adeguato ed ha già polemizzato col sindaco per non aver vietato da subito la balneazione alle Spiagge Bianche appena avuta notizia dello sversamento. I dati delle ultime analisi (quelle del 31, quelle di ieri si avranno nei prossimi giorni) confermano la permanenza di ammoniaca vicino al fosso. Cambierà qualcosa? Intanto la consigliera M5S Serena Mancini in un post su Facebook annuncia un esposto in Procura sulla vicenda. Andrea Rocchi per Il Tirreno.

8 settembre 2017 - Pesci spiaggiati, analisi con beffa «Impossibile accertare le cause»
Nove giorni di attesa. E un nulla di fatto. Le analisi chimiche sui pesci morti prelevati il 29 agosto alle Spiagge bianche si sono trasformate in una beffa. Proprio l'esito di queste verifiche avrebbe consentito di capire una volta per tutte se la morte degli animali fosse da collegare allo sversamento di ammoniaca dagli impianti della società Solvay, avvenuto il 28 agosto. Insomma, le cause della moria, segnalata da alcuni cittadini la mattina del 29 agosto, non verranno mai a galla. Visto che la risposta dell'istituto di zooprofilassi elimina ogni speranza. Come conferma l'assessore all'ambiente e vicesindaco Daniele Donati. «I tecnici dell'Istituto di zooprofilassi - spiega - non sono in grado di analizzare i campioni. I pesci, anche se sono stati refrigerati dopo essere stati prelevati dalla spiaggia, risultavano già molto deteriorati». Il che significa che l'istituto di zooprofilassi, nonostante i tentativi, non ha potuto entrare nel merito delle cause che hanno portato alla moria. «Non sono in grado di risalire - conferma Donati - ai motivi della morte dei pesci».Una vicenda, quella dei risultati delle analisi sui pesci, che ha aspetti surreali. Fino ad oltre le 16 di ieri, dopo nostre svariate telefonate, l'istituto di zooprofilassi (sedi di Pisa e Firenze) e l'Asl nord-ovest (zona Cecina) si sono rimpallate le competenze. «Da noi - ha detto il direttore dell'istituto di zooprofilassi di Firenze, Giovanni Brajon - non è pervenuto nulla di analizzare, semmai la vicenda è stata trattata dai colleghi di Pisa». Dove, a nostra richiesta, nella tarda mattina di ieri ci è stato risposto di aver già inviato all'Asl cecinese »gli esiti di quel che poteva essere repertato». A quel punto la sensazione che le verifiche sui pesci potesse portare ad un vicolo cieco si è fatta sempre più strada. Anche perché l'azienda sanitari ha più volte fatto sapere di non aver ricevuto alcun risultato dai tecnici di Pisa, come confermato pochi minuti prima delle 16 dal dottor Paolo Lucchesi, responsabile Asl di zona: «Non ho visto nessuna comunicazione dall'istituto di zooprofilassi». Poco dopo l'assessore Donati ha chiarito che la risposta era arrivata, eccome. «L'Asl, dopo averle ricevute dall'istituto di zooprofilassi di Pisa, - ha detto Donati - oggi (ieri, ndr) intorno alle 14 ci ha girato la risposta alle analisi che dovevano essere fatte sui pesci morti. Lo stato deteriorato dei campioni prelevati non consente di fare le analisi e quindi di risolvere il quesito sulle cause della morte». C'è da chiedersi come sia stato gestito il prelievo dei pesci. Donati spiega che il 29 agosto alle Spiagge bianche «per primi sono intervenuti la Guardia costiera e personale dell'ufficio ambiente del Comune, che ha prelevato i campioni e li ha portati all'Asl di Cecina. Mi risulta che, ben refrigerati, il giorno successivo siano stati portati all'istituto di zooprofilassi». Fatto sta che ad oggi risulta impossibile capire come i pesci siano morti. Anna Cecchini per Il Tirreno.

9 settembre 2017 - Ammoniaca e pesci morti il caso in Parlamento europeo.
Incredulità e rabbia. Queste le reazioni, dopo la notizia della mancata possibilità di analizzare i pesci trovati morti la mattina del 29 agosto alle Spiagge bianche, il giorno dopo uno sversamento di ammoniaca dalla Solvay.Il Movimento 5 Stelle fa sapere che sulla vicenda è già stata depositata una interrogazione al Parlamento europeo. «Le spiegazioni fornite dal vicesindaco Daniele Donati - scrivono Elisa Becherini, Mario Settino e Francesco Serretti - e apprese dai quotidiani circa la mancata possibilità d'analisi dei pesci prelevati dalla spiaggia antistante lo scarico a mare della Solvay non sono convincenti. Non convince tutta la vicenda, a partire dal mancato divieto di balneazione precauzionale, proseguendo con le mancate e doverose comunicazioni ai cittadini da parte dei dirigenti Solvay. Per arrivare al comunicato beffa che non si riesce a sapere la causa del decesso dei pesci». Il modo in cui è stata gestito l'iter per ottenere le analisi sui pesci morti non convince, come dimostrano anche numerosi commenti su fb. «Senza contare - proseguono Settino e colleghi - che ancora non sappiamo alcun dettaglio sull'incidente in fabbrica, tutto questo da ben più di una settimana». Ecco che i tre consiglieri stanno procedendo ad interessare «della grave questione i nostri portavoce regionali e nazionali, mentre i nostri rappresentanti M5S in Europa hanno già depositato un interrogazione. La stessa cosa avverrà in Regione». Il M5S, che invita i cittadini a partecipare alla Commissione prevista alle 10 di martedì 12 settembre sulla vicenda, ha inoltre presentato una richiesta d'atti per chiedere «la perizia macroscopica sullo stato dei campioni, documentazione fotografica (o video) della raccolta dei pesci, attestato del loro stato alla presa in carico del laboratorio di zooprofilassi, analisi chimica e batteriologica corredata dalle note che ne evidenzino i limiti, luogo dove sono stati smaltiti i restanti pesci con relativa documentazione di smaltimento. Anche Serena Mancini (M5S) ha fatto richiesta agli atti «per ottenere la perizia effettuata sui pesci e la lettera di risposta che Solvay ha inviato a Franchi».  Mancini ha inoltre chiesto che alla Commissione del 12 settembre siano invitati a partecipare i tecnici dell'Istituto di zooprofilassi. «Il Comune sa che la relazione di Solvay sull'accaduto - prosegue Mancini - arriverà entro il 15, è assurdo quindi fare la Commissione sulla vicenda tre giorni prima». Anche Mancini, come Medicina democratica, annuncia l'invio di un esposto in Procura. Sulla stessa linea anche Sul, che con il consigliere Niccolò Gherarducci sottolinea come «sia assurdo che in un giorno i pesci si deteriorino. Mi aspetto che durante la Commissione sia chiarita la vicenda delle analisi mancate sui pesci. Chiedo anche che alla Commissione vengano invitati i tecnici che avrebbero dovuto fare le analisi sugli animali». Anna Cecchini per Il Tirreno.

10 settembre 2017 - Ammoniaca e pesci morti - Ona: «Sversate altre sostanze?»
«
A quanto pare sembra che non sia possibile capire se la morte degli animali si possa ricollegare con lo sversamento di ammoniaca, avvenuto il giorno precedente». Anche l'Ona (Osservatorio nazionale amianto) interviene sulla vicenda dello sversamento e della moria, segnalata il giorno successivo da alcuni cittadini. «Questo è già il secondo episodio di inquinamento delle acque a Rosignano - si legge in una nota dell'Ona - il primo avvenuto ben 10 anni fa, a seguito di un blackout. Ma, cosa è cambiato da allora? Come riportato in un documento Arpat, datato 1 agosto 2007, "il giorno 19 giugno 2007 alle ore 8:50 nell'insediamento industriale di Rosignano Solvay si è verificato un totale black-out elettrico che ha provocato la fermata di tutte le unità produttive dello stabilimento Solvay e delle altre ditte dell'insediamento industriale. La situazione accidentale si è evidenziata soprattutto con una fuoriuscita di ammoniaca dall'unità produttiva "sodiera" e con un suo deflusso nello scarico al riavvio delle unità di produzione; oltre a questo si sono verificate emissioni di fumo dalla torcia dell'impianto di stoccaggio etilene e dalla torcia dell'impianto di produzione Polietilene"». «Sono passati 10 anni e siamo di nuovo qui - dichiara Antonella Franchi, coordinatrice nazionale Ona- a parlare dell'acqua inquinata. In entrambi i casi si è parlato di ammoniaca, ma chi ci garantisce che non sia stata sversato anche qualche altro materiale ancor più dannoso? Qui non se ne può più. Che le istituzioni si muovano, il tempo passa ma i danni restano». L'Osservatorio amianto ricorda anche come il documento Arpat in occasione dello sversamento del 2007 «termina con "nel corso degli eventi del 19 giugno sono emersi alcuni aspetti critici, seppur evocati da una situazione particolarmente eccezionale come quella del disservizio elettrico occorso. Si deve in ogni caso prendere atto che nonostante quest'ultimo avesse una probabilità estremamente bassa di verificarsi, si è ugualmente realizzato. Pertanto è parere dell' Agenzia che la società Solvay dovrebbe procedere ad una revisione delle procedure e dei dispositivi di emergenza finalizzati principalmente al confinamento di ammoniaca e alla distruzione di vapori organici in modo esaustivo"».«Il caso di Rosignano - dice dichiara l'avvocato Ezio Bonanni, presidente Osservatorio nazionale amianto - è comune a molti altri territori del nostro Paese e del nostro pianeta. È una questione di sensibilità culturale, di senso etico, del dovere di restituire alle future generazioni questo pianeta che abbiamo preso in prestito senza distruggerlo». Il Tirreno.

12 settembre 2017 - Papavero spiega il corto circuito in sodiera «Valori ammoniaca incompatibili con l'accaduto»
Moria di pesci «Il nostro guasto non c'entra»

«Non risultano evidenze di superamento dei limiti di ammoniaca tali da creare conseguenzialità con ciò che è successo fuori». Ossia la moria di pesci, trovati spiaggiati il 29 agosto intorno alla foce del Fosso bianco (canale di scarico dello stabilimento Solvay). Davide Papavero, direttore dell'azienda di via Piave, prende le distanze da quanto accaduto all'esterno del perimetro dell'azienda e sottolinea l'importanza di «separare i fatti dalle opinioni». Anche se non nasconde che l'analisi delle acque all'interno di due delle tre provette del campionatore lungo il corso del Fosso bianco, quelle abitualmente analizzate per verificare le concentrazioni di solidi sospesi, hanno dato «concentrazioni di azoto ammoniacale leggermente superiori al limite (15mg/lt, ndr), ma si tratta davvero di pochi milligrammi per litro».In un incontro con la stampa convocato per fare chiarezza sulla vicenda, dati alla mano, il numero uno di Solvay Rosignano ripercorre quello che tra il 28 e il 29 agosto è successo alla sodiera, che di fatto è rimasta completamente bloccata dalle 15.50 alle 19 di lunedì 28, per poi ripartire a pieno regime alle 10 del giorno successivo. Ore convulse per dirigenza e dipendenti Solvay, che si sono trovati ad affrontare un'effettiva emergenza. «Alle 15.50 del 28 agosto - ricorda Papavero -un dispositivo elettronico del sistema informatico della sodiera ha fatto corto circuito e dato che mancava la visualizzazione totale dei processi chimici, la sala controllo ha bloccato l'impianto». Papavero assicura che «dalle 15.50, come avviene in tutti i casi di emergenza, gli scarichi sono stati deviati dal Fosso bianco ad un bacino di diversione, una enorme vasca nel perimetro dello stabilimento». Praticamente, in via precauzionale, Solvay evita di sversare in mare quando si verificano anomalie nelle lavorazioni. «Ricordo - dice ancora il direttore - che i liquidi lasciati nel bacino non finiscono in mare, ma in un secondo tempo vengono reimmessi in sodiera per la lavorazione. Ciò è avvenuto anche questa volta». Il direttore spiega che alle 19 del 28 agosto il guasto al sistema di controllo della sodiera è stato riparato, con la predisposizione del riavvio dell'impianto (operazione che richiede svariate ore). «A questo punto - prosegue -, intorno alle 4 della notte fra il 28 e il 29 agosto, il canale di scarico è stato girato dal bacino di diversione al Fosso bianco. Alle 10 del 29 agosto l'impianto era totalmente in marcia».I veri grattacapo, per la Solvay, sono arrivati dopo. «Alle 18 del 29 - spiega - sono arrivati rappresentanti di Capitaneria di porto e Arpat, dicendoci dei pesci morti e della necessità di entrare in stabilimento per fare controlli. Alle 21 Arpat ha prelevato acqua all'altezza dei campionatori in cima al Fosso bianco e lungo la battigia». Poi, il 30 e il 31 agosto, c'è stato un lungo faccia a faccia tra l'Agenzia per l'ambiente e i vertici Solvay che hanno ricostruito l'iter dell'incidente. «Abbiamo detto ad Arpat - spiega Papavero -che non si ha evidenza di aver scaricato quantità di azoto ammoniacale significativamente superiori alle usuali». Il direttore chiarisce che Solvay, ha analizzato le acque del campionatore all'inizio dello scarico del Fosso, di solito usate per verificare la quantità dei solidi sospesi. Si tratta di tre provette, ognuna delle quali contiene il liquido "di passaggio" relativo ad 8 ore della giornata. «Nella prima - spiega Papavero, che comprende le ore a ridosso dello stop dell'impianto avvenuto il 28 (dalle 15 alle 19) i valori di ammoniaca erano molto inferiori al limite, le altre due provette (che contengono il liquidi di passaggio nel campionatore tra le 19 del 28 e le 10 del 29) contengono percentuali di ammoniaca leggermente superiori alla media, pochi milligrammi». Insomma Papavero è dell'opinione che i pesci non siano morti per colpa di un eccesso di ammoniaca nell'acqua. Fatto sta che proprio le analisi delle provette hanno rivelato, anche se in quantitativi minimi, un superamento dei livelli di azoto ammoniacale. «L'ipotesi è che ci sia arrivato - prosegue Papavero - quando, a guasto concluso, abbiamo girato lo scarico dal bacino di diversione al Fosso bianco, forse l'operazione è stata fatta un po' prima del dovuto. Ma ripeto: questi risultati non sono compatibili con la moria, né per quantità di ammoniaca rilevata né per i tempi». Il direttore di via Piave assicurando che oggi parteciperà alle 10 alla Commissione consiliare organizzata sul caso, e interviene anche sul mancato esito delle analisi dei pesci. «Cosa si intende - spiega - quando l'Istituto di zooprofilassi dice che erano degradati? E poi perché sono morte solo queste due specie e ne sono stati ritrovati solo tre o quattro?». Come a voler mettere l'accento sulla singolarità dell'intera vicenda. Anna Cecchini Il Tirreno.

Ottobre 2018 Le analisi per il fenomeno del materiale biancastro spiaggiato sulle Spiagge Bianche di Vada.
Il solido ritrovato sulla spiaggia in località Spiagge Bianche ha una composizione similare al solido contenuto nello scarico Solvay, con presenza di carbonati, elevate concentrazioni di calcio e magnesio.
In relazione al fenomeno riportato sulla stampa locale a partire dal 10 ottobre scorso relativo alla  Completate le analisi per il fenomeno del materiale  biancastro spiaggiato  sulle Spiagge Bianche di Vadapresenza di schiume compatte di colore bianco ritrovate sulla battigia a nord del Fosso Bianco in Località Spiaggie Bianche di Vada di cui abbiamo già riportato i primi risultati analitici sui campioni prelevati dai tecnici del Dipartimento ARPAT di Livorno nelle giornate del 10 e 12 ottobre, si forniscono i risultati completi delle analisi, a seguito anche di approfondimenti documentali richiesti alla Società Solvay per valutare tutti gli elementi acquisiti nelle ispezioni svolte. Si ricorda che la formazione di schiume nello specchio di mare antistante lo scarico generale Solvay è un fenomeno che si è presentato molte volte nel corso degli anni, generalmente limitato al periodo estivo, in particolari condizioni meteo marine. E' un fenomeno ben investigato, anche oggetto di studi scientifici presentati dall’Università di Siena negli anni 2011- 2012; fattori chimici, fisici e microbiologici concorrono alla formazione di schiume, mentre la presenza di carbonato (principale componente dei solidi presenti nello scarico Solvay) tende a stabilizzare le schiume formatesi. L’ultimo episodio analizzato dagli Enti risale al luglio 2016 quando vi fu un accertamento di ARPAT su un evento avvenuto il 30/06/2016, con approfondimenti sul fenomeno effettuati d’intesa con ISPRA. Il fenomeno registrato nei primi giorni di ottobre è certamente assimilabile ai precedenti studiati in analoghe condizioni meteo climatiche che ne hanno favorito la genesi. Si fornisce di seguito un quadro riassuntivo delle analisi chimiche e biologiche effettuate dal Settore Laboratorio dell’Area Vasta Costa e Centro sui campioni acquisiti e le osservazioni del Dipartimento di Livorno a conclusione dell’attività svolta :



Materiale solido
I tre campioni di solidoSOLVAY 5.jpg bianco prelevati sulla spiaggia, uno da Solvay in data 9 ottobre, due da ARPAT nelle giornate del 10 e 12 ottobre, sono risultati costituiti prevalentemente da carbonati, con elevate concentrazioni di calcio e magnesio, nonché presenza anche di metalli come ferro, manganese, alluminio e zinco; tutti questi elementi si ritrovano significativamente nello scarico generale dell'installazione Solvay, in particolare nei solidi sospesi da esso veicolati. In merito ai rapporti calcio e magnesio determinati sui vari campioni, si evidenzia per i materiali depositati sull’arenile concentrazioni più elevate di magnesio rispetto a quanto rilevato nello scarico. E’ presumibile che l’arricchimento in magnesio possa essere attribuito ad un processo di parziale solubilizzazione e successiva ricristallizzazione da acqua di mare che, notoriamente, è più ricca in magnesio che in calcio. Sui due campioni di materiale solido bianco (n.reg 8119 e 8120) prelevati sulla spiaggia rispettivamente da ARPAT in data 10/10/2018 e da Solvay in data 09/10/2018 sono stati eseguiti, previa sospensione in acqua e successiva sedimentazione, test per la determinazione - con i metodi ufficiali - dei tensioattivi anionici (MBAS) e dei tensioattivi non ionici (TNI), che sono risultati inferiori al limite di rilevabilità. Aliquote del solido sono state sottoposte ad acidificazione con acido cloridrico (HCl 1:1) evidenziando la presenza di carbonati, con solubilizzazione pressoché completa del solido. Il saggio di tossicità con Vibrio fischeri è stato effettuato sull'elutriato ottenuto dal campione solido spiaggiato (n.reg.8158). L'analisi ha lo scopo di valutare la presenza di sostanze idrosolubili in grado di determinare l'inibizione della luminescenza del batterio marino V. fischeri. L'elutriato si ottiene ponendo in agitazione per 1h a temperatura ambiente il campione in rapporto 1/4 con acqua di mare sintetica, preparata cioè in laboratorio.
Il test ha evidenziato su questo organismo un certo grado di tossicità, comunque non elevata (EC20 = 80,50% e una EC50 = 90,4%). Va, inoltre, sottolineato che, come già comunicato precedentemente, le acque marine campionate 50m a nord dello scarico generale Solvay hanno rilevato assenza di tossicità valutata con lo stesso organismo
V. fischeri.
Acque di scarico
Sono state analizzate le acque di scarico della Solvay, campionate dal personale Solvay, nei giorni compresi dal 6 al 8 ottobre.
SOLVAY 3.jpgNel liquido ottenuto dalla filtrazione di tali campioni sono risultati assenti i tensioattivi anionici ed i fosfati (fosforo totale inferiore al limite di rilevabilità LOD). La determinazione dei metalli pesanti è stata eseguita sia sui campioni filtrati - come previsto dalla autorizzazione AIA ministeriale per la verifica del rispetto di limiti tabellari -,  sia sui campioni tal quali,che permette di rilevare le concentrazioni di metalli presenti nei solidi sospesi.
I dati ottenuti evidenziano sui campioni filtrati (fase liquida dello scarico) valori bassi di concentrazione di metalli, mentre nei campioni tal quale (compresenza di fase liquida e fase solida) si rilevano concentrazioni degli stessi elementi di cui alla tabella sopra riportata: Alluminio (3,48 ÷ 4,93 mg/L), Ferro (3,01 ÷ 3,76 mg/L), Manganese (1,67,3 ÷ 2,38 mg/L) e Zinco (0,227 ÷ 0,920 mg/L).
Sui campioni tal quale sono stati determinate anche le concentrazioni di Calcio e Magnesio ottenendo per tutti i campioni analizzati un rapporto Ca/Mg ~ 3. I risultati delle analisi chimiche del campionamento hanno mostrato il rispetto dei valori limite previsti nell’ AIA ministeriale DM 177 del 07/08/2015 che autorizza tale scarico.

Dalle attività analitiche svolte emergono pertanto le seguenti conclusioni:

  1. il solido ritrovato sulla spiaggia in località Spiagge Bianche ha una composizione similare al solido contenuto nello scarico Solvay, con presenza di carbonati, elevate concentrazioni di calcio e magnesio, nonché presenza di metalli come ferro, manganese, alluminio e zinco; questi elementi si ritrovano significativamente nello scarico generale dell’installazione Solvay.

  2. analogamente a quanto rappresentato in passato per spiegare la presenza delle schiume, sono sicuramente vari i fattori da tenere in considerazione nella formazione degli aggregati ritrovati sulla spiaggia nei primi giorni di ottobre, come la temperatura dello scarico e delle acque marine, il moto ondoso, nonché la portata dello scarico, la concentrazione dei solidi sospesi e l’eventuale presenza di sostanze, anche di origine naturale, con capacità schiumogene. La ricerca di tensioattivi anionici sui campioni prelevati ha dato esito negativo.
    Relativamente agli esiti analitici apparsi sui media, prodotti da un laboratorio privato per conto di un gruppi di cittadini, rimarcando che tali iniziative sono sempre per ARPAT un importante momento di confronto, si vuole precisare che - in mancanza di ulteriori informazioni sulle modalità di conduzione delle analisi effettuate - risulta difficile commentarne i risultati, peraltro molto vicini al limite di rilevabilità dei metodi - viste le diluizioni in gioco (1:10).
    Arpat Agenzia Regionale 21/11/2018

Spiagge bianche, i risultati delle analisi Arpat - Resi noti i risultati delle analisi sul "materiale granulare" in mare a metà gennaio. "Necessari ulteriori approfondimenti per test di tossicità".
"Le analisi chimiche e la valutazione della tossicità effettuate sui campioni di solido spiaggiato - hanno fatto sapere da Arpat - hanno sostanzialmente confermato la natura e la composizione dei materiali rinvenuti similare a quella riscontrata nell’ottobre 2018: il solido è formato interamente da sali di carbonati con contenuti variabili, a livello di mg/kg, degli stessi metalli tipicamente presenti nei solidi scaricati dalla Solvay come ferro, manganese, alluminio, zinco e boro". Motivo per cui Arpat ritiene "necessari ulteriori approfondimenti per test di tossicità".
Questo, in estrema sintesi, è quanto emerso dagli ultimi campionamenti di materiale solido biancastro effettuati dai tecnici Arpat alle Spiagge bianche di Vada il 14 e 18 gennaio. In particolare, il rapporto magnesio/calcio (Mg/Ca) è risultato compreso fra 2,0 e 2,5.
"Dalla comparazione dei risultati analitici - hanno precisato dall'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente - si può affermare che la composizione in termini di metalli di detti granuli risulta pressoché similare, con concentrazioni marcate di alluminio, ferro, manganese, boro ed in misura minore di zinco. In tutti i campioni non è stata riscontrata presenza di tensioattivi, sia anionici che non ionici".
In merito ai rapporti Ca/Mg determinati sui vari campioni, "si evidenziano per i materiali depositati sull’arenile concentrazioni più elevate di Mg rispetto a quanto rilevato nei solidi presenti nello scarico Solvay. È presumibile che l’arricchimento in magnesio possa essere attribuito ad un processo di parziale solubilizzazione e successiva ricristallizzazione da acqua di mare che, notoriamente, è più ricca in magnesio che in calcio. Da sottolineare il fatto che i materiali spiaggiati sono una modesta quantità se confrontata con i quantitativi di solidi scaricati dalla Società Solvay".
Per quanto riguarda invece il saggio di tossicità con batteri bioluminescenti sul campione di solido spiaggiato (campione 100) Arpat precisa che "ha mostrato un grado di tossicità più elevato di quello raccolto il 12 ottobre 2018".
Il saggio di tossicità è stato determinato sull'elutriato (il campione è stato posto in agitazione per 1h a temperatura ambiente in rapporto 1/4 con acqua di mare sintetica) allo scopo di valutare la tossicità degli eventuali tossici idrosolubili: "Il risultato ha evidenziato una tossicità elevata per Vibrio fischeri (EC 50 = 19,13%) mentre il saggio di tossicità sul campione 8158 prelevato in data 12/10/2018 aveva evidenziato un grado di tossicità medio (EC 50 = 90,4%)". Motivo per cui Arpat ritiene necessario "un approfondimento con ulteriori test di tossicità da eseguirsi al verificarsi di nuove formazioni del fenomeno di spiaggiamento".
L’analisi tossicologica sull’acqua di mare (campione n. 99) effettuata con Vibrio fischeri ha invece confermato come nel campione dell’ottobre 2018 assenza di tossicità. Come preannunciato dal Comune di Rosignano a fine gennaio, sarà cura dell’amministrazione sottoporre gli esiti dei campionamenti alla Asl per una valutazione di competenza.
Oltre ai vari fattori da tenere in considerazione nella formazione degli aggregati ritrovati sulla spiaggia, come la temperatura dello scarico e delle acque marine, il moto ondoso, nonché la portata dello scarico, la concentrazione dei solidi sospesi e l’eventuale presenza di sostanze, anche di origine naturale, con capacità schiumogene, Arpat ha focalizzato l’attenzione sul valore del pH nello scarico dell'insediamento produttivo, "fattore che potrebbe giocare un ruolo importante nella dissoluzione dei solidi scaricati dalla Soc. Solvay".
"Nello scarico generale - concludono da Arpat -, che ricordiamo avere una portata mediamente intorno a 10.000 m3/h, si notano variazioni anche di unità di pH nel corso di brevi lassi di tempo, dovute a correzioni messe in atto dall’Azienda per mantenere il parametro entro i limiti normativi (pH fra 5,5 e 9,5 ). Le fluttuazioni di pH che si rilevano nel punto di controllo finale dello scarico generale sono un segnale per fasi di processo non governate perfettamente; infatti, in considerazione dell’elevata portata dello scarico e di produzioni aventi cicli continui, sarebbero da attendersi valori di pH delle acque reflue stabili nel tempo, mediati dall’insieme dei flussi costituenti lo scarico generale e non facilmente influenzabili". Qui News Rosignano.it
15 febbraio 2019.

                    Asl sulle schiume al Lillatro «Compatibili con materiali presenti al Fosso Bianco»
           Il Comune ha indetto una riunione con tutti i soggetti interessati dal fenomeno per mercoledì 13 marzo.
Il problema delle schiume sta interessando dall'ottobre 2018 la costa sud di Rosignano Solvay, tra il muro del canale di presa degli impianti Solvay e il magazzino punto di ritrovo dei surfisti; almeno quattro gli episodi registrati. Gli ultimi il 13 ed il 14 gennaio scorsi. Dopo 19 giorni dall'invio da parte dell'amministrazione di Rosignano della relazione Arpat circa il materiale granuloso rinvenuto sulla spiaggia del Lillatro, l'Usl Toscana nord -ovest, dipartimento di prevenzione, ha inviato al Comune una valutazione circa l'eventuale tossicità. «Alla luce dei test di tossicità condotti sia sul solido che sull'acqua di mare - scrive in una nota l'Asl - si ritiene che le implicazioni di natura igienico-sanitaria legate alla presenza del materiale spiaggiato non subiscano un aggravamento rispetto a quelle già rappresentate in precedenza a causa della presenza dello scarico del Fosso Bianco». Fosso Bianco dove, è bene ricordare ai cittadini, per 100 metri a nord e 100 a sud, c'è il divieto di balneazione. Intanto il sindaco Alessandro Franchi ha convocato nuovamente tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti per una riunione di aggiornamento che si terrà mercoledì 13 marzo. Sempre nella nota di Asl si legge che «l'analisi chimica di caratterizzazione del materiale dimostra che la sua composizione è compatibile con quella del materiale normalmente immesso dal corso d'acqua nello specchio antistante la foce». L'Asl dà anche un suggerimento ossia quello «di rimuovere - dice Franchi - il materiale spiaggiato». Le analisi effettuate da Arpat sui campioni di materiale granuloso che si era spiaggiato in zona Lillatro a metà gennaio scorso, parlavano di un solido «formato da sali di carbonato con contenuti variabili a livello di concentrazione, degli stessi metalli presenti nei solidi scaricati dalla Solvay (ferro, zinco, manganese, alluminio e boro)». In merito ai rapporti di calcio/magnesio, Arpat aveva evidenziato «concentrazioni più elevate di magnesio rispetto all'ottobre scorso e con diverse oscillazioni di Ph», spiegando che è «presumibile che l'arricchimento di magnesio possa essere attribuito ad un processo di parziale solubilizzazione e successiva ricristallizzazione da acqua di mare, notoriamente più ricca di magnesio». Per quanto riguardava invece il grado di tossicità, il campione presentava «un grado di tossicità più elevato rispetto a quello del 12 ottobre 2018». Da qui la richiesta da pare di Arpat di ulteriori approfondimenti e test. Lo scorso 30 gennaio il sindaco radunò attorno ad un tavolo i responsabili di Solvay, Ineos, l'Innovyn, Engie, Asa, Maricultura Capitaneria di porto. Tutte le aziende confermarono di aver effettuato indagini e di non aver individuato anomalie o disservizi ai loro impianti. «Adesso che abbiamo la relazione di Arpat e di Asl - ha detto Franchi - ho provveduto a convocare un ulteriore incontro per mercoledì 13 marzo con tutti i soggetti pubblici e privati interessati al problema. Lo scopo è quello di fare il punto e procedere ad una valutazione più approfondita delle cause del fenomeno, per evitare che si ripeta». A. Bernardeschi - Il Tirreno 7-3-2019.

Precisazioni sulle anticipazioni della trasmissione Report di Rai3 In modo da completare le informazioni contenute negli spezzoni, necessariamente molto brevi, delle interviste rilasciate dalle nostre dirigenti.
Ci riferiamo alle anticipazioni della trasmissione di Report-Rai 3 che sarà diffusa lunedì 2 dicembre sull’impianto industriale Solvay di Rosignano Marittimo e le antistanti spiagge e zone costiere. Riteniamo utile fornire alcune precisazioni, in modo da completare le informazioni contenute negli spezzoni, necessariamente molto brevi, delle interviste rilasciate dalle nostre dirigenti. Per quanto riguarda la balneazione, i parametri da controllare, secondo la normativa europea ed italiana, sono quelli microbiologici, in particolare escherichia coli ed enterococchi intestinali. Questo monitoraggio è specificamente finalizzato alla tutela della salute dei bagnanti. Sulla base dei risultati quadriennali di tale monitoraggio ogni anno viene stabilita la classificazione dei vari tratti di costa. Per quanto riguarda il comune di Rosignano Marittimo l’attuale classificazione è di “eccellente”. Va sottolineato, comunque, che alla foce dello scarico della Solvay è presente un divieto permanente di balneazione per motivi igienico-sanitari. Tutti i dati del monitoraggio svolto sono pubblicati sul sito dell’Agenzia. Per quanto riguarda il mercurio – così come per molte altre sostanze – ARPAT svolge, in base a normative europee ed italiane, un’attività di monitoraggio, ai fini ambientali, delle aree marino-costiere. In base a tale attività, nell’ultimo triennio il mercurio a Rosignano (0,11 microg/l) non risponde allo Standard di Qualità Ambientale - Massima Concentrazione Ammissibile, che è di 0,07 microg/l. Tale requisito ambientale, stabilito da una normativa che non riguarda la balneazione, è superato non solo a Rosignano (Lillatro), ma anche per origini naturali o minerarie, a Piombino (Salivoli), Costa Albegna (foce) e Arcipelago Isole Minori (Giglio).

 
In merito a tali valori va osservato che per il mercurio il limite per l’acqua potabile è di 1 microg/l, ben superiore a quanto rilevato in mare.   ARPAT 29/11/2019

L'opinione del Sindaco

L'opinione Solvay: «Rispettiamo le norme»
«Le attività del sito industriale rispettano rigorosi standard ambientali, di sicurezza e di corretta gestione di sostanze chimiche; tali attività sono sempre condotte da personale in possesso di elevato grado di professionalità, competenza e scrupolosità». Le precisazioni della società Solvay portano la firma del direttore dello stabilimento, Pier Luigi Deli. Solvay, dopo la trasmissione di Report e dopo l'assemblea sullo stato di salute della costa organizzata da alcune forze di opposizione insieme ad associazioni ambientaliste, il 20 dicembre scorso «ritiene fondamentale effettuare concrete precisazioni. Le attività sono svolte in piena conformità con le normative di legge e con i regolamenti in vigore e - prosegue Deli - essendo esse sottoposte a controllo e verifica da parte delle autorità competenti. Gli impianti di Rosignano, anche alla luce dei notevoli investimenti realizzati negli ultimi anni sono considerati fra i più efficienti del gruppo Solvay; con riferimento ai soli interventi di miglioramento degli impatti ambientali». Ecco che vengono citati a tal proposito, «l'impianto gestito dal consorzio Aretusa, per il recupero delle acque reflue dei depuratori di Rosignano e di Cecina permette oggi di ridurre fortemente i consumi di acqua dolce dal territorio e destinati ad usi industriali. L'impianto di cattura e recupero della 2 dalle emissioni consente la sostanziale riduzione delle emissioni in aria di anidride carbonica. La nuova centrale termica Rosen ad alto rendimento permette di ridurre del 40% le emissioni in atmosfera di NOx (ossidi di azoto)». Inoltre Solvay spiega di ritenere «doveroso ricordare che i solidi sospesi di calcare contenuti negli scarichi industriali sono inerti ed i metalli pesanti inglobati nella sabbia di calcare non sono biodisponibili; inoltre le quantità di solidi scaricate sono in linea con quanto previsto dalle migliori tecnologie disponibili (Bat Best Available Techniques) e sono conformi alle normative italiane e a quelle europee». Quanto a divieto di balneazione «esistente in corrispondenza dello scarico industriale è regolamentato come qualunque installazione industriale e portuale». Mentre «il sale estratto nella Val di Cecina è utilizzato da Solvay per usi industriali propri, solo per circa il 60% del totale autorizzato, il resto è a beneficio di altre realtà industriali del territorio e i prelievi dei pozzi di acqua potabile di ASA dal fiume Cecina per Volterra, sono tutti a monte d
ei prelievi di acqua industriale Solvay e quindi Solvay non può essere all'origine delle problematiche di mancanza di acqua potabile per Volterra». Infine Solvay fa notare di aver versato «nei mesi scorsi 4,65 milioni di euro all'Autorità Idrica Toscana, per la realizzazione di nuove infrastrutture per la distribuzione dell'acqua potabile: la somma versata consentirà ai cittadini della Val di Cecina di usufruire di un migliore servizio idrico». La società fa inoltre sapere di essere disponibile a confrontarci in modo costruttivo e collaborativo con i cittadini in tutte le sedi istituzionali del territorio» (Il Tirreno 24/12/2019)

La finanza contro Solvay per la fabbrica di Rosignano
Per la prima volta non sono gli ambientalisti ma un gruppo finanziario ad attaccare Solvay, la multinazionale chimica che sulla costa di Rosignano (Livorno) ha il suo insediamento storico, in cui produce carbonato di sodio, componente fondamentale per l'industria del vetro e per quella chimica, con 600 addetti.

Come si spiega sul Sole 24 Ore, la società inglese Bluebell Capital Partners, guidata dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani, famosi per le battaglie assembleari su Telecom, Ansaldo Energia e per l'ingresso in Mediobanca, ha avviato un'azione ormai diffusa tra i fondi "attivisti" che mettono a disposizione le proprie competenze: è una campagna ('One share Esg campaign') per chiedere alla Solvay interventi ambientali, tra cui la bonifica delle famose "spiagge bianche" di Rosignano, frutto degli scarichi di carbonato di sodio dell'azienda; e anche investimenti tecnologici per limitare gli scarichi in mare; e il collegamento dei compensi dei manager al raggiungimento di obiettivi ambientali.
Bluebell si è rivolta anche al ministero dell'Ambiente, all'Unione europea e alla procura di Livorno, convinta che la multinazionale belga Solvay si comporti così solo in Italia, e non in tanti altri impianti nel mondo.
Solvay risponde che «lo stabilimento di Rosignano produce carbonato di sodio da oltre un secolo e si attiene a rigorosi standard ambientali». Gli scarichi a mare secondo l'azienda non sono rifiuti ma materiali naturali non pericolosi, non tossici e inerti e le attività sono «regolarmente monitorate e controllate dall'autorità regionale per l'ambiente Arpat nel pieno rispetto di tutte le leggi e i regolamenti esistenti».
24/12/2020 Il Sole 24 Ore

Traduzione del testo originale del Financial Times
La fabbrica su una spiaggia toscana e il futuro degli investimenti ESG

Alcuni investitori che desiderano valutare il profilo ambientale delle aziende si preoccupano di come vengono compilati i rating.

Silvia Sciorilli Borrelli a Milano e Attracta Mooney a Londra

Talvolta sono chiamate le Maldive italiane. Rosignano è una località turistica toscana che ospita 30.000 persone ed è famosa per le sue spiagge bianche, che attirano persone da tutta Europa. La sabbia apparentemente incontaminata nasconde comunque un problema. In parte deve il suo colore al limo calcareo proveniente da una vicina fabbrica di proprietà di Solvay, la multinazionale chimica belga. L'impianto è l'unico impianto di produzione di carbonato di sodio e bicarbonato dell'azienda in Europa dove i rifiuti chimici vengono scaricati direttamente in mare senza essere trattati. Due decenni fa, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha descritto l'area come "un hotspot prioritario di inquinamento nel Mediterraneo" ed è stata a lungo fonte di conflitto con gli attivisti locali. Ma quella controversia sta ora iniziando a intersecarsi con un dibattito che va al cuore del futuro del settore degli investimenti. Lo stabilimento in Toscana è oggetto di una campagna di un hedge fund con sede a Londra, Bluebell Capital Partners. Creata nel 2019, l'azienda sta avviando una campagna incentrata su un'azienda all'anno che ritiene abbia pratiche discutibili in materia ambientale, questioni sociali e di governance - o ESG come è noto nel settore degli investimenti. Solvay è il suo primo obiettivo.
"Questa spiaggia idilliaca assomiglia perfettamente a quella di un incontaminato resort caraibico. Ma questo apparente paradiso è una mera illusione; l'area è solo una discarica aperta dei rifiuti chimici industriali di Solvay", ha detto Bluebell in una lettera a Solvay.
Solvay respinge l'accusa e afferma di aderire strettamente alle norme ambientali relative allo scarico degli effluenti dall'impianto, che a suo avviso non presentano rischi per la salute o l'ambiente. "Ci rammarichiamo che continuino a verificarsi attacchi occasionali e clamorosi nei confronti del nostro stabilimento di Rosignano", afferma.
Uno dei motivi per cui Solvay sta attirando l'attenzione degli investitori è che ha un rating tripla A sui rischi ESG da MSCI, una società con sede a Londra che fornisce valutazioni del profilo di un’azienda in queste categorie. MSCI certifica Solvay come un "leader del settore" per sicurezza chimica, utilizzo dell'acqua e opportunità di tecnologia pulita. "Solvay è valutata molto positivamente dalle società specializzate nella elaborazione di una classifica ESC, il che è abbastanza indicativo della reale correttezza di tali valutazioni" afferma Giuseppe Bivona, uno dei fondatori di Bluebell.
L'ESG è diventata una delle aree in più rapida crescita della gestione patrimoniale poiché negli ultimi anni la domanda di investimenti sostenibili è aumentata vertiginosamente. Investitori con più di $ 100 trilioni in vari asset hanno firmato un impegno, i “Principles for Rasponsible lnvestment”, per integrare le informazioni ESG nelle loro decisioni di investimento. Per mantenere tali impegni, gli investitori dipendono in parte dal nuovo ramo delle agenzie di rating che valuta le società in base alla loro performance ESG. Eppure c'è poco consenso su quali criteri dovrebbero essere usati per formulare tali giudizi. Mentre Solvay ha una valutazione da tripla A per MSCI, altre agenzie le assegnano un punteggio inferiore.
Sustainalytics, un altro influente fornitore di rating, l’ha classificata a medio rischio per questioni ESG. Per il settore dell'asset management, i disaccordi su questi rating aumentano le probabilità che i fattori ESG vengano visti come un mero esercizio di marketing e finiscano per perdere credibilità tra gli investitori. "È importante che la comunità finanziaria non consideri ESG come una nuova parola d'ordine alla moda per gli investimenti" afferma Bivona di Bluebell. Questo mese Mairead McGiunnes, il commissario per i servizi finanziari dell'UE, ha dichiarato a una conferenza sulla gestione patrimoniale che Bruxelles esaminerà il rating ESG quando lancerà la sua rinnovata strategia di finanziamento sostenibile nel 2021. "Abbiamo sentito alcune preoccupazioni del settore della gestione patrimoniale sul livello di concentrazione nel mercato dei rating e dei dati ESG e sui possibili conflitti di interesse" ha affermato.

Gestione dei rifiuti

Dal 1913 esiste uno stabilimento chimico a Rosignano in Toscana. La presenza di Solvay è stata così determinante per lo sviluppo economico della comunità locale che il distretto in cui ha sede lo stabilimento è stato ribattezzato "Rosignano Solvay". Nella prima metà del '900 l'azienda belga costruì alloggi, scuole, una chiesa e uno stadio di calcio per la comunità locale. Da quando lo stabilimento è lì un totale di 13 milioni di tonnellate di solidi sono defluiti in mare, secondo l'agenzia ambientale toscana.
Secondo l'agenzia ambientale italiana Arpa, i rifiuti contengono alti livelli di mercurio, arsenico, ammoniaca, azoto e boro. I dati dell'agenzia pubblicati nel 2020 mostrano che i livelli di questi metalli pesanti, che sono tossici per l'uomo e alterano la crescita delle piante, sono al di sopra del limite fissato dalla legge nelle acque circostanti le spiagge bianche.
Solvay afferma che l'acqua nella zona è sicura e in linea con il resto della costa toscana. Evidenzia i dati della sede toscana dell'agenzia ambientale che dimostrano che la qualità dell'acqua era buona quando testata per batteri ed altri elementi. Lo studio dell'agenzia ambientale afferma inoltre che l'inquinamento delle acque ha fatto scomparire dai fondali di fronte alle bianche spiagge di Rosignano la Posidonia oceanica, una pianta acquatica del Mar Mediterraneo nota come Erba di Nettuno.
L'anno scorso, il programma televisivo Rai “Report” ha trasmesso filmati che mostrano la scarsa trasparenza delle acque antistanti le spiagge a causa di uno spesso residuo bianco che galleggia in superficie. Secondo un rapporto del 2014 prodotto da Arpa, l'agenzia ambientale regionale, Solvay ha scaricato in mare più di 120.000 tonnellate di sostanze tossiche all'anno dal 2005 al 2013.
Solvay afferma che "aderisce a rigorosi standard ambientali relativi agli effluenti di scarico, operando in modo sicuro, senza impatto sulla salute o sull'ambiente e nel pieno rispetto di tutte le leggi e normative esistenti". L'azienda è sotto pressione da decenni per il suo operato a Rosignano. Nel 2003 Solvay ha concordato con le istituzioni italiane di ridurre i livelli di rifiuti da 200.000 tonnellate all'anno a 60.000 entro il 2008, ma in seguito ha affermato che il l’obiettivo era impossibile da raggiungere. Solvay ha affermato che "nel corso degli anni e dopo importanti investimenti, è diventato chiaro che il livello di 60.000 tonnellate annue non era tecnicamente raggiungibile, e la soglia è stata quindi rivista ad un livello superiore".
Nel 2015, dopo che una direttiva UE sull'acqua è stata adattata alla legislazione nazionale, le autorità italiane hanno aumentato il limite da 60.000 a 250.000 tonnellate all'anno. Un portavoce del ministero dell'Ambiente italiano ha affermato che le autorità hanno deciso che la quantità di rifiuti solidi dovrebbe essere "proporzionale ai livelli di produzione" e che la società sarà responsabile delle attività di monitoraggio.
Secondo Solvay, lo scarico non è tossico e aiuta anche a mitigare l'erosione naturale della costa. "Il calcare contiene naturalmente tracce di metalli pesanti, ma questi rimangono imprigionati nello stato solido del calcare stesso e non possono, in ogni caso, essere assorbiti dagli organismi viventi, comprese le persone ed il pesce" dice Solvay. “La torbidezza dell'acqua di mare a ridosso della costa rallenta la crescita delle alghe, tuttavia questo livello di trasparenza è considerato ‘sufficiente’ dalla classificazione ecologica del mare antistante lo stabilimento Solvay di Rosignano, secondo la direttiva UE 200/60/CE e l'agenzia ambientale della Toscana" ha detto un portavoce di Solvay.
Tuttavia, un funzionario UE ha dichiarato al Financial Times che "le autorità italiane stanno esaminando la questione e dovrebbero stabilire se la condotta attuale è conforme alla legislazione UE e nazionale, e la Commissione sta monitorando la situazione". Il funzionario UE ha affermato che la direttiva menziona chiaramente la trasparenza dell'acqua come parametro chiave e "i nostri controlli indicano che i campioni idrici più rilevanti nella zona di Rosignano non raggiungono un buono stato chimico (apparentemente a causa del mercurio e del tributilstagno)".

Diritti di estrazione

L'inquinamento intorno alle spiagge bianche non è l'unica controversia che coinvolge Solvay nella regione. In base ad un accordo del 1997 tra Solvay ed il governo italiano, l'azienda può estrarre fino a 2 milioni di tonnellate all'anno di sale dalle vicine saline di Volterra per la produzione di bicarbonato di sodio. L'estrazione del sale è stata a lungo motivo di controversia con gli attivisti locali, che temono che l'area venga distrutta. "Tutti sanno cosa succede nello stabilimento, che Volterra viene spazzata via, che alti livelli di anidride carbonica e altre sostanze vengono rilasciate nell'aria" sostiene Maurizio Marchi, membro di Medicina Democratica, gruppo che ha sfidato Solvay per la sua condotta ambientale. "L'ho visto con i miei occhi, chiunque può vederlo, è visibile, ma nessuno ha mai fatto nulla." Il Sig. Marchi afferma “C'è stata un’epoca in cui l'azienda impiegava oltre 2.500 persone a Rosignano, non si facevano domande e le istituzioni hanno chiuso un occhio”. Tuttavia, il 72enne attivista aggiunge: “Oggi impiega soltanto 400 persone, e le aziende e le istituzioni si riempiono la bocca di annunci di strategie ESG, quindi dovrebbero saperlo meglio".
Solvay afferma che le autorità italiane hanno effettuato valutazioni ambientali, e hanno approvato l'utilizzo di salgemma da parte dell'azienda a Volterra. Dice che, sebbene capisca le preoccupazioni sulla “natura visibile degli effluenti di scarico a Rosignano”, i dati sulla sicurezza dell'area vengono regolarmente pubblicati dalle autorità locali.
Uno studio del 2017 di un gruppo di ricercatori italo-americani pubblicato sull'International Journal of Occupational Medicine and Environmental Health, compiuto utilizzando dati raccolti tra il 2001 ed il 2014, ha concluso che "un eccesso di mortalità per malattie cronico-degenerative nell'area di Rosignano” è da mettere in relazione con "l'inquinamento ambientale dovuto in particolare alla contaminazione dell'acqua da metalli pesanti". Tale studio ha evidenziato che rispetto al resto della Toscana, l'area di Rosignano mostrava "tassi di mortalità significativamente più alti" per malattie cardiache, Alzheimer e altre malattie degenerative del sistema nervoso.
Il gruppo belga sottolinea che lo studio ha concluso che "non è possibile stabilire un nesso causale tra inquinamento ambientale e aumento della mortalità". Afferma che lo scarico pompato in mare è “non pericoloso, non tossico e composto da materiali naturali inerti” e che “metalli pesanti non vengono né deliberatamente introdotti né utilizzati nel processo del carbonato di sodio” nello stabilimento di Rosignano. Solvay è "un’azienda scientifica che ha a cuore ESG ", afferma.

Profilo esaminato

Rosignano è uno dei 115 siti in cui Solvay opera in 64 paesi. Ma lo stabilimento in Toscana è ormai diventato bersaglio per un nuovo fondo di investimento attivista. Bluebell è stata fondata nel 2019 da Francesco Trapani, ex-amministratore delegato dell'azienda italiana di gioielli Bulgari, e da due ex-traders di Lehman Brothers e altre banche di investimento, Giuseppe Bivona e Marco Taricco. Alla fine di settembre, la direzione di Bluebell ha scritto una lettera al consiglio di amministrazione di Solvay chiedendo di intraprendere una revisione della condotta ESG e di interrompere immediatamente lo scarico dei rifiuti direttamente in mare. Lo stabilimento di Rosignano è "responsabile di quello che consideriamo un disastro ambientale in corso, e senza precedenti, dovuto alla contaminazione di diversi chilometri di spiagge italiane da parte dei rifiuti chimici scaricati direttamente in mare dallo stabilimento Solvay" si legge nella lettera. Bivona ha dichiarato al Financial Times che Bluebell ha chiesto a Solvay una completa decontaminazione delle coste "nonché di implementare le stesse soluzioni tecniche che esistevano in passato e che Solvay ha già implementato negli altri suoi stabilimenti per smaltire i rifiuti". La lettera richiedeva inoltre che il consiglio di amministrazione di Solvay utilizzasse parte della remunerazione dell'amministratore delegato di Solvay per tali sforzi di pulizia e per l'ammodernamento tecnico del sito di Rosignano.
A febbraio llham Kadri di Solvay, che nel 2019 è diventata la prima donna amministratore delegato di un'importante azienda chimica globale, ha annunciato un cambiamento radicale nei piani ambientali dell'azienda lanciando un programma chiamato Solvay One Planet: una strategia di 10 anni volta a promuovere la sostenibilità in tutti gli investimenti aziendali. "Stiamo definendo obiettivi ambiziosi per risolvere le principali sfide ambientali e sociali attraverso la scienza e l'innovazione" ha detto la signora Kadri. Solvay afferma che la retribuzione del management "include già obiettivi di sostenibilità nei loro incentivi a breve e lungo termine". L'azienda afferma che i suoi funzionari senior hanno incontrato il management di Bluebell e "hanno corretto molte delle loro imprecisioni e un utilizzo improprio delle informazioni". Bluebell nega di aver modificato le sue critiche nei confronti dell'azienda.
Bluebell Capital è un fondo nato un anno fa con un patrimonio di soli 60 milioni di Euro, ma si è rapidamente affermato in Italia attraverso diverse campagne controverse contro le direzioni di grandi aziende italiane come Mediobanca e Leonardo. Ha anche cercato di fare pressione sulle direzioni di società come Lufthansa, Hugo Boss e il gestore patrimoniale GAM. "Oggigiorno l'ESC è diventato un ottimo strumento di marketing, tutti parlano delle loro grandi imprese in questo ambito ma è davvero così?" ha detto il signor Bivona.

Ruolo delle valutazioni

Poiché la domanda di investimenti sostenibili è aumentata vertiginosamente negli ultimi anni, i gestori di fondi hanno voluto mostrare come incorporano le questioni ESG nelle loro decisioni di investimento. Sebbene molti asset managers abbiano assunto specialisti e sviluppato sistemi su misura nel tentativo di guadagnare un vantaggio nell'investimento sostenibile, il primo riferimento per i gestori di portafoglio è spesso il rating ESG emesso dalle agenzie. Un recente studio del CFA Institute ha rilevato che il 73% dei professionisti degli investimenti del Regno Unito ha utilizzato i rating ESG nell'analisi aziendale. In risposta, grandi gruppi come MSCI e S&P hanno investito moltissimo nelle loro attività di rating ESG, compresa l'acquisizione di aziende concorrenti, nel tentativo di consolidare il loro status di fornitori di riferimento. In alcuni casi, questi rating costituiscono la pietra angolare di come un fondo investe. Molti gestori patrimoniali vendono fondi collegati, ad esempio, ad indici MSCI che si concentrano su azioni con buoni rating ESG, o escludono quelli con punteggi negativi. Più di 30 fondi ESG collegati ad indici MSCI detengono Solvay, secondo l’analista Morningstar. In totale, più di 170 fondi che si concentrano su investimenti sostenibili o ESG detengono Solvay. Ma ci sono crescenti preoccupazioni sulla qualità delle valutazioni ESG. All'inizio di quest'anno, MSCI è stata esaminata dopo che è emerso che aveva assegnato un punteggio AA al rivenditore di fast fashion Boohoo, nonostante i media avessero sostenuto per anni che i lavoratori della sua catena di approvvigionamento venivano trattati in maniera iniqua.
In altri casi, è possibile che un'azienda ottenga un buon punteggio complessivo anche se ci sono preoccupazioni su alcuni aspetti della sua attività. MSCI ha classificato Solvay al di sotto della media del settore per emissioni tossiche e rifiuti ma, poiché l’azienda si è classificata meglio delle concorrenti su questioni che vanno dall'emissione di carbonio alla sicurezza chimica, ha ricevuto il punteggio più alto in assoluto. MSCI afferma che "le preoccupazioni per l'impatto ambientale sono determinanti nel settore in cui opera Solvay". Le valutazioni hanno lo scopo di fornire un quadro e di valutare la performance di un'azienda rispetto agli standard e alle performance dei competitors del settore, aggiunge.
"I rating di MSCI sono basati sulla valutazione di migliaia di dati in relazione ai 35 indicatori ESG che hanno maggiori probabilità di influenzare la resilienza finanziaria a lungo termine di un'azienda, e la capacità dell'azienda di gestire tali rischi". I fornitori di rating ESG, tuttavia, utilizzano metodologie diverse per sviluppare le proprie classifiche. Uno studio di quest'anno condotto da accademici del Massachusetts Institute of Technology e dell'Università di Zurigo ha rilevato che la correlazione tra i punteggi di sei fornitori era in media appena 0.54, il che suggerisce solo una moderata somiglianza nelle valutazioni. "L'ambiguità intorno alle valutazioni ESG rappresenta una sfida per i gestori di investimenti che cercano di contribuire ad un'economia sostenibile dal punto di vista ambientale e socialmente giusta" hanno affermato gli accademici. Questa ambiguità è evidente nel caso di Solvay, alla quale MSCI ha assegnato un punteggio massimo mentre Sustainalytics, un altro importante analista di rating, l'ha classificata come a medio rischio per questioni ESG rilevanti. Sustainalytics afferma che il "rischio complessivo ESG di Solvay è maggiore" perché il gruppo è "materialmente esposto a più problematiche ESG rispetto alla maggior parte delle società del nostro universo". Ciò include il processo di produzione aziendale che potenzialmente genera "emissioni in aria o acqua e rifiuti pericolosi, esponendo l'azienda al rischio di sversamenti accidentali o violazioni delle normative ambientali”. Aggiunge: "I prodotti Solvay contengono sostanze che possono avere effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute umana". Tuttavia, ha anche assegnato al gruppo un punteggio elevato per la gestione di importanti questioni ESG.  
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Bluebell Capital Partners, i “disturbatori” che creano valore per gli azionisti
Disturbare il manovratore. Bluebell Capital Partners vuole rompere le scatole al management delle società quotate. Ma non per recitare il ruolo del Pierino della finanza, bensì per creare valore per gli azionisti nel lungo termine, applicando ai mercati borsistici l’approccio del private equity. Ora nel mirino c’è nientemeno che il sancta sanctorum della finanza italiana: Mediobanca. E, in particolare, strategie e performance dell’attuale vertice di Piazzetta Cuccia, l’amministratore delegato Alberto Nagel e il presidente Renato Pagliaro.
Marco Taricco ha fondato il fondo attivista nel 2019, insieme a Giuseppe Bivona, ma svolgono il lavoro di attivisti al fianco di fondi quali Elliott, Third Point e Jana Partners dal gennaio 2014. Taricco guida il fondo – nel ruolo di partner e co-chief investment officer – da Londra con Bivona e Francesco Trapani, ex amministratore delegato di Bulgari, conosciuto ai tempi dell’ipo dell’azienda nel 1995. Prima di lanciarsi in questa avventura, Taricco ha lavorato per oltre vent’anni nelle banche d’affari (Goldman Sachs, Morgan Stanley e JP Morgan), tra New York, Londra e Milano, arrivando a occupare la poltrona di numero uno dell’investment banking advisory and coverage dei clienti corporate di JP Morgan. Sul suo tavolo, per esempio, sono passati i dossier della privatizzazione di Telecom Italia e le quotazioni di Mediaset, Gucci e Ferragamo… 

Rosignano Solvay, frazione in provincia di Livorno. Qui l'azienda Solvay, che produce carbonato di sodio, ogni anno scarica in mare tonnellate e tonnellate di metalli pesanti, tanto da rendere le spiagge di colore bianco. Lo hanno denunciato infinite battaglie di ambientalisti, ora ci prova il mondo della finanza. A prendere il toro per le corna ci prova un fondo attivista con sede a Londra, Bluebell Capital Partners, guidato dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani, che attacca apertamente la multinazionale chimica belga avviando una contesa per inquinamento sull'impianto industriale di Rosignano. "Noi riteniamo che quello che fa Solvay sia inaccettabile e insostenibile - spiega Bivona - abbiamo parlato con loro, ma crediamo sia una situazione gravissima, che deve essere sanata, preservando ovviamente l'occupazione". Bluebell ha scelto di individuare ogni anno una società su cui ritiene che ci siano delle pratiche discutibili a livello ambientale. Per il 2020 la società ha scelto quindi la Solvay. Da gennaio a settembre ha studiato a fondo tutta la situazione, dopo di che ha chiamato in causa la stessa azienda, il ministero per l'Ambiente italiano e all'Unione europea. "Sono indifendibili - prosegue Bivona - e tutto questo prescinde dal fatto che i rifiuti scaricati siano tossici o non tossici. Nessuno può essere autorizzato a depositare gli scarti della propria lavorazione sulle coste italiane". Anche perché il paradosso è che, per colpa dei rifiuti scaricati sulla costa, si siano formate le famose " spiagge bianche", una vera e propria attrazione turistica, che con l'azzurro del mare di fronte fanno di questo lembo di costa una sorta di paradiso caraibico". Le richieste che fanno a Solvay sono quindi quattro: implementare i necessari interventi tecnologici per non scaricare a mare i residui; la bonifica di 5 chilometri di spiaggia, dove negli anni si sono depositate tonnellate di materiale; prendere accantonamenti in bilancio per spesare la pulizia della spiaggia e la riconversione degli impianti a una tecnologia più adatta; modificare la struttura dei compensi dei manager in base a obiettivi ambientali.

C'è chi parla e chi fa. Le leggittime richieste di salvaguardare la nostra costa ponendo maggiore attenzione all'ambiente, raccolte dal fondo attivista Bluebell, sono state portate in Parlamento da Francesco Berti e Elio Lannutti che ringraziamo, anche per aver ricordato il lavoro dei nostri consiglieri comunali e di noi tutti. C'è chi si diverte a distruggere il Governo, bloccando un paese per egoismo personale. Nel frattempo c’è chi continua a lavorare nell'interesse generale. Non so se vi è mai capitato di vedere le spiagge bianche Rosignano Solvay, provincia di Livorno. Un luogo di turismo caratteristico, ma in realtà il bianco delle spiaggie è dovuto a un’attività industriale che ha completamente alterato l’ecosistema. Ho appena depositato un’interrogazione parlamentare, assieme a dei colleghi, per sottolineare come, oltre la società civile e la politica, anche esponenti della finanza etica stanno gettando luce sulle cattive pratiche della Solvay. La Solvay dice di essere al top dei parametri ESG (Enviroenmental, Social, Governance) cioè una sorta di classifica ambientale, ma allo stesso tempo scaricano direttamente in mare centinaia di migliaia di tonnellate di derivati dei processi industriale. Lotteremo fino all’ultimo per evitare lo scarico in mare di sostanze derivanti dal processo industriale, anche in questi momenti di crisi l’attenzione è alta. Ringrazio i consiglieri Elisa Becherini e Mario Settino per aver sempre lottato su questo tema. F.Berti

AMBIENTE: ESPOSTO CONTRO LA SOLVAY PER GREENWASHING (Ecologismo di facciata)
LIVORNO, 10 FEB - "Siamo pronti a inoltrare un esposto alla procura di Livorno perché l'attività della Solvay a Rosignano (Livorno) è totalmente incompatibile con le performance di sostenibilità ambientale comunicate ufficialmente a livello globale dall'azienda. In poche parole, c'è il fondato sospetto di trovarsi davanti a un'operazione di greenwashing", ovvero l'ecologismo di facciata. Così il deputato M5s Francesco Berti, che oggi ha svolto un sopralluogo a Rosignano Marittimo, alle spiagge bianche, insieme, tra gli altri, a Giuseppe Bivona, cofondatore del fondo internazionale di investimento Bluebell Capital Partners. "Per troppi anni - aggiunge Berti - i cittadini di Rosignano sono stati vittima di un conflitto tra lavoro e salute. Il ricatto occupazionale esercitato da una multinazionale, capace di dare il proprio nome a una frazione da 16mila abitanti in un Comune di 30mila persone, ha permesso che quest'area diventasse uno dei siti più inquinati del Mediterraneo". Per l'esponente M5s, "è giunta l'ora di un cambio di passo", "il nostro obiettivo è fargli bonificare tutta l'area". La stessa Bluebell, a fine ottobre 2020, aveva puntato il dito contro la multinazionale belga, sottolineando come l'impatto prodotto dall'impianto toscano sia incompatibile con i principi di tutela ambientale che il cda della società si è impegnato con i propri azionisti a rispettare. "Abbiamo chiesto al cda di Solvay - ha detto Bivona - di adottare le stesse soluzioni tecniche che già adotta in tutti i suoi altri impianti in Europa, ovvero realizzare bacini di decantazione nei quali far confluire gli scarichi, prima di sversare in mare. Così pure abbiamo chiesto alla società di accantonare i fondi necessari per bonificare la discarica a cielo aperta, meglio nota come 'spiagge bianche', costituita da milioni di tonnellate di scarti industriali provenienti dal processo di fabbricazione della soda". Presente oggi anche Vito Spallasso, avvocato che ha promosso con successo l'azione legale contro Solvay in Liguria e che ora si è fatto promotore di un secondo esposto, per conto di un gruppo di residenti che abitano nei pressi dello stabilimento di Rosignano. (ANSA).

LA BONIFICA DELLE SPIAGGE BIANCHE DI ROSIGNANO NON È PIÙ RINVIABILE
Il futuro dell’ambiente in cui viviamo dipende da noi. È il caso di Rosignano (Livorno). In questa foto vedete rappresentanti dei cittadini, avvocati, attivisti, esperti e investitori che hanno un obiettivo comune: inchiodare la Solvay alle proprie responsabilità e far bonificare le spiagge bianche di Rosignano, ovviamente a spese di chi le ha inquinate. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno del sostegno di tutta la forza e l’energia della comunità locale. Sarà un percorso lungo e difficile, ma è un percorso che va fatto nel nome della salvaguardia della salute collettiva. La Solvay è arrivata a fatturare 11 miliardi di euro anche grazie a 100 anni di utilizzo delle risorse naturali di Rosignano. Questa azienda non può più scaricare i loro rifiuti direttamente in mare, fregandosene bellamente degli impatti sull’ambiente. Ci sono studi scientifici che dimostrano l’aumento di mortalità dovuto a malattie degenerative provocate da sostanze come piombo, arsenico, cadmio e mercurio. L’ecosistema marino e costiero è praticamente scomparso. È incivile, inaccettabile, disumano. Abbiamo raccolto tante informazioni e nelle prossime settimane le comunicheremo. La Solvay è già stata condannata ad Alessandria per disastro ambientale (sentenza definitiva in Cassazione) e a Livorno ha patteggiato nel 2013 per reati ambientali. Siamo pronti a inoltrare diversi esposti alla procura di Livorno, poiché l'attività della Solvay è totalmente incompatibile con l’ecosistema circostante e, oltretutto, le performance di sostenibilità ambientale comunicate a livello globale dall'azienda non sono credibili. In poche parole, non solo l’azienda versa i propri scarti industriali direttamente in mare, ma c’è il fondato sospetto di che comunichi agli investitori internazionali di essere “green”, cioè rispettosa dei massimi standard ambientali. Un caso di scuola di “greenwashing", ovvero l'ecologismo di facciata. Quest'area è diventata uno dei siti più inquinati del Mediterraneo, le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della sanità lo segnalavano già 20 anni fa. È giunta l'ora di un cambio di passo.
Francesco Berti

La Replica - L'azienda non ci sta. «Per noi la sostenibilità è un elemento cardine»
«In qualità di società basata sulla scienza, Solvay ha come elemento centrale la sostenibilità ed è impegnata a promuoverla con il proprio portafoglio-prodotti, le attività industriali e le interazioni con le comunità del territorio. Continueremo a impegnarci senza sosta nella protezione dell'ambiente». Così Solvay replica al deputato M5s Francesco Berti che ha annunciato di essere pronto a inoltrare un esposto contro l'azienda per greenwashing.«A Rosignano - spiega l'azienda in una nota - aderiamo a rigorosi standard ambientali relativi ai nostri effluenti di scarico, che non sono rifiuti, ma materiali naturali inerti quali calcare, gesso, sabbia e acqua di mare, che sono non tossici e non pericolosi. Operiamo in modo sicuro e senza impatto sulla salute e sull'ambiente e nel pieno rispetto di tutte le leggi e i regolamenti esistenti. Solvay vanta una serie di risultati con continui investimenti negli ultimi 20 anni a Rosignano per migliorare i propri processi, andando oltre i parametri imposti dalle normative, compresi i recenti investimenti per ridurre le emissioni».

Solvay inquina? Per la Regione può continuare indisturbata. Bocciata oggi una mozione del M5S che chiedeva le bonifiche e impianti di depurazione degli scarti industriali sversati in mare da oltre un secolo.
"ll lupo perde il pelo ma non il vizio" recita un antico proverbio e nonostante l'infarinatura da new ecologist indossata nelle campagne elettorali e a favor di telecamere dai consiglieri PD, l'anima rimane profondamente ed economicamente neoliberista, non c'è niente da fare. Per questo, nonostante il recente scandalo dei residui tossici Keu provenienti dai fanghi delle Concerie di Santa Croce, abbia dimostrato quanto i cittadini toscani siano interessati a vivere in un ambiente sano e non inquinato, oggi il PD insieme a Lega e Italia Viva, hanno votato contro ad una mozione presentata dal Movimento 5 Stelle che chiedeva di accelerare la riconversione dello stabilimento Solvay a Rosignano con l'installazione di un dissalatore, provvedere all'installazione di adeguati sistemi di depurazione e alle bonifiche dei luoghi. Lo studio dei dati presentati dal vari organismi di controllo pubblicati sul sito del Ministero e citati nella mozione, riporta con tutta evidenza che la situazione e fortemente critica, sia sul fronte degli incidenti rilevanti che si susseguono da anni, gli ultimi a febbraio e agosto 2020, sia per quanto riguarda la contaminazione dei pozzi del quartiere dei palazzoni di Rosignano segnalata da ARPAT dallo scorso febbraio. Ricordiamo che nel 2019 Solvay e stata condannata per disastro ambientale a Spinetta Marengo per lo scarico di cromo esavalente.
A preoccupare ancora di più sono le dichiarazioni del consigliere Anselmi, intervenuto a nome del PD, come esperto del problema, il quale ha negato che ci sia un inquinamento delle acque marine, che l'azienda versi rifiuti in mare e che ci siano impatti ambientali, anzi secondo lui le affermazioni della consigliera del M5S Silvia Noferi sono estremizzazioni irrealizzabili, alle quali ha contrapposto invece l'istituzione di un tavolo per lo studio di un qualche indeterminato indirizzo da dare alla vicenda Solvay.
Che le "sensate" iniziative del Partito Democratico portino da poche parti lo dimostra il fatto che ancora oggi dopo più di un secolo, stia ancora pensando di come e se organizzare uno studio epidemiologico sulla popolazione di Rosignano mentre dati di ricercatori del CNR come dell'Azienda Sanitaria Regionale dimostrano che nell'area c'è un'incidenza maggiore del tumore alla mammella e malformazioni nei neonati.
Silvia Noferi Consigliera della Regione Toscana. 12 maggio 2021.

«Dalla Solvay in mare tonnellate di metalli». Ma la multinazionale: «Tutto nella norma».

Botta e risposta con Bluebell all’assemblea degli azionisti. Il fondo: «Si valutino i fatti e si prendano provvedimenti»

Scarichi in mare, metalli pesanti ed eventuali sostanze nocive. 45 domande e 45 risposte per un botta e risposta tra il fondo internazionale di investimento Bluebell capital partners (che chiede) e il comitato esecutivo della multinazionale Solvay durante l’assemblea degli azionisti. Con Bluebell che, alla fine dei conti, sostiene che Solvay abbia addebitato alle autorità italiane le «responsabilità del disastro ambientale a Rosignano» e con Solvay che, nelle sue risposte, sostiene di non aggiungere metalli pesanti nel processo industriale e afferma che le analisi delle acque hanno mostrato una quantità di metalli pesanti in linea con il resto della costa toscana. Ma ecco alcuni dei temi trattati.
INQUINAMENTO
Bluebell prima di tutto chiede conto a Solvay della quantità di solidi sospesi, che sono anche legati alla torbidità dell’acqua e della quantità di metalli pesanti presenti nel mare delle Spiagge Bianche in corrispondenza dello stabilimento Solvay. «I solidi sospesi - così risponde l’azienda che riporta la quantità scaricata per anno - vengono scaricati in conformità all’autorizzazione e il contenuto di metalli pesanti è in linea con il resto della costa toscana». E poi specifica: «Per produrre soda servono calcare e sale. Il calcare è non tossico, anche se contiene tracce di metalli pesanti presenti in natura. Il processo di produzione della soda comporta lo scarico di calcare inerte e di altri materiali naturali dispersi nell’acqua marina. Nell’ambito del processo industriale, Solvay non utilizza né aggiunge metalli pesanti. Il processo di produzione della soda non ha mai utilizzato mercurio. Il calcare contiene tracce di metalli pesanti che però rimangono imprigionati nel calcare allo stato solido e non possono essere assorbiti dagli organismi viventi». Per Bluebell però tutto ciò non è che una conferma del fatto che Solvay sversa in mare «tonnellate di solidi sospesi contenenti metalli pesanti». Anche perché «l’impianto di Rosignano è l’unico impianto di Solvay per la produzione di soda in cui la multinazionale belga scarica direttamente sulla costa i residui chimici di lavorazione».
SCARICO A MARE
Che Solvay afferma non essere acque reflue poiché «l’acqua scaricata è costituita da acqua di processo, acqua piovana e acqua di raffreddamento senza contatto». Detto ciò Solvay sottolinea che la scelta di scaricare in mare, tecnica utilizzata a Rosignano ma non in altri suoi impianti, è stata ritenuta la migliore dopo averne discusso con le autorità. Perché «le correnti marine garantiscono che il calcare non tossico non si accumuli, ma si disperda sul fondale marino e il calcare che rifluisce sul litorale e sulla spiaggia contribuisce a stabilizzare la linea di costa contro l’erosione». Bluebell, invece, in tutto ciò vede la volontà di Solvay di «addossare alle autorità italiane la responsabilità dello sversamento a mare degli scarti chimici della soda a Rosignano». E chiede a queste stesse autorità, tramite una lettera inviata al ministro Roberto Cingolani, al presidente della regione Toscana Eugenio Giani, al sindaco di Rosignano Daniele Donati e al presidente della commissione parlamentare d’inchiesta Stefano Vignaroli «di valutare i fatti e di assumere i necessari provvedimenti, inclusa la revoca dell’autorizzazione integrata ambientale ove ne dovessero sussistere i presupposti di legge». Insomma, lo scontro tra Bluebell e Solvay prosegue. Dentro e fuori le assemblee istituzionali.
CLAUDIA GUARINO Il Tirreno 17 LUGLIO 2021.

Solvay ancora nel mirino per gli scarichi a Rosignano: il fondo attivista Bluebell chiede alla multinazionale belga di cambiare CEO
La multinazionale belga Solvay, che produce bicarbonato di sodio da oltre un secolo, è (nuovamente) sotto attacco. Per circa un anno il fondo attivista Bluebell Capital Partners (vedi sopra) ha fatto pressioni per fermare l’inquinamento provocato dall’impianto industriale di Rosignano Marittimo (in provincia di Livorno), località tristemente nota alle cronache per le sue spiagge bianche, non per cause naturali, ma per via degli scarichi tossici. Adesso, però, la Bluebell fa sul serio e chiede alla società belga di rimuovere dall’incarico l’amministratore delegato Ilham Kadri, per non essere stata all’altezza di risolvere la faccenda degli scarichi pericolosi in Italia. Qualsiasi amministratore delegato responsabile impegnato nella sostenibilità, dovrebbe impedire all’azienda di scaricare annualmente sulla riva e poi in mare fino a 250.000 tonnellate dei suoi rifiuti di produzione” –  ha dichiarato il fondo attivista – Noi di Bluebell abbiamo ormai perso fiducia nel CEO Kadri, e invitiamo il consiglio a optare per una nuova leadership”.
Solvay non è intenzionata a cedere.
La mossa di Bluebell, che ha definito Rosignano Marittimo una “discarica di rifiuti industriali a cielo aperto”, rientra in una più ampia campagna che punta a spingere le aziende verso un impegno maggiore in ambito ambientale e sociale. Ma la multinazionale nega che gli scarichi nel Livornese siano pericolosi per la salute e l’ambiente e sul suo sito web asserisce che sono atossici ed innocui ed effettuati secondo rigorose norme ambientali. L’impianto utilizza come materia prima il calcare naturale proveniente dalla vicina cava di San Carlo, in provincia di Livorno – si legge sul sito della Solvay – Il calcare polverulento residuo del ciclo produttivo viene scaricato dallo stabilimento Solvay nel vicino mare. Contribuisce al colore delle spiagge bianche e stabilizza la costa contro l’erosione. Ciò avviene nel pieno rispetto delle normative locali e nazionali, nonché degli elevati standard di Solvay in materia di salute, sicurezza e protezione ambientale. Insomma, la società nega apertamente, nonostante recenti studi e inchieste mettano in guardia sui rischi sulla salute di chi vive a Rosignano (dove ad esempio è più facile ammalarsi di mesotelioma pleurico), oltre che sull’ecosistema. E, come spiegato dal presidente di Solvay, Nicholas Boyle, la società non ha intenzione di cambiare l’amministratore delegato. “Dalla sua nomina nel 2019, Kadri ha intrapreso un’azione decisiva per plasmare la strategia dell’azienda e allineare il suo portafoglio con forte tendenze di sostenibilità, implementando anche un nuovo ambizioso programma di sostenibilità, Solvay One Planet” ha replicato Boyle.  
GreenMe - ROSITA CIPOLLA 17 SETTEMBRE 2021

Solvay, è tutto in regola. Altri 12 anni di produzione. Via libera del ministero all’autorizzazione per lo stabilimento di Rosignano. Si può proseguire a relizzare bicarbonato di sodio, a norma gli scarichi in mare. Il ministero della Transizione Ecologica ha confermato il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), a produrre, per lo stabilimento chimico Solvay di Rosignano. Il rinnovo certifica che gli impianti sono in regola per proseguire con la produzione di soda in sicurezza per i prossimi 12 anni. La scelta delle tecniche di emissione è valutata in base alle caratteristiche del luogo e all’allineamento con le "Best Available Techniques" (BAT), non al loro costo. "A Rosignano – spiega una nota della Solvay – lo scarico diretto in mare attraverso un canale aperto si conferma come la "Best Available Technique", poiché le correnti sottomarine fanno sì che il calcare non si accumuli, ma si distribuisca sul fondale". Il rinnovo del permesso di Solvay a Rosignano conferma anche la quantità totale di solidi sospesi che è possibile scaricare in mare. Questa quantità corrisponde a un massimo di 250.000 tonnellate all’anno, come autorizzato in precedenza. "Potevano essere utilizzate delle vasche di decantazione del materiale invece dello scarico in mare, ma l’impatto sarebbe stato maggiore per il territorio. Siamo stati convolti nel processo di autorizzazione come ente locale – spiega il sindaco di Rosignano Daniele Donati – e il monitoraggio delle emissioni è fondamentale. Quindi diamo un giudizio positivo del rinnovo in quanto vengono rispettate tutte le procedure previste. E’ importante mantenere anche un polo industriale e di eccellenza a Rosignano con centinaia di posti di lavoro e prospettive di sviluppo". Soddisfatti anche i sindacati: "Abbiamo un quadro definito per i prossimi 12 anni ed è importante" spiega Lorenzo Martini coordinatore delle Rsu Solvay Rosignano. Solvay si è impegnata poi nella ricerca di nuove soluzioni tecniche, per ridurre la quantità dei solidi sospesi prodotti o scaricati in mare. "Lo stabilimento Solvay di Rosignano è da oltre un secolo parte attiva della comunità e il rinnovo dell’autorizzazione ci permette di continuare a dimostrare il nostro impegno ad operare in modo sicuro, sostenibile e secondo le migliori tecniche disponibili", ha commentato Nicolas Dugenetay, direttore dello stabilimento Solvay. Negativo invece il giudizio di Legambiente Costa Etrusca: "Non si doveva autorizzare lo scarico in mare, ci sono altre tecniche meno impattanti rispetto a versare migliaia di tonnellate di inerti nell’ecosistema marino". 27 gennaio 2022.   
Questo il commento del Sindaco Daniele Donati, in merito al rilascio dell'Aia a Solvay Group da parte del Ministero. "Il rilascio dell'AIA a Solvay da parte del Ministero - spiega Donati - è una tappa importante per lo Sviluppo Sostenibile del Parco Industriale di Rosignano e del Sito di produzione Soda e Derivati. L'autorizzazione, frutto di un lavoro e di un confronto tra le varie istituzioni e gli organi tecnici di controllo locali e nazionali, affronta in maniera analitica le principali questioni ambientali e le declina a livello territoriale, in un quadro di progressiva riduzione degli impatti, sulla base delle migliori tecnologie disponibili nel contesto scientifico e tecnologico internazionale. Anche a fronte della discussione alimentata nei mesi scorsi da soggetti finanziari con finalità non chiare, emerge di fatto come soluzioni già valutate e scartate da tempo circa il trattamento in vasche e successivo accumulo in loco od in discariche autorizzate dei residui calcarei di lavorazione, non siano le migliori tecniche applicabili per la compatibilità ambientale e socio economica di questo territorio".

Solvay contro il fondo Bluebell «Una campagna contro la soda» - Lettera del gruppo a clienti e azionisti: «Così vogliono danneggiare la nostra produzione»
È una battaglia dall'interno: negli ultimi due anni il fondo attivista Bluebell Capital Partners, con sede a Londra, guidato dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani, chiede che Solvay metta in campo migliorie per risolvere problemi di carattere ambientale, sociale e di governance. In primis viene chiesto di interrompere gli scarichi a mare e di bonificare i 5 chilometri di arenile dove gli scarichi si accumulano, vale a dire le Spiagge Bianche. Una battaglia interna, perché il fondo londinese possiede delle quote di Solvay e si rivolge agli azionisti. Ora la novità è che la multinazionale belga ha deciso di rispondere sullo stesso terreno, con una lettera aperta del board, il consiglio d'amministrazione del gruppo, a tutti gli stakeholders, vale a dire azionisti, clienti, istituzioni, sindacati...«Negli ultimi 16 mesi, Bluebell Capital Partners, fondo che possiede una quota di Solvay, ha promosso una campagna basata su informazioni fuorvianti sull'operato a Rosignano - si legge in apertura nella lettera -. Come azienda attiva da 160 anni, siamo profondamente consapevoli delle nostre responsabilità sociali e del ruolo che la chimica riveste nel percorso in ambito ESG (investimenti sostenibili, ndr) che abbiamo intrapreso. Nel corso delle interlocuzioni di Solvay con Bluebell, siamo sempre più preoccupati che non esista un effettivo interesse a un dialogo basato sulla scienza e sui fatti». Nella lettera si ricorda che «il gruppo è impegnato in operazioni ESG nel segno della roadmap "Solvay One Planet", che promuove la sostenibilità dei prodotti dell'azienda e delle relative strutture. «Questo è quanto mai vero per lo stabilimento di Rosignano, dove Solvay produce soda da oltre un secolo». Processo di produzione - si sottolinea - «sicuro e controllato». Ed ecco l'accusa di Solvay: «È difficile immaginare come un fondo che non vanta alcuna competenza in scienze ambientali o in chimica e di cui non c'è traccia di investimenti in sostenibilità, possa comprendere il funzionamento dei processi di produzione di soda di Solvay meglio delle autorità di regolamentazione ambientale» e degli scienziati indipendenti. Bluebell ha presentato a Solvay 52 domande nel corso dell'assemblea generale annuale dell'11 maggio 2021. «Nonostante le risposte puntuali e la diligenza di Solvay nell'indicare fatti e dati scientifici da fonti ufficiali - Bluebell ha continuato a perseverare e diffondere la stessa narrazione fuorviante. Il fondo ha inviato numerose lettere a quasi 200 stakeholder, tra cui azionisti, clienti, autorità regolatorie, nonchè a funzionari italiani, dell'UE e dell'Onu per scatenare quella che sembra essere a tutti gli effetti una campagna volta a danneggiare l'attività di produzione di soda di Solvay». La lettera aggiunge che alla fine dello scorso mese «è stato rinnovato il permesso IPPC1 per il sito di Rosignano dopo una lunga e attenta revisione delle operazioni condotta da esperti indipendenti e agenzie governative, un atto dovuto, risultato dell'adozione nel 2017 di nuovi requisiti UE da parte Inovyn, una società non collegata a Solvay, e all'unità di produzione di perossidi, i cui impianti condividono lo stesso plesso industriale e sono quindi coperti dallo stesso permesso». Subito dopo il rinnovo del permesso, «Bluebell si è spinta fino all'estremo tentativo di coinvolgere direttamente il Ministero della Transizione Ecologica, insinuandone una condotta non corretta. Quest'ultimo attacco ha reso chiaro al consiglio di amministrazione di Solvay che Bluebell non sembra essere interessata a un impegno concreto in tema ESG. Con la guida della nostra Ceo e presidente dell'esecutivo Ilham Kadri sono stati compiuti importanti passi in avanti per accelerare i progressi di Solvay sul tema. Grazie a una chiara tabella di marcia, la cosiddetta ESG "One Planet", Solvay sta portando avanti progetti di sostenibilità con dieci obiettivi ambiziosi divisi in tre pilastri chiave - si spiega ancora -: clima, risorse e qualità della vita. In questo piano è compresa anche l'eliminazione graduale del carbone, la riduzione delle emissioni e il passaggio all'energia verde per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e permettere a tutte le attività produttive diverse dalla manifattura di soda di diventare neutrali entro il 2040. Solvay ha intrapreso investimenti significativi a Rosignano come parte integrante del continuo impegno della Società sulla sostenibilità. Investimenti che hanno portato a ridurre il consumo di acqua dolce di oltre il 20%. Il sito ha anche ridotto del 40% le emissioni negli ultimi due anni grazie alla costruzione di un impianto di cogenerazione ad alta efficienza e di un'altra struttura che intercetta, purifica e liquefà la CO2, per riutilizzarla nel processo di produzione». 15/2/22.

Il fondo Bluebell contro Solvay - «Metalli pesanti sversati in mare - Ci basiamo sui dati forniti dalla multinazionale» -
Al centro gli scarti della produzione della soda.

Nuovo capitolo della "guerra della soda". Il fondo Bluebell non tarda a replicare alla lettera aperta diffusa dal Consiglio di amministrazione di Solvay in cui la multinazionale accusa il fondo attivista di usare argomentazioni pretestuose al fine di danneggiare la produzione della soda. Bluebell contrattacca invitando Solvay ad «un vero dialogo aperto e costruttivo». «Bluebell Capital Partners conferma di possedere una unica azione di Solvay, qualificandosi in quanto tale come azionista. Questa partecipazione fa parte di un'iniziativa senza scopo di lucro ("One Share ESG Campaign") in cui, senza alcun interesse economico, mettiamo le nostre competenze di investitori finanziari attivisti, al servizio di organizzazioni ambientali, comunità locali ed amministratori». Secondo i criteri sottolineati « dall'Agenda 2030 con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da parte degli Stati membri delle Nazioni Unite. Tra questi obiettivi, quello al 2025 di prevenire e ridurre significativamente l'inquinamento marino di tutti i tipi». Bluebell, il fondo diretto dall'avvocato Giuseppe Bivona, con Marco Taricco e Francesco Trapani, sottolinea che «nello stabilimento per la produzione di soda a Rosignano ogni anno l'azienda scarica sul litorale, e poi direttamente nel Mar Mediterraneo, centinaia di migliaia di tonnellate di solidi sospesi, contenenti nichel, cadmio, cromo, arsenico e mercurio. In base ai dati forniti dalla società, Solvay nel triennio dal 2018 al 2020, ha sversato a mare 688.000 tonnellate di solidi sospesi, contenenti 88,7 tonnellate di metalli pesanti». Lo sversamento «dei rifiuti della produzione di soda dallo stabilimento della Solvay a Rosignano ha creato una discarica a cielo aperto, con l'aspetto accattivante (e fuorviante) di un'idilliaca spiaggia caraibica, le cosiddette Spiagge bianche di Rosignano». Insomma, «contrariamente a quanto dichiarato dalla Solvay nella lettera aperta, Bluebell Capital Partners ha interesse unicamente in un confronto basato su dati scientifici e riscontrabili, e per questo abbiamo messo a disposizione di Solvay tutta la documentazione che abbiamo esaminato e valutato. Abbiamo anche analizzato, in dettaglio, le risposte fornite da Solvay alle domande poste da Bluebell Capital Partners, all'assemblea dei soci a maggio 2021. Siamo rimasti estremamente delusi dalla condotta della Solvay che si è rifiutata (l'11 giugno 2021) di fornire chiarimenti». Inoltre «abbiamo anche analizzato con attenzione la presentazione "Solvay - la Produzione della soda a Rosignano (gennaio 2022). Nella presentazione Solvay si legge che, secondo l'agenzia di monitoraggio Arpat a Rosignano, la "qualità della balneazione è eccellente". Riteniamo che questa affermazione sia fuorviante, in quanto Solvay ha omesso di specificare che la valutazione dell'Arpat si basa "solo 2 parametri microbiologici (escherichiacoli ed enterococchi intestinali) , indicatori della presenza di tali apporti fecali" "senza prendere in considerazione alcun aspetto ecologico, né chimico, né organolettico». 18/2/22.

Legambiente: «Basta deroghe agli scarichi»
Legambiente sul piede di guerra per l°autorizzazione Aia confermata a Solvay. «Ci eravamo illusi, nel 2018, che con il cambio alla direzione della multinazionale e l'arrivo della giovane e brillante Ilham Kadri, le cose potessero cambiare a Rosignano - scrive l'associazione ambientalista in una
nota dell'ufficiofistampa toscano e del circolo Costa Etrusca -. Sostenibilità, equità, innovazione: queste le parole d'ordine della nuova CEO di Solvay. Purtroppo, a distanza di tre anni e mezzo non ci pare di aver notato grandi discontinuità rispetto al passato, dunque erano solo parole di circostanza, o
per meglio dire green washing. Solvay è stata di nuovo autorizzata a sversare in mare 250.000 tonnellate annue di residui della produzione, per altri 12 anni. Una decisione che proroga sine die l'eccezione concessa allo stabilimento della multinazionale belga». Legambiente ricorda «che il limite di legge prescriverebbe la soglia di 60.000 t/a, elevato a 250.000 solo per l'azienda» ed esprime pertanto «sconcerto e preoccupazione››.Aggiunge che «delle fabbriche Solvay in Europa, quella di Rosignano è l'unica che continua a sversare scorie in mare in piena libertà. E anche vero che quella in Portogallo, che sversava in un fiume, alla fine è stata chiusa e tutto versa in malora alla luce del sole. Ma non si creda che Legambiente si auguri la chiusura del polo industriale di Rosignano. Al contrario, il nostro auspicio era ed è che diventi realmente uno stabilimento più efficiente e meno inquinante».
18/2/22.

Ricorso al TAR contro Solvay e ministero firmato da Bluebell con Wwf e Project Zero.
Anche la figlia di Mick Jagger dà battaglia sulle Spiagge bianche. Il fondo Bluebell Capital Partners ha presentato ricorso al Tar della Toscana per l'annullamento del decreto emesso il 20 gennaio 2022 dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che ha rinnovato ed esteso l'Autorizzazione integrale ambientale (Aia) dello stabilimento Solvay a Rosignano, al centro da tempo di una controversia ambientale. Il ricorso è stato sottoscritto anche dal Wwf Italia, da Project Zero (organizzazione no profit che si batte per la salvaguardia dei mari e che vanta tra i suoi "ambasciatori" celebrità come Sienna Miller, Slash, Cara Delevingne, Georgia May Jagger, la figlia di Mick Jagger, e Liv Tyler) , dalla onlus Medicina Democratica e da numerosi cittadini di Rosignano guidati da Maurizio Marchi, ecologista che da anni critica l'impianto che, con i suoi scarichi in mare, crea artificialmente le Spiagge bianche. Il ricorso si fonda su tre motivazioni, spiegano dal fondo Bluebell: in primo luogo la presunta violazione da parte di Solvay della linee guida europea e nazionale che vietano l'accumulo localizzato di solidi sospesi sversati a mare. In secondo luogo il presunto eccesso di potere delle autorità italiane per carenza di istruttoria da parte del Ministero che ha rilasciato l'autorizzazione senza che fossero stati esaminati tutti gli elementi utili a valutare i pericoli per l'ambiente e per la salute. Infine il potenziale conflitto di interesse di Cingolani per aver firmato un decreto che avvantaggia una società (Solvay) con cui, da dirigente di Leonardo, aveva concluso una joint venture. «Questo ricorso al Tar rappresenta un'iniziativa senza precedenti che dimostra come investitori attivisti attenti alle tematiche ambientali e sociali (Bluebell Capital Partners) , organizzazioni no-profit che si occupano della tutela dell'ambiente (WWF Italia, Progetto Zero) e della salute (Medicina Democratica) e le comunità locali (Maurizio Marchi e i cittadini di Rosignano che hanno aderito all'azione legale) possano, anzi debbano, lavorare insieme per la difesa del nostro ambiente», spiega la nota dei firmatari del ricorso. Solvay conferma che nella serata di ieri le è stato notificato un ricorso rispetto al rinnovo dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata lo scorso 20 gennaio dal Ministero della Transizione ecologica. «Il processo di produzione di bicarbonato di sodio di Solvay a Rosignano - si legge nella nota dell'azienda - è sicuro e controllato, utilizza materiali naturali ed è svolto nel pieno rispetto delle normative europee e italiane, come è attestato dal rinnovo dell'AIA della società da parte delle autorità italiane nel gennaio del 2022. Il rinnovo è arrivato dopo un'ampia revisione di durata triennale delle operazioni di Rosignano, condotta da un comitato di esperti indipendenti». Solvay si dice «fiduciosa che il Tar respinga il ricorso presentato. L'Aia nel frattempo rimane del tutto valida». M.M. Il Tirreno 23/3/22.

4 aprile 2022 - Che succede oggi a Rosignano Solvay LA SPIAGGIA COME CHERNOBYL
UN INTERESSANTE VIDEO APPENA REALIZZATO DA DUE GIOVANI SUL PROBLEMA DELL'INQUINAMENTO SOLVAY. A mio avviso, al di là di tutto, è tecnicamente ben fatto ed anche documentato. È importante che siano i giovani ad occuparsi del problema, perché il futuro ambientale (e non solo) di questo mondo è loro. Nel video ci sono anche tre interviste a persone ahimè non più giovani (Maurizio Marchi, Giuseppe Bivona di Bluebell ed il sottoscritto Paolo Bini), ma è anche vero come dicono i Masai che gli Anziani possono essere utili ai giovani a trovare la strada migliore. Era stato invitato anche il Sindaco, ma sembra che abbia declinato l'invito. GUARDATELO!

19 maggio 2022 - Lettera aperta dei sindacati: Solvay in regola con gli scarichi.
Lavoratori e sindacati si schierano in difesa dello stabilimento Solvay di Rosignano dopo gli attacchi della Bluebell. La Rsu aziendale ha scritto una lettera aperta alle istituzioni e ai cittadini in cui evidenzia tutta la sua preoccupazione per il futuro dell'azienda. Il fondo attivista Bluebell Capital Partners di recente è tornato ad attaccare la multinazionale belga Solvay, avviando un contenzioso per inquinamento sull'impianto industriale di Rosignano. Il tema è sotto i riflettori ormai da decenni, in un'area geografica dove la multinazionale belga ha collegato il suo nome al destino dei residenti: Rosignano Solvay si è attrezzata da decenni con scuole e case per i dipendenti. «La Rsu di Rosignano - così comincia la lettera che è stata diffusa con un testo anche in inglese - è preoccupata per la campagna in corso contro Solvay Chimica Italia S.p.A. guidata da Bluebell Capital Partners (Bluebell), un fondo speculativo che fa base a Londra, che possiede una azione della società Solvay. Bluebell accusa Solvay di trascurare l'ambiente a Rosignano, nonostante la nostra Aia (autorizzazione integrata ambientale) sia stata recentemente rinnovata dopo un processo di verifica durato tre anni. Cosa stanno cercando? Quali sono i loro reali interessi? Noi siamo orgogliosi del nostro operato e da quanto l'azienda ha realizzato negli anni. Noi svolgiamo attività estremamente ben regolamentate sia dagli enti locali ufficiali che dagli organismi scientifici indipendenti e abbiamo a cuore l'ambiente, ed è qui che viviamo con le nostre famiglie. Non possiamo più accettare le accuse di Bluebell e siamo uniti insieme alla nostra società ed ai colleghi nel respingerle». I dipendenti si schierano in difesa dell'azienda. «Il nostro stabilimento rilascia esclusivamente effluenti monitorati che contengono solidi sospesi costituiti da calcare naturale. È stato dimostrato più e più volte che tutte le nostre attività sono conformi alle normative vigenti ed il processo di miglioramento delle nostre attività è continuo. Non c'è alcun dubbio che i nostri effluenti siano sicuri. Voi dovete esser consapevoli che Bluebell - spiegano nella lettera - sta esercitando pressioni su di noi come azienda ed anche sui nostri clienti. Dato che è stato stabilito che operiamo in modo responsabile, il proseguimento di questa campagna è infondato a meno che l'obiettivo non sia quello di chiudere Rosignano ed eliminare migliaia di posti di lavoro. Oltre a ciò, tutta questa campagna sta screditando e mettendo in discussione la legge del nostro paese». Il Tirreno.

2022 - Il gruppo Solvay investe 15 milioni per ridurre gli scarichi a Rosignano.
Il gruppo chimico Solvay investe 15 milioni di euro per ridurre gli scarichi dello stabilimento di Rosignano nelle acque davanti alle Spiagge bianche. Il gruppo ha varato un piano d'azione per accelerare i propri investimenti a Rosignano nell'ambito degli impegni previsti dal programma "Solvay One Planet" e ridurre significativamente i residui di calcare rilasciati dalla produzione di carbonato di sodio. L'investimento, spiega l'azienda con una nota del gruppo, rientra «nell'ambito degli sforzi di continua ottimizzazione dell'efficienza e della sostenibilità delle proprie attività industriali» e in linea con il rinnovo dell'autorizzazione Ippc (Integrated pollution prevention and control, ovvero la minimizzazione dell'inquinamento da diverse fonti industriali in tutta l'Unione europea) del gennaio 2022. «Siamo impegnati nel migliorare costantemente la sostenibilità dei nostri processi - ha dichiarato Philippe Kehren, presidente della divisione Soda Ash & Derivatives di Solvay - e concentrati nel garantire che il nostro stabilimento di Rosignano continui a svolgere un ruolo importante nella fornitura di materiali essenziali per la società. La nostra determinazione a continuare ad alzare l'asticella e la volontà di fare ulteriori investimenti, dimostrano ulteriormente il nostro impegno a migliorare le nostre attività industriali». Il piano d'azione è rappresentato da un investimento su nuove soluzioni tecniche e di processo, alcune delle quali richiederanno l'approvazione delle autorità competenti. Il piano includerà miglioramenti finalizzati alle diverse fasi del processo produttivo e a un'ottimizzazione della granulometria e della qualità del calcare. L'obiettivo di Solvay, entro il 2030, è quello di ridurre del 20% il volume massimo di scarichi attualmente definiti dall'autorizzazione. Con frequenza semestrale, Solvay fornirà alle autorità competenti un aggiornamento sui progressi del piano. Entro il 2040, l'ambizione di Solvay è quella di ridurre gli scarichi di calcare del 40%. «Il piano d'azione annunciato, conferma l'impegno della società e di tutti gli attori del sito nel percorso di progresso continuo delle nostre attività sul territorio e in un contesto di piena sostenibilità», afferma Nicolas Dugenetay, direttore dello stabilimento Solvay di Rosignano. Lo stabilimento di Rosignano produce carbonato di sodio e bicarbonato di sodio dal 1912. Questi prodotti, realizzati a partire da calcare naturale e sale, servono per applicazioni essenziali, come la produzione di vetro e sistemi di controllo dell'inquinamento atmosferico, nonché per applicazioni nel settore sanitario, come i sistemi di emodialisi. Dopo l'annuncio del gruppo belga, Bluebell Capital Partners - fondo attivista londinese guidato dagli italiani Marco Taricco, Giuseppe Bivona e Francesco Trapani - ha applaudito all'operazione ed espresso apprezzamento per i piani della multinazionale. Nel dicembre 2020 il fondo Bluebell Capital Partners aveva attaccato Solvay avviando una contesa per inquinamento sull'impianto industriale di Rosignano. Il Tirreno 7/9/22.

Via gli scarichi a mare Solvay. Una vittoria ambientalista. Il deputato Berti sul piano investimenti del gruppo.
«Una splendida notizia per il territorio livornese e toscano. Dopo anni di battaglie, la Solvay ha annunciato 15 milioni di investimento per l'impianto di Rosignano. Questo in un ottica di chiudere lo scarico a mare di derivati industriali, famoso in tutta Italia per le "Spiagge bianche", ma che ha devastato l'ecosistema marino». Così Francesco Berti, deputato 5 Stelle confluito nel gruppo di Di Maio. Il politico livornese interviene sull'annuncio del gruppo Solvay di investire 15 milioni per un piano di riduzione consistente degli scarichi a mare. «L'impianto passerà da una riduzione del 20% entro il 2030 e una riduzione del 40% entro il 2040, per chiudere completamente entro il 2050 - commenta Berti -. Solvay insiste sul territorio livornese dal 1913. A gennaio 2022, il Ministero della Transizione Ecologica aveva rinnovato l'autorizzazione per ulteriori 12 anni, senza chiedere specifiche garanzie ambientali. Per fortuna, grazie a una pressione mediatica e politica, siamo riusciti a portare Solvay al tavolo per fargli prendere un accordo nero su bianco. Pochi giorni fa le Nazioni Unite, tramite il Rapporteur Orellana, avevano segnalato la criticità del territorio. Continueremo a lavorare affinché i patti siano rispettati e la bonifica completata: in questa battaglia ci sono avvocati, attivisti, economisti e professionisti sanitari». 8/9/22

Il gruppo di minoranza Rnc sull’investimento Solvay per ridurre gli scarichi a mare: “Non è un regalo, ma un legittimo indennizzo”
“La notizia della riduzione e (forse) dell’abolizione degli scarichi a mare, sbandierata da molti come una grande vittoria, ci lascia molto perplessi”. Il gruppo consiliare di minoranza, Rosignano nel cuore, interviene sulla notizia data nei giorni scorsi dalla società Solvay di aver stabilito un investimento di 15 milioni di euro per diminuire in modo consistente il quantitativo di scarichi in mare dei residui di calcare (30% entro il 2030 per arrivare al 40% entro il 2040).
“Innanzitutto – scrive Rnc in una nota stampa – bisogna chiarire che non è un regalo che l’industria ci fa, quanto piuttosto un legittimo indennizzo basato sul principio “chi inquina paga”. Ventotto anni sono lunghissimi, c’è tutto il tempo per disattendere l’accordo. Ce ne sono voluti molti meno per non rispettare l’accordo di programma del 2003 che, come questo, prevedeva la riduzione progressiva degli scarichi a mare”. Il gruppo consiliare di minoranza fa inoltre notare che “promettere di non inquinare più il mare non equivale affatto a bonificarlo. Le analisi Arpat sono lì a certificare la presenza di sedimenti pieni di Mercurio e di altre sostanze tossiche mentre un flusso “evasionale” di mercurio è stato misurato dalle acque delle Spiagge Bianche”.

Infine, il gruppo consiliare all’opposizione, interviene su una serie di questioni legate all’ambiente. “Sul territorio di Rosignano ci sono altre partite ambientali aperte, altrettanto e forse più importanti rispetto agli scarichi a mare: pozzi inquinati delle case vicine al perimetro della fabbrica; uso abnorme di acqua dolce per uso industriale; emissione di enormi quantità di gas climalteranti; rischio industriale legato alla presenza di stoccaggi di gas pericolosi; occupazione da parte dell’industria di un’area archeologica di pregio come gli scavi di San Gaetano. Ci sono, infine, i segnali di aumentata mortalità per malattie cronico-degenerative nel nostro Comune che aspettano ancora di essere analizzati con una ricerca appropriata”. Ecco che Rnc conclude sottolineando che “rimarchiamo e condanniamo ancora una volta la studiata operazione di rallentamento e di ostacolo alla realizzazione dello studio epidemiologico operata dal sindaco che, a distanza di oltre tre anni dalla deliberazione del consiglio comunale, non agisce in modo da dare una risposta alla domanda: abitare vicino alla fabbrica comporta un rischio di malattia o di morte?”

IL COMUNE DI ROSIGNANO E LA SOLVAY FIRMANO IN REGIONE UN PROTOCOLLO D'INTESA PER MIGLIORARE L'INTEGRAZIONE E LA SOSTENIBILITÀ DEL SITO DI ROSIGNANO.
Impegno reciproco, rispetto, senso dello sviluppo del territorio e una governabilità che fa rima con sostenibilità. Eugenio Giani, tiene a battesimo nella sala Cutuli della Regione la firma del protocollo d'Intesa tra Comune di Rosignano e Solvay. Un passaggio che il presidente saluta con i due firmatari, Daniele Donati, sindaco di Rosignano e Philippe Kehren, presidente della Business Unit Soda Ash di Solvay.
"E' un potocollo molto importante e proprio per la sua valenza e importanza viene firmato qui: il Pegaso dà il senso del rilievo regionale di questo atto, che va nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità ambientale" afferma il presidente. Gli interventi previsti confermano "come Solvay operi e lavori, con beneficio per la nostra occupazione, la manifattura e l'economia in Toscana". Giani ringrazia entrambi i firmatari: "Il Comune di Rosignano sull'ambiente sta lavorando molto: abbiamo bisogno di uno sviluppo che si coniughi con la sostenibilità". Alla firma hanno partecipato anche Katelijn De Nijs, primo consigliere dell'Ambasciata del Belgio in Italia, Vincenzo Brogi, assessore del Comune di Rosignano, Nicolas Dugenetay, direttore del sito Solvay di Rosignano e Marco Colatarci, country manager di Solvay in Italia. All'inziaitiva è intervenuto anche Francesco Gazzetti, consigliere regionale presidente della Commissione poltiche europee e internazionali. Lo scopo del protocollo, è stato chiarito, va inserito nella ricerca del continuo miglioramento dell’integrazione dello stabilimento di Rosignano nel territorio, in modo da migliorare la qualità della vita delle comunità locale.  
Questa iniziativa si va ad aggiungere a quanto recentemente annunciato del Gruppo Solvay su nuovi investimenti finalizzati ad individuare nuove soluzioni tecnologiche per la riduzione della quantità di residui calcarei rilasciati in mare e ha l’obiettivo di favorire un’azione coordinata tra il sito e le amministrazioni locali su specifici interventi di carattere urbanistico, nonché sull'innalzamento del livello di conoscenza e di consapevolezza da parte del territorio delle attività produttive esistenti.
Si tratta di una sinergia, quella tra il Comune e Solvay, che permetterà non solo di migliorare ulteriormente gli obiettivi di sostenibilità ambientale, ma anche di integrare il sito produttivo nel territorio con immediate ricadute positive per la comunità locale.
L’integrazione e il rapporto con il territorio è uno degli aspetti più significativi di questo piano d'azione coordinato, possibile solo attraverso lo sviluppo di una consapevolezza che parta, in primis, dalle comunità locali. Sotto questo profilo, sono molte le iniziative previste: ad esempio, sarà creata una piattaforma di collaborazione per facilitare un dialogo permanente con gli stakeholder locali e visite regolari agli impianti. Ma non solo. Sarà anche installato uno stand informativo pubblico che illustrerà il processo di produzione della soda e spiegherà le caratteristiche della spiaggia.
“La firma di questo protocollo d’intesa – commenta il Sindaco di Rosignano Marittimo, Daniele Donati – si inserisce all’interno di un solido percorso di interlocuzione che amministrazione comunale e Solvay hanno avviato da tempo, concretizzatasi anche attraverso la partecipazione alle conferenze di servizio per il rilascio delle varie autorizzazioni. Il nostro intento comune è quello di dare un chiaro segnale di concretezza, perché il parco industriale Solvay possa continuare ad essere una risorsa per il territorio, anche e soprattutto dal punto di vista ambientale, oltre che dell’occupazione. Lo sviluppo sostenibile è una nostra priorità e dev’essere il filo conduttore che unisce pubblico e privato in iniziative come questa. Non a caso, la riduzione dei solidi sospesi e delle emissioni di CO2, il risparmio di acqua e la salvaguardia del territorio e della sua biodiversità sono i punti principali di questo protocollo che oggi andiamo a firmare insieme. Un protocollo all'interno del quale Solvay si impegna a destinare a questi obiettivi risorse proprie, di importi significativi”. "Questo nuovo piano integrato di sostenibilità per lo stabilimento di Rosignano – ha sottolineato Philippe Kehren, presidente della Business Unit Soda Ash di Solvay - dimostra la nostra grande ambizione di sviluppare gli impegni assunti in “Solvay One Planet” anche a livello locale. Sono orgoglioso di vedere numerose azioni in corso che garantiranno un futuro più sostenibile per le nostre attività a Rosignano e la continuità del dialogo positivo con la comunità locale e le autorità", ha concluso. 29/9/2022

2024 - Nanopressviaggi-Una spiaggia come le Maldive in Italia. Il segreto della sabbia. Una storia strana che ha il suo segreto nella sabbia. Che non è sabbia.
Per poter ammirare una spiaggia dalla sabbia bianchissima occorre spesso prendere aerei per spostarsi di centinaia e centinaia di chilometri. Ma esiste un luogo che invece si trova in Italia e non alle Maldive. Un luogo con una storia molto particolare, iniziata a ridosso delle Guerre Mondiali e che si è protratta fino al presente. Il motivo per cui questo luogo esiste è un esempio di cosa non si dovrebbe mai fare. Eppure, nonostante tutto è un luogo in cui ogni anno moltissimi vanno in vacanza. Dovresti però utilizzarla solo come soggetto per qualche foto. Il segreto è nella sabbia. Le recensioni di TripAdvisor per queste spiagge che si trovano lungo la costa livornese a Rosignano Marittimo, sottolineano tutte come si tratti di un luogo che sembra uscito da una cartolina. E in effetti il bianco di quella che sembra sabbia che aiuta a far risaltare il blu dell’acqua crea un contrasto degno di una cartolina tropicale. Quello che c’è dietro il fenomeno delle cosiddette spiagge bianche o spiagge Solvay è tutt’altro che un fenomeno naturale. Per questo motivo, anche se scenograficamente entusiasmanti, occorre sapere che cosa potresti toccare e con che cosa potresti entrare in contatto decidendo di fermarti in questo luogo. Perché la storia delle spiagge Solvay è legata indissolubilmente al vicino stabilimento per la produzione del bicarbonato dell’omonima marca. E il colore di questa spiaggia non è sempre stato bianco. Ecco come è successo. Lo stabilimento Solvay di Rosignano esiste dall’inizio del ‘900 e purtroppo fin dall’inizio, data la posizione, ha sversato tonnellate di scarti direttamente in mare. Negli Anni ’90 ci fu poi un enorme incidente che causò lo sversamento di una quantità ingente di sostanze che hanno in pratica ricoperto la spiaggia di un miscuglio di calcare e cloruro di calcio, oltre a mercurio e altre sostanze tossiche. Per questo motivo esiste da sempre una ordinanza che vieta la balneazione. Nonostante questo tanti turisti continuano a fare il bagno in queste acque. Ma, e torniamo lì dove abbiamo iniziato, basta leggere le recensioni di TripAdvisor per scoprire quelli che sono anche gli effetti della balneazione: c’è chi racconta di aver provato a fare il bagno e di aver sentito la pelle pizzicare per giorni oppure di chi invoglia a soffermarsi non sul bianco e l’azzurro, ma su tutto quello che non c’è. L’inquinamento della Solvay, infatti, ha distrutto l’ecosistema di questa zona e non si sente più neanche l’odore del mare. Di nuovo, questo spettacolo di sabbia bianca può essere interessante, ma sarebbe meglio evitare esposizioni prolungate.
Giugno 2024 di Valeria Poropat.

SIGFRIDO RANUCCI REPORT - ALLA FACCIA DEL BICARBONATO DI SODIO
Vedi: Lo scarico a mare
Vedi:
I Caraibi del Tirreno: spiagge, soda e gas
Vedi: La versione Solvay? Danni limitati
Vedi: Il difficile contenimento degli scarichi
Vedi: La discarica in bocca di Fine
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