La fabbrica

         Il difficile contenimento degli scarichi... 
Le lavorazioni degli Stabilimenti Solvay, iniziate nel 1912 e incrementate quasi ininterrottamente fino ad oggi, hanno ovviamente comportato la dispersione in aria di quantità notevolissime di inquinanti. Secondo “L’informatore sindacale” (numero unico pubblicato a cura della F.U.L.C. della zona di Rosignano - Bassa Val di Cecina) si è trattato nel 1982 di 23.967.360 kg di anidride solforosa, di 11.677.080 kg di ossido di carbonio, di 184.000 kg di ammoniaca, di 1.542 kg di cloro, di 15 kg di acido cloridrico, di 88 kg di mercurio, di 2.242.560 kg di idrocarburi e di 1.226.400 kg di green oil. Va comunque fatto notare che la maggior parte di questi materia1i viene dispersa in aria attraverso ciminiere molto alte e che gli Stabilimenti Solvay sono ubicati in un sito ottimamente ventilato e sotto vento rispetto ai centri abitati maggiori e alla provenienza del maestrale e della tramontana, regnanti. Le preoccupazioni maggiori, riguardo a inquinamenti atmosferici, sono state determinate in passato, più che dagli scarichi di cui sopra, dalla possibilità di fughe incontrollate durante la lavorazione del cloruro di vinile (di sospette proprietà oncogene), che dal 1979 non è comunque più in produzione e di perdite di cloro tuttora prodotto in grande quantità. Ancora non del tutto note sono poi le conseguenze delle discariche dei reflui delle lavorazioni degli Stabilimenti Solvay direttamente in mare in una località posta circa 400 m a SE di Punta Lillatro e chiamata Fosso Bianco, appunto dal colore delle acque di questa discarica, ricche di particelle in prevalenza formate da carbonato di calcio, ma miste e arricchite anche di altri componenti chimici. Questi nel 1982 sono stati (ancora da “L’informatore sindacale”): 500.000 kg di azoto ammoniacale, 41.500 kg di tensioattivi anionici, 1.250 kg di cadmio, 120 kg di cobalto, 4.155 kg di nichel, 2.800 kg di piombo, 1.815 kg di rame, 6.410 kg di zinco, 218 kg di mercurio, 500kg di cromo esavalente e 790.000 kg di boro. Quantità, come è facile valutare, elevate che tuttavia risultano nel tempo fortemente diminuite rispetto a quelle indicate negli anni precedenti, per il notevole e costante impegno posto dalla Direzione degli Stabilimenti Solvay nel contenere gli inquinamenti legati alle sue produzioni. Infine le discariche solide hanno portato, con gli anni, alla elevazione di una collinetta che si estende ormai ricoperta da verde, dietro la spiaggia e in destra della Bocca di Fine, in pratica a chiudere trasversalmente tutti i depositi alluvionali di questo fiume. Questa località, considerata ormai (altamente degradata, dai primi anni ‘60 fu adibita a discarica delle spazzature comunali, in continuo aumento per la crescita della popolazione e per l’esplosione consumistica. Fu una scelta non certo felice per il pericolo che le acque di piena del Fine erodessero in parte i materiali di questi accumuli trasportandoli in mare dal quale sarebbero in gran parte stati redistribuiti sulle spiagge con conseguenze facilmente immaginabili. A questo grosso pericolo l’Amministrazione Comunale ha iniziato a prendere rimedio con l’individuazione di un’altra località più adatta per le discariche e il trattamento “controllato” delle immondizie (Discarica dello Scapigliato in impermeabili argille azzurre del Pliocene aperta nel 1982). La discarica di Bocca di Fine è stata poi completamente abbandonata  nel 1987 e bonificata seppellendola con altri materiali non di rifiuto. Le discariche “liquide”, sempre dei reflui lavorazioni degli Stabilimenti Solvay, dal Fosso Bianco riversate in mare, depongono materiali solidi, che tengono in sospensione, prevalentemente nelle vicinanze della bocca del fosso stesso. Da queste località questi ultimi sono tuttavia rimossi dalle mareggiate che li sospingono verso NO (quelle di scirocco e di ponente) verso SE (quelle di maestrale). Questi materiali si comportano in pratica come le altre particelle detritiche del fondo marino, ma per il loro colore candido è agevole seguirne i movimenti nei fondali, mentre la loro natura “chimica” è sospetta di avere un impatto non certo favorevole per la flora del fondo anche su distanze ragguardevoli (alcuni chilometri) sulle Secche di Vada. Secondo dati dell’Associazione Intercomunale 14 (Bassa Val di Cecina) la Soc. Solvay utilizza nei propri impianti di  Rosignano complessivamente circa 13.000.000 m3/anno di acque. Di questi 10.000.000 m3/anno sono derivati da acque superficiali (Invaso artificiale di Santa Luce sui Fiume Fine e Invaso Magona sul Fiume Cecina) e 3.000.000 m3/anno da pozzi. La quantità sopra menzionata si riferisce alle acque prelevate nel sottosuolo della pianura costiera da acquiferi afferenti al territorio comunale. Recentemente è entrato in funzione l'importante programma di recupero acque trattate dal depuratore comunale verso usi industriali, in cambio di acque da pozzi per usi civili.  La quantità dei materiali che è stata scaricata in mare nei decenni  del secolo scorso non è nota con esattezza; gli autori Auterio e Milano (1976) riferiscono che tra il 1920 e il 1938 si sarebbe trattato in media di 126.000 tonnellate all’anno, mentre attualmente (1985) si tratterebbe di circa 180.000 tonnellate annue. Una cifra notevolissima, capace di rivestire i fondali marini di una pellicola di questi prodotti per zone assai ampie e d’interferire vistosamente sulla natura e l’equilibrio delle spiagge, almeno nel tratto fra Punta Lillatro e Punta del Tesorino. L’interferenza sulla natura è vistosamente seguibile su tutte le “Spiagge Bianche” a Sud di Punta Lillatro fino almeno a 1 km a Sud del Pontile Vittorio Veneto, rivelata dal colore candido delle particelle componenti; l’interferenza sull’equilibrio è ovviamente marcata da un’azione di ripascimento che va considerata come unico apporto “positivo” legato alle lavorazioni e agli impianti degli Stabilimenti Solvay. Nel 1947 fu costruito, e nel 1970 prolungato, il molo a protezione del Pontile Vittorio Veneto (eretto fin dal 1937 su piloni e, quindi, non interrompente in maniera notevole il flusso della deriva litoranea e il ripascimento delle spiagge poste a “levante”); ne è derivata l’erosione della spiaggia “sottoflusso” rispetto alla direzione della deriva prevalente (in pratica l’erosione della spiaggia di Vada per circa 250 m a “levante” del pontile stesso, erosione protrattasi malgrado l’impianto di piccoli pennelli e di scogliere parallele); la costruzione del pennello di Pietrabianca (1966), progettata per impedire l’interrimento delle strutture portuali del Pontile Vittorio Veneto (e pienamente riuscita a questo scopo), anche se a quanto pare (Aiello et al., 1979) inserita in un momento in cui la Punta di Pietrabianca era già soggetta a una debole erosione naturale, ha provocato un grande squilibrio manifestato dal notevole avanzamento della spiaggia sopraflutto e dall’erosione (fino a totale sparizione) della spiaggia sottoflutto, con inizio di asportazione anche della duna, malgrado l’impianto di difese di massi aderenti e il recente accorciamento del pennello; la costruzione della diga sul Fine per la formazione del lago artificiale di Santa Luce, il cui riempimento è iniziato nella prima metà degli anni ‘60 con il relativo sbarramento dei materiali detritici più grossolani. Questi potevano pervenire al corso inferiore di questo fiume (abbondantemente privato di gran parte delle sue acque) solo dal drenaggio delle formazioni dei sabbiose della parte più alta del suo bacino imbrifero. Sulla valutazione della portata solida del Fine prima della costruzione del Lago di Santa Luce esistono pareri molto discordi (Mazzantini 1977, la ha indicata in 50.000 tonnellate annue, Auterio & Milano 1976, in 10.000 tonnellate annue) resta comunque il fatto che il Fine era l’unico corso d’acqua in grado di rifornire da sempre e validamente la spiaggia compresa tra la Punta Lillatro e Vada prima dell’apporto artificiale dei reflui delle lavorazioni degli Stabilimenti Solvay, ormai divenuti indispensabili nel precario equilibrio di questo litorale, ma di una natura non certo ideale per i motivi esposti in precedenza. Ininfluente ai fini dell'assetto costiero può definirsi la presenza dal 1978 del Pontile Solvada, trattandosi in tutta la sua lunghezza di 1800 m. di struttura sospesa su pali, quindi prevalentemente aerea.

(Da: "La scienza della terra nuovo strumento per lettura e pianificazione del territorio di Rosignano Marittimo" di Renzo Mazzanti CNR)

                  SCARICHI SOLVAY SOTTO ESAME (maggio 2006)

Il fosso bianco Solvay che scaricando gli inerti in mare ha dato origine alle Spiagge Bianche ha anche avuto effetti sulla flora la fauna marina? Di questo si è parlato durante una riunione congiunta della seconda commissione consiliare «programmazione, sviluppo e controllo del territorio» e della terza commissione consiliare «qualità del territorio», che è servita proprio per presentare gli esiti di un complesso ed accurato studio sull’ecosistema marino di Rosignano, commissionato dalla società Solvay e condotto dalla Econ srl, sotto la supervisione scientifica del professor Eugenio Fresi, ordinario di Ecologia dell’Università di Roma Tor Vergata. Già in passato Solvay aveva presentato uno studio che metteva in evidenza problemi dovuti alla presenza fisica del carbonato di calcio in un raggio di 900 metri dallo scarico, ma pochi riflessi sull’ecosistema marino della costa. Il professor Scardi dell’Università di Tor Vergata, ha illustrato lo studio ai consiglieri e agli assessori comunali Luca Arzilli e Dunia Del Seppia ed i dirigenti Solvay Stefano Piccoli e Roberto Righini. «L’oggetto di questa riunione — ha spiegato il presidente della terza commissione Fabrizio Bagnoli — è la presentazione dello studio eseguito dall’equipe del professor Scardi sullo stato delle acque marine circostanti lo scarico industriale Solvay, dove avviene l’immissione dei fanghi di carbonato di calcio. Si tratta di un contributo importante per approfondire le nostre conoscenze ed affinare le nostre sensibilità ambientali. La vastità delle ricerche eseguite — ha concluso — rappresenta anche per noi un arricchimento». In effetti lo studio è stato estremamente accurato ed approfondito ed ha coinvolto oltre 50 ricercatori provenienti dalle Università di Roma Tor Vergata, di Roma La Sapienza, di Pisa, di Siena e di Trento. Le attività di campo sono state svolte tra il 2000 ed 2002, nell’intervallo batimetrico compreso fra 0 e 50 metri di profondità in un’area compresa fra Castiglioncello, a nord, e le Secche di Vada, a sud. In totale sono state identificate 560 specie animali e vegetali, sono stati prelevati e analizzati 566 campioni biologici, oltre a 137 campioni di sedimento e 200 campioni d’acqua, sono stati visitati 569 siti diversi e sono state effettuate 230 immersioni da parte di biologi subacquei. Una mole di lavoro davvero impressionante che ha portato gli studiosi a concludere che: l’impatto nell’area prospiciente lo stabilimento (a 300 metri dal refluo) è avvenuto nei decenni passati ed i suoi esiti sono rilevabili ancora oggi (sono infatti riscontrabili aree con resti di praterie di posidonia), mentre allo stato attuale è stato raggiunto un «equilibrio» (non vengono rilevate alterazioni del plancton e le praterie di posidonie sono in buono stato di salute). L’ecosistema marino che si trova ai margini di quest’area presenta invece caratteristiche totalmente naturali. Effettuando un’apposita ricerca sulle attività di pesca è stato rilevato che nell’area sotto l’effetto del refluo c’è una maggiore diversità di specie marine (tra cui alcune specie di pesce pregiato). La spiegazione? In quell’area normalmente non si pesca e quindi la fauna presenta una maggiore varietà.
 (Da "La Nazione" del 24/4/2006) 
Vediamo in sintesi, quali e quanti rifiuti industriali e non, risulta aver ricevuto l'area costiera Lillatro/Fine, come dichiarato in un documento aziendale riassuntivo, relativo alla seconda metà del '900 dal titolo "Discarica di Rosignano" redatto in data 3 e 5/1/95.
(Mentre dagli anni '20 al 1940 gli scarichi sono prevalentemente sodici, da tale anno iniziano gli scarichi mercuriali e clorati dell'Aniene, dalla fine dei '50 i solventi ed i residui catalitici del PLT e fra il 1965 ed il 1979 si ha l'apice con il Craking).  
Negli anni '50 l'area era già interessata da:
Residui della Sodiera e Caustificazione. Scaricano in mare tramite il Canale Pisano (Fosso Bianco) inerti di calcare, malcotti e calce da DV, granelli CRG, croste dei DS distillatori, scorie dei GN ecc.
Nel 1957 la discarica costiera comincia ad essere usata anche dal Comune di Rosignano per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Residui Polietilene (PE). Negli anni '60 soprattutto e '70 sono stati inviati materiali di scarto quali bassi polimeri (vaselline anche 1000 ton/a) e residui catalitici a base di Cr, Ti, Al.
Le fabbricazioni Aniene scaricano in mare, ma probabilmente tramite il Fosso Lupaio scaricano nel Fine e da qui in mare. Le fogne acide vanno nel Fosso Bianco. Le acque bianche e nere dell'Aniene tramite il canale del Gorile (troppo pieno del laghetto), scaricano direttamente nella Fine.
Pesanti Clorometani. Dal 1963 a metà degli anni '70, le codissime dell'impianto (tetracloruro di carbonio e pesanti clorati per circa 300 tn/a) sono state "disperse" nella discarica.
Fanghi da Trielina e Percloroetilene. Questi scarichi fangosi clorati, sono inviati direttamente nel Fosso Bianco e quindi dispersi in mare.
Nel 1964 per evitare che le acque del Fosso Lupaio terminino nel Fine (non c'è l'autorizzazione), viene costruito uno sbarramento prima della confluenza e vengono istallate due pompe da 350 m3/h che terminano nel Fosse Bianco.
Nella discarica continuano ad arrivare i residui della Sodiera. Circa 100.000 m3 sono riprelevati dalla discarica per il riempimento di zone interessate da nuove installazioni all'interno dello stabilimento (Ottobre 1964).
Sono continuati gli interventi per impedire che le acque del Fosso Lupaio vadano nella Fine. Si chiede un potenziamento delle pompe sul Fosso Lupaio (partata 500/600 m3/h), il completamento ed un diverso utilizzo di una serie di vasche già in esercizio. Le vasche dovevano servire a trattare meglio i residui del CK che cominciavano a dare molti problemi. La serie di vasche attualmente esistenti lato monte ha una capacità di circa 7.000 m3. La serie di vasche attuale presso il F. Bianco esisteva come vasca unica dalla capacità di 11.000 m3. Nel 1965-1966 vengono costruite altre tre vasche della capacità di 5.100 m3 tra la discarica e la pista tubazioni (la strada attuale) verso la Fine oltre una nuova da 2.160 m3 accanto alle vasche esistenti.
Tutte le acque delle fabbricazioni vanno, direttamente o indirettamente nel Fosso Bianco, compresi i fanghi Trielina, le acque acide del PVC e le acque mercuriali dell’elettrolisi.
Le acque nere dell’abitato e quelle dei servizi igienici, vanno nel F.B senza alcun trattamento biologico.
Elettrolisi: i residui industriali, tramite otto collettori vanno nel F.B. Le acque pluviali vanno nel F. Lupaio. Una parte dei residui industriali passa da dei bacini interrati per la decomposizione del cloro libero.
E' stato realizzato nel marzo 1970, il potenziamento della stazione di pompaggio sul F. Lupaio (900 m3/h).
I residui pesanti clorati della fabbricazione Trielina-Percloroetilene vanno direttamente nel F.B. quelli dalla fabbricazione Clorometani "sont dispersés sur le matiers solides accumulées dan la zone de la décharge”.
Da notare che risale a questa data (1970) una prima analisi dei problemi posti dalla composizione e struttura dei ns scarichi. Il problema residui CK viene ritenuto
prioritario, ma vengono anche esaminati i problemi della macchia bianca in mare, dell'utilizzo di canali naturali, dell'invio di acque nere nel F.B. senza trattamenti, delle possibili fughe di OC dalle GN, della mescolanza di acque industriali e pluviali. Problemi ancora attuali nel 1995. Il documento offre ora un bilancio parziale dei residui confluiti in discarica che qui scegliamo di tralasciare.
Fanghi e materie oleose del Cracking. Il periodo dal 1965 al 1971 è caratterizzato da un invio importante di emissioni oleose verso la zona della discarica. Si tratta di residui fangosi provenienti dal trattamento dell'acqua di quench e dalle pulizie meccaniche degli apparecchi, per un totale stimato fra 2200-3800 ton/a.
Nel 1971 vaste aree della zona di discarica adibite a vasche di accumulo dei residui oleosi, sono state risanate. La tecnica di risanamento è consistita nell'impastare le sostanze oleose con il materiale della discarica.
Nel periodo 1971-1979 sono state drasticamente ridotte le emulsioni oleose inviate nell'area della discarica, rendendone possibile l'utilizzo totale come combustibile nelle caldaie, arrivando quindi alla seguente stima:
fanghi decantazione acqua di quench: 1000-1500 tn/a
residui oleosi e catramosi da pulizie apparecchi: 200-300 tn/a
emulsioni oleose; 100-200 tn/a
Da notare un ulteriore miglioramento ottenuto nel 1974 con la creazione di vasche di accumulo di fanghi e flottazione di materie oleose subito fuori dalla recinzione del CK che funzioneranno fino al suo arresto (1979).
Questo riduceva l'inquinamento delle acque dei fossi e permetteva una gestione più corretta e meglio controllata dei residui inviati periodicamente alla zona della discarica.
Alcuni studi intrapresi sono portati a termine nel 1975 (demercurizzazione degli effluenti Elettrolisi nel 1973—1974; è considerata spettacolare la riduzione del consumo di Hg a 10 t/a). Anche il sistema delle vasche esterne per il cloro attivo viene migliorato.
Viene previsto di inviare nel F.B. tramite un nuovo collettore le acque acide Elettrolisi e Prodotti Clorati (fogna 5) e viene creata una vasca por abbattere l’acidità in caso
di problemi (situazione attuale con skimmer).
La stazione di pompaggio sul Fosso Lupaio non è più giudicata affidabile. Questo porterà alla deviazione del Lupaio nella posizione attuale (1980).
DISCARICA. Dopo il 1971 non sono stati trovati documenti sulla gestione della discarica. E' possibile invece determinare le quantità di materiale ricavato dalle vasche esterne del CK e dalle vasche di decantazione delle pompe su Fosso Lupaio fino alla deviazione del F. Lupaio nelle vasche stesse.
Residui CK dal 1973 al 1979: 18.921 ton. Vasche Fosso Lupaio dal 1974 al 1979: 25.568 m3
(Da documenti aziendali scaricabili qui sotto)

Vedi "Discarica di Rosignano" Documento Solvay 3/1/1995
 

Vedi "Evoluzione degli scarichi liquidi e solidi dello stabilimento di Rosignano dal 1960 al 1975" Documento Solvay 5/1/1995

CONTROLLI  ARPAT

Anno 2013 - Monitoraggio acque marino costiere della Toscana - anno 2013.          

             Apri il

Marzo 2014 - Qualità delle acque  costiere prospicienti lo scarico Solvay di Rosignano. Le acque antistanti lo scarico, risultano in uno Stato Chimico "Non Buono", per superamento dei limiti per il Mercurio e il Tributilstagno, nel monitoraggio Lillatro.        Apri il
28 Agosto 2014 - Controllo di ARPAT sui "Forni a Calce" della Sodiera della Solvay. Sintesi dell'attività di controllo svolta dall'ARPAT di Livorno negli anni 2012-2013 per il controllo dell'impianto “Forni a Calce”.
              Apri il
19 Settembre 2014 - Controlli sull'impianto Sodiera della Solvay di Rosignano - Sintesi dell'attività di controllo svolta negli ultimi anni per la verifica di conformità all'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla provincia di Livorno alla Sodiera.    Apri
10 Ottobre 2014 - L'attività di controllo svolta da ARPAT sullo scarico generale dello Stabilimento Solvay Chimica Italia di Rosignano (LI). Sintesi dei controlli svolti da ARPAT presso il punto di scarico generale dello stabilimento Solvay di Rosignano (LI).   Apri

 

Relazione della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli illeciti ambientali in Toscana - Marzo 2018:

Torna a Vada/Spiagge Bianche (Incosciente balneazione nel Fosso Bianco)

...la storia continua nelle didascalie delle foto con ...

Rosignano Solvay la fabbrica