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				All’interno dello 
				stabilimento esistono tre canali principali nella rete del 
				sistema idrico, denominati Fosso Lupaio, Fosso Nuovo e Fosso 
				Bianco. Il Fosso Nuovo (zona PE) confluisce, all’interno dello 
				stabilimento, nel Fosso Lupaio, che a sua volta si immette nel 
				Fosso Bianco: quest’ultimo rappresenta quindi, l’unico scarico 
				dello stabilimento ed è sottoposto a analisi Arpat continua 
				a cadenza oraria. In mare confluiscono anche le ingenti quantità di acqua 
				di raffreddamento prelevate dal mare stesso, tramite un apposito 
				canale quasi parallelo al Fosso Bianco che crea problematiche 
				diverse. 
				I problemi principali connessi agli scarichi sono due: 
				l’immissione di solidi sospesi in mare e la presenza di metalli 
				pesanti bioaccumulabili, come mercurio, arsenico (per la salute 
				umana, assai più pericoloso del mercurio e proveniente dal 
				minerale della colemanite utilizzata per il perborato), cadmio e 
				cromo. Ulteriori criticità sorte nel tempo sono rappresentate 
				dalle fughe di ammoniaca e dalla presenza di solventi organici o 
				catalizzatori (chinoni) potenzialmente cancerogeni o mutageni. 
				Per quanto concerne i solidi sospesi, ovvero i residui 
				provenienti dai processi di lavorazione della soda, non si 
				pongono problemi di tossicità. Si tratta, infatti, di materiali 
				di scarto non inquinanti dal punto di vista chimico, perché 
				costituiti essenzialmente da carbonato di calcio (calcare) e 
				solfato di calcio (gesso) o solfato di magnesio. Essi hanno, 
				tuttavia, effetti negativi dal punto di vista biologico in 
				quanto, aumentando la torbidità dell’acqua e diminuendo la 
				penetrazione della luce con conseguente impedimento dei processi 
				di fotosintesi, eliminano la microflora, cioè gli anelli più 
				bassi della catena alimentare. Un’altra conseguenza derivante 
				dai fanghi è la progressiva rarefazione della fauna ittica 
				costiera a causa del riempimento delle tane presenti nella 
				particolare morfologia del fondo marino di Rosignano, 
				caratterizzato dai cosiddetti «catini» costituiti da scogli e 
				banchi di posidonie, che rendevano molto pescoso questo tratto 
				di costa. Questi materiali vengono scaricati in quantità 
				talmente rilevanti (circa 300.000 tonnellate annue, prima 
				dell’Accordo di Programma Solvay) da dare origine alle 
				cosiddette «Spiagge bianche». L’Accordo di Programma, ha 
				stabilito una serie di interventi volti a ridurre la quantità di 
				solidi scaricati in mare con precisi obiettivi di riduzione in 
				corrispondenza di determinate scadenze. 
				Riguardo la presenza di metalli pesanti, i problemi maggiori 
				provengono dal mercurio, una sostanza altamente tossica che ha 
				gravi effetti sulla salute. Si tratta di un metallo 
				bioaccumulabile che si trasferisce da un organismo all’altro 
				attraverso le catene alimentari; la maggiore lunghezza delle 
				catene alimentari marine aumenta la pericolosità del mercurio, 
				in quanto ne aumenta le concentrazioni. La presenza nei fanghi 
				Solvay di questo metallo ha due diverse origini. In parte arriva 
				con il calcare estratto dalle colline di S.Carlo, dove il 
				mercurio è geologicamente presente in discreta quantità, in 
				parte derivava dal particolare processo d’elettrolisi adottato 
				dalla società belga fino a giugno 2007. Tale processo è stato 
				caratterizzato da perdite che hanno raggiunto anche 100 grammi 
				per ogni tonnellata di cloro prodotta. Soprattutto in passato, 
				quando i vincoli legislativi erano più blandi o inesistenti, 
				sono state scaricate in mare elevate quantità di mercurio, 
				mentre il demercurizzatore è entrato in funzione solo nel 1973. 
				La questione del mercurio negli scarichi è stata in parte 
				risolta nell’ambito del già citato Accordo di Programma, con il 
				passaggio dalla tecnologia a mercurio a quella a membrana e con 
				la conseguente eliminazione del mercurio dagli scarichi. Diciamo 
				«in parte» perché poco si può fare per il mercurio già 
				scaricato, che è stato assorbito dai fanghi più antichi e si è 
				ormai accumulato nelle catene alimentari. Come evidenziato da un 
				recente studio del CNR di Pisa, esistono almeno 500 tonnellate 
				di mercurio che giacciono davanti alle «Spiagge bianche» e che 
				non sono affatto «inerti». Infatti, tramite le radiazioni solari 
				nelle ore più calde, ogni metro quadrato di mare delle «Spiagge 
				bianche» emette in atmosfera 164 nanogrammi di mercurio. 
				Tali problematiche negli anni Settanta hanno portato ad una 
				sorta di «braccio di ferro» tra Solvay e Comune di Rosignano 
				M.mo. Da una parte, la società belga voleva far attuare il 
				monitoraggio degli inquinanti in un punto di confluenza del 
				Fosso Bianco con l'altro fosso che serve l'area Aniene, il Fosso 
				Lupaio, il che avrebbe comportato un inevitabile abbattimento 
				delle concentrazioni, in quanto quest’ultimo porta l’acqua della 
				cosiddetta «salamoia esausta», proveniente dall’elettrolisi dopo 
				un processo di «demercurizzazione». 
				Dall’altra, il Comune voleva invece la separazione del 
				monitoraggio dei due fossi al fine di permettere un reale 
				controllo delle sostanze inquinanti alle rispettive foci. La 
				questione ad oggi è ancora aperta, tant’è che i controlli  
				ARPAT sono effettuati sul Fosso Bianco che contiene anche le 
				acque di scarico del Fosso Lupaio. Da ricordare infine che in 
				mare vengono scaricate anche ingenti quantità di acqua marina 
				destinata al raffreddamento degli impianti (circa 80 milioni di 
				mc all’anno), aspirate dal canale parallelo al Fosso Bianco, 
				che, rientrando ad una temperatura maggiore di quella ambiente 
				(35°C), causano seri problemi agli ecosistemi marini. 
				(Sintesi da: "Solvay in Val 
				di Cecina" di B.Cheli e B.Luzzati" UniPI)       
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