Vada spiagge bianche |
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1914 - Pietrabianca e fosso delle Saracine all'arrivo sulla battigia. Sullo sfondo il ponte. (Arch.P.Pagnini) |
![]() Ecco invece la versione del dott. Giuliano Bramanti Questa pineta, che con la spiaggia bianca non ha niente a che vedere, prende il nome da un immenso lastrone di pietra bianchissima che si trova nel podere di San Gaetano, a ridosso della pineta stessa. Questa pietra, messa lì chissà quando e da chi, e che ho visto da ragazzino quando con la mia biciclettina accompagnavo il babbo nel suo giro di visite, ora non è più visibile e quasi nessuno ne conosce l’esistenza. Turismo pionieristico. Eravamo a cavallo degli anni Quaranta-Cinquanta e all’inizio della ripresa economica italiana. Erano anche gli anni dell’inizio “pionieristico” del turismo. Si cominciavano a vedere piccole tende di stranieri, spartanamente organizzate, sparse qua e là nella zona più bella e boscosa del nostro comune: la “pineta della pietra bianca”. La spiaggia bianca. Quel tratto di arenile invece, conosciuto curiosamente come “spiaggia bianca” per la bianchezza della sabbia e il verdastro del mare, si è formato in questi anni per l’accumulo dei residui della polvere di carbonati di calcio emessi da un fosso di spurgo che, come borotalco in sospensione, si disperde in mare e si spinge verso la riva per le correnti di maestrale. I camping. La fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta segnarono poi l’incremento del turismo con la nascita a Vada dei primi impianti ricettivi: i famosi, “campinge”, cosi chiamati dalla popolazione locale che fortunatamente ancora ignorava l’inglese. I primi due camping nacquero proprio nella bellissima pineta della Pietra Bianca: “I due Giolli” nel 1960 e “Il Tirreno” nel 1964. Il primo fondato dai soci Perini ed Elmi, il secondo da Nello Francalacci, tutti e tre amici miei che mi fecero l’onore di eleggermi a medico curante delle due strutture dopo che avevo terminato il mio primo incarico di medico nel penitenziario di Pianosa con lo stratosferico stipendio di 30mila lire mensili ed ero rientrato a Vada nel mio studio privato di medico generico e pediatra. La pineta era ancora la stessa della mia infanzia, ricca del fitto sottobosco di ginepri e conifere cipressine di legno rossiccio con foglie cupe sempreverdi, minute e fitte sui sottili ramoscelli, ricche di bacche nero-azzurrognole e coccole verdi dall’odore e profumo fortemente resinoso e così fitte da impedirne il passaggio, giace ormai nella memoria delle persone della mia età. Addio sottobosco. Gli alti pini dai grandi ombrelli ci sono sempre. Magari mezzi sbertucciati e spelacchiati, ma ci sono sempre. Però il meraviglioso e profumato sottobosco non esiste più. Al suo posto larghi spiazzi desertici, e non di gente perché di quella ce n’è anche troppa, ma desertici di cespugli, viluppi e pianticelle. Ora i due campeggi non ci sono più. Sono stati chiusi negli anni Novanta per la presenza del bombolone, come è chiamato onomatopeicamente dalla gente, il quale era considerato pericoloso per queste due strutture. da "Il Tirreno" del 5-5-2006. |
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