| 
       
		 
	                       
		Il ruolo del Grande Oriente nell'Unità d'Italia  
              (prefazione del 
		volume: "IN NOME DELL'UOMO" di Gustavo Raffi) 
		1. La Massoneria italiana come organizzazione unitaria, o con 
		l'ambizione di diventarlo, non ha contribuito alla fase rivoluzionaria 
		dell'unificazione nazionale, semplicemente perché nasce dopo, anzi 
		coincide esattamente con la fase terminale di essa. La Loggia «Ausonia» 
		nasce a Torino l'8 ottobre 1859, nel periodo politico che segue a 
		Villafranca e all'uscita temporanea di scena di Cavour, mentre Garibaldi 
		generale dell'esercito della Lega centrale freme a Rimini per invadere 
		gli Stati pontifici e il governo di Torino e i dittatori di ex ducati e 
		legazioni sudano sette camicie per tenerlo a freno. Sono i cavouriani 
		che pongono le basi per il ritorno al potere del conte, dopo la sua 
		rottura con il re. Il nucleo da cui nasce il Grande Oriente è figlio del 
		progetto politico di Cavour e nasce dalla ceneri della Società Nazionale 
		di Manin, Pallavicino e, soprattutto Giuseppe La Farina. Il La Farina 
		viene iniziato massone a Torino il 9 maggio 1860, e cioè mentre 
		Garibaldi è in navigazione verso la Sicilia, e dunque quando svolge il 
		ruolo di sorvegliante e avversario politico di Garibaldi, per conto di 
		Cavour. 
		2. La cultura massonica di fine Settecento, spezzettata in mille rivoli, 
		ma soprattutto il paradigma modernizzatore delle Logge riunite nel 
		Grande Oriente d'Italia durante il periodo napoleonico, e mutato in 
		organizzazioni segrete dal 1815 al 1859, hanno un'influenza eccezionale 
		nella formazione dei patrioti, ma senza un'azione politica autonoma come 
		quella di Giuseppe Mazzini non avrebbero portato ad alcuna iniziativa 
		fruttuosa, come dimostrano le rivoluzioni carbonare del 1821 e le tante 
		insorgenze di piccole avanguardie rivoluzionarie di sfortunati 
		intellettuali e patrioti nei decenni successivi. Il contributo è 
		tuttavia determinante in un punto: la formazione patriottica italiana, 
		ovvero l'appartenenza a un ideale, a un'entità non esistente, si è 
		consolidata in un'azione associativa e volontaristica che fonde insieme 
		elementi illuministici e universalistici, ed elementi tipicamente 
		romantici, legati alla storia e alle caratteristiche nazionali. Il 
		patriottismo italiano nasce dunque intrinsecamente non nazionalista, 
		europeista perché coltivato all'interno di ideali di persone che, 
		singolarmente, aderivano a sette e organizzazioni segrete che 
		predicavano la fratellanza universale, adattandola alla missione di 
		costruzione delle nazioni individuate quali spazio ottimo per 
		l'esercizio dei diritti individuali e collettivi, brutalmente conculcati 
		dopo il Congresso di Vienna. Dimostrazione e «contrario» di tale 
		fondamentale aspetto culturale è la constatazione del fatto che la 
		nascita dei nazionalismi, a fine Ottocento, avrà come corollario la 
		prima violenta contestazione politica antimassonica, così come 
		eminentemente antimassonico sarà proprio il fascismo. Com'è noto, 
		Mazzini non aderì mai alla Massoneria, ma esercitò un fascino e una 
		attrazione irresistibili per il Grande Oriente nei suoi primi anni, 
		fornendo molta parte delle Gran Maestranze di orientamento democratico: 
		Federico Campanella, Giuseppe Petroni, Adriano Lemmi, Ernesto Nathan ed 
		Ettore Ferrari erano prima di tutto repubblicani e mazziniani. 
		3. La spedizione in Sicilia del maggio 1860 non è una operazione 
		massonica, ma l'adesione di gran parte dei leader democratici alla 
		Massoneria — che ne costituirà la caratteristica culturale per diversi 
		decenni — è la conseguenza della spedizione. Garibaldi stesso sbarca a 
		Marsala che è solo un «compagno» ovvero iniziato al secondo grado della 
		Massoneria simbolica, per una vecchia adesione a una Loggia 
		all'Obbedienza del Grande Oriente di Francia a Montevideo nel 1844 (era 
		stato iniziato in una Loggia irregolare di obbedienza brasiliana, «L'Asil 
		de la Vertud», per poi essere regolarizzato nella Loggia «Les Arnie de 
		la Patrie» sempre nel 1844, a 37 anni). Viene iniziato al grado di 
		Maestro il giorno dopo la resa borbonica di Palermo, nella capitale 
		siciliana. 
		4. Molti indizi fanno presupporre che l'iniziativa di fondare una 
		Massoneria nazionale venga presa da Cavour (il primo Gran Maestro del 
		Grande Oriente d'Italia sarà infatti, brevemente, il suo fedele 
		ambasciatore a Parigi Costantino Nigra) per avere uno strumento di 
		sostegno alla formazione del nuovo Stato nazionale, una stanza di 
		compensazione e fidelizzazione allo Stato per la borghesia delle città, 
		proiettata ora su un'impresa davvero al limite delle proprie capacità. 
		Se la Società Nazionale — società segreta, ricordiamocelo — era stato lo 
		strumento di Cavour per utilizzare i rivoluzionari in esilio e 
		allontanarli da Mazzini orientandoli verso il suo progetto diplomatico e 
		di riassetto in Italia, così il Grande Oriente era progettato come 
		strumento della costruzione interna del nuovo Stato. E infatti le 
		persone sono in gran parte le stesse, La Farina, Filippo Cordova, ma 
		soprattutto il conte Livio Zambeccari, approdato alla Società Nazionale 
		dopo un lungo passato di rivoluzionario (fu Zambeccari, prigioniero nel 
		forte di Santa Cruz a Rio de Janeiro, a convincere Bento Goncalves, capo 
		della repubblica secessionista del Rio Grande do Sul, a concedere a 
		Garibaldi la sua prima patente da corsaro, all'inizio del 1837). 
		L'adesione garibaldina alla Massoneria nasce, al contrario, con un 
		intento di netta opposizione a Cavour. Di fatto, si costituisce un'altra 
		Massoneria, quella siciliana, di rito scozzese con i 33 gradi, dove 
		dominano i democratici e i repubblicani; simbolica a soli tre gradi 
		quella moderata. La cosa può destare stupore. Ma come i democratici, 
		illuministi, radicali e repubblicani costruiscono una Massoneria 
		decisamente più esoterica, mentre i moderati monarchici una a soli tre 
		gradi, riducendo addirittura la struttura ritualistica del Grande 
		Oriente di Francia? Ma certo non possiamo non tener conto degli ideali 
		letterari e idealistici di cui erano intrisi uomini come Garibaldi che, 
		ricordiamocelo, aveva come sua prima ambizione quella di essere 
		apprezzato come scrittore. 
		5. Leggiamo due testi fondamentali di Garibaldi. Il testo programmatico 
		della spedizione in Sicilia, l'ordine del giorno del 7 maggio 1860, è un 
		documento magnifico, di natura esclusivamente etico-politica: la 
		teorizzazione del rifiuto di una «ricompensa» per il servizio alla 
		nazione, la teorizzazione della povertà individuale come condizione per 
		affermare l'ideale adesione alla patria e la legittimazione del 
		combattimento nel contesto di una guerra di liberazione. Il tono 
		mazziniano è, nell'ordine del giorno, funzionale a far accettare ai 
		compagni di avventura, piuttosto riottosi, la bandiera con lo stemma 
		sabaudo e il programma di mediazione, «Italia e Vittorio Emanuele». In 
		sostanza è un programma politico che oggi diremmo «di coalizione». Solo 
		il disinteresse e l'abnegazione negazione, in fondo l'eroismo, possono far 
		accettare a un gruppo di rivoluzionari repubblicani la bandiera del re. 
		Leggiamo ora il testo che conclude idealmente la spedizione dei Mille, 
		venti giorni dopo la battaglia del Volturno (alla quale volle 
		partecipare anche Zambeccari, ormai vecchio) e quattro giorni prima 
		dello storico incontro di Teano. Si tratta di un documento di 
		eccezionale valore, spesso dimenticato nelle cronache, Alle potenze 
		d'Europa: memorandum. Il generale propone ai governi francese e 
		britannico di dar vita a una confederazione europea che punti a 
		costituire uno Stato unico europeo: «Supponiamo che l'Europa formasse un 
		solo Stato [...] e in tale supposizione, non più eserciti, non più 
		flotte, e gli immensi capitali strappati quasi sempre ai bisogni e alla 
		miseria dei popoli per esser prodigati in servizio di sterminio, 
		sarebbero convertiti invece a vantaggio del popolo in uno sviluppo 
		colossale dell'industria, nel miglioramento delle strade, nella 
		costruzione dei ponti, nello scavamento dei canali, nella fondazione di 
		stabilimenti pubblici e nell'erezione delle scuole che torrebbero alla 
		miseria e alla ignoranza tante povere creature che in tutti i paesi del 
		mondo, qualunque sia il loro grado di civiltà, sono condannate 
		dall'egoismo del calcolo e dalla cattiva amministrazione delle classi 
		privilegiate e potenti all'abbrutimento, alla prostituzione dell'anima e 
		della materia!». Questo testo visionario, che vagheggia gli Stati Uniti 
		d'Europa, nasce certamente nell'alveo del pensiero massonico, che in 
		quegli anni comincia a lavorare all'iniziativa che condurrà al Congresso 
		di Ginevra del 1867, sul movimento pacifista europeo, per costringere 
		gli Stati a forme di arbitrato internazionale che evitino, prevenendole, 
		le guerre. Il fatto che Garibaldi sarà acclamato a Ginevra presidente 
		dell'assemblea del 1867 per poi fuggire di nascosto e raggiungere i 
		volontari sulle montagne di Siena per la sventurata spedizione di 
		Mentana non deve stupire: la cancellazione di organismi statuali 
		dispotici è la premessa, nell'idea di Garibaldi, di una fase di 
		federazione che conduca, appunto, all'Europa unita in un solo Stato 
		formato da diverse nazionalità. 
		6. Leggendo le tristi, malinconiche cronache dei giorni seguenti la 
		vittoria del Volturno, quando Garibaldi dice mestamente a Jessie White: 
		«Cara signora, ci hanno messo alla coda!», come racconta Alberto Mario 
		in La camicia rossa, il generale deve aver cominciato a meditare un 
		progetto alternativo alla sua idea fissa dí liberare Venezia e Roma alla 
		guida di un esercito popolare. Un progetto al centro del quale vi era il 
		desiderio di prendere la guida della Massoneria italiana. Tutto ciò non 
		avverrà senza gravi errori politici. Ritengo infatti che nel tentare una 
		spiegazione dell'incredibile errore politico della spedizione 
		dell'agosto del 1862, quella che passa sotto il nome di spedizione di 
		Aspromonte, non è stata sufficientemente valutata la rabbia provocata in 
		Garibaldi dal fatto dí essere stato sconfitto, per due soli voti, alla 
		Costituente massonica del 1° marzo 1862 quando, presentatosi candidato 
		per la Gran Maestranza, viene battuto dal siciliano Filippo Cordova. 
		Ancora una volta gli allievi di Cavour e La Farina gli tagliano la 
		strada. Per conseguenza, immediatamente, una settimana dopo la 
		sconfitta, il generale accetta le proposte di Crispi che lo fa nominare 
		Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico 
		e Accettato di Palermo. In un solo giorno gli vengono attribuiti tutti 
		gli alti gradi massonici dal 4° al 33°. Da Caprera si sposta a Palermo, 
		e poi a Marsala viene pronunciato il giuramento «O Roma o morte!» e 
		tutto il suo stato maggiore (Bruzzesi, Ripari, Nullo e Guerzoni), 
		compreso il figlio Menotti, tra il 1° e il 3 luglio, viene affiliato al 
		rito scozzese del Supremo Consiglio di Palermo. 
		7. La catastrofe dell'Aspromonte, dove le camicie rosse vengono 
		sbaragliate dai bersaglieri del generale Cialdini, ha conseguenze di 
		gravità eccezionale dal punto di vista politico. La soppressione da 
		parte del governo della Società Emancipatrice Italiana di Agostino 
		Bertani, con decreti di stampo autoritario, elimina il veicolo politico 
		del movimento democratico che univa garibaldini e mazziniani e anche 
		Cattaneo. Inizia così quel rapido percorso che porterà, per iniziativa 
		dei Liberi Muratori fiorentini, all'unificazione delle due contrapposte 
		massonerie, quella moderata di Torino e quella democratica di Palermo. 
		Il risultato sarà in prima battuta la breve Gran Maestranza di Garibaldi 
		nel 1864. In seconda battuta, una sorta di tregua generale sulla 
		questione istituzionale resa pubblica dal famoso discorso di Crispi di 
		adesione alla monarchia. L'effetto concreto di questo travaglio fu che 
		proprio l'adesione alla Massoneria costituì il collante principale che 
		rese possibile la sopravvivenza della fragilissima costruzione statuale 
		del 1861, dopo l'unità giuridica. Sarà un elemento importantissimo per 
		la formazione di una classe dirigente con elementi comuni che imparò a 
		coesistere in presenza di idee politiche di opposta origine. 
		8. La fase successiva — ben raccontata da Fulvio Conti nel suo volume 
		Massoneria e religioni civili (Il Mulino, Bologna 2009) — vede il Grande 
		Oriente d'Italia protagonista della deliberata costruzione di una 
		religione civile, della stessa mitizzazione dei protagonisti del 
		Risorgimento, attraverso una grandiosa opera diffusa in tutto il 
		territorio di finanziamento di statue, monumenti, lapidi commemorative 
		su personaggi non necessariamente massoni. Basta pensare alla statua di 
		Carlo Cattaneo a Milano, o a quella di Garibaldi a Pisa (opera di Ettore 
		Ferrari, futuro Gran Maestro). L'idea complessiva era quella — come in 
		tutta Europa — di costruire infrastrutture della memoria quali elementi 
		costitutivi del processo di nation building. Tutti questi elementi 
		storici sono stati rimessi a fuoco grazie a un'opera storiografica la 
		quale, appunto, prende le mosse dalla decisione del Gran Maestro, 
		Gustavo Raffi, di dare accesso agli archivi rimasti al Grande Oriente 
		d'Italia dalla devastazione del periodo fascista. È un merito 
		straordinario di Raffi aver avviato questa fase di acquisizione di dati 
		storici, aprendo a studiosi e ricercatori di ogni orientamento 
		politico-culturale, che ha trovato un momento di sintesi nel ciclo di 
		convegni organico, ben organizzato, capillare sul territorio che il 
		Grande Oriente d'Italia ha organizzato quest'anno nell'ambito delle 
		celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia. Per me, questi incontri sono 
		stati occasione di amicizia e di apprezzamento per la passione civile 
		con la quale ci si è applicati allo studio della storia e alla sua 
		divulgazione. Devo constatare che la riflessione su questi frammenti 
		meno noti del nostro passato, più vicini e più utili di quanto non 
		pensiamo normalmente, sia essenziale soprattutto per trovare la forza di 
		affrontare il presente. Su tutti, giganteggia la presenza enigmatica 
		della figura di Giuseppe Mazzini — non è un caso che anche Gustavo Raffi 
		nasca come mazziniano e militante repubblicano — che è l'autore più 
		importante, più originale e più negletto che l'Italia abbia fornito al 
		pensiero mondiale nel corso del XIX secolo.  |