Rosignano S. ieri/I Canottieri dal 1938 |
1935 - La spiaggia del Lillatro finisce per divenire non
più idonea a causa della vicinanza degli scarichi del Fosso
Bianco, pertanto viene decisa la costruzione provvisoria
dei nuovi Canottieri ora anche
per gli operai,
se pure separati.
I Canottieri attuali, più a nord, fra lo Scoglietto ed il Lillatro
sono stati costruiti nel 1938-39. Alla fine degli anni '30 la
Solvay commissionò all'architetto fiorentino Italo Gamberini, numerosi
progetti di opere complementari. Fra questi, il progetto per la
nuova sede estiva dell'Opera Nazionale Dopolavoro Impiegati
Solvay Rosignano. Dopo l'approvazione di Bruxelles i lavori
iniziarono nell'estate del 1938 e terminarono nell'estate
successiva. Contrariamente al Lillatro nella nuova posizione non
c'era presenza di sabbia, pertanto la scogliera fu ricoperta con
sappia prelevata al Monte alla Rena dove scomparve totalmente
l'ultima parte di sabbia disponibile.
1953 -
Canottaggio Solvay. “Bimbo”, “Doddo”, “Ballera”, Bubbolo” e
“Tindaro” sono i soprannomi di: Mainardi Manrico, Giorgetti Giorgio, Massei Lido, Lecci Denio
e di Paroli Adrasto, lo stratega del gruppo, meglio ancora conosciuti come gli “Sciacquapipe”. Furono battezzati alle loro prime apparizioni, in un solo anno di attività, sotto la guida di Voltolino Mochi, sono riusciti nel “quattro con” della categoria “non classificati” ad imporsi ovunque vogassero. Nel '53 inizia la loro avventura a Firenze con la prima vittoria; dopo ancora primi a Limite d’Arno, Mantova e Pisa. A S. Margherita Ligure primi in una regata internazionale. Finalmente arriva Sorrento dove l’equipaggio del Cral Solvay si laurea Campione italiano di categoria. Massei e Paroli sono deceduti nel 2008 a 79 anni, Paroli è stato a lungo bagnino ai Canottieri.
Continua da:
Rosignano Solvay ieri/I Canottieri al Lillatro
(1922-38).
UNA JOLE DI MARE A OTTO SI
ROVESCIA A ROSIGNANO.
Verso le 11 di ieri con mare calmo e con tempo ottimo, partiva da Rosignano Solvay una jole di mare a otto vogatori con timoniere, per compiere un allenamento presso il Faro di Vada. Due ore dopo, erano ormai le una, il cielo si andava rannuvolando e si era levato un po' di vento, l'imbarcazione, che avrebbe dovuto essere rientrata, non era ancora sulla via del ritorno. Il fratello di uno dei vogatori, allora tale Pescino Pescia, si risolveva insieme a tale Morelli di andare incontro alla jole o per lo meno di accertarsi dove precisamente essa si trovasse. Presa la barca a remi, i due si dirigevano così verso il Fanale di Vada, zona nella quale normalmente, come abbiamo accennato, si compivano gli allenamenti della jole a otto. Inoltratisi lungo il tragitto, improvvisamente il Pescia e il Morelli scorgevano un uomo nell'acqua, si trattava di uno dei vogatori, e da lui apprendevano che l'imbarcazione si era capovolta poco distante. Raddoppiata la lena, essi si dirigevano senz'altro verso il Fanale di Vada e lungo il tragitto raccoglievano altri due naufraghi. Mancavano ancora sei uomini, ed è facile immaginare il raccapriccio del Pescia e degli altri quando giunti alfine in vista della jole capovolta si accorgevano che nessuno vi si trovava aggrappato o nuotava nei pressi. Era accaduto che tre dei vogatori erano effettivamente rimasti aggrappati alla jole; ma estenuati dalla fatica e dall'emozione al giungere dell'imbarcazione soccorritrice, avevano completamente perduto le forze e si erano abbandonati. Fortunatamente il Pescia, avvicinatesi ancora maggiormente, scorreva la testa di uno dei naufraghi, e senza por tempo in mezzo, gettatesi in acqua provvedeva con gli altri a raccoglierli, tra questi si trovava suo fratello. Non mancavano ora che tre uomini, i quali, dato che la barca si era capovolta verso mezzogiorno circa e che nessuna speranza c'era di essere scorti da terra, avevano deciso di raggiungerla a nuoto, sostenendosi con i remi, o di andare in cerca di aiuto. Uno di essi riusciva ad arrivare sulla spiaggia dove cadeva in deliquio. Degli altri due nessuna traccia. Essi sono: il timoniere Salvatore Maccioni, di Rosignano Solvay e il vogatore Albano Mazzanti, di Cecina, a nulla sono valse le estese perlustrazioni compiute da rimorchiatori e motopescherecci nello specchio di acqua dove l'incidente è avvenuto. I corpi dei due giovani canottieri sono stati restituiti dal mare, il 25 maggio quello di Albano Mazzanti, ed il 28 maggio quello di Salvatore Maccioni. Dopo questa tragedia il canottaggio a Rosignano segnerà una dovuta pausa di riflessione e riprenderà nel 1942 con due sole apparizioni in gare nazionali. ******
Tra i vogatori che si sono
formati in questi anni ai Canottieri Solvay, due hanno attirato
l'attenzione dei dirigenti della Canottieri Livorno, i cugini
Marino e Pescino Pescia, che vengono inseriti nel 1941
nell'equipaggio dei mitici «Scarronzoni» livornesi, ove debuttano in quella
che nella storia degli «Scarronzoni» è definita l'annata più
brillante.
(Sintesi ricavata da "La ciminiera dimezzata" di G.
Celati - L. Gattini.
A marzo 2017 nasce un comitato per recuperare la mitica “8 Iole” Bau 7 e Miss K barche da campioni
Questa è un’altra bella
storia di mare che ha per protagonisti dipendenti della Solvay.
Stabilimento di Rosignano. Perché Rosignano, si sa bene è sul
mare. Si parla di barche a vela, perché niente
più della vela consente di avere contatti diretti con il mare.
Barche da campioni: «Bau 7», «Miss K» sono rimasti nella storia
delle competizioni della classe «snipe», i «beccaccini», dal
nome dell’uccello disegnato sulla vela. «Snipe», in inglese,
vuoi dire appunto beccaccino. Ma dirlo in inglese fa più figura;
e inoltre questa è una classe internazionale e ha bisogno di una
lingua un po' più internazionale della nostra. Canottieri i protagonisti del '900 (Da Solvay Notizie 1976 et altro)
Dal 1938 Leo Gavazzi è stato dipendente della Solvay, a Rosignano. Dal 1952 alla sezione marina, responsabile della custodia e della manutenzione dello stabilimento balneare aziendale dei Canottieri Solvay, sempre in movimento, sempre impegnato in molte attività. E’ uomo di mare, in particolare uomo di vela, uno sport che per i Gavazzi è tradizione di famiglia. Nella classe «snipe» (i popolari «beccaccini») ha partecipato con successo a regate di campionato anche nazionali con barche che si chiamavano «Lasciami passare», «Maestrale». Leo è deceduto il 13/6/2013. I figli Fabrizio e Fabio, hanno conquistato un titolo mondiale nella classe «Vaurien» con il «Telefafà». (Vedi/Persone/Sportivi)
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Nelle opere sociali della Solvay c’è anche un commissario per la vela. E’ Brunetto Montagnani, che lavora nello stabilimento di Rosignano e impiega tutto il suo tempo libero per dirigere e organizzare questa attività alla quale si è sempre dedicato. Ha anche praticato lo sport attivo, e tra l’altro è stato prodiere con Leo Gavazzi in tutte le regate, anche nazionali, nella classe «snipe». La tradizione delta vela è continuata anche dal figlio di Brunetto, Maurizio, quest’anno impegnato nei campionati regionali toscani con il «vaurien» che si chiama «Medusa». E’ il nome del sommergibile sul quale era imbarcato Brunetto Montagnani durante la guerra. Brunetto è deceduto il 1/4/2009 all’età di 91 anni. (Scarica il volume "Tre baci della fortuna" di B. Montagnani))
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Nino Caniparoli, figlio di dipendente, sempre presente sui campi della Società Tennis Solvay. Prima soltanto come giocatore, molto bravo, poi anche come responsabile della manutenzione. Continuava a giocare, e inoltre a fare una gran quantità di cose, utili al tennis, del quale sapeva tutto. E forse anche qualcosa di più, con la sua grande esperienza. E’ stata una figura simpatica, caratteristica. Tutti lo hanno conosciuto sapendo che i fatti del tennis erano affidati a mani sicure. Uno dei motivi dell’affermazione di questa attività sociale è stata anche la presenza assidua, appassionata di un personaggio bravo, affabile, dal buon carattere come Nino Caniparoli, amico di tutti. Aveva il tennis nel sangue. E' stato un buon giocatore, classificato come molti altri, ma lui era unico. Giocava un tennis inventato, fuori dagli schemi classici. Da ricordare la sua palla corta che a volte riusciva a farla ritornare nel proprio campo. Ha insegnato tennis a tutti, a generazioni intere di bambini. Anche nel suo lavoro era unico. Migliaia di giocatori hanno calcato i campi da tennis del Circolo Canottieri Solvay e tutti hanno sempre detto che i campi che faceva Nino erano unici, i migliori d'Italia. Aveva una serietà ed un attaccamento al lavoro maniacale. Pur essendo in festa, si alzava alle cinque del mattino, per bagnare tutti i campi da tennis da lasciare perfettamente ordinati ai soci. Classe 1934 è deceduto il 10/8/2015 a 81 anni. ******
A Rosignano per molti anni (una quarantina) Ovidio Agostini, ora in pensione, si è identificato con i Canottieri Solvay. Ovidio, bastava dire così. E hanno detto così alcune generazioni di ragazzi che ora sono uomini, e che soltanto ora, forse, capiscono che questo personaggio ha insegnato loro molte cose, anche a essere educati, e a saper vivere in una collettività, a rispettare i beni comuni. A Ovidio Agostini farà certamente piacere sapere che malti dei ragazzi di allora oggi, finalmente, lo ricordano così. E lo stimano. E vorrebbero trovarsi insieme a lui, ancora una volta. Magari per sentirlo un po’ brontolare, come ai bei tempi. I primi contatti con i Canottieri Solvay, Ovidio Agostini li ha avuti come timoniere del «quattro con». Poi nel 1931 gli è stato affidato lo stabilimento aziendale, che allora era ancora a Punta Lillatro. Insieme ad altro personale ha anche costruito e riparato barche (primi collaboratori Elvio Garro, Dante Faucci, Isidoro Sorrentino). Ovidio Agostini è stato poi responsabile del nuovo, grande moderno stabilimento balneare Solyay. Tra l’altro ha insegnato a molti «a stare in mare», si è interessato di tutte le attività, è stato presente in ogni iniziativa. «Mi sono trovato anche in tanti brutti momenti -dice- perché con il mare purtroppo è così. E ho la consapevolezza di avere sempre fatto il mio dovere». ******
Ogni
anno il corso della scuola di vela. Istruttore federale Onis Bigazzi, dipendente dello stabilimento
di Rosignano da oltre trentacinque anni, impegnato in questo
sport fin da ragazzo. Ha partecipato a molti campionati nazionali
al timone di imbarcazioni di varie classi, e da dieci anni
ottiene eccellenti risultati in qualità di istruttore. Altro indimenticabile istruttore di vela che ha lasciato il segno formando centinaia di bambini è stato Aldo Bottoni nominato Cavaliere dello Sport. (1922-1996)
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Pierluigi
Bolognesi classe 1941, Consigliere Federale della Federazione Italiana
Canottaggio dal 2009 ed istruttore del Circolo. Una lunga storia
di successi quella del canottaggio locale. Solo alcuni nomi come
ROBERTO VESTRINI olimpionico di Los Angeles, PESCIA PESCINO E
MARINO, più volte campioni d’Italia e campioni d’Europa. MARINO
è stato per molti anni il consigliere della sezione canottaggio
come dirigente e allenatore. Più di recente il quattro volte
campione del mondo FILIPPO MARRUCCI, di Rosignano che milita nel
G.S. della Forestale come canottiere, ma nato qui sotto la guida
del campione d’Italia 1954, GIORGIO GIORGETTI e di Pier Luigi
Bolognesi che anche oggi collabora coadiuvato dall’allenatore
Perini Alessandro come tutor. Bolognesi è il decano del remo
toscano 72 primavere, da oltre mezzo secolo (53 anni per la
precisione) sul bordo dei campi di regata. «Da giovanotto andai
come riserva di tiro a segno alle Olimpiadi di Roma del 1960, ma
quando tornai mi innamorai del canottaggio e da allora...».
Piero ha vinto anche un tricolore nel "2 senza" vogando per il Lario («perché lavoravo da quelle parti...»). Prima vogatore e
poi allenatore con i Canottieri Solvay, poi fondatore del
Circolo Nautico Foce Cecina (1975) e più recentemente dei
Canottieri Montescudaio (1994) Bolognesi è stato a lungo anche
consigliere del Comitato regionale ed ha ricevuto sia la Stella
di bronzo che la Stella d'argento al merito sportivo. E' anche
socio benemerito della Federazione italiana di canottaggio,
mentre nel 1999 è stato eletto dirigente dell'anno. «Il
canottaggio è la mia vita. È bello insegnare questo sport e
condividere gioie e delusioni con i ragazzi che alleni.
Purtroppo i mezzi sono pochi, se non ci fossero i genitori che
si sacrificano economicamente sarebbe impossibile sostenere le
spese per le trasferte». Bolognesi svolge anche il ruolo
di tutor per il Circolo Solvay e dà una mano e preziosi consigli
all'allenatore cubano Valdo Santacruz che da alcuni anni vive a
Rosignano ed ha sposato una ragazza italiana. Santacruz guida i
canottieri Solvay che nel doppio Junior a Roffia hanno
conquistato un argento (Farinella e Vicidomini). Pierluigi
Bolognesi è deceduto l'11/6/2014. Ai Canottieri di Rosignano, Bagno di regine e operai - Ecco il primo reportage dallo stabilimento inaugurato da Maria Josè ancora legato al suo ricordo e al gigante della chimica. Le cronache del 15 luglio 1939 raccontano che la Regina di Maggio, la principessa Maria José del Belgio sposata a Umberto II, stremata dal caldo e dalle cerimonie, volle riposarsi nella casa di un operaio della Solvay, Virgilio Livi, zio paterno di Ivo Livi, meglio conosciuto come Ives Montand. Maria José era in ferie a San Rossore e fu invitata a Rosignano per inaugurare il bagno Canottieri, una tra le tante opere sociali con cui la società belga puntellò il paese dopo avergli impresso il nome. Quella mattina c’erano tutti, compreso l’architetto fiorentino Italo Gamberini, professionista di successo, del Gruppo Toscano guidato da Giovanni Michelucci che vinse l’appalto per la stazione di Santa Maria Novella. Maria José, gonna stretta e giacca a righe bianche e blu, bevve l’acqua fresca del pozzo dei Livi. Poi andò a inaugurare lo stabilimento balneare realizzato da Gamberini secondo i canoni architettonici del razionalismo italiano: un parallelepipedo circondato da vetrate, una rotonda con la pista da ballo, campi da tennis e dighe frangiflutti, cabine a perdita d’occhio. E ancora, poggiata su un’unica colonna, un’altra rotonda sul mare da subito denominata «il fungo», nascondiglio per innamorati e palcoscenico, negli anni ’60, per artisti come Gino Paoli, Jimmy Fontana, Betty Curtis e Tony Dallara. D’accordo, poca cosa rispetto ai divi della vicina Castiglioncello, in quegli anni succursale al mare di Cinecittà, ma d’altronde ai Canottieri nessuno ha mai pensato al marketing. Era lo stabilimento balneare per i dipendenti della Solvay e per le loro famiglie. Questo è rimasto. Se non fosse per il porticciolo da 120 barche costruito nel 1971, per il raddoppio dei campi da tennis che ora sono quattro, per i 670 ombrelloni a strisce bianche e blu — come la giacca della Regina di Maggio — distanziati 3,20 metri l’uno dall’altro, per la pineta privata, per qualche miglioria apportata negli anni, ogni cosa sarebbe identica a quel 15 luglio 1939. Anzi no: la rete alta quasi due metri, che divideva il bagno degli impiegati da quello degli operai, secondo la divisione classista che a Rosignano Solvay aveva differenziato persino i quartieri e l’edilizia abitativa, quella rete non esiste più. Nessuno ricorda di preciso quando fu eliminata, quasi ad ammorbidirne il ricordo dalla memoria collettiva. Però tutti sanno che, allo stabilimento balneare numero uno della costa livornese, si accede solo se si è dipendenti o pensionati del polo chimico di Rosignano, compresi i parenti fino al secondo grado. Agli esterni è riservata una percentuale del 15% e siccome la lista è satura, i tempi di attesa sono lunghissimi. Suona strano. Nell’epoca in cui tutti cercano strade più o meno brevi e lineari per gli affari, al Circolo Canottieri nemmeno ci pensano: la società Solvay paga il canone di 30.000 euro all’anno per la concessione di un’area demaniale marittima di 13.566,43 metri quadrati (la superficie del bagno è di 4-5 volte superiore), che poi fattura al Circolo Canottieri cui lo stabilimento balneare è stato concesso in comodato d’uso gratuito. L’ultimo bilancio ha registrato entrate per 950.000 euro, uscite all’incirca dello stesso importo: se avanza qualcosa dopo il pagamento dei 16 dipendenti (4 fissi e 12 stagionali), è reinvestito in manutenzioni e ammodernamenti. Alla fine di questa stagione, ad esempio, inizieranno i lavori di copertura per due dei quattro campi da tennis, mentre l’area del beach volley è stata terminata da poco. «Stiamo nel consiglio per hobby — spiegano Carlo Lessi e Giampiero Paperini, rispettivamente vice-presidente e tesoriere del Circolo — Siamo tutti dipendenti o ex-dipendenti della Solvay e più che altro c’interessa attirare i giovani, fargli trovare un ambiente sano. Per questo curiamo lo sviluppo delle sezioni». Oltre alla pesca sportiva, nelle sezioni si fanno canottaggio, tennis, windsurf e, con particolare profitto, si fa vela, con tre titoli iridati in bacheca, conquistati da Francesco Zampacavallo e dai fratelli Fabrizio e Fabio Gavazzi nella categoria Vaurien. Gli adulti non hanno bisogno di attenzioni particolari, si accontentano di servizi efficienti a tariffe imbattibili. La spesa per un posto barca — che in pratica resta assegnato a vita — varia a seconda delle dimensioni: se il natante è compreso fra 3,60 e 4,60 metri, costa 222 euro all’anno; se misura dai 7 ai 9 metri, si sale a 720 euro. Praticamente niente, viste le tariffe correnti. Per cui, a conti fatti, in capo a un anno un dipendente del polo chimico può spendere al massimo 1.479 euro tra quota associativa, ombrellone, cabina e posto barca. Nessuno, sul litorale toscano, può garantire un listino prezzi del genere. Il circolo Canottieri, con i suoi 2160 soci, ha un destino parallelo a quello del vicino stabilimento chimico, le cui ciminiere s’intravedono dal «fungo». Per questo è amato e avversato nello stesso tempo. Se ai soci si aggiungono i familiari, si supera quota cinquemila, quasi metà della frazione di Solvay e circa un sesto della popolazione dell’intero comune. Un grande bacino di utenza, che tuttavia esclude a priori quanti non hanno, o non hanno avuto (anche in via indiretta) un rapporto di lavoro con lo stabilimento: a chi non è associato al Circolo, resta solo di farsi invitare da un socio che dispone di una tessera a punti. La quota riservata agli esterni (15%) non fa testo: la lista di attesa è così lunga da scoraggiare chiunque e questo ha circondato i Canottieri da un’aura di esclusività che ha generato apprezzamenti e critiche. Maria José entrò nella casa che l’operaio Virgilio Livi si era costruito grazie a un piccolo mutuo concesso dalla Solvay. Senza togliersi il cappellino in paglia di Firenze, osservò i quadri dipinti da Bianca, figlia di Virgilio. Le chiese se volesse frequentare l’Accademia delle Belle Arti e Bianca rispose di no, disse che di lì a poco si sarebbe sposata. La principessa si alzò, salutò e andò a inaugurare il Bagno Canottieri. La famiglia Livi prese a frequentarlo al di là della rete, dalla parte degli operai più vicina allo scarico del Fosso Bianco. Un giorno a casa loro fu recapitato un plico, che conteneva una foto in grande formato della famiglia reale. Ancora oggi è custodita a Rosignano Solvay, in casa di uno dei figli di Bianca, a ricordo di una giornata. Antonio Valentini per Il Corriere fiorentino 5/6/2017. |
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