Rosignano S. ieri/I Canottieri dal 1938  
1937 - Progetto iniziale del fungo per i nuovi bagni. Una mareggiata demolì lo scivolo-scaletta a sx (i resti sono ancora visibili in mare). Non fu più ricostruito. 1937-38 - Pulizia del fondo all'interno della diga. Con il secchio Isidoro Sorrentino secondo da dx Leo Gavazzi (Arch. Francesca Sorrentino) 1938 - 1938 - Bagno operai distrutto dai tedeschi nel 1944 (arch.R.Sardi) 1938 - Spiaggia operai Spiaggia impiegati 1938 - Spiaggia impiegati/operai divisa dalla rete a destra 1938 - Canottieri operai - La spiaggia lato nord 1938 - I nuovi Canottieri operai nella posizione odierna Anni '30 - (Arch. Andrea Meoli) Anni '30 1938 - Il loggiato vista mare 1938 - La pista da ballo quadrata settore operai, sostituita più tardi dalla rotonda 1938 - Il loggiato vista mare Anni '40 1941 - La Rotonda dei nuovi Canottieri impiegati 1941 - Il loggiato operai vista mare 1941 - La rotonda 1957 - Negli anni 60-70 tutti i maggiori cantanti nazionali hanno fatto qui le loro serate La rotonda anni 60 La rotonda anni 70 1938 - Il tennis uno dei fiori all'occhiello dei Canottieri 1938 - I primi due campi da tennis I primi due campi da tennis anni 40 I primi due campi da tennis anni 40 I primi due campi da tennis anni 40 Cena di soci anni ' 50. (A dx del cameriere Isidoro Sorrentino). Arch. Francesca Sorrentino. 1955 - Foto di gruppo di un corso di tennis 1950 - L'allenatore Voltani con il 'quattro con' 1958 - Balneazione familiare  Balneazione familiare anni 60 1957 - Giovani ai Canottieri 1958 - Giovani ai Canottieri 1958 - Giovani ai Canottieri 1958 - Giovani ai Canottieri Fine anni 50 - Finalisti torneo di ping pong.  1954 - Premiazione di Guglielmi e Gianfaldoni 1961 - Giovani ai Canottieri. Pomeriggi interi accanto al juke-box 1960 - Vista della spiaggia da sud Bambini con i sandolini nel bacino interno Il bacino interno da sud anni 60 1960 - La doppia fila di cabine lungo la spiaggia 1960 - Ingresso 1960 - Il caratteristico 'fungo' ora in cemento 1960 - Il caratteristico 'fungo' 1960 - Il caratteristico 'fungo' 1960 - Il caratteristico 'fungo' 1960 - Il caratteristico 'fungo' 1960 - Il caratteristico 'fungo' 1960 - Panoramica della spiaggia dal 'fungo' Vista aerea anni 60 Vista aerea anni 60 1962 - Il ristorante con la cena sociale per la promozione del Solvay in serie C 1962 - Il 'fosso' ovvero il ricovero imbarcazioni fino al 1971 prima del porticciolo 1970 - Scuola di vela, escono gli Optimist Anni '70 - La zattera trampolino (Arch. R. Riccio) Anni '70 Anni '70 Guglielmi e Migone con le loro barche 1971 - Costruzione della diga davanti al porticciolo pure in costruzione 1970 - Vista aerea con la copertura dei campi 1/2 di tennis (smontata in estate) 1978 - Vista aerea con il nuovo porticciolo del 1971 Anni '80 (Arch.Specos) 1980 - Scuola di vela 1984 - Il porticciolo (arch.P.Stiavetti) 1984 - Preparazione della spiaggia (arch.P.Stiavetti) Anni '70 - Ferragosto: Paolo Toni sul palo 'oliato' Panorama anni '80






 

Il Circolo Canottieri Solvay nella posizione attuale. Inaugurazione ufficiale 15 luglio 1939
(Foto arch. Solvay , L. Gattini, P. Perrone da arch. Ediz. Comiedit, A. Pastacaldi, R Pardini, P.Stiavetti, F.Sorrentino)

  1935 - La spiaggia del Lillatro finisce per divenire non più idonea a causa della vicinanza degli scarichi del Fosso Bianco, pertanto viene decisa la costruzione provvisoria dei nuovi Canottieri ora anche per gli operai, se pure separati. I Canottieri attuali, più a nord, fra lo Scoglietto ed il Lillatro sono stati costruiti nel 1938-39. Alla fine degli anni '30 la Solvay commissionò all'architetto fiorentino Italo Gamberini, numerosi progetti di opere complementari. Fra questi, il progetto per la nuova sede estiva dell'Opera Nazionale Dopolavoro Impiegati Solvay Rosignano. Dopo l'approvazione di Bruxelles i lavori iniziarono nell'estate del 1938 e terminarono nell'estate successiva. Contrariamente al Lillatro nella nuova posizione non c'era presenza di sabbia, pertanto la scogliera fu ricoperta con sappia prelevata al Monte alla Rena dove scomparve totalmente l'ultima parte di sabbia disponibile.
15-7-1939 - Inaugurazione con la presenza della
principessa belga Maria Josè (vedi)
1951-1952 - Si costruisce la casa del custode dello stabilimento balneare e altre costruzioni varie minori.

1953 - Canottaggio Solvay. “Bimbo”, “Doddo”, “Ballera”, Bubbolo” e “Tindaro” sono i soprannomi di: Mainardi Manrico, Giorgetti Giorgio, Massei Lido, Lecci Denio e di Paroli Adrasto, lo stratega del gruppo, meglio ancora conosciuti come gli “Sciacquapipe”. Furono battezzati alle loro prime apparizioni, in un solo anno di attività, sotto la guida di Voltolino Mochi, sono riusciti nel “quattro con” della categoria “non classificati” ad imporsi ovunque vogassero. Nel '53 inizia la loro avventura a Firenze con la prima vittoria; dopo ancora primi a Limite d’Arno, Mantova e Pisa. A S. Margherita Ligure primi in una regata internazionale. Finalmente arriva Sorrento dove l’equipaggio del Cral Solvay si laurea Campione italiano di categoria. Massei e Paroli sono deceduti nel 2008 a 79 anni, Paroli è stato a lungo bagnino ai Canottieri.
1955
- Il tennis è sempre stato uno dei fiori all'occhiello del circolo Canottieri. La Coppa Petronio manifestazione tennistica, vanta ormai una tradizione antica, considerato che la prima edizione si è svolta nel 1953, vinta dal Tennis Club Castiglioncello, la seconda del 1954 vinta dal Tennis Solvay e la terza dal Tennis Club Livorno. (Nel 1955 3° Squarci e 5i Giannini, Nassi, Caniparoli e Paternoster). Il nome attribuito al torneo fu quello di Giuseppe Petronio, avvocato dipendente Solvay e sportivo, deceduto in un incidente di sci all'Abetone ed il cui figlio appena liceale a causa della morte del padre finì per suicidarsi.
1970-71
Costruzione del porticciolo con 110 posti da 4 a 9 m.
1970-80 - La vela è un'altra delle attività storiche dei Canottieri con risultati mondiali.  Nel 1966 i fratelli Fabio e Fabrizio Gavazzi vincono i campionati mondiali classe Vaurien ad Orbetello, nel 1969 a Neuchatel (Svizzera) si classificano terzi ai mondiali di vela classe Vaurien e nell'85 a Vada secondi.

Continua da: Rosignano Solvay ieri/I Canottieri al Lillatro (1922-38).
Siamo giunti al 1940, gli atleti del Circolo Canottieri sono aumentati di numero e come di consueto, dopo la preparazione invernale sono cominciate le uscite di allenamento sia nel fiume Fine, che in mare. Ad affiancare l'allenatore Ceccanti è stato chiamato il signor Danilo Paladini-Morelli che cura direttamente la preparazione degli atleti. Come di consueto la domenica mattina, tempo permettendo, escono per allenarsi in mare, cosa che avviene regolarmente anche il 12 maggio 1940. A questo punto riportiamo quanto accadde quel 12 maggio, secondo il resoconto de «Il Corriere del Tirreno»:

                   UNA JOLE DI MARE A OTTO SI ROVESCIA A ROSIGNANO.
          UN VOGATORE E IL TIMONIERE ANNEGATI. Rosignano Solvay, 13 maggio 1940.

Verso le 11 di ieri con mare calmo e con tempo ottimo, partiva da Rosignano Solvay una jole di mare a otto vogatori con timoniere, per compiere un allenamento presso il Faro di Vada. Due ore dopo, erano ormai le una, il cielo si andava rannuvolando e si era levato un po' di vento, l'imbarcazione, che avrebbe dovuto essere rientrata, non era ancora sulla via del ritorno. Il fratello di uno dei vogatori, allora tale Pescino Pescia, si risolveva insieme a tale Morelli di andare incontro alla jole o per lo meno di accertarsi dove precisamente essa si trovasse. Presa la barca a remi, i due si dirigevano così verso il Fanale di Vada, zona nella quale normalmente, come abbiamo accennato, si compivano gli allenamenti della jole a otto.

Inoltratisi lungo il tragitto, improvvisamente il Pescia e il Morelli scorgevano un uomo nell'acqua, si trattava di uno dei vogatori, e da lui apprendevano che l'imbarcazione si era capovolta poco distante. Raddoppiata la lena, essi si dirigevano senz'altro verso il Fanale di Vada e lungo il tragitto raccoglievano altri due naufraghi. Mancavano ancora sei uomini, ed è facile immaginare il raccapriccio del Pescia e degli altri quando giunti alfine in vista della jole capovolta si accorgevano che nessuno vi si trovava aggrappato o nuotava nei pressi. Era accaduto che tre dei vogatori erano effettivamente rimasti aggrappati alla jole; ma estenuati dalla fatica e dall'emozione al giungere dell'imbarcazione soccorritrice, avevano completamente perduto le forze e si erano abbandonati.

Fortunatamente il Pescia, avvicinatesi ancora maggiormente, scorreva la testa di uno dei naufraghi, e senza por tempo in mezzo, gettatesi in acqua provvedeva con gli altri a raccoglierli, tra questi si trovava suo fratello. Non mancavano ora che tre uomini, i quali, dato che la barca si era capovolta verso mezzogiorno circa e che nessuna speranza c'era di essere scorti da terra, avevano deciso di raggiungerla a nuoto, sostenendosi con i remi, o di andare in cerca di aiuto. Uno di essi riusciva ad arrivare sulla spiaggia dove cadeva in deliquio.

Degli altri due nessuna traccia. Essi sono: il timoniere Salvatore Maccioni, di Rosignano Solvay e il vogatore Albano Mazzanti, di Cecina, a nulla sono valse le estese perlustrazioni compiute da rimorchiatori e motopescherecci nello specchio di acqua dove l'incidente è avvenuto.

I corpi dei due giovani canottieri sono stati restituiti dal mare, il 25 maggio quello di Albano Mazzanti, ed il 28 maggio quello di Salvatore Maccioni.

Dopo questa tragedia il canottaggio a Rosignano segnerà una dovuta pausa di riflessione e riprenderà nel 1942 con due sole apparizioni in gare nazionali.

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Tra i vogatori che si sono formati in questi anni ai Canottieri Solvay, due hanno attirato l'attenzione dei dirigenti della Canottieri Livorno, i cugini Marino e Pescino Pescia, che vengono inseriti nel 1941 nell'equipaggio dei mitici «Scarronzoni» livornesi, ove debuttano in quella che nella storia degli «Scarronzoni» è definita l'annata più brillante. (Sintesi ricavata da "La ciminiera dimezzata" di G. Celati - L. Gattini.
In ricordo di Salvatore Maccioni nel 1993, il Comune di Rosignano Marittimo ha dato il suo nome alla Sezione Veterani dello Sport. 

              A marzo 2017 nasce un comitato per recuperare la mitica “8 Iole”
È stato costituito presso la sede dell'Agenzia dello sport il comitato per il recupero dell’imbarcazione a remi "
8 Iole" oggetto di un naufragio nel maggio 1940 nelle acque antistanti Rosignano nel quale persero la vita il timoniere Salvatore Maccioni e il vogatore Albano Mazzanti. Un’imbarcazione utilizzata per praticare il canottaggio in mare in cui potevano vogare 8 atleti più il timoniere costruita in legno di cedro con più di 200 anni di storia. Obiettivo del Comitato è recuperare una barca storica e con essa iniziare un percorso di recupero della propria identità da trasmettere alle nuove generazioni, partendo dai valori che lo sport riesce a trasmettere. Al Comitato hanno aderito, oltre ai membri del direttivo dell'Agenzia, Giacomo Luppichini, Claudio Castaldi, Rossi Stefano, Mario Gozzoli, Giacomo Cantini. A destra lo scafo restaurato.

Bau 7 e Miss K barche da campioni

Questa è un’altra bella storia di mare che ha per protagonisti dipendenti della Solvay. Stabilimento di Rosignano. Perché Rosignano, si sa bene è sul mare. Si parla di barche a vela, perché niente più della vela consente di avere contatti diretti con il mare. Barche da campioni: «Bau 7», «Miss K» sono rimasti nella storia delle competizioni della classe «snipe», i «beccaccini», dal nome dell’uccello disegnato sulla vela. «Snipe», in inglese, vuoi dire appunto beccaccino. Ma dirlo in inglese fa più figura; e inoltre questa è una classe internazionale e ha bisogno di una lingua un po' più internazionale della nostra.
Il protagonista è Eligio Guglielmi, con la collaborazione di un altro dipendente dello stabilimento di Rosignano, Enzo Gianfaldoni. Un timoniere e un prodiere. I due amici, che avevano in comune la passione della vela, avevano sempre gareggiato su barche della sezione marina dei Canottieri Solvay. Desideravano acquistare una loro barca da competizione, ma si sa come succede, non sempre è facile conciliare desideri e capacità di realizzarli. Tutto costa troppo.
Guglielmi e Gianfaldoni hanno avuto anche un po' di fortuna. Anzi, l’hanno cercata. Una volta, in una regata, hanno conosciuto il conte Gaddo della Gherardesca, il titolare del cantiere di Donoratico dal quale sono uscite famose barche «fuori scalmo» per canottaggio. In cambio di un loro lavoro di disegno, i due amici ebbero lo scafo di «un beccaccino» da competizione. Lo hanno completato, lo hanno «armato», lo hanno battezzato. Ed ecco «Bau 7». Ed ecco le vittorie nelle regate, nel mare Tirreno, qua e là per l’Italia centrale. Nello stesso anno sono andati anche sul lago Maggiore, per la principale regata della stagione. Prima avevano sempre vinto, quella volta sono arrivati quasi tra gli ultimi.
Esperienza molto utile, però per il confronto con imbarcazioni ed equipaggi da competizioni internazionali. La prima conseguenza è stata una decisione dolorosa: via «Bau 7», venduta per avere a disposizione denaro per poter fare un’altra barca. Anche qui c’è stata un po’ di fortuna, perché l’acquirente è stato l’ingegner Migone, un altro dipendente dello stabilimento di Rosignano appassionato di vela che, studiando trattati inglesi e francesi, ha saputo fornire utilissime informazioni di carattere tecnico.
Anche questa volta è stata seguita la stessa procedura: lo scafo è stato costruito direttamente dai due amici con legno fornito dal Cantiere di Donoratico. Nome: «Miss K». Perché - si dice ufficialmente - era fatto di cedro K. Un po' meno ufficialmente però, che «Miss K» sta proprio a significare «mi scappa». Scappava la barca, naturalmente, che nel 1955 ha vinto sempre e ovunque, ed è arrivata seconda alla regata di Luino sul Lago Maggiore, vinta dal famoso ed esperto Mino Della Casa. «Miss K» quella volta non è tornata a Rosignano, perché è stata acquistata per Capio, forse il maggior timoniere che abbia avuto l’Italia per certe classi di barche a vela.
C’è stata anche «Miss K 2», ma della classe FD, (flying deuchtman), olandese volante, con altri successi per Guglielmi e Gianfaldoni. Poi è arrivato il momento della classe «Vaurien» che in Italia è stata introdotta proprio da Eligio Guglielmi, dall’ingegner Migone, a dal cantiere navale Gavazzi di Castiglioncello.
Anche in questa classe le affermazioni sono state molte, per Guglielmi timoniere (prodiere l’ingegner Migone). Poi, il tempo passa, Eligio Guglielmi ha cominciato a gareggiar con il figlio Massimo: insieme hanno vinto un titolo italiano nei «Vaurien» e sono arrivati ottavi a un campionato del mondo.
Eligio Guglielmi (13/7/1923-29/7/2023), centenario, è stato dipendente della Solvay per più di trenta anni, dal 1945. Già nel 1939, però, aveva partecipato a un corso di tirocinio. Ha cominciato a lavorare nel reparto calderai e dopo aver vinto un concorso interno, è passato nell’ufficio disegno, ove ora è capo settore UE.PC. E’ figlio di un ex dipendente ed è sposato con Vilma Bonsignori. Il loro figlio Massimo frequenta la facoltà di ingegneria a Pisa. Eligio Guglielmi ha ancora contatti con lo sport della vela, tra l'atro dirigendo corsi per i giovani alla sezione marina dei Canottieri Solvay, anche per la scuola «Olimpia», che ha il patrocinio del CONI. Ha messo così a disposizione tutta la sua esperienza e tutta la sua passione, in quella istituzione aziendale nella quale aveva egli stesso imparato ad amare lo sport della vela. Da ragazzo aveva cominciato ad andare in mare insieme ad Adone Porciani, un pescatore che aveva un «gozzo» a vela latina e insieme a Ciro Benvenuti sulle canoe «canadesi», piccole e maneggevoli, della sezione marina aziendale.
(Solvay Notizie gennaio 1977)
 

                                  Canottieri i protagonisti del '900 (Da Solvay Notizie 1976 et altro)

Dal 1938 Leo Gavazzi è stato dipendente della Solvay, a Rosignano. Dal 1952 alla sezione marina, responsabile della custodia e della manutenzione dello stabilimento balneare aziendale dei Canottieri Solvay, sempre in movimento, sempre impegnato in molte attività. E’ uomo di mare, in particolare uomo di vela, uno sport che per i Gavazzi è tradizione di famiglia. Nella classe «snipe» (i popolari «beccaccini») ha partecipato con successo a regate di campionato anche nazionali con barche che si chiamavano «Lasciami passare», «Maestrale». Leo è deceduto il 13/6/2013. I figli Fabrizio e Fabio, hanno conquistato un titolo mondiale nella classe «Vaurien» con il «Telefafà». (Vedi/Persone/Sportivi)

 

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Nelle opere sociali della Solvay c’è anche un commissario per la vela. E’ Brunetto Montagnani, che lavora nello stabilimento di Rosignano e impiega tutto il suo tempo libero per dirigere e organizzare questa attività alla quale si è sempre dedicato. Ha anche praticato lo sport attivo, e tra l’altro è stato prodiere con Leo Gavazzi in tutte le regate, anche nazionali, nella classe «snipe». La tradizione delta vela è continuata anche dal figlio di Brunetto, Maurizio, quest’anno impegnato nei campionati regionali toscani con il «vaurien» che si chiama «Medusa». E’ il nome del sommergibile sul quale era imbarcato Brunetto Montagnani durante la guerra. Brunetto è deceduto il 1/4/2009 all’età di 91 anni.  (Scarica il volume "Tre baci della fortuna" di B. Montagnani))

 

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Nino Caniparoli, figlio di dipendente, sempre presente sui campi della Società Tennis Solvay. Prima soltanto come giocatore, molto bravo, poi anche come responsabile della manutenzione. Continuava a giocare, e inoltre a fare una gran quantità di cose, utili al tennis, del quale sapeva tutto. E forse anche qualcosa di più, con la sua grande esperienza. E’ stata una figura simpatica, caratteristica. Tutti lo hanno conosciuto sapendo che i fatti del tennis erano affidati a mani sicure. Uno dei motivi dell’affermazione di questa attività sociale è stata anche la presenza assidua, appassionata di un personaggio bravo, affabile, dal buon carattere come Nino Caniparoli, amico di tutti. Aveva il tennis nel sangue. E' stato un buon giocatore, classificato come molti altri, ma lui era unico. Giocava un tennis inventato, fuori dagli schemi classici. Da ricordare la sua palla corta che a volte riusciva a farla ritornare nel proprio campo. Ha insegnato tennis a tutti, a generazioni intere di bambini. Anche nel suo lavoro era unico. Migliaia di giocatori hanno calcato i campi da tennis del Circolo Canottieri Solvay e tutti hanno sempre detto che i campi che faceva Nino erano unici, i migliori d'Italia. Aveva una serietà ed un attaccamento al lavoro maniacale. Pur essendo in festa, si alzava alle cinque del mattino, per bagnare tutti i campi da tennis da lasciare perfettamente ordinati ai soci. Classe 1934 è deceduto il 10/8/2015 a 81 anni.

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A Rosignano per molti anni (una quarantina) Ovidio Agostini, ora in pensione, si è identificato con i Canottieri Solvay. Ovidio, bastava dire così. E hanno detto così alcune generazioni di ragazzi che ora sono uomini, e che soltanto ora, forse, capiscono che questo personaggio ha insegnato loro molte cose, anche a essere educati, e a saper vivere in una collettività, a rispettare i beni comuni. A Ovidio Agostini farà certamente piacere sapere che malti dei ragazzi di allora oggi, finalmente, lo ricordano così. E lo stimano. E vorrebbero trovarsi insieme a lui, ancora una volta. Magari per sentirlo un po’ brontolare, come ai bei tempi. I primi contatti con i Canottieri Solvay, Ovidio Agostini li ha avuti come timoniere del «quattro con». Poi nel 1931 gli è stato affidato lo stabilimento aziendale, che allora era ancora a Punta Lillatro. Insieme ad altro personale ha anche costruito e riparato barche (primi collaboratori Elvio Garro, Dante Faucci, Isidoro Sorrentino). Ovidio Agostini è stato poi responsabile del nuovo, grande moderno stabilimento balneare Solyay. Tra l’altro ha insegnato a molti «a stare in mare», si è interessato di tutte le attività, è stato presente in ogni iniziativa. «Mi sono trovato anche in tanti brutti momenti -dice- perché con il mare purtroppo è così. E ho la consapevolezza di avere sempre fatto il mio dovere».

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Ogni anno il corso della scuola di vela. Istruttore federale Onis Bigazzi, dipendente dello stabilimento di Rosignano da oltre trentacinque anni, impegnato in questo sport fin da ragazzo. Ha partecipato a molti campionati nazionali al timone di imbarcazioni di varie classi, e da dieci anni ottiene eccellenti risultati in qualità di istruttore.
Gli allievi del corso di quest’ anno — sessantadue tra ragazzi e ragazze — figli di dipendenti, sono venuti da tutte te località ove sono stabilimenti e uffici della società. Le lezioni di Onis Bigazzi hanno un argomento di sicura suggestione: come si insegna il mare.

Altro indimenticabile istruttore di vela che ha lasciato il segno formando centinaia di bambini è stato Aldo Bottoni nominato Cavaliere dello Sport. (1922-1996)

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Gianfranco Migone De Amicis classe 1922, cresciuto a Genova, si laurea in ingegneria chimica e nel 1947 viene assunto a Rosignano dalla Società Chimica dell’Aniene. A Rosignano trova  quasi una nuova “America” della vela; il mare a portata di mano, alcune imbarcazioni a disposizione dei dipendenti Solvay ai Canottieri, e soprattutto un gruppo nutrito e agguerrito di amici appassionati con cui confrontarsi. Il periodo a cavallo tra gli anni ’50 e i primi ’60 è il periodo d’oro degli Snipe: acquista il suo primo scafo (Bau7, da Guglielmi e Gianfaldoni), cercando poi soluzioni migliori costruendosene uno (Bau8, 1955) in casa, nella cantina di via Buozzi 20; la sera viene a supervisionare il lavoro e aiutarlo un giovane maestro d’ascia, Luciano Gavazzi, che canta a squarciagola “Ci-Ciu-Ci”, successo di Natalino Otto a Sanremo. La barca viene fatta uscire dalla cantina al garage attraverso un buco nel muro ... ; d’inverno l’albero sta in verticale nella tromba delle scale, mettendo a rischio l’equilibrio di chi s’azzarda a scendere a cavalcioni sulla ringhiera. Le maggiori soddisfazioni vengono però raccolte con “Lemme Lemme” (scritto “l’M l’M”), scafo costruito da Luciano Gavazzi, di proprietà di Uberto Bossi Pucci, affezionato ospite di Castiglioncello, Eligio Guglielmi è il timoniere, Gianfranco il prodiere. Si ricordano loro piazzamenti e partecipazioni, con i colori del Circolo Nautico Castiglioncello, alle principali regate nazionali, a Trieste, Riva del Garda, Luino e persino a Barcellona (1961). La passione per la vela, la curiosità, qualche buona conoscenza e l’opportunità di contatti e viaggi in Francia, lo portano a scoprire il Vaurien e farsene promotore in Italia, poi sostenitore della sua diffusione e del suo sviluppo, e soprattutto della sua produzione in serie, con Eligio Guglielmi e con Luciano Gavazzi nel suo cantiere a Castiglioncello; nel gennaio 1962 è fondatore e primo Segretario di Asvaurien Italia, e proprietario del prototipo Vaurien costruito in Italia, chiamato “Bavosa III”. Con questo partecipa alle principali iniziative agonistiche del periodo, regate di zona e campionati italiani, fino al 1966 (Gravedona), negli ultimi anni col primo figlio Agostino e in qualche rara eccezione con Carlo, secondogenito. Nel 1963 acquista anche un Corsaire, fratello maggiore del Vaurien, che tiene ormeggiato a Rosignano, nel canale del Lillatro. Il trasferimento nel 1966 a Milano, alla Direzione Generale Solvay, forza il suo distacco dalla vela agonistica e dall’attività associativa. E'mancato il 5 giugno 2014, pochi giorni prima di Luciano Gavazzi.(Documenti d'archivio di Carlo M. Migone De Amicis)

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Pierluigi Bolognesi classe 1941, Consigliere Federale della Federazione Italiana Canottaggio dal 2009 ed istruttore del Circolo. Una lunga storia di successi quella del canottaggio locale. Solo alcuni nomi come ROBERTO VESTRINI olimpionico di Los Angeles, PESCIA PESCINO E MARINO, più volte campioni d’Italia e campioni d’Europa. MARINO è stato per molti anni il consigliere della sezione canottaggio come dirigente e allenatore. Più di recente il quattro volte campione del mondo FILIPPO MARRUCCI, di Rosignano che milita nel G.S. della Forestale come canottiere, ma nato qui sotto la guida del campione d’Italia 1954, GIORGIO GIORGETTI e di Pier Luigi Bolognesi che anche oggi collabora coadiuvato dall’allenatore Perini Alessandro come tutor. Bolognesi è il decano del remo toscano 72 primavere, da oltre mezzo secolo (53 anni per la precisione) sul bordo dei campi di regata. «Da giovanotto andai come riserva di tiro a segno alle Olimpiadi di Roma del 1960, ma quando tornai mi innamorai del canottaggio e da allora...». Piero ha vinto anche un tricolore nel "2 senza" vogando per il Lario («perché lavoravo da quelle parti...»). Prima vogatore e poi allenatore con i Canottieri Solvay, poi fondatore del Circolo Nautico Foce Cecina (1975) e più recentemente dei Canottieri Montescudaio (1994) Bolognesi è stato a lungo anche consigliere del Comitato regionale ed ha ricevuto sia la Stella di bronzo che la Stella d'argento al merito sportivo. E' anche socio benemerito della Federazione italiana di canottaggio, mentre nel 1999 è stato eletto dirigente dell'anno. «Il canottaggio è la mia vita. È bello insegnare questo sport e condividere gioie e delusioni con i ragazzi che alleni. Purtroppo i mezzi sono pochi, se non ci fossero i genitori che si sacrificano economicamente sarebbe impossibile sostenere le spese per le trasferte». Bolognesi svolge anche il ruolo di tutor per il Circolo Solvay e dà una mano e preziosi consigli all'allenatore cubano Valdo Santacruz che da alcuni anni vive a Rosignano ed ha sposato una ragazza italiana. Santacruz guida i canottieri Solvay che nel doppio Junior a Roffia hanno conquistato un argento (Farinella e Vicidomini). Pierluigi Bolognesi è deceduto l'11/6/2014.
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    Ai Canottieri di Rosignano, Bagno di regine e operai - Ecco il primo reportage dallo stabilimento inaugurato da Maria Josè ancora legato al suo ricordo e al gigante della chimica.

Le cronache del 15 luglio 1939 raccontano che la Regina di Maggio, la principessa Maria José del Belgio sposata a Umberto II, stremata dal caldo e dalle cerimonie, volle riposarsi nella casa di un operaio della Solvay, Virgilio Livi, zio paterno di Ivo Livi, meglio conosciuto come Ives Montand. Maria José era in ferie a San Rossore e fu invitata a Rosignano per inaugurare il bagno Canottieri, una tra le tante opere sociali con cui la società belga puntellò il paese dopo avergli impresso il nome. Quella mattina c’erano tutti, compreso l’architetto fiorentino Italo Gamberini, professionista di successo, del Gruppo Toscano guidato da Giovanni Michelucci che vinse l’appalto per la stazione di Santa Maria Novella. Maria José, gonna stretta e giacca a righe bianche e blu, bevve l’acqua fresca del pozzo dei Livi. Poi andò a inaugurare lo stabilimento balneare realizzato da Gamberini secondo i canoni architettonici del razionalismo italiano: un parallelepipedo circondato da vetrate, una rotonda con la pista da ballo, campi da tennis e dighe frangiflutti, cabine a perdita d’occhio. E ancora, poggiata su un’unica colonna, un’altra rotonda sul mare da subito denominata «il fungo», nascondiglio per innamorati e palcoscenico, negli anni ’60, per artisti come Gino Paoli, Jimmy Fontana, Betty Curtis e Tony Dallara. D’accordo, poca cosa rispetto ai divi della vicina Castiglioncello, in quegli anni succursale al mare di Cinecittà, ma d’altronde ai Canottieri nessuno ha mai pensato al marketing. Era lo stabilimento balneare per i dipendenti della Solvay e per le loro famiglie. Questo è rimasto.

Se non fosse per il porticciolo da 120 barche costruito nel 1971, per il raddoppio dei campi da tennis che ora sono quattro, per i 670 ombrelloni a strisce bianche e blu — come la giacca della Regina di Maggio — distanziati 3,20 metri l’uno dall’altro, per la pineta privata, per qualche miglioria apportata negli anni, ogni cosa sarebbe identica a quel 15 luglio 1939. Anzi no: la rete alta quasi due metri, che divideva il bagno degli impiegati da quello degli operai, secondo la divisione classista che a Rosignano Solvay aveva differenziato persino i quartieri e l’edilizia abitativa, quella rete non esiste più. Nessuno ricorda di preciso quando fu eliminata, quasi ad ammorbidirne il ricordo dalla memoria collettiva. Però tutti sanno che, allo stabilimento balneare numero uno della costa livornese, si accede solo se si è dipendenti o pensionati del polo chimico di Rosignano, compresi i parenti fino al secondo grado. Agli esterni è riservata una percentuale del 15% e siccome la lista è satura, i tempi di attesa sono lunghissimi.

Suona strano. Nell’epoca in cui tutti cercano strade più o meno brevi e lineari per gli affari, al Circolo Canottieri nemmeno ci pensano: la società Solvay paga il canone di 30.000 euro all’anno per la concessione di un’area demaniale marittima di 13.566,43 metri quadrati (la superficie del bagno è di 4-5 volte superiore), che poi fattura al Circolo Canottieri cui lo stabilimento balneare è stato concesso in comodato d’uso gratuito. L’ultimo bilancio ha registrato entrate per 950.000 euro, uscite all’incirca dello stesso importo: se avanza qualcosa dopo il pagamento dei 16 dipendenti (4 fissi e 12 stagionali), è reinvestito in manutenzioni e ammodernamenti. Alla fine di questa stagione, ad esempio, inizieranno i lavori di copertura per due dei quattro campi da tennis, mentre l’area del beach volley è stata terminata da poco. «Stiamo nel consiglio per hobby — spiegano Carlo Lessi e Giampiero Paperini, rispettivamente vice-presidente e tesoriere del Circolo — Siamo tutti dipendenti o ex-dipendenti della Solvay e più che altro c’interessa attirare i giovani, fargli trovare un ambiente sano. Per questo curiamo lo sviluppo delle sezioni». Oltre alla pesca sportiva, nelle sezioni si fanno canottaggio, tennis, windsurf e, con particolare profitto, si fa vela, con tre titoli iridati in bacheca, conquistati da Francesco Zampacavallo e dai fratelli Fabrizio e Fabio Gavazzi nella categoria Vaurien.

Gli adulti non hanno bisogno di attenzioni particolari, si accontentano di servizi efficienti a tariffe imbattibili. La spesa per un posto barca — che in pratica resta assegnato a vita — varia a seconda delle dimensioni: se il natante è compreso fra 3,60 e 4,60 metri, costa 222 euro all’anno; se misura dai 7 ai 9 metri, si sale a 720 euro. Praticamente niente, viste le tariffe correnti. Per cui, a conti fatti, in capo a un anno un dipendente del polo chimico può spendere al massimo 1.479 euro tra quota associativa, ombrellone, cabina e posto barca. Nessuno, sul litorale toscano, può garantire un listino prezzi del genere.

Il circolo Canottieri, con i suoi 2160 soci, ha un destino parallelo a quello del vicino stabilimento chimico, le cui ciminiere s’intravedono dal «fungo». Per questo è amato e avversato nello stesso tempo. Se ai soci si aggiungono i familiari, si supera quota cinquemila, quasi metà della frazione di Solvay e circa un sesto della popolazione dell’intero comune. Un grande bacino di utenza, che tuttavia esclude a priori quanti non hanno, o non hanno avuto (anche in via indiretta) un rapporto di lavoro con lo stabilimento: a chi non è associato al Circolo, resta solo di farsi invitare da un socio che dispone di una tessera a punti. La quota riservata agli esterni (15%) non fa testo: la lista di attesa è così lunga da scoraggiare chiunque e questo ha circondato i Canottieri da un’aura di esclusività che ha generato apprezzamenti e critiche.

Maria José entrò nella casa che l’operaio Virgilio Livi si era costruito grazie a un piccolo mutuo concesso dalla Solvay. Senza togliersi il cappellino in paglia di Firenze, osservò i quadri dipinti da Bianca, figlia di Virgilio. Le chiese se volesse frequentare l’Accademia delle Belle Arti e Bianca rispose di no, disse che di lì a poco si sarebbe sposata. La principessa si alzò, salutò e andò a inaugurare il Bagno Canottieri. La famiglia Livi prese a frequentarlo al di là della rete, dalla parte degli operai più vicina allo scarico del Fosso Bianco. Un giorno a casa loro fu recapitato un plico, che conteneva una foto in grande formato della famiglia reale. Ancora oggi è custodita a Rosignano Solvay, in casa di uno dei figli di Bianca, a ricordo di una giornata.

Antonio Valentini per Il Corriere fiorentino 5/6/2017.

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