I
Mastiani
o Maschiani fecero la loro comparsa sulla
scena pisana in un anno imprecisato tra la
fine del 1300 ed il 1402, anno che li vide
risiedere in cura di San Pietro in Vinculis
ed inserirsi di prepotenza nella vita
economica e politica cittadina.
I Maschiani erano
originari di San Giovanni alla Vena, paese lungo il corso
dell’Arno non lontano da Cascina, e nel 1402 li troviamo a
Pisa dove svolgevano l’attività di vinaioli, ma nel 1428,
anno in cui le autorità pisane procedettero, su ordine di
Firenze, ad una nuova compilazione del catasto, i Maschiani
avevano ampliato notevolmente le loro attività; erano,
infatti, tra i dieci maggiori contribuenti pisani, facevano
parte dell’arte della Lana ed i loro interessi spaziavano
anche nella tintoria, trafficavano il ferro, possedevano
bestiame marcato con il loro segno ed erano titolari di una
bottega di spezie.
Il cognome
“Maschiani” deriva dal soprannome imposto dal popolo al
primo di questa “gens” Bartolommeo di Nieri detto Maschiano,
forse per certe sue caratteristiche fisiche, soprannome che,
nel corso dei decenni, persa la consapevolezza dell’origine,
si tramutò nel cognome Maschiani.
La famiglia assurta,
poi, al patriziato pisano preferì nobilitarlo in Mastiani.
Nel 1509 quando il
popolo pisano fu conquistato per la seconda volta dalle
truppe fiorentine,
una parte della famiglia
con Giovan Francesco Mastiani, preferì
emigrare a Palermo,
per “mantener viva colà la speranza di sottrarre (la patria)
al giogo di un orgoglioso e fortunato conquistatore.
Un'altra parte, “preferendo all’esilio il restare in patria” si
rifugiò, invece, nella campagna pisana nei pressi di Gello
Mattaccino (Lorenzana).
In un anno
imprecisato del ‘500 i Maschiani, rifugiati nella campagna
di Lorenzana (Ville Pisane), rientrarono in Pisa. Ciò
dovette presumibilmente avvenire quando il potere dei
fiorentini si era consolidato e Pisa era ormai ridotta a
provincia del ducato dei Medici.
La
costante presenza dei Maschiani ai vertici delle cariche
cittadine, sia per gli anni precedenti
l’assedio fiorentino e sia per quelli successivi, sottolinea
l'appartenenza a quella ristretta cerchia di famiglie che detenevano
l’effettivo potere sia politico che economico. Numerosi i Mastiani che, tra il 1567 ed il 1776, vestirono l’abito di
Cavaliere Militare di Santo Stefano come Cavalieri di
Giustizia e quindi con le provanze dei 4/4 di nobiltà. Il ramo pisano e
quello palermitano restarono divisi per circa cento anni,
l’uno continuò ad amministrare in patria i beni della
famiglia ed a ricoprire in seguito cariche nella religione
di Santo Stefano, mentre quello siciliano, sotto il regno di
Alfonso di Aragona, occupò le più eminenti cariche di quel
regno.
I1 1600 fu un secolo quanto mai importante per i Mastiani di
Pisa e di Palermo, sia per le sempre più frequenti cariche
nell’Ordine di Santo Stefano sia per la politica
matrimoniale che le due famiglie riuscirono ad intrecciare
tra i loro rampolli. Ben tre sono i matrimoni che nel 1600
videro come protagonisti i Maschiani di Palermo ed i
Mastiani di Pisa.
Giovan Francesco, del
ramo palermitano ebbe
modo di conoscere una fanciulla del ceppo pisano: Caterina,
figlia di Giulio di Gabriello e di donna Isabella Gragnola
Malaspina. Con il conseguente matrimonio del 1633,il ramo palermitano si
ricongiunse a quello pisano e da allora le vicende della
famiglia avranno come teatro la città di Pisa.
Con Martino Gaetano, che sposò Ottavia Brunacci, i Mastiani
si imparentarono con una famiglia della piccola nobiltà
cittadina, nobiltà raggiunta grazie ai commerci che i
Brunacci esercitavano, già da secoli, in Pisa e poi a
Livorno, dopo che quest’ultima divenne, a scapito di Pisa,
lo scalo marittimo toscano. I Brunacci furono dichiarati
cittadini antichi sin dall’anno 1578 ed erano enormemente
ricchi. Per ambedue le famiglie questo matrimonio fu un
ottimo affare. Per i Mastiani, appartenenti al patriziato,
la cospicua dote di Ottavia rappresentò un apporto di
notevoli capitali in un patrimonio costituito essenzialmente
da proprietà terriere. Per i Brunacci, invece, fu
l’accettazione, tanto agognata, in quella classe sociale che
sino ad allora aveva guardato a loro con un certo distacco e
sufficienza. Nel 1737 con la morte
dell’apatico ed inetto Gian Gastone dei Medici, si
estingueva la famiglia che per tre secoli aveva dominato
Firenze e la Toscana. I Lorena, tramite il loro inviato,
Principe Marco di Craon, presero immediatamente possesso della Toscana con il
"Governo della Reggenza". I Mastiani Brunacci
si adeguarono presto e rivolsero con successo nel 1751, rispettosa
domanda per essere ascritti al patriziato pisano. Cambiano i
potenti, ma l'importante è rimanere nel giro che
conta. Caratteristica dei Mastiani di questa
generazione fu la accorta amministrazione del patrimonio
fondiario e sicuramente questa dote, che oggi definiremmo
manageriale, la ereditarono dal sangue dei Brunacci.
Nel 1793 il Cav. Giulio Mastiani Brunacci non sposato e
quindi senza eredi diretti, morì a 68 anni
lasciando disposizioni testamentarie complesse, che per sorteggio favorirono il nipote Ferdinando Sciamanna
secondogenito del marchese Marcello Sciamanna di
Terni. Il favorito è obbligato ad assumere, il cognome
e stemma gentilizio di Casa Mastiani lasciando il proprio,
inoltre deve trasferirsi in Pisa. Ferdinando Sciamanna era nato nel 1786 e la famiglia paterna era una
delle più importanti di Terni sin dal XV secolo. Gli Sciamanna erano
nobili di Ancona, di Rieti, di Orvieto e Patrizi Romani sin
dal 1647, oltre che
Cavalieri di Malta. Parte del
patrimonio andò all'altro nipote Giovan Francesco che sarà il più
importante dei Mastiani Brunacci sia per le cariche
onorifiche che ricoprì, sia per la grande astuzia dimostrata
negli affari e sia per la sua camaleontica abilità nel
voltar “gabbana” ad ogni mutamento politico. Le sue
disposizioni testamentarie poi, daranno vita ad una nuova
famiglia Mastiani Brunacci e saranno motivo di illazioni e
pettegolezzi. Giovan Francesco, per la sua
familiarità con la Corte, nel giugno 1835 fu incaricato dal
comune di Rosignano di “esprimere personalmente al Granduca
il giubilo del popolo di Rosignano per la nascita del
Principe ereditario”.
Anche la moglie
ricoprì ruoli, prettamente onorifici, nell’ambito della
Corte lorenese; infatti fu dama della Corte Toscana, della
Croce Stellata e dell’Ordine di Malta.
I frequenti viaggi a
Parigi di Giovan Francesco erano certamente dovuti all’alto
incarico che egli, a partire dal 1800, ricoprì in seno al
Dipartimento del Mediterraneo. Infatti, fu uno dei venti
membri del Consiglio Generale del Dipartimento del
Mediterraneo scelto per legge dal Prefetto che doveva
eleggerne 10 fra i maggiori contribuenti del proprio
Dipartimento.
Con Giovan Francesco
assistiamo all’espandersi delle proprietà Mastiani Brunacci
nella maremma pisana. La famiglia possedeva già nella
pianura e sui colli di Rosignano circa 200 ettari.
In poco tempo Giovan
Francesco acquistò, forse intorno al 1802, i beni dei più
importanti latifondisti della zona: i Bombardieri ed i
Blasini.
In seguito Giovan
Francesco riuscì ad aggiudicarsi, grazie all’allivellazione
leopoldina, parte della proprietà della Mensa Arcivescovile
di Pisa pari a 173 ettari.
A questo punto Giovan
Francesco Mastiani diviene il massimo proprietario di
Rosignano. Su questa immensa proprietà, inizierà una grandiosa opera di bonifica e di miglioramenti
agrari: “aveva ridotto tanto in collina che in pianura la
campagna ridente e coltivata, in luogo che
una volta era bosco,
e solamente asilo di animali selvaggi, e di facinorosi”.
Fabbricò case
coloniche con sovvenzioni del governo toscano, dissodò
terreni incolti, tagliò macchie e, sostituendo vigneti,
gelseti ed oliveti nelle colline, dispose opportunamente il
declivio a terrazze.
Giovan Francesco non
si limitò a queste opere agricole, ma anche alla costruzione
di “una deliziosa villa” come ci ha tramandato il Granduca
Leopoldo II nei suoi giornali di Viaggio in Maremma.
Nel 1841 il Granduca
fu ospite di questa villa ed una lapide collocata nell’atrio
ne ricorda il soggiorno: “Il Granduca Leopoldo II nella
notte dal 20 al 21 agosto 1841 in questa tranquilla villa
posò” (Vedi biografia
famiglia Vestrini).
Contemporaneamente
Giovan Francesco si era adattato alla nuova situazione
politica venutasi a creare e dimenticati i Lorena, ormai
lontani nell’esilio austriaco, aveva stretto saldi legami
con i francesi, nuovi padroni della politica mondiale, tanto
che l’Imperatore Napoleone Bonaparte il 3 ottobre 1809 dal
Palazzo delle Tuileries emanò un decreto con il quale Giovan
Francesco Mastiani Brunacci, forse per l’adesione dimostrata
durante l’occupazione francese della Toscana o per dei
favori usati ai Francesi in quella occasione, veniva
insignito del titolo di Conte dell’Impero,
assieme ad altre
famiglie toscane. Giovan Francesco fu
anche cavaliere della Legion d’Onore, ordine creato da
Napoleone il 25 Floreale dell’anno X (19/5/1802) quando
ancora era Primo Console.
Terminato il periodo
napoleonico, dopo il trionfale ritorno in Firenze, il
Granduca volle rivedere tutti i suoi sudditi ed intraprese
un viaggio per la Toscana recandosi in primo luogo a Pisa e
Livorno.
Il 22 novembre a Pisa
furono organizzate
feste e luminarie ed il patriziato pisano vi partecipò al
completo; certamente anche Giovan Francesco Mastiani era
presente a questi festeggiamenti dimentico, ormai, dei
francesi e degli stretti rapporti intessuti, qualche anno
prima, con Napoleone.
Nel 1833, Giovan
Francesco fu il promotore, di una sottoscrizione per la
costruzione di un monumento che ricordasse ai pisani
l’illuminato Granduca Pietro Leopoldo I che tanto si era
adoperato per lo sviluppo della città.
In quegli anni Giovan
Francesco, usufruttuario del patrimonio dello zio Giulio,
aveva ormai circa 70 anni e la moglie Elena circa 60.
Con il suo testamento Giovan Francesco
cedeva a Ferdinando Sciamanna
i seguenti beni: una casa
da padrone in Rosignano acquistata per contratto il 6/9/1779
dal canonico Michele Lan, un’osteria con terre annesse detta
“Acquabuona” in Rosignano (ex patrimonio Vernaccini)
comprata all’asta pubblica nel 1773, una chiudenda con ulivi
in Rosignano acquistata da Niccolajo Giorgerini il 27ottobre
1773, due chiudende di ulivi poste in Rosignano (ex
patrimonio Tonelli) comprate all’asta pubblica nel gennaio
1778, diversi pezzi di terra posti in Rosignano e condotti a
livello dalla Compagnia della Natività.
Per una migliore
comprensione è opportuno occuparci di
Teodoro Tausch e delle disposizioni testamentarie contenute
nel testamento di Giovan Francesco Mastiani.
Teodoro Tausch era
nato a Livorno il 14 gennaio 1792 ed era figlio legittimo
del’Ill.mo Sig. Tenente Giovanni del fu Sig. Giuseppe Tausch
di Praga e dell’Ill.ma Sig.ra Anna del Sig. Pietro Pàte di
Livorno.
Teodoro Tausch era
console generale della Sublime Porta Ottomana in Livorno e
Cavaliere del Niscian, ordine civile del merito ottomano,
ma, soprattutto era amico, consigliere ed abilissimo
amministratore del conte Giovan Francesco Mastiani Brunacci.
I Tausch possedevano
della terra ed una casa nel paese di Rosignano. Casa che nel
1820 fu presa in affitto per il Cancelliere Comunitativo ed
in seguito fu la residenza della tenenza e del Comando della
Stazione dei R.R. Carabinieri.
Questa casa nel 1827
fu rialzata di un piano ed ancora nel 1925 dagli anziani del
paese era chiamata “La Cancelleria”.
I beni in Rosignano
dovevano essere stati acquistati tra la fine del 1700 ed i
primi anni del 1800 quando il maggiore Giovanni Tausch
(padre di Teodoro) era il Comandante della piazza del
litorale.
Del maggiore Tausch
sappiamo che nel 1809 “aveva fatto scavare presso la torre
di Castiglioncello sotto un lastrone di pietra ed
aveva rinvenuto una quantità considerevole di vasi etruschi
ed altri oggetti di pregio, tutti offerti ad un generale
francese che allora comandava la Toscana”.
Grazie ai buoni
uffici del conte Giovan Francesco Mastiani Brunacci, Teodoro
nel settembre 1836 sposò a Firenze la venticinquenne nobile
pisana Elisa Tidi.
Ella, orfana di
entrambi i genitori, viveva nel capoluogo toscano, in Borgo
Pinti, nel palazzo della zia materna Ernesta Finocchietti
coniugata a S. E. il conte Guido della Gherardesca,
maggiordomo maggiore di S.A.I. e R. il Granduca. I legami tra i Tausch
ed i Mastiani erano già molto stretti ed il
testamento di Giovan Francesco morto in Pisa nel 1839,
nomina Teodoro Tausch erede.
Nel 1839 muore anche Ferdinando ex Sciamanna
che nomina suo erede universale “Il Signor Cesare Sciamanna
suo dilettissimo nipote che passerà al nome Mastiani Brunacci,
undicenne ed affidato alle cure della zia Fulvia dal Borgo.
Nel 1845 Teodoro Mastiani (ex Tausch) fu presidente della Società
“Maremmana” che aveva in animo di costruire la ferrovia
lungo la costa tirrenica. Questa ferrovia avrebbe dovuto
collegare Livorno a Grosseto per poi giungere nei pressi del
torrente Chiarone vicino a Capalbio, località al confine con
lo Stato Pontificio. Erano anche gli anni dell'allivellazione
leopoldina nella piana di Vada e dei lavori intrapresi da
Teodoro a Vada troviamo traccia nei diari dei viaggi nelle
Maremme del Granduca. Al 29 aprile 1845 Leopoldo II
annotava: “Traversai il Vione, i lavori Fabbri e Tausch:
questo costruiva sei case nuove, fece nell’inverno 5.000
pertiche di coltivazione”...e più avanti.."allogarsi ai
migliori livellari in premio le preselle del nuovo
villaggio"...In data 7 giugno 1845 leggiamo: "Livellari che
più si sono distinti per diligenza e quantità di lavori: A
Vada: Gaetano Fabbri, Raffaele Caputi, Cav.re Teodoro Tausch
Mastiani.
Nel 1855, Teodoro
moriva in Pisa all’età di 63 anni, lasciando erede il figlio
Francesco. Nella seconda metà dell'800 i Mastiani Brunacci,
sempre molto attivi nel coltivare la nobiltà acquisita,
vanno incontro a difficoltà economiche dalle molteplici
cause, fra le quali va citato il non felice esito della
società “Maremmana” e sopratutto il diffondersi in tutta
la Toscana di una epidemia di colera e di tifo che causò
migliaia di vittime in ogni paese e città del Granducato.
Nel febbraio 1855, a causa delle persistenti piogge l’Arno,
superati gli argini, allagò la campagna e danni gravissimi
subirono le fattorie di famiglia
lambite dal fiume. Gli allagamenti arrecarono ingenti danni
alle colture, ma in primo luogo si ripercossero sui
contadini delle fattorie e Teodoro, presumibilmente, dovette
intervenire in loro aiuto. Nel testamento esortava poi il
figlio Francesco, a “vendere subito tutti gli argenti, e
altre cose che vi potessero essere in casa di lusso, come di
alienare i fondi di Livorno, ed altri effetti spezzati, e
così vedere di restare con un Patrimonio netto"
Francesco (1838-1901) si occupava dell’amministrazione delle
proprietà terriere e molto spesso soggiornava nelle tenute
di Rosignano e di Vada. A Rosignano oltre
all’amministrazione dei beni di famiglia Francesco
partecipava attivamente alla vita sociale del paese, nel
1880 fu sindaco di Rosignano. Da questa carica decadde
quando entrò in vigore la legge del sindaco elettivo.
Inoltre fu Consigliere comunale e provinciale del Mandamento
di Rosignano. Sempre a Rosignano faceva parte della Società
filodrammatica dei “Nascenti” tanto che nel 1857 partecipò,
in veste di attore, alla rappresentazione della commedia “Il
Ventaglio” di Goldoni. Fu legato da viva amicizia, al
pittore macchiaiolo Diego Martelli che possedeva una vasta
tenuta a sud di Livorno tra Chioma e Castiglioncello
vicinissima alla villa al mare dei Mastiani (Villa Giulia).
L’amicizia con Diego Martelli era così profonda che il
pittore al momento della sua candidatura alla vita politica
fiorentina (1889) vorrà il conforto ed i consigli del
Mastiani. Le sue qualità di imprenditore furono notevoli e
fu sempre “costante, assiduo, premuroso nel dare sviluppo a
ciò che fosse o che Egli credesse utile e convenevole”. In
agricoltura “ebbe tutte le audacie di ogni innovazione, ebbe
il coraggio di tutti gli esperimenti, e coll’esempio e
coll’azione, più efficacemente che colla parola svegliò e
rinfocolò energie ed attitudini”. In politica il suo credo
fu sempre fedele “ai principi di monarchico liberale”.
Cesare
Mastiani Sciamanna, che abbiamo lasciato minorenne nel 1839,
ligio ai voleri testamentari dello zio Ferdinando scelse
come moglie un’esponente dell’aristocrazia pisana: la
Contessa Francesca Curini Galletti imparentata, da parte di
padre, con gli Alliata Campiglia. Il marchese Cesare e la
moglie Francesca frequentavano quella società cosmopolita
che sulle orme di Byron e Shelley, nella seconda metà
dell’ottocento, aveva trovato in Pisa il luogo ideale per
trascorrere i mesi invernali. Le loro giornate erano
scandite dai ricevimenti e dalle corse al galoppo in San
Rossore. Nel 1852 un grave lutto colpì Cesare e Francesca,
con la morte del piccolo Ferdinando nato nel maggio 1849. Il
dolore per la morte dell'unico figlio avvicinò Cesare e
Francesca Mastiani ai loro contadini tanto che ambedue
presero l’abitudine di invitare i figli dei mezzadri e del
personale di fattoria a mangiare alla loro tavola. Nel 1859
Cesare fu ciambellano della I.e R. anticamera del Granduca,
carica puramente onorifica, ma che conferiva enorme
prestigio. Nel 1885 muore la moglie Francesca e nel 1890,
sposa la svizzera Paolina Teresa Wùest. La morte lo colse il
10 gennaio 1906.
Dal matrimonio di Francesco e Giulia nacquero due figli:
Teodoro nel 1862, che sarà il più brillante e mondano
esponente dell’aristocrazia pisana e Lodovico nel 1864,
laureato in giurisprudenza, sempre triste, goffo, timido e
molto spesso in preda a crisi religiose.
Negli anni fra il 1904
ed il 1907 i fratelli Mastiani, ma soprattutto Teodoro, pur assillati
dai debiti, dalle ipoteche e da enormi preoccupazioni
economiche conducevano ancora una vita brillante.
Anche quando
soggiornava in campagna Teodoro non mancava di trasformare
ogni aspetto della vita rurale in un momento mondano.
Fu sindaco di Rosignano nel 1902, riconfermato nel 1905.
Annualmente, a Rosignano nella proprietà Mastiani
si svolgeva una mostra di bovini ed equini. Anche il
corrispondente de “La Nazione” si interessò della mostra e
sul quotidiano fiorentino del 11 aprile 1906 possiamo
leggere:
“Mostra di animali
bovini a Rosignano” Pisa 10, ore 19.
Nella tenuta di Rosignano, di proprietà del conte Teodoro Mastiani Brunacci, ha avuto luogo l’annuale Mostra degli
animali bovini ed equini, appartenenti al suo vastissimo
possedimento. Circa 700 animali furono presentati nelle
varie classi, e tutti ammirati per robustezza, energia e
regolarità di forme.
La commissione
incaricata di giudicare ed assegnare i premi elargiti dal
munificente conte, consistenti in denari, oggetti e coltelli
Kunt, era composta da Don Andrea dei Principi Corsini, Duca
di Casigliano, nobile Caputi, Dottor Graziani,
ing. Carmignani, Don Ugo dei Principi Ginori Conti, Dottor
Ferdinando Orsini Baroni. Il conte Teodoro Mastiani aveva
invitato all’esposizione anche alcuni amici, offrendo loro
cortese e gentile ospitalità.
A giugno nelle case
si cominciava a parlare delle “bagnature”. In casa Mastiani
le “bagnature” si identificavano con il trasferimento dei
conti e di tutta la servitù nelle ville a mare di Rosignano
M.mo e di Caletta dove la contessa Giulia ed i figli
conducevano una vita meno salottiera di quella di città, ma,
tuttavia, costellata da impegni mondano-benefici:
“Una festa della
carità a Rosignano Marittimo”. "La Nazione" del 22 Luglio 1906 da Livorno.
Nell’ospitale e
sontuosa Villa Mastiani ha avuto luogo una fiera di
beneficenza a pro dell’Associazione di Misericordia
Rosignanese, di cui il conte Teodoro Mastiani Brunacci, il
simpatico e munificente gentiluomo, è presidente. Egli,
anche come funzionario di Sindaco di quell’ameno paese,
seppe infondere nei suoi amministrati tale gara di carità
che l’incasso raggiunto superò le 2.000 lire. Alla festa
piena di brio e di cuore, vi presero parte oltre alla
contessa Giulia, che in ogni occasione tiene alte le
tradizioni di ospitalità della sua famiglia, la contessa
Guidi, la signora Traxler, la signora Graziani, la signora
Raffaele, la signora Peri, la signora Silvestri, la signora
Leporatti, la signora Grassi, la signora Merberga, la
signora Cantini, la signora Marini, la signora
Sanetti-Garibaldi, la baronessa Ostini Ciampolini, la
signora Guerrini, le signorine Graziani, Pieri e Guidi.
Nel gruppo degli
uomini il barone Patrone, il conte Fabio Guidi, il
Cav. Minuti, il Direttore Grassi, il cav. Dott. Paolo Traxler,
il barone Ostini, l’ing. cav. Carmignani, il cav. Fascetti col
figlio, il conte Bandini, l’avv. Pieri Nerli ed altri.
Verso le 19
arrivarono in rapide ed eleganti automobili da Livorno, la
signora e signorina Semama con i signori Semama padre e
figli, la signora Barsanti Vanni, il signore e la signora
Salmon; da Cecina, la contessa Bacci Pianciani col marito,
ed i sig.ri Parisi, da Castiglioncello i giovani sposi
Valerio; dal Gabbro
la contessa Bandini-Rosselmini, da Vada le signorine
Barabino col fratello.
A tutti gli invitati
fu servito un thè squisito. Tutti i numeri del programma
ebbero un lieto successo e la festa venne rallegrata dalle
tre distinte filarmoniche di Rosignano-Castelnuovo e Gabbro.
Alla sera nella ricca
sala da pranzo venne offerto un gran diner al termine del
quale si alternarono i brindisi tutti inneggianti alla
dolcissima contessa Giulia Mastiani, ed a suo figlio
Teodoro. Con rammarico fu notata l’assenza del conte
Ludovico, trattenuto per urgenti affari nella sua tenuta.
Nel 1909 la
situazione economica esplose.
Il dramma consisteva
anche nel
fatto che in un periodo di maggior sofferenza finanziaria,
la dozzina nefasta di fattori, sottofattori,
intendenti e sottointendenti rubavano a man bassa, coperti
dai marenghi d’oro e dagli scudi d’argento che consegnavano
ai signorini con tanto d’inchino, durante le loro gite in
calesse per la
riscossione. I creditori,
poi, non
riuscendo a recuperare quanto anticipato ai Mastiani, diedero
inizio a tutte quelle pratiche che portarono alla vendita
all’incanto di tutto l’asse patrimoniale della famiglia.
I Mastiani, assistiti
dall’avvocato pisano Umberto Abenaim, mai si presentarono
all’udienze del Tribunale pisano ed in tutti i giudizi
furono giudicati in contumacia. Questo atteggiamento,
probabilmente, fu dettato dalla vergogna di dover comparire
nelle aule del tribunale della città che li aveva ammirati
ed invidiati negli anni dello splendore ed anche per non
alimentare ulteriormente le chiacchiere sul loro conto che,
tenevano viva la conversazione nei salotti e nei ritrovi
della città.
Le cause giudiziarie
si protrassero sino al 1914 anno in cui Teodoro abbandonò
Pisa e Rosignano Marittimo, dove aveva la sua residenza, e
si stabilì definitivamente a Firenze.
La fattoria di
Rosignano Marittimo fu venduta all’asta giudiciale nel 1914
e fu acquistata, dai Fratelli Vestrini che nello stesso anno
la cedettero in parte, al monopolio belga Solvay.
La tenuta di Vada (La
Valle) e la grande casa del personale davanti alla fattoria, andarono alla famiglia Zolli
(vedi biografia
Zolli-Coviello).
Villa Giulia sul
mare, fu
acquistata dalla famiglia israelita Uzielli che la
possedette sino a dopo il II° conflitto mondiale. La villa,
alla quale fu poi dato il nome di Casamarina, fu rasa al
suolo durante la guerra dagli americani perchè i tedeschi vi
avevano installato una base della
T.O.D.T.
(Per altre notizie su
Villamarina e gli Uzielli vedi il volume: "Villa Marina e gli Uzielli a Caletta di Castiglioncello" di Branchetti, Baudon,
Regoli scaricabile dal sito e relativa Galleria fotografica).
Con la morte di
Lodovico nel 1935 e poi con quella di Teodoro nel 1951 si
estingueva nella linea maschile il ramo dei Mastiani
Brunacci che 112 anni prima Teodoro Tausch aveva continuato
in virtù del testamento di Giovan Francesco Mastiani
Brunacci.
L’altro ramo, quello
dei Mastiani Brunacci Sciamanna, si era estinto, come
abbiamo visto, nel 1906 con la morte di Cesare.
(Sintesi da: "Ascesa e decadenza di una famiglia
dell'aristocrazia pisana: I Mastiani-Brunacci (1402-1951)"
di Alessandro Panajia per gentile concessione).
******
Nella sezione Scaricolibri
trovi i
seguenti documenti relativi alla famiglia
Mastiani
Brunacci:
Il ballo in casa Mastiani-Brunacci di
Augusto Gotti Lega.
Fallimento Mastiani-Brunacci: 1914 bando per vendita coatta dei beni
immobili |