Tutto
comincia nel 1769...
L'antefatto storico. Grazie alle
numerose donazioni medievali da parte di grandi famiglie senza eredi o a
donazioni "a favore dell'anima" di numerosi possidenti, la Mensa
Arcivescovile Pisana diviene nei secoli proprietaria di una grande vastità
di terreni prevalentemente boschivi come la "selva di
Asca" fra Rosignano e Cecina e tutta la pianura di Vada con oltre
2300 ettari di terreno, che costituisce la proprietà più estesa della Mensa
stessa. Compresa fra il fiume Fine e il torrente Tripesce, l'antica via
Emilia e il mare fino alla foce dello scomparso fosso di Pozzuolo, la
"Tenuta di Vada" non rappresenta tuttavia un interesse primario per la
Mensa, che porta avanti una gestione passiva delle risorse agricole, non
mostrando alcun interesse a lavori di regimazione delle acque per recuperare
terreni paludosi, nè tantomeno per riqualificare la vita nell'area.
Con l'arrivo di Pietro Leopoldo di Lorena (dal 1767 al 1790) si ha una netta
svolta economica rispetto ai metodi dei Medici che avevano sempre favorito
l'economia cittadina ignorando se non in modo del tutto episodico le
necessità della campagna ed in particolare di quella malata come la Maremma
in genere.
Il fatto storico.
Con un decreto granducale (Motuprorio) del 17 dicembre 1769, si stabilisce
che il latifondo laico e religioso venga suddiviso, per essere assegnato in
enfiteusi perpetua a
nuovi proprietari con l'obbligo di risiedervi e coltivarlo. Ma i tempi per
Vada non saranno brevi e solo poco prima del 1790 l'intraprendente
arcivescovo Angelo Franceschi con l'aiuto del Granduca inizia ad affrontare
il problema realizzando le prime canalizzazioni di scolo verso il Tripesce
e creando alcuni poderi nella parte della tenuta lato monte. Il Granduca
farà la sua parte iniziando altri lavori di bonifica del Padule di Vada e
gli interventi di potenziamento alla rete stradale fra cui la Via dei
Cavalleggeri. Nel 1790 Pietro Leopoldo di Lorena si sposta a Vienna per
assumere la dignità imperiale come Leopoldo II.
A Firenze resta Ferdinando III figlio secondogenito di Pietro Leopoldo, poco
più che ventenne, Granduca di Toscana dal 1791 al 1799 anno della sua
destituzione ad opera di Napoleone per riprendere dopo il periodo francese
dal 1814 al 1824. Dotato di mite carattere continua l'opera del padre valendosi
di un prezioso collaboratore,Vittorio Fossombroni,
finchè la malaria ne causa la morte nel 1824.
Durante il periodo francese (1799-1814) la situazione nella Tenuta di Vada
va peggiorando, l'Arcivescovo di Pisa arresta ogni attività di bonifica non
fidandosi di nuovi stranieri.
E' Leopoldo II d'Asburgo Lorena ultimo Granduca di Toscana dal 1824 al 1859
a portate a termine l'impresa faraonica della bonifica completa della
Maremma. Rispetto al nonno Pietro Leopoldo,ha sicuramente un minor
spessore politico, ma risultano invece più consistenti le opere
pubbliche portate a termine ed in particolare quelle tese alla
"normalizzazione" della sua grande malata, la Maremma, vera passione della
sua vita. Il 17 settembre 1839 fu reso pubblico il bando per l'allivellazione
della Tenuta di Vada e per ottenere la
concessione a livello dei singoli fondi (in tutto 127) era necessario
presentare entro novembre un' "Offerta segreta, e sigillata, con
Nome, Cognome, Condizioni e Domicilio dell'Offerente, e l'indicazione del
preciso fondo che si bramasse d'ottenere. Trascorso il termine le offerte
sarebbero state consegnate al Granduca in persona a cui era "espressamente
riservata la piena ed assoluta facoltà di scegliere fra gli Offerenti, e pur
anche di non sceglierne alcuno". Entro la fine dell'anno a spese dello Stato
sarebbero state aperte tutte le nuove strade necessario a mettere in
comunicazione i vari fondi, "in semplice sterro e bordeggiate da fosse
laterali con loro ponticelli".
A garanzia della costruzione doveva
essere versata una somma di 700 lire, di cui la metà sarebbe stata
rimborsata dopo la copertura del tetto e l'altra quando fosse
definitivamente ultimata. Chiaramente con questi presupposti non si trattava
di una "lottizzazione popolare" e quando la notizia della decisione
granducale si diffuse,
suscitando l'interesse del ceto di proprietari di Rosignano rappresentato
dal Gonfaloniere e dai Priori locali, il 29 marzo 1839 partì una supplica a
Leopoldo II, pregandolo di non assegnare gli appezzamenti ad un solo
"possessore dovizioso" ma di concederli in livello agli abitanti che ne
avessero fatta richiesta. Anche i "poveri braccianti domiciliati a
Rosignano" cercarono di far udire la loro voce presso il Granduca,
implorandolo di degnarsi "di abbassare li ordini opportuni affinchè la
Tenuta venisse, almeno in parte, data a livello a piccoli lotti, acciò
possano anche li umili aratori intervenire al conseguimento di alcuno di
questi. Ma il Granduca puntò a richiedenti ben forniti di risorse
economiche, nove dottori, un conte, un avvocato, un sacerdote e notabili
vari...forse intendendo risolvere al meglio il problema già oneroso per le
casse dello stato senza ulteriori aiuti. Nel 1845 resteranno solo dieci
preselle libere per farne dono ai migliori possidenti ed ai coloni più
abili. Per gli zappatori di Rosignano non rimase che continuare a zappare o
la
mezzadria.
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Dallo
Zanichelli.
LIVELLO: contratto agrario secondo cui un proprietario terriero
concede a un altro soggetto il possesso e il godimento di un fondo, in
perpetuo o per un lungo termine, con l’obbligo del concessionario di pagare
al concedente un canone annuo e di coltivare il fondo apportandovi
migliorie, abitarlo e coltivarlo.
ENFITEUSI: diritto di godere per almeno vent’anni o senza limiti temporali
di un fondo altrui, con l’obbligo di apportarvi migliorie e di pagare un
canone periodico.
ALLIVELLAZIONE: è il tipo di enfiteusi che viene applicato dai Lorena, in
pratica una vera e propria cessione di terreni.
Lo storico
Rubieri così la descriveva l’aspetto generale della piana di Vada nel 1868:
“Una nuova distesa di rigogliosi campi ingemmata da una moltitudine di
piccole, ma ridenti e uniformi case coloniche di otto stanze, addotte ad
altrettanti poderi, costruite dai rispettivi livellari e sterzate su lunghe
e diritte vie vicinali, con una simmetria che colpisce favorevolmente lo
sguardo...”
Lo stemma dell'Arcivescovo Angelo
Franceschi di Pisa (1718-1806) al Casone Nuovo di Vada (Via Aurelia sud)
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La Pia Opera di Misericordia di Pisa
Questa istituzione, la si vuole tradizionalmente fondata il 15 agosto 1053
da "dodici nobilissimi cittadini pisani, che ad imitazione dei Dodici
Santissimi Apostoli, si riunirono nella chiesa cattedrale pisana per dar
principio alla Pia Opera di Misericordia. Nel loro cuore parlò fortemente la
misera condizione di povere fanciulle (...) che non hanno da comprare
marito; sentirono nel più profondo l'ignominia ed il danno dell'uomo fatto
schiavo dell'uomo; cercarono nel silenzio delle case quella indigenza che,
vergognando di stender la mano, langue allo stremo di tutto ". A tal
proposito decisero di offrire ciascuno 25 libbre d'argento. I dodici
gentiluomini erano i rappresentanti delle più emergenti famiglie della Pisa
medioevale, tra loro: Orlandi, Lanfranchi, Ricucchi, Visconti, Capronesi da
Donoratico, Seccamerenda, Upezzinghi. Secondo molti studiosi, questo
"romantico e cavalieresco" documento non sarebbe altro che un falso del XIV
secolo (poi più volte ricopiato e considerato negli atti ufficiali
successivi), redatto al fine di mitizzare l'istituzione stessa, in realtà
tendente a scopi assai più terreni ed economici visti i grandi lasciti
accumulati nei secoli. |
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