Castiglioncello ieri |
9 settembre 1943
Guerra navale davanti a Punta Righini (foto 1-8) |
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L'8 settembre 2013 nella pineta di Castiglioncello è stato
ricordato dall'Amministrazione Comunale e dall'ANPI, l'episodio
di guerra navale che
il 9 settembre 1943, ha interessato direttamente il promontorio
provocando quattro vittime (Foto 14-15). Il cannoneggiamento del Valverde e del Foscari 9 settembre 1943 - 24 ore prima l'Italia si era staccata dalla Germania e chi era sotto le armi non sapeva come comportarsi. Moltissimi cercarono di scappare, specialmente lontano dai tedeschi. Le navi che si trovavano oltre il limite del fronte, a nord, cercarono di raggiungere le basi alleate, specialmente Malta. La mattina del 9 Settembre due navi italiane, il Foscari e il Valverde stavano dirigendosi a tutta forza verso mezzogiorno quando due corvette tedesche, da fuori Livorno, cominciarono a cannoneggiarle. Il Valverde, carico di carbone, si prese due colpi davanti le Forbici; il Foscari arrivò di fronte a Caletta e lanciò una cortina fumogena per poi rifugiarsi dietro la Punta Righini davanti al Porticciolo. Anche le navi da carico o passeggeri in tempo di guerra erano armate e le due navi potevano rispondere al fuoco nemico con dei cannoncini. Il Valverde, ormai colpito, si indirizzò dentro al Quercetano poi, visto che il golfo era troppo aperto, andò a buttare la prua nel golfetto della Cianciafera, dietro al Godilonda. I marinai si buttarono in mare, alcuni feriti, e furono tirati in salvo dai patini dei paesani che li portarono al riparo ai bagni del Mannari, in fondo al Quercetano. I sei feriti furono portati all'ospedale dal Rossi che aveva il negozio sopra strada, uno alla volta, con la moto Guzzi. Il Foscari, al riparo della punta, poteva rispondere al fuoco seguendo le segnalazioni dei marinai che erano stati inviati sugli scogli per dirigere i tiri. Le corvette tedesche si ritirarono e l'equipaggio del Foscari, sceso a terra, si unì ai partigiani. Solo il capitano non volle abbandonare la nave in attesa di un fonogramma da Roma che, data la situazione, non poteva arrivare. Tonino Chiesa, parente dei Neri, che stava nel villino di Ghignola, cercò di convincere il comandante della nave ad affondarla per recuperarla alla fine del conflitto. Alla farmacia abitava un ammiraglio che era stato epurato perché ebreo, fu contattato e dette delle direttive, meglio, dei consigli, che furono seguiti. Angiolino Faccenda, detto Agonia per la sua magrezza, con la sua barca fece molti viaggi fino alla nave scaricando l'argenteria e le cose preziose che furono portate alla banca e tutte le carte nautiche e i documenti che furono ammucchiati nel magazzino di Portovecchio. Il Foscari era carico di farina e Angiolino, già che c'era, qualche sacco riuscì a metterlo in salvo: visti i tempi poteva garantire pane e pasta a volontà. Il giorno dopo, nel pomeriggio, i tedeschi arrivarono, via mare, e saliti a bordo del Foscari, constatarono che i motori erano fuori uso e i cannoni non avevano più le culatte e la fecero saltare affondandola. Rimasero fuori le bandierine degli alberi e molta nafta annerì la spiaggia. Il Valverde era rimasto con la prua fuori acqua e i paesani cercarono di arraffare tutto quello che era asportabile. I tedeschi cominciarono a recuperare il carbone stivato sulla nave dando il comando delle operazioni ad Ambertino Faccenda, detto "naso", che aveva simpatizzato con una ragazza italiana che stava al comando tedesco. Assunsero degli operai che, con le barche, portarono il carbone alla Cianciafera da dove, attraverso un viottolo, veniva trasportato intorno alla villa Godilonda dove le nere montagne erano alte come la villa. Coi barrocci cinque o seimila tonnellate di carbone finirono alla stazione da dove presero la via del Nord. Tempo dopo una libecciata ridusse in particelle il Valverde che sparì sotto i flutti e fu recuperato dalla ditta Neri di Livorno che si prese anche le eliche del Foscari e quanto di meglio potè recuperare. Al recupero di questa nave provvide la ditta Vestrini e, alla fine, ci lavorò anche Bruno Faccenda, che faceva il palombaro, con Alvaro, Ruffo e Iram. Il cannoneggiamento del «Pommer» e del «Brandeburg» (le navi tedesche) sul litorale di Rosignano Solvay, fu violento tra la baia di Crepatura ed il Monte alla Rena. Muoiono subito la venticinquenne Maria Teresa Marchione ed il commerciante Augusto Fogli 61 anni. Spira dopo un'agonia di varie ore all'ospedale di Cecina l'impiegato Danilo Balestri, di 42 anni. Rimangono feriti il giovane Luciano Lenzi e circa trenta marinai del «Foscari». La nostra terra paga il suo primo tributo di lutti ad un avvenimento bellico. Purtroppo la tragica lista, iniziata così, si allungherà poi, di altri e numerosi nomi. Da: "Dar tempo dell'etruschi ar tempo de' caini" di Castaldi-Rossi-Marianelli scaricabile dal sito.
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