1932  PASSEGGIATA  LUNGOMARE 

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   Un progetto ambizioso ed imponente, anche strano, se si vuole: quello del cemento sulla scogliera, quasi un intervento da considerarsi  «dannato». Invece il progetto propose man mano la propria validità ed un contenuto nuovo e ricco di significati che si ingrandì a dismisura, articolandosi addirittura su due grandi direttrici, che iniziarono a profilarsi sulla carta alla fine degli anni venti, non senza indugi, correzioni e ritardi. Nacquero, così, i «due tronchi», ben delineati. Il 31 marzo 1932,  in corso d'opera, ebbero i loro nomi. «Lungomare Cristoforo Colombo» fu chiamata la costruendo passeggiata costiera da Crepatura a Caletta fino ai Tre Scogli, al termine della Rada di Portovecchio, prima di inoltrarsi in Pineta. «Lungomare Amerigo Vespucci» venne definito il tratto che con caratteristiche lievemente diverse ma sempre con andamento serpeggiante e con spesse spalliere di cemento conduceva dai «Bagni Ausonia» fino a Punta Righini, perdendosi davanti alla mole enorme e quasi invalicabile delle rocce a strapiombo, fantastiche figure di gran mole, disseminate alla rinfusa. Quanto durarono i lavori? Per una volta consentiteci di tenerci nel vago: molto tempo, anni. Quanto si spese? La cifra non venne mai quantificata ma si trattò di un mucchio di soldi. Lo confermò il pagamento dell'ultimo dei vari lotti, avvenuto nel 1936, alla ditta Serredi per un importo molto consistente, senza contare gli emolumenti dovuti a Ruffo Franceschi per opere di abbellimento e di sbarramento. Il cemento sulla scogliera. Avvio da Crepatura. Subito dopo la spiaggia di Caletta, al termine del Viale Marradi, la striscia pianeggiante ad abbracciare l'insenatura, con uno snello ponte, perfino, sul Botro al principio del Parco Uzzielli, quindi il primo molo, eppoi la deviazione a sfiorare il porticciolo, sprofondato laggiù, fra massi di roccia interrotti solo da un'agile scalinata. Era un riparo arcigno ma ottimamente congegnato, minuscolo, sassoso, sicuro. Il lungomare proseguiva ad uniformarsi ai «pungenti», prima di arrivare alla fresca fontina del parco, invano difesa da una rete eternamente divelta dai bagnanti assetati, con a fianco il casotto rosso della breve spiaggetta riservata alle suore di San Giuseppe. Quindi una curva, abbastanza repentina, con uno scoglio quasi insinuato sulla strada pedonale, poi l'aprirsi sinuoso nella rada di Portovecchio con i suoi moletti e l'andamento curvilineo davanti alla sabbia che allora esisteva e che si prolungava fino ai magazzini dei Faccenda, prima di raggiungere la cosiddetta «Granchiaia» e di terminare così con una corta scalinata sul mare e con un viale a gradoni che si inoltrava nel verde superbo della pineta.
    Il cemento sulla scogliera. Si riprendeva dall'Hotel Miramare, costeggiando i «Bagnetti», lo splendido golfo fitto di ombrelloni. Più in avanti, dopo la curva la barriera si divideva in un muro più alto, con più in basso un terrapieno tondeggiante, sempre in cemento si capisce a guisa di sedile. Era rispettato in pieno l'andamento degli scogli, quello dei passi a mare delle ville, e non mancavano minuscoli moli d'attracco e repentini accostamenti verso l'interno fino a che il lungomare si distendeva al cospetto della «Mugginara» per giungere poi all'ultima scalinata, davanti a Punta Righini. Di là, l'incontaminata bellezza del promontorio si snodava poderosa ed irta, anche maestosa e frastagliata, fra gli straripanti massi a far da sentinella alla furia del mare, in uno spettacolo di selvaggia e severa grandezza. Cemento sulla scogliera. Fu uno strepitoso successo. Fu un'opera di valorizzazione di una costa dalla bellezza mutevole e splendida. Furono due tratti lungomare diventati d'obbligo nel tempo d'estate, specie la domenica. Allora giungeva gente da tutte le parti per passeggiare sia lungo il «Colombo» sia lungo il «Vespucci» ed osservare i bagnanti al sole. Un via-vai interminabile, nei due sensi, allegro, festoso. Quasi un rito. Anzi un vero e proprio rito che provocava sempre sensazioni vive e suggestioni gradevolissime. Perfino in tempo di guerra, fino al settembre del 1943, ci fu gente, ci fu clamore.  

    Gente sotto il sole, coppie sotto le stelle, a toccare, con il cuore in tumulto e con un dito, il cielo ed il mare. Le mille e mille e mille magie delle notti d'estate, sul lungomare, da Crepatura al Promontorio, quasi non si possono raccontare. Furono (e restano) incantate. L'odor di salsedine, il mormorio lento della risacca, la volta, lassù, trapunta di bagliori con appesa, talvolta, una falce di luna, i profili rocciosi degli scogli, il dondolio delle barche nei minuscoli porticcioli, la vegetazione alla spalle, profumata di lecci e di ginepri e di pini, composero la scenografia di sogno che invitava all'amore, nel buio.
     Gli abbracci, le carezze, i baci, due sul muretto a bisbigliarsi parole, a scambiarsi tenerissime frasi, allacciati, smarriti, e sordi in parte, anche del canto delle onde e ciechi, in parte, anche della pioggia delle stelle cadenti nelle intense traiettorie a guisa di lampi e dimentichi, in parte, dell'ora e del luogo ma avvinti, vibranti insieme, uniti come non mai. Il cemento sulla scogliera fu anche questo. Allora. Come oggi, sul lungomare. Sul fatato mistero della oscurità, scheggiata da fugaci lame di luce.
                                                                                    


Castiglioncello 1929 - La baia di Caletta esattamente uguale ad oggi, ma priva della passeggiata lungomare. L'ultima con la torretta è villa Pasi 
(Arch.P.Pagnini)

Castiglioncello 1929 - Sopraluogo per l'esproprio dei terreni su cui realizzare la passeggiata lungomare. Un funzionario comunale, Siro Saggini, sig. Erminio Pasi, sig. Taddeini, Massimo Vestrini, dott. Gino Vestrini
(foto F. Vestrini).  La foto è scattata dal punto basso all'attuale scalinata di via Demi e mostra la scogliera dei Pungenti con la spiaggetta delle suore e la casetta che più tardi sarà abitata dalla famiglia Polidori (vedi Persone)

 1932 - Costruzione della strada Lungomare Cristoforo Colombo in Castiglioncello.
            

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Il testo di questa pagina è tratto dal volume: "La ciminiera dimezzata" di Celati-Gattini ediz. I.E.P.I  Pisa 1997 per concessione di Leo Gattini