Vada il faro
Giovanni e Bruno Quintavalle ultimi fanalisti
  Giovanni Quintavalle fu uno degli ultimi guardiani del Faro di mare, chiamato anche, in passato la "vecchia gabbia di Vada" con turni di 15 giorni. Nel 1967 il signor Giovanni andò in pensione e venne sostituito dal figlio Bruno. E' morto nel 1978 a 92 anni.
A
destra Bruno Quintavalle, noto come l’ultimo fanalista. Anche lui di lunga esperienza, sia per aver appreso l'arte dal padre, sia per essere stato addetto ad altri fari, come Portofino e Porto Santo Stefano, prima di occuparsi del Faro di Vada. Il signor Bruno vi è rimasto con la sua famiglia fino al 1979 anno della chiusura del faro. E’ deceduto a 96 anni, il 30 novembre 2007.(Da: "Quaderni Vadesi" n°3)
                         Nanni di Vada, una vita dedicata al mare

Giovanni Quintavalle (Nanni), cavaliere della Repubblica prima e quindi Cavaliere e maestro del lavoro dopo, è per Vada ed anche per tutta la nostra provincia, una figura ed un nome nella storia dei guardiani dei fari e potrebbe essere un personaggio, delle favole dedicate ai più piccoli.
Ouintavalle nasce a Vada il 18 settembre del 1886 da famiglia marinara per cui, dopo gli anni dell'infanzia trascorsi sulle spiagge fra i pescatori ed i naviganti, affronta la carriera del «fanalisia», allora molto rischiosa, e si allontana dalle persone care.
E’, quella di « Nanni », una vita intensa, da veri «lupi di mare». Infatti nel 1907 viene assegnato come guardiano alla «Gabbia di Vada», un traliccio con abitazione in legno e relativa lanterna che si innalza su uno scoglio artificiale a quattro miglia e mezzo dalla costa, segnato da tutte le carte data la pericolosità delle famose «secche».
Qui trascorre diversi anni fra un’avventura e l’altra tra le quali quella passata in «compagnia» del cadavere di un suo collega col quale fu costretto a trascorrere nell’angusta abitazione tre giorni e tre notti a causa di una violenta mareggiata che lo bloccò sullo scoglio.
Ne! 1911 nasce Bruno (poi guardiano del faro della «Torre» di Vada) mentre il padre si trova in mezzo al mare, senza possibilità di sapere, finchè una barca di pescatori lo avvertirà in ritardo dell’evento.
Nanni, acquisita l’esperienza, verrà trasferito al faro di Capomele in provincia di Savona e quindi, con sua somma soddisfazione, alla « Lanterna » di Genova posto ambito fra gli addetti a quel difficile «mestiere».
Gli anni corrono e il nostro uomo passa a Portofino e quindi a Portoazzurro per poi ritornare a Vada.
Qui, Nanni, non dimentica il mare tanto caro e si dedica alla pesca con un «gozzetto» che si è costruito. Qui tutti conoscono «Nanni di Vada» e lo ricordano sempre con piacere in quanta nella sua vita, è sempre stato prodigo di sinceri consigli e ha dato sempre prova di abnegazione e di coraggio.
Adesso Nanni vive sull’Aurelia con la moglie Gelsomina, la figlia Lisina, il genero Rinaldo ed un nipote unitamente alla figlia Giannina che vive al piano di sotto, mentre il figlio Bruno controlla ancora la «Torre» a terra. Nanni è felice della vita trascorsa e non manca mai di ricordare o dipingere (ha anche questa passione) i «fari» della sua vita; una vita di sacrificio e di avventura.

                 Con Bruno Quintavalle finisce la stirpe dei faristi vadesi

Chi vive a contatto con il mare finisce prima o poi col somigliargli: e poiché il mare è grande e generoso, ma anche mutevole, imprevedibile e schivo, così gli uomini che gli dedicano la vita sono come lui, amici profondi ma taciturni e, col passare del tempo, essenziali, immediati, alieni da qualsiasi forma di chiasso o comunque di pubblicità che si possa fare intorno al loro nome. Per questo non è stato facile, in una forte giornata di libeccio, cornice adeguata alla storia, indurre Bruno Quintavalle a parlare di sé, e soprattutto a farsi fotografare per i nostri lettori, anche se questa naturale ritrosia non inficia per niente la sua caratteristica di personaggio, quasi di uomo di altri tempi. Alto, ancora slanciato nella figura, con il volto rugoso come un vecchio lupo di mare, appunto, il nostro vadese purosangue ha trascorso lunghi anni lontano dal paese di origine, perché il suo lavoro, quello di capo radiofaro, lo ha portato a girovagare in diverse località marittime della penisola, con l'unica compagnia della moglie, signora Teresita Volorio,
e del figlio Alessandro, e qualche volta, ma di rado, dei marinai che un fortunale spingeva lontano dalla loro casa. Dopo essere stato come primo incarico a La Spezia all’isola del Tino nel 1946. Bruno Quintavalle è stato trasferito nel 1953 a Partofino, nel 1965 a Punta Lividonia, sul Monte Argentario ed infine a Vada, dove ha vissuto in questi ultimi dieci anni e dove va oggi in pensione per raggiunti limiti di età. Il suo mestiere è una tradizione familiare: cominciò il nonno, continuò il padre cavalier Giovanni, e fu trasmesso in eredità al figlio. Ora, dopo tanto tempo trascorso in solitudine ed in un sistema di vita tutto particolare, a suo modo affascinante, ma di quel fascino che soltanto chi lo ha provato può capire, il personaggio si appresta a rientrare nei ranghi della gente comune; con la soddisfazione di lasciarsi alle spalle una vita di onesto lavoro, ma non senza rimpianti, naturalmente, perché il suo collocamento a riposo coincide fra l’altro con la soppressione del faro a terra di Vada la cui esistenza era ormai più che secolare. Con lui, il paese, noto fin dal l’antichità per la rada già conosciuta da etruschi e romani, perde una parte del suo fascino, perché si spegne per sempre «l’occhio rosso della Torre», che faceva da guida ai naviganti sulle secche insidiose del mare, in tempesta e in bonaccia. (Manrico Falorni per Il Tirreno)
                                                                
“La gabbia di Vada” e l’ultimo fanalista
Il faro è costruito da uno scoglio artificiale al culmine delle secche di Vada e dista circa quattro miglia e mezzo dalla costa. L'attuale struttura in cemento, terminata nel 1959, sostituisce la vecchia "Gabbia di Vada" - cosi veniva definita quando la cabina di abitazione e l'impianto di segnalamento erano installati sopra un traliccio metallico. 
-Qui, fino verso il 1922 - data in cui ebbe inizio l'accensione automatica del faro - funzionò un servizio di vigilanza. Ogni turno era coperto da due fanalisti e prevedeva quindici giorni di permanenza al faro e quindici di riposo a terra. Uno degli ultimi guardiani fu Giovanni Quintavalle, vadese di origini marinare.  "Nanni" era amico di tutti i pescatori di Vada che ne ricordano le esperienze per molti aspetti simili alle loro. Come loro infatti fu un uomo di mare ed affrontò i sacrifici di una esistenza contesa ai disagi ed alla fortuna. La signora Gelsomina Quintavalle, moglie di Giovanni, dice che quando nacque suo figlio il marito era di servizio e i Catarsi andarono in barca a portargli la notizia. Quindi, insieme alle vicissitudini che comportò la carriera del fanalista, elenca i trasferimenti a Savona, a Genova, a Portofino ed a Portoazzurro dove anche la famiglia di volta in volta si stabili. A Vada Nanni tornò da pensionato e riprese a pescare con gli amici di un tempo: quegli stessi che salutava dalla finestra della cabina quando lo chiamavano passando nelle vicinanze del faro.
(Da: "Pescatori d'altri tempi" di C.Castaldi scaricabile dal sito)

Vada la torre, il porto, il fanale