Tra la fine del I° e gli inizi del
VII° secolo d.C. nel porto e nei nei magazzini di Vada giunsero merci
dall'intero bacino del Mediterraneo e confluirono i prodotti locali
destinati alla commercializzazione oltremare o costiera. Fra questi ultimi
sono attestati il vino, contenuto entro anfore rinvenute in abbondanza
negli horrea (magazzini) di S. Gaetano e vasellame ceramico da mensa e da cucina. È
inoltre possibile ipotizzare l'esportazione del sale prodotto a Vada, come
attestano Rutilio Namaziano per il V secolo e, successivamente, fonti
medievali.
Il sale era un prodotto di
primaria importanza nell'alimentazione umana, nell'allevamento
del bestiame e nella conservazione dei cibi e si desiderava
quindi possedere saline per approvvigionarsi di sale, ma anche
per venderlo nelle località dell'interno. A Vada ebbero saline
importanti enti ecclesiastici come i monasteri di Monteverdi
Marittimo (luglio 754), di S. Savino presso Visignano nel
Valdarno pisano (30 aprile 780), di Sesto sul lago di Bientina
(25 aprile 1020) e il vescovo di Pisa (24 marzo 1031), ma
anche piccoli e medi proprietari laici, come mostrano le
descrizioni del 24 marzo 1031 e del 27 luglio 1052 le saline
erano misurate in "alape", un'unità di misura di cui non
conosciamo la corrispondenza, ed erano dotate di cateratte per
regolare l'afflusso dell'acqua e di argini in muratura. Nel
corso del XII secolo il Comune di Pisa affermò il monopolio
sul commercio del sale prodotto nel suo contado attraverso
l'istituzione della dogana del sale, cui i singoli produttori
erano obbligati a vendere ad un prezzo stabilito. Il sale così
raccolto era utilizzato dalla dogana del sale di Pisa per
l'approvvigionamento della città e del suo territorio e per
l'esportazione verso le città dell'interno, in particolare
Lucca, Firenze e Siena, commercio dal quale il Comune pisano
ricavava grandi guadagni. Ma a Vada lo sfruttamento delle
saline cessò nel corso del Duecento (l'ultima menzione risale
al 25 gennaio 1237), probabilmente per il progressivo
impaludamento delle lagune. (Da:
"Guida al Museo
Archeologico di Rosignano Marittimo" scaricabile dal sito)
Relitti di storia
Di fronte alle coste toscane i fondali marini celano innumerevoli
relitti di ogni tempo. Rotte commerciali fenicie, greche, etrusche e, in
seguito, romane (dall’Italia, dalle provincie, dall’Africa) si sono
incrociate per secoli in questo tratto di mare. Le cause di questo
traffico non vanno cercate solo nella vivacità e ricchezza dei mercati
costieri, ma anche in una particolare situazione geografica assai
favorevole alla navigazione antica. Davanti alle coste dell’Etruria una
serie di promontori e di isole minori (dal Giglio all’Elba) permetteva
infatti di navigare a vista fino alla Sardegna e alla Corsica, evitando
così di affrontare il mar aperto per molte miglia. Tempeste improvvise,
bassifondi e scogli sommersi erano comunque pericoli sempre in agguato,
soprattutto per i navigatori dell’antichità che, certamente dotati di
vaste conoscenze geografiche e di ingegneria navale, erano pur sempre
privi di strumenti cartografici in senso moderno e, soprattutto di
bussola. Ma, nonostante il rischio del naufragio, il trasporto marittimo
per la sua estrema convenienza fu sempre privilegiato rispetto a quello
terrestre: 150 tonnellate di grano potevano, ad esempio, essere
trasportate da una sola nave, mentre avrebbero richiesto, via terra,
circa 400 carri. I relitti sono per l’archeologia e per la storia
dell’economia antica una fonte insostituibile di dati. Lo studio si basa
soprattutto sui contenitori delle merci che si sono conservati
attraverso i secoli sui fondali marini, in particolare le anfore di
terracotta adibite prevalentemente al trasporto di derrate liquide. Così
i traffici del vino, dell’olio, delle salse di pesce sono meglio noti
rispetto, ad esempio, a quello del grano che viaggiava in sacchi o
stivato alla rinfusa. Le anfore consentono di verificare il potenziale
economico dell’agricoltura di una certa zona e le sue capacità di
commercializzazione. Forme e tipi diversi di anfore con i loro marchi di
fabbrica possono essere associati a merci diverse, ma anche ad aree di
produzione, a tipi di aziende agricole. Non di rado è possibile
riconoscere il proprietario dell’azienda esportatrice, talvolta
coincidente con l’armatore della nave, e ricostruire l’organizzazione
della produzione, le rotte ed i mercati di destinazione. |