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                Per l'alimentazione 
                erano utilizzati soprattutto i maiali, pascolati spesso in 
                branchi numerosi dai giovani figli degli agricoltori. Solo oggi, 
                la rivalutazione della campagna e la sempre maggiore ricerca di 
                qualità, stanno determinando un ritorno all'allevamento suino di 
                razze autoctone come quella della "Cinta senese" 
				allevata a Nibbiaia (vedi). Fino ad ora 
                l'allevamento suino era orientato a razze dalla crescita veloce 
                e dall'abbondante produzione di carne, per la quale il consumo 
                non ha mai subito flessioni grazie alla particolare lavorazione 
                dei salumi. 
                       
				LA CIVILTÀ CONTADINA: USI E COSTUMI 
      "Il maiale si allevava con gli avanzi di casa, ma non a uso nostro, 
      perchè se ce lo chiedevano si vendeva e quando si decideva di ammazzarlo 
      per noi, le parti più pregiate come i prosciutti, 
      il cervello e tante altre, si dovevano dare ai padroni della terreno. 
      Tutti gli anni per Pasqua bisognava dargli sempre una gallina e tre 
      dozzine di uova e se non si portava tutto
      ce lo segnavano a debito su dei libretti 
      apposta. Si chiamavano i libretti dello 
      scrittoio, previsti dai contratti di mezzadria." 
                                LA LAVORAZIONE DEL MAIALE NELLA CASA COLONICA 
				Il maiale è un animale 
                speciale, anche simpatico. Non chiede niente, nemmeno la 
                pulizia, mangia di tutto, avanzi compresi e dà tutto, ma proprio 
                tutto. Quando a fine anno, raggiunto un peso superiore a 180 kg, 
                arriva il momento di farlo fuori, tutti vorrebbero evitarlo, ma 
                non lo evitano mai... Evitarlo anche perché nell'uccisione, che ha un che 
                di umano, la sofferenza è troppo evidente. Dai primi anni '80 si usa una 
                una pinza applicata alle tempie e basta una breve scarica 
                elettrica, ma prima 
                interveniva l'esperto cioè il "norcino"
                (colui che per 
                professione macella maiali e ne lavora le carni per farne 
                salumi ed altro. Attività tipica della zona di Norcia in Umbria). 
                L'animale era tenuto fermo e steso per terra sul fianco destro e 
                il norcino afferrato il manico di legno del lungo spillone gli 
                bucava il cuore stando dalla parte delle spalle, per non essere 
                investito dal getto di sangue. Se trovava il punto giusto, 
                l'agonia durava poco e l'animale moriva per dissanguamento, 
                mentre il prezioso sangue che usciva dal foro, veniva raccolto 
                per la successiva lavorazione. Se il norcino era poco abile e 
                doveva forare più volte, l'agonia diventava una cosa terribile. 
                Nella casa contadina donne e ragazzi vivevano questa fase da 
                lontano, nei campi. 
                Completata l'operazione 
                cominciava la lunga preparazione per la lavorazione. Se si 
                trovava chi ritirava le setole (i peli sulla pelle) per 
                confezionare pennelli, appena morto veniva rasato in modo 
                grossolano, altrimenti le setole venivano bruciate con dei
                fascetti di ginestra accesi e 
                strusciati sulla pelle. Poi con acqua ben calda 
                presa dal paiolo sul focarile, sempre il funzione in queste 
                occasioni, si bagnava la pelle, raschiandola, con coltelli od 
                altro per farla diventare pulita e liscia. Finita la 
                preparazione esterna si doveva attaccare a testa in giù, al 
                soffitto di cucina, quindi con una fune si legava al centro un 
                legno robusto infilato fra i tendini delle zampe posteriori 
                aperte, ed a gran fatica si sollevava pian piano verso il 
                soffitto, sempre provvisto di un rubusto anello di ferro a 
                questo scopo. 
				Ora il norcino cominciava la 
                svuotatura dell'animale, aprendolo da cima a fondo e tutte le
                interiora venivano tolte una per 
                una con grande cura ed attenzione, sempre recuperando in un 
                recipiente il sangue residuo. Smembrato completamente, ogni 
                parte stesa su un grande tavolo, iniziava la lunga preparazione 
                per la conservazione con cottura (fegatelli, salsicce,
                mallegato) o con salatura (prosciutti e spalle). Poi 
                c'era da fare a pezzi la carcassa per ricavare il costato (rostinciana) 
                e tutte le altre frattaglie minori (trippa dallo stomaco, 
                paracuore dai polmoni ecc.). Anche i budelli dell'intestino 
                dovevano essere vuotati e lavati con acqua calda per essere 
                riempiti con la carne cotta per fare le salcicce, legate una per 
                una dopo il riempimento. Altri bubelli riempiti di sangue e 
                pezzi di grasso venivano poi bolliti formando il mallegato. Il 
                fegato a pezzi veniva cotto dando i fegatelli conservati in un 
                tegame ricoperti dal grasso fuso sempre del maiale (il lardo). 
                Niente veniva scartato, tutte le parti secondarie, frattaglie, 
                pulitura dei pezzi più pregiati, cuore, reni, lingua, parti 
                della testa, cotenne, venivano poi disposte sul tavolo e spezzettate, 
                quindi insaccate e cotte per confezionare la coppa o soppressata. 
                Dalla pelle si ricavava la cotenna da bollire nella zuppa e 
                perfino gli zoccoli potevano essere fusi per ottenere della 
                colla. Al termine c'era da sistemare i due prosciutti (cosce 
                posteriori) e le due 
                spalle (anteriori), che su una apposita tavola della cantina ben 
                ventilata (o ciglieri) 
                venivano, sempre dal norcino ben puliti e ricoperti col alcuni 
                chili di sale grosso, che dopo un po' di tempo veniva sostituito 
                od aggiunto. Dopo un periodo di molti mesi il norcino sondava la 
                carne con uno spillo e dal profumo dello spillo estratto, capiva 
                se la carne aveva "preso il sale" al punto giusto e quindi il 
                prosciutto era pronto per l'uso, ma questo poteva avvenire anche 
                dopo 24 mesi ed oltre. Tutto continuava per giorni 
                e giorni e naturalmente nella casa 
                colonica in questo periodo si mangiava solo carne di maiale e 
                ottima zuppa di pane casalingo con ossi di maiale e...nessuno 
                soffriva di infiammazione!   |