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      Giovanni Michele Piazzini al Ministro 
      Gerente della Mensa Arcivescovile di Pisa Lorenzo Cipollini, 4 aprile 
      1778. 
      
        
      Ritornando di Maremma mi son fermato nei Paduli di Vada per riconoscere se 
      erano stati fatti i Lavori che mancavano a compirsi per il prosciugamento 
      di essi a forma delle mie Relazioni, e dei Benigni Rescritti di Sua 
      Altezza Reale, ma non ho ho trovato che vi sia per anche stata posta la 
      mano, anzi avendo visitati i luoghi di maggior importanza ho ritrovato che 
      la Foce di Pozzuolo dopo 
      l'ultima Libecciata rimasta serrata dai rigetti del Mare, non è stata più 
      riaperta, e trattiene una quantità d'acqua che occupa per più della metà 
      il Paduletto. Che il Ponte di Legnami al passo della Strettoia è caduto 
      nel Fosso, e trattiene in esso un mezzo braccio d'altezza d'acqua che 
      occupa qualche piccola parte del Padul Grande. Che altri Ponticelli sono 
      similmente caduti, e fanno tura in altri Scoli, in molti dei quali son 
      nate le cannelle, e paglie che impediscono il libero corso alle acque, ed 
      hanno bisogno di esser ripuliti, come principalmente ha bisogno di esser 
      ripulito lo Scolo Maestro del detto Padul Grande verso il suo Sbocco nello 
      Stagnolo da alcuni ridossi di rena che vi ha portato. Dal Presidio di Vada 
      ancor mi fu fatta istanza di osservare il Fosso detto del Masini (oggi 
      ricoperto) che trovai ripieno, e serrato di cannelle a segno che le acque, 
      come mi dissero, si spandono sopra i terreni contigui alla detta Torre, e 
      viddi che difatto ha bisogno di esser ripulito, ed escavato. A Rosignano 
      interrogai il Geri Fattore dei Signori Affittuari se aveva ordine di 
      metter la mano a ultimare i lavori per il prosciugamento della Macchia, e 
      mi disse di non averlo, e che aspettando prontamente i suoi Signori 
      Principali, gli avrebbe fatto sapere la mia visita, e le mie premure. E 
      siccome s'accosta la terminazione della Proroga di un anno accordata dal 
      Biglietto Riverito del 20 Maggio 1777 per ultimare tutti i Lavori da farsi 
      per il total prosciugamento di quei Paduli, così mi son creduto in dovere 
      di renderne intesa Vostra Signoria Molto Reverenda perché possa 
      sollecitarne l'esecuzione. E pieno del dovuto rispetto e stima, ho l'onore 
      di rassegnarmi.  
		Di Vostra Signoria Molto Reverenda.                                        
      Giovanni Michele Piazzini 
      (Da "Le bonifiche del 
      Granduca e le proteste del Papa" di Gabriele Paolini, scaricabile dal 
      sito) 
		
      
      
                  
       Ai cavalleggeri della costa 
      spettava anche la vigilanza sanitaria derivante dall'arrivo sulle spiagge 
      di materiale infetto o corpi di marinai morti in mare, sorveglianza che 
      anche in periodi non di contagio, si fondeva con quella militare, 
      controllando che sul litorale, in punti estranei al porto di Livorno, non 
      venissero sbarcate merci per sottrarle al controllo sanitario o doganale. 
      Questi militari avevano poi compiti di difesa veri e propri, in specie 
      verso le ancora possibili incursioni dei pirati. La guardia litoranea fu 
      organizzata da Cosimo I con il restauro di antiche torri pisane e con la 
      costruzione di nuove. Tutto il sistema difensivo fu accentrato su Livorno 
      (al cui governatore, spettò inizialmente il comando sulla costa di 
      «levante» e, a partire dal 1767, anche quello sulla costa di «ponente» e 
      su Portoferraio, fondata dallo stesso Cosimo I. 
      Nel 1774 i cavalleggeri della marina domandano di essere inseriti nelle 
      liste per l'estrazione alle cariche comunali di 
                Rosignano. I cacciatori di costa erano chiamati "carciofi" dal 
      colore della loro uniforme. 
      
		 
                              
		ARMAMENTO E DIVISE  
		Gli archibusieri erano dotati di un Morione (elmo) e dovevano vestire 
		una casacca del colore della cornetta (bandierina a due punte che 
		distingueva ogni compagnia di cavalleria), aperta sui lati  lunga 
		da coprire il ginocchio, e con le maniche larghe, e questo oltre che 
		fare bella vista conservava dalla pioggia  l'arma e la polvere, che 
		veniva portata in un corno di media grandezza o in una fiasca, assieme a 
		una scorta di palle. L'armamento  consisteva, in genere, in un archibuso 
		a ruota che tirava palle  di un'oncia e mezzo di peso, con la canna 
		lunga quattro palmi, da portarsi sul lato destro con la banderuola. - 
		Secondo le istruzioni emanate il 26 settembre 1706, l'armamento 
		pertinente ai cavalleggeri (detti anche carabine) era composto da un 
		petto e una schiena in ferro, una borgognona (tipo di elmo con visiera e 
		guangiali mobili) e una cintura pure in ferro il tutto del valore di 42 
		lire, 6 soldi ed 8 denari. Inoltre avevano due terzarole, pistole dette 
		anche terzette perchè avevano la canna ridotta di due terzi rispetto a 
		quelle normali, e comunque non inferiore a 11 soldi e 2 quattrini ( cm 
		33,7 circa) così come prescriveva il bando del 21/10/1701 sulle armi, 
		finalizzato ad impedire l'uso di armi da fuoco subdole, ossia 
		occultabili sotto le vesti. Le terzarole dovevano avere le loro fonde, 
		(fondine in cuoio) e la chiave (strumento per caricare il meccanismo di 
		sparo), il tutto del valore di 74 lire, 16 soldi ed 8 denari. Portavano 
		un archibuso alla carabina a ruota del valore di 50 lire corredato di 
		cintone di vacchetta con tracolla , chiave doppia e fiasca per la 
		polvere che completavano l'equipaggiamento. L'anno successivo, viene 
		dato alle stampe, un manuale di Esercizi militari con li quali si 
		dovevano disciplinare tutte le milizie dell'Altezza Reale di Cosimo III, 
		dove, fra l’altro erano elencate, sia graficamente che con il testo, le 
		ben 57 operazioni o comandi del maneggio del moschetto che ne 
		disciplinavano l’uso. L'Editto del 25 agosto 1794, al capitolo XIV, 
		indica per la Cavalleria, e quindi  anche per i cavalleggeri di costa  
		il seguente armamento: una carabina con tracolla, due pistole, una 
		sciabola, ed un gibernino di cuoio o tela per le munizioni. (Per saperne di più sui Cavalleggeri 
      della Costa puoi scaricare dal sito il volume: 
      "C'era una volta un brigantino" di Stefano Rossi)  |