Le casette dei Cavalleggeri della costa
Oltre alle torri, vi
erano anche altri edifici, spesso dimenticati, che pur essendo di minor
pregio architettonico, andavano anch'essi a ricoprire un importante ruolo
logistico/militare: erano le casette dei cavalleggeri. La maggior parte di
esse, nel momento in cui venne a cessare l'utilità militare, furono demolite
o (poche) destinate ad altro utilizzo.
Queste modeste strutture s'interponevano tra le torri e i fortini e in ogni
caso, là dove ne dava possibilità la condizione morfologica e fisica della
costa. Esse costituivano dei posti di supporto indispensabile per «le
giornaliere scorrerie che si fanno mattina e sera dai detti cavalleggeri
sopra il littorale di posto in posto e di notte nei tempi burrascosi per
timore dei rigetti e naufragi» Le casette dei cavalleggeri, come dice la
stessa denominazione, erano dei «piccoli edifici destinati all' alloggio di
pochi soldati, e relativi cavalli, che avevano il compito di perlustrare la
costa in modo più minuzioso di quanto fosse possibile ai soldati di
guarnigione alle torri». Mentre quest'ultimi rimanevano fissi alle torri, i
cavalleggeri percorrevano la costa fra torre e torre per vigilare anche i
tratti litoranei molto frastagliati;... avevano anche il compito di
collegamento fra le varie torri e il presidio dal quale dipendevano, in ciò
operando a staffetta fra cavalleggeri dei vari settori. La maggior parte di
questi edifici, nella Maremma Pisana, si localizzavano tra Livorno e
Piombino:
Casetta di Chioma: «questa casetta consiste in una sola stanza
terrena che in tempo sospetto di contagio vi stà un picchetto di soldati. »
Casetta del Fortullino: (tra Quercianella e Castiglioncello),
costruita dopo il sopralluogo effettuato il 31 marzo 1761 dal tenente
Ingegner Fazzi, nel corso della quale fu decretato l'abbandono del posto
preesistente in Loc. Campolecciano perché «...situato nel seno di un'orrida
boscaglia distante 1/3 di miglio circa dalla costa compresa la torre del
Romito e di Castiglioncello»
Casetta di Monte alla Rena (Rosignano Solvay), risulta essere di
difficile localizzazione, si trovava «sopra la costa del mare prossimo al
Monte alla Rena, sopra d'un masso in luogo detto la Cala del Botro»
(1758). Di questa esiste ancora un disegno di progetto. Da esso, si deduce
che era un edificio di due piani coprente una superficie di circa mq. 51 per
un'altezza (al colmo) di circa mt. 7,24. Il piano terra era adibito al
ricovero dei cavalli (nel disegno sono individuati quattro stalli con
mangiatoia) e al deposito delle armi, localizzato in un apposito stanzino di
ricovero. Attraverso una scala in muratura ad unica rampa, si accedeva al
piano superiore; piano destinato all'alloggiamento dei cavalleggeri, i quali
convivevano in un'unica stanza riscaldata da un capace «focarile». Il locale
era adeguatamente areato e illuminato. Il «progettista» fu Giò Masini
«Capitano ed Ingegnere» in servizio a Livorno. L'esecutore materiale fu il
maestro muratore Giuliano Benedetti, con il quale venne pattuito un compenso
di £. 1500, comprendente anche il «valore» materiale di una casetta
preesistente. Questa casetta di probabile impianto cinquecentesco, «doveva
essere demolita per recuperarne il materiale edilizio da utilizzare per la
nuova» risulta essere ancora presente sino al 1903, per non figurare più
sulle planimetrie di variazione catastale presentate nel 1906.(
S. ROSSI, Monte alla Rena, da territorio aperto a insediamento urbano,in
"Monte alla Rena, tra scienza e leggenda"
scaricabile dal sito)
Casetta di Capocavallo, (tra Vada e Marina di Cecina), relativamente
a questa, il Manetti, afferma essere stata trasformata in residenza:
effettivamente nella carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000, sezione n°
294060, in loc. Mazzanta (nell'area ricompresa nel Comune di Cecina), sulla
Via dei Cavalleggeri; ad un edificio è assegnato il toponimo di «Casetta dei
Cavalleggeri». Il Warren ne riporta la planimetria nel suo atlante: un
modesto edificio a pianta rettangolare con loggetta davanti. All'interno
quattro stanzette di cui le due più grandi destinate, una a caserma, e
l'altra a scuderia «capace per quattro cavalli». Mentre le due minori
funzionavano da ricovero «per i foraggi». Altre casette, si ritrovavano a
Bibbona, Castagneto, Campiglia. Nel 1765, relativamente alle casette di
Capocavallo, Bibbona, Castagneto e Campiglia, fu formulata una richiesta per
una loro «riedificazione», perché poste in luogo totalmente insalubre:
... per essere a piano terreno in esse respirasi un'aria infetta e
malsana, e che in tempo d'estate erano costretti a pagare l'annual tributo
con qualche fiera malattia, se pure non lasciarono la pelle...I piccoli
edifici si collocavano relativamente vicini al mare. Il Fazzi, nella sua
relazione, ne riporta la distanza: ...quattro casette situate tra i cotoni
d'arena (dune di rena) sopra piano alquanto superiore a quello del lido del
mare...
Casetta di Capocavallo: pertiche 53 (mt. 154,66).
Casetta di Bibbona: pertiche 122 (mt. 356).
Casetta di Castagneto: pertiche 60 (mt. 175).
Casetta di Campiglia: pertiche 40 (mt. 116,72).
La proposta iniziale fu quella di edificare delle nuove casette in tutto
simili a quella appena ultimata in località Monte alla Rena, ma questo
sembrò troppo oneroso per la conformità sabbiosa del suolo, sia per
l'incomodo nel trasporto dei materiali «...che il nuovamente costruire e
dette casette sopra un suolo d'arena sul modello della nuova del Monte alla
Rena avrebbe prodotta una spesa sommamente superiore a quella occorsa per
questa, per il motivo dei fondamenti, e dell’incomodo del trasporto (e) che
i materiali delle vecchie disfacendole non sarebbero stati tanti da coprire
le spese della disfattura, e trasporto). Finalmente, fu suggerito di
rialzarle tutte di un piano ottenendo in ogni caso una migliore areazione
che avrebbe reso più confortevole il soggiorno ai soldati «...che il
rialzamento delle vecchie, oltre il produrre il fine desiderato (maggiore
areazione), avrebbe cagionato il buon effetto d'aumentare i comodi ai
Cavalleggeri, i quali sarebbero stati altrettanto vantaggiati nel caso ,d'
un riforzo (3/5/1765)>>.
Da una lettera successiva, datata 2 agosto 1765, sembra di evincere che si
optò per la prima ipotesi: ricostruire le casette in aree più idonee.(
A.S.L. Sanità 589 inserto 216: Posti di Cavalleria lungo il Littorale della
dipendenza di Livorno: lettera del marchese Bourbon del Monte al Maresciallo
Marchese Botta Adorno, datata 2 agosto 1765: «.. .siamo convinti che se si
può e si deve per ordine di S.E. lasciar da parte ogni riguardo d'economia
il miglior progetto di tutti, e per tutti i titoli è quello di rifabbricare
di nuovo le casette di Capocavallo, di Bibbona, di Castagneto, e di
Campiglia nel modello e di segno di quelle che sono state fabbricate) e che
tuttavia si vanno fabbricando nel littorale pisano) tanto più che la maggior
spesa che queste ci cagionerebbero in paragone di quella, che si farebbe se
si facessero nel modello di quella del Monte Alla Rena verrà di non poco
diminuita dalla vendita delle vecchie casette, talmente che il di più che
resterebbe non è valutabile in confronto della maggiore difesa e sicurezza
che ci possono dare le casette fabbricate sul modello di quelle del
Littorale Pisano. Il tenente Fazzi, si opponeva all'edificazione di nuove
casette in altre aree:...le dette casette (nuove) semplicemente coperte da
due cavalleggeri non essendo capaci di forza e di difesa resterebbero
troppo ad un contrattempo, essendo situate sopra la riva del mare assai
lontane dalle torri...» (cit.).
In realtà, non fu così, almeno non per tutte. Nel 1787 , il Granduca Pietro
Leopoldo, nel corso di una delle sue ricognizioni nelle Maremme,
(aprile-maggio), passò lungo il litorale livornese e quindi visitò tutte le
casette dei cavalleggeri esistenti.
Ancora a proposito di quelle di Monte alla Rena e di Capocavallo, nella sua
relazione, il Granduca annota: Tra questa torre (Vada) e Castiglioncello vi
è la casetta dei cavalleggieri del Monte alla Rena e tra quella e la Cecina
quella di Capo Cavallo, tutte in buon grado ed in quest'ultima si rifà ora
la cisterna.
Di contro, quando giunge a Castagneto, (precisamente al fosso di nome
Seggio), dopo essere passato dalla casetta di Bibbona:...Di li al Seggio
miglia 3: in questo posto pessimamente scelto era stata principiata la
costruzione del fortino e fattivi i fondamenti con spesa di scudi 4000; il
luogo è di pessima aria e cattiva acqua con altissimi tomboli che li levano
la ventilazione. Dietro vi è un fosso detto del Seggio che comunica col mare
è paduloso e vi dà pessima aria. Vi stanno 7 soldati in una cattiva casetta.
Siccome lì vi è lo scalo di tutti i legnami del conte Gherardesca si credeva
che lui avesse reclamato contro quel posto per non averci una dogana: il
medesimo è veramente cattivo.
(Da: "C'era una volta un
brigantino" di Stefano Rossi scaricabile dal sito) |