Rosignano Marittimo IL TERRITORIO
La tripartizione fondiaria alla fine del medioevo nel
Comune di Rosignano 

Nella specifica realtà del territorio di Rosignano, caratterizzato da una tripartizione della proprietà fondiaria fin dal medioevo, il fenomeno dell'appoderamento ebbe scarso rilievo. Per assistere alla sua diffusione si dovettero aspettare le grandi riforme leopoldine alla vigilia delle quali, la proprietà fondiaria era ancora concentrata nelle mani di due istituzioni pisane:
 la Mensa Arcivescovile Pisana, che deteneva la vasta Tenuta di Vada più altri terreni a Nord-Est del Colle di Rosignano;
 la Pia Casa di Misericordia con possedimenti che da Castelnuovo della M.dia arrivano fino al Chioma ed al mare.
 Vi erano poi i terreni comunitativi (della comunità) che, con i loro "usi civici" di legnatico, macchiatico e pascolo, di fatto limitavano lo sviluppo ed il rinnovamento dell'agricoltura nella zona.

 

I due enti pisani conducevano le rispettive tenute in maniera estensiva (predominavano boschi e pascoli), tuttavia, mentre la Mensa operava con bassissimi investimenti di capitale, attuando il sistema maremmano "a gran coltura" (al cereale si alternavano più anni di "riposo", con terreno lasciato a pascolo), la Pia Casa era più attenta alla buona conservazione delle proprie terre, come dimostrano certe iniziative volte a  ridurre il fenomeno della frammentazione fondiaria (no ai matrimoni con forestieri) e ad aumentare il valore della tenuta mediante l'impianto di frutti pregiati (obbligo di coltivare cinque staiora di vigna per i maschi di Castelnuovo con età superiore ai 18 anni e di innestare frutti domestici sugli appezzamenti ricevuti in gestione onde evitare abbandoni del paese). La stessa Misericordia, verso la fine del '500, aveva dato un'accelerazione al processo di formazione dei poderi, indirizzando i contadini alla costruzione di case e alla conversione di molte porzioni di bosco in coltivi. Già gli "Estimi Rurali" del '500 evidenziavano, intorno ai borghi di Castelnuovo e Castelvecchio, un paesaggio variegato, con numerosi pezzi di terra "vignata" accanto a terre "lavoratie", "sode" ed "ortali"; ancora poche risultavano, invece, le piante d'olivo, presenti in forma sparsa negli appezzamenti.
Sembrerebbe questa, dunque, la prima zona (almeno per estensione territoriale), a mostrare i caratteri di un'agricoltura più attiva, improntata sulla promiscuità colturale, sulla diversificazione delle specie arboree e dei vitigni. Qualcosa di simile, in quel periodo, si riscontrava in alcune località del colle di Rosignano, dove erano state impiantate "le pregiate colture della vite e dell'olivo"
(P.I. Menichini, 1989); così come nella vicina tenuta di Maccetti, dove i livellari pagavano all'Arcivescovado un canone in "some di vino vermiglio", segno evidente della presenza di viti anche in questa zona. Ancora nel '700, le colline attorno al castello di Rosignano apparivano ben coltivate, costituendo il cosiddetto "domesticheto", uno spazio di circa un miglio non sottoposto al diritto di pascolo (previsto dagli usi civici), "ma unicamente consacrato all'agricoltura, come la parte più acconcia di tutto il territorio per la coltura delle viti, degli ulivi e delle altre piante fruttifere…"
(Da: "Una comunità della Toscana Lorenese: ROSIGNANO (1765-1808) Popolazione, Insediamento ed Ambiente" S. Rossi, P.L. Ferri, 1989) scaricabile dal sito.

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