Origini
- Storia - Importanza di Rosignano
Il Gandini nel quinto volume dei suoi «Viaggi in Italia »,
narra che col tempo su Rosignano vi acquistò
dei diritti la Badia di S. Salvatore a Moxi, (oggi
Le Badie) forse per donazione fattane da alcuni degli eredi
di Perprando.
Anche
il Repetti dice che la Badia di S. Salvatore a Moxi possedeva una corte
nel territorio di Rosignano, confermata dal Pontefice Pasquale II°, con
sua bolla del 19 Settembre 1106 diretta a Benedetto, abate. Si
è già accennato ad un altro monastero nella stessa località di Moxi,
quello di S. Maria e S. Quirico a Moxi, non molto distante da quello di S.
Salvatore. Questi due monasteri furono poi riuniti in uno solo, e cioè
sotto un solo abate, detto delle « Due Badie », pur conservando
all'altro il titolo onorifico.
Le
«Due Badie» in seguito furono aggregate al Priorato di S. Donnino fuori
Pisa con bolla del pontefice Urbano VI° (1384), perché fino da 60 anni
prima più nessun monaco vi abitava ed erano lasciate in abbandono. Questi
monasteri erano verso la Pescera, in quella località che ora si chiama «II
Conventaccio» e «Le Badione» ed i terreni intorno si chiamano anche
oggi «Le Badie» perché
appunto in antico erano posseduti, od erano tributari delle Abbazie o
Abbadie di S. Quirico e di S. Salvatore.
Nei
secoli scorsi, fra la Fine e il Malandrone, lungo la via Emilia, furono
scoperti ruderi di antichi fabbricati che comprendevano forse anche i
resti dell' antichissima chiesa di S. Maria a Fine, già menzionata e che
fu aggregata pure alle «Due
Badie. » Queste Badie, in una visita fattane dall'Arcivescovo di Pisa nel
1598, erano già in completa rovina. Fra i lecci e i rovi vi si osservano
tuttora gli avanzi della Chiesa di S. Salvatore, la cui facciata era a
strisce di marmo bianco, alternate con strisce di serpentino, come nelle
chiese primitive toscano - lombarde.
Il
Repetti dice che un Salvatore e quattro evangelisti, che erano scolpiti
sopra 1' architrave della porta, si trovavano nel 1840 nella chiesa della
Castellina.
Ritornando
agli Arcivescovi di Pisa notasi che se essi ebbero su Rosignano dominio ed
ampi diritti, quasi ad esserne gli assoluti padroni, certo è che
politicamente però Rosignano dipendeva dal Governo della repubblica
pisana, e quando, nel periodo intorno al 1000, i Comuni italiani
inalzarono il vessillo delle libertà sul feudalismo opprimente, Rosignano
si emancipò ancora di più dalla dominazione arcivescovile e feudale.
Scrive
Monsignor Tronci nei suoi « Annali » che fino dal 1163 « li Pisani,
vedendosi sempre in occasione di
guerre, fecero munire con fortificazioni migliori il castello di Vada.»
In
uno statuto del Comune di Pisa redatto nel 1285 detto del Conte Ugolino,
intitolata: De ponte faciendo super goram, si legge che « il Potestà, e
capitano del popolo pisano doveva fare eseguire dagli uomini di Vada e di
Rasignano ed a loro spese, dentro un mese, un ponticello di legno sopra la
gora del mulino di Vada, col riattare tutti i fossi o scoli d' acqua tra
Rasignano e Vada » e doveva fare obbligo alle Comunità frontiste di
restaurare la strada che da Rosignano sboccava sulla via della Selce delle
Pojane (Emilia?).
Il
mulino pare fosse quello del Riposo, sparito: la strada fosse quella di
Salci ; le Comunità, quelle di Rosignano e di Vada, allora separate e già
in un documento del 1143 si parla di una lite per i confini tra le due
Comunità. — (Archivio Mensa Arcivescovile pisana ) —
A
proposito della gora e del mulino edificato nel territorio comunitativo di
Rosignano, da un documento dell'Archivio Arcivescovile di Pisa del 1° Luglio 1206,
risulta che 1' Abate del Monastero di S. Felice di Vada si obbligò a
pagare un annuo censo di 24 soldi agli Arcivescovi di Pisa per 1' uso della
gora e delle acque del fiume Fine, a partire dal capo del bosco del Comune
di Rosignano e del1' Arcivescovo pisano (il quale bosco incominciava dalla
spiaggia del mare fino al poggio), oltre il diritto di potere deviare in
quel tragitto le acque del fiume e condurle per gora al mulino o mulini
che detto abate ed i suoi successori avessero voluto su di esso edificare.
Dalle
dette citazioni chiara risulta la sudditanza del popolo di Rosignano e dei
suoi annessi al Governo della repubblica di Pisa e che così fosse lo
dichiara anche un lodo del 1282, e il nuovo appello del 1285 dell' Arcivescovo Ruggeri II° quello del Conte Ugolino.
Con
quell’ appello, al Governo della repubblica il famoso
Arcivescovo reclamava la giurisdizione temporale che la Mensa
arcivescovile pretendeva di avere su vari paesi e ville delle colline
pisane, ma nel ricorso non è compreso, ne rammentato, il popolo di
Rosignano, e neppure quello di Vada, ne' qualunque altra Casale dei
rispettivi distretti.
Ciò
dimostra che gli stessi Arcivescovi ammettevano già che il dominio
politico su Rosignano spettasse di diritto indiscusso al Governo della
repubblica.
Scrive
poi Monsignor Tronci che « li Pisani nel 1292 erano molto angustiati per
la guerra dei Fiorentini, onde convenne ai Pisani procedere ad una
imposizione sopra gli ecclesiastici, perché armassero 70 cavalli e
molti fanti per i bisogni della guerra, per lo che nella
imposizione fu tassata la Pieve e Cappella di Rosignano a dare e mantenere
due uomini a piedi. »
Questa
è una riprova della soggezione di Rosignano alla repubblica, mentre, ad
avvalorarla ed, in certo modo, a nobilitarla, concorre il fatto che alcuni
notabili di Rosignano, e si ha memoria almeno di una diecina, fecero
parte, in diverse epoche, del Governo della repubblica pisana in qualità, di
anziani.
E'
indubitato dunque che Rosignano, fino dai tempi etruschi faceva parte del
territorio che aveva per capitale Pisa e che confinava, mediante il fiume
Fine, con il territorio che aveva per capitale Volterra; in seguito, fino
dalla costituzione di Pisa a repubblica e cioè dopo l'Impero romano, e
dopo le varie dominazioni barbariche, Rosignano fece parte politicamente
della repubblica e ne seguì le sorti fortunate, quando Pisa era forte,
ricca e gloriosa sul mare, e ne subì le vicende disastrose, quando nel
1406 la libertà di Pisa fu soffocata dalla rivalità di Firenze, ed il
giglio rosso imperò su di essa.
Nel
1327, Pisa, che allora era guelfa, fu occupata dall' imperatore Ludovico
il Bavaro, col concorso di Castruccio Castracani degli Antelminelli,
Signore di Lucca, e creato
dal Bavaro duca di Lucca e di Pistoia. Rosignano,
come tutte le altre terre pisane, ebbe il dominio imperiale.
Nel
1344 i Pisani erano in guerra con i Visconti di Milano e, per tenere a
freno le terre di maremma, avevano messo in questi luoghi i figliuoli di
Becherozzo o Bacarozzo della Gherardesca conte di Montescudaio, Vicario
della repubblica, in maremma i quali, anziché in pro agivano in danno di
Pisa, e con arti e inganni provocarono la ribellione del popolo di
Rosignano e di Vada contro la repubblica ed in favore dei Visconti di
Milano (Luchino), ma l'anno dopo, nel 13445 il popolo rinsavì e tornò
alla soggezione ed all’ obbedienza di Pisa, come narrano tanto Iacopo
Franceschini, quanto l'Ammirato e monsignor Tronci. All'epoca della
influenza su Pisa dell' Imperatore Carlo IV della Casa di Lussemburgo,
essendo doge di Pisa e di Lucca un dell'Agnello, fu nel l366, creato conte
palatino dall'Imperatore, insieme ad altri nove cittadini pisani, anche un
Antone da Rosignano, una personalità del paese, ma quando il
dell'
Agnello fu deposto da doge, anche i dieci conti palatini dovettero deporre
la insegna che era quella di un leopardo d'oro in campo rosso.
Giovanni
dell'Agnello nel l370 si impadronì di Rosignano, nei cui pressi si era
accampato nel l369, per muovere contro Pisa che lo aveva spodestato, ma da
Rosignano dovette presto sloggiare, per tema di esservi preso in mezzo dai
nemici suoi, come attestano il Tronci ed il Targioni.
Con
lettera 19 Agosto 1371 il Comune di Rosignano, avendo subito gravi danni
nella guerra con Firenze e dalla gente di Bernabò Visconti (Duca di
Milano), chiese agli anziani di Pisa che il Castello venisse fortificato a
sue spese, dietro certe immunità da accordarsi al Comune. Gli anziani lo
accordarono, col patto che, prima di tutto, si facesse una torre per porvi
i custodi del Comune di Pisa. Nel 1396 i Conti della Gherardesca
occuparono Rosignano, ma il Comune di Pisa ne domandò e ne ottenne la
restituzione.
Come
si è già accennato, quando Pisa nel 1406 fu sottomessa dai fiorentini,
anche Rosignano e Vada, che pure aveva castello, dovettero loro
arrendersi; ma quando nel 1431 i fiorentini spinsero troppo oltre le
vessazioni su questi paesi ed in altri prossimi come Castellina,
Campiglia, ecc., questi paesi si ribellarono, sottomettendosi
spontaneamente a Niccolo Piccinino, generale dell'armata del duca di
Milano Filippo Maria Visconti, in guerra con Firenze.
In
Rosignano Niccolò Piccinino fece prigioniero Niccolò delle Calvane,
capitano delle milizie fiorentine.
Nel
1433 però i fiorentini riebbero in mano i paesi ribelli ed, in pena della
loro ribellione, ne demolirono le fortificazioni. Così i castelli di Vada
e di Rosignano vennero, nel 1433, smantellati, come si legge nel Tronci e
nel Fontani.
Nel
1484 i Genovesi, in contesa con i Fiorentini, sbarcarono buone truppe nel
porto di Vada o si diressero contro Rosignano, ma i suoi abitanti dettero
prova della loro fedeltà ai Fiorentini perché arditamente respinsero i
Genovesi costringendoli nel giorno 9
ottobre del 1484, a riprendere il mare. Per vendetta i genovesi
dettero fuoco ad una parte del borgo.
Più
tardi, nel 1494, quando, con la calata di Carlo VIII° in Italia, Pisa si
era ribellata ai Fiorentini, tentando di ricuperare la propria libertà ed
indipendenza, Rosignano ne aveva seguito l'esempio. Per tale fatto il
capitano dei fiorentini Lucio Malvezzi, emigrato bolognese, con le sue
truppe consistenti in 300 veterani, uomini d' arme e cavalli leggeri, vi
pose assedio, ma la difesa e l'offesa dei terrazzani furono tali, che il
Malvezzi dovette rinunziare agli assalti e all' assedio.
Poco
dopo, nuove truppe fiorentine, guidate dal Capitano conte Ranuccio da
Marciana, rinnovarono 1'assedio ed,
essendo meglio munite, poterono assalire ed entrare nel paese il 12
Febbraio 1495.
Era
Commissario della repubblica di Firenze Pier Capponi, il quale nel Luglio
1495 si recò a Rosignano.
Un
altro capitano, Oriaco dal Borgo con messer Francesco Secco, con mille
fanti e dugento cavalli leggeri, si era diretto al porto di Vada
occupandolo il 27 Febbraio 1496 dopo aspro combattimento come asseriscono
i nominati storici Ammirato e Tronci.
Nel
1497, per ragioni di strategia militare, furono distaccati a Rosignano 100
balestrieri, cavalli leggeri con 200 fanti. Gli
storici Nardi, Ammirato, Guicciardini narrano che nel mese di Luglio 1505
le milizie fiorentine, condotte da Ercole Bentivoglio, da un Giacomini e
da Pagolo da Parrana, si trovavano nei pressi di Rosignano e di qui
mossero a S. Vincenzo per contrapporsi a Bartolommeo degli Orsini che
veniva in aiuto dei Pisani ed a S. Vincenzo lo batterono. I1 21 Agosto
1505 i fiorentini vennero alle Casaccie, fra Rosignano e Santa Luce; qui
li raggiunse il Commissario Niccolò Macchiavelli e qui distrussero i
raccolti dei Pisani. L'
8 Giugno 1509 Pisa, dopo
14 anni di guerra, cadde
definitivamente in mano
dei Fiorentini, e, con
essa, Rosignano.
Com' è noto, fino dal 1434, i rettori della repubblica
di Firenze furono alcuni membri della ricca e potente famiglia dei Medici
: Cosimo, Piero di Cosimo, Lorenzo il Magnifico e suo figlio Piero. E
certo che alcuni di essi, come Lorenzo il Magnifico e Piero suo figlio,
venivano nell' autunno ad abitare in Rosignano per cacciare nei vasti
boschi del paese e nel padule di Vada, e forse questa loro permanenza qui
aveva fatto contrarre una certa confidenza dei maggiorenti del paese verso
i rettori della Signoria di Firenze, come si può dedurre da alcune
lettere spedite per mezzo di appositi incaricati del Comune, talvolta per
motivi od interessi di lieve entità. Se ne riportano alcune desunte
dall' Archivio di Stato di Firenze, anche per dar saggio dello stile
epistolare di quei tempi. Il 14 Novembre 1465 Gismondo di Giovanni da
Rosignano scrive a Ser Filippo di Cristofano, cancelliere del Magnifico
Piero di Cosimo in Careggi:
«.
. . . Sentendo voi essere in de luogo siete, che se fussi Verruccio che si
è mio fratello non potrei avere magiore alegressa » . ... « verrò a visitare la M. (magnificenza)
di Piero e si la M. di Lorenzo, che non mancherà, che sono restato già
più di fa perché se voi siete in luogho che vi ghuardiate per queste
infruenzie ochoreno » «.... ispero vi vederò presto e a boccha, ci diremo più chose. Se
vi pare sia tempo ora che io
vengha a visitare la M. di Piero e di Lorenzo, avvisatemi che di
fatto lo farò che in d' ogni modo voglio venire a richognioscere la M.
loro. »
Il
6 Agosto 1470 il Comune e gli uomini di Rosignano mandano Coscio di
Giovanni e Benedetto di Piglio loro ambasciatori a Lorenzo de' Medici per
faccende appartenenti al Comune.II 9 Giugno 1472 i Consoli e il Comune
mandano a Lorenzo il Magnifico come ambasciatori Guccio di Gabbriello e
Coscio di Giovanni. Il
18 Aprile 1474 il Console e i Consiglieri presentarono al Magnifico gli
ambasciatori Gismondo di Giovanni, Guccio di Gabbriello e Coscio di
Vallino per una certa differenza.....
« Questo popolo vi sia racchomandato intorno a questo, sempre
rimanendo contento ogni vostra deliberatione. »
Il
20 Aprile 1476 si reca ambasciatore a Firenze Giovanni d' Ardito per «
comparire e rappresentarsi dinanzi alla V.a
M.za pienamente, informato della intentione di questo Comune
alla relatione della quale di quanto sporrà per nostro parte preghiamo la
M.za V.a dare piena fede ecc. . . . ». II
22 Giugno 1476 gli ambasciatori sono « li prudenti huomini » Giovanni di
Jacopo ed Andrea di Jacopo; il 2 Agosto 1476 Bartholomeo di Jacopo e
Andrea di Menico « per i fatti della roccha di Vada; il 5 Marzo 1477
Antonio di Andrea e Fatio di Raynaldo.
Il
30 Marzo 1478 i Consoli e i Consiglieri scrivono al Magnifico: L'
aportatore di questa sarà Jacopo di Gabbriello da Tremoleto el quale
viene a V. M. per cagione che uno suo nipote amazò ne' di passati uno
famiglio di Guglielmo de Pazi che gli fu forza fare così per sua
difensione, come la V. M. apieno sarà informata da decto Jacopo – Et a
noi pare che avendo commesso tale delicto per sua defensione, non debbi
ricevere bando. Per
la qual cosa preghiamo V. M. che decto Jacopo et e1 suo nipote per nostro
amore vi siano raccomandati et quello bene che la V. M. farà a loro lo
riputiamo a noi proprio et porremo questo a piè degli altri obblighi
abiamo con la V. M. »
Il
23 Giugno 1490 Sigismondo da Rosignano scrive in via privata e
confidenziale a Lorenzo de'Medici: « La singulare clementia di V. M. con fiducia m'induce come
minimo servidore di V. M.tia porgere a quella pietosi prieghi
et questo è che Andrea di Abraham da Capannoli, citadino pisano mio
cognato, si trova preso in nelle mani del capitano di Pisa, per aver sodo
una tregua et però manda costì Santi suo fratello latore della presente
con quelli prieghi et exortationi quali più posso priegho suplico et
exorto V. M.tia si degni al decto Santi prestare aiuto et
favore, si che ne segua la liberatione di decto Andrea, la quale
grandemente desidero che mi fìa dono e gratia singularissima offerendo me
et lui in perpetui servidori di V.a M.tia la quale
1' Altissimo felice conservi. » Di V.a M.tia servitore
Sigmundus de Rasignano.
I
consoli e consiglieri di Rosignano, per la morte di Lorenzo il Magnifico,
avvenuta in Firenze 1' 8 Aprile 1492 scrissero, in data 24 Aprile 1492, al
figlio Piero la seguente lettera :
« Mandiamo alla vostra
Magnificentia Ser Piero di Giuntino et Martino di Luca carissimi nostri
imbasciadori di nostro Comune et di nostra intentione pienamente informati
et maxime di dolersi della morte della optima memoria della magnificentia
di Lorenzo sapientissimo genitore di Vostra excellentia et a noi et a
nostra Comunità padre protectore et benefactore singularissimo. Pertanto
degnisi a quelli benignamente intendere et prestare indubitata fede sicome
alle nostre persone a quanto in nostro nome sarà exposto a vostra
Magnificentia, alla quale sempre ci raccomandiamo offerendo alli suoi
beneplaciti noi et tutto questo Comune in havere et in persona
paratissimi: che l'Altissimo perpetuo prosperi et feliciti. »
E
a Piero de’ Medici, succeduto al padre Lorenzo nella reggenza della
repubblica fiorentina, Rosignano continuò a mandare ambasciatori per le
diverse sue occorrenze, tra i quali Baldassarre di Piero e Luca d'Ardito
nell' Agosto 1492.
Come
si e detto, i Medici venivano a caccia nei boschi di Rosignano e nel
padule di Vada come si rileva da
alcune
lettere che qui si riportano: Una
è del 4 Gennaio 1492, scritta da Gismondo e Pulidoro da Rosignano a Piero
de' Medici.
«
Per Girolamo cavallaro intendemmo come V. Magnificentia, desiderava fare
la chaccia della macchia di Vada, et alla intesa di essa noi mandammo a
vedere come in dicta macchia sia stato tucto quest' anno riguardata e così
il paratino che 1' uno e 1' altro habbiamo facto salvare per rispetto alle
aque grande et a jacciori che sono suti in dicta macchia di Vada non è
restata bestia salvaticha di niuna ragione. Et veduto in dicta macchia non
essere bestie sono stato già giorni tre da Cecina in là et facto cercare
dicto paratino dalli uomini di Bibbona e di Casale perché sono vicini a
dicto luogho. Loro mi
riferiscono in dicto luogho essere qualche bestia porcina et cervi assai
che giudichano che tucte le bestie erano nella macchia di Vada siano riducte quivi
et benché il luogho sia largho non mancherà nè huomini nè lacci che
noi non facciamo quello richiede al debito nostro, quando V. M.tia
voglia fare quella. Lo
latore della presente, il quale è stato meco già tre giorni a cercare
dicta chaccia, riferirà a V.a M.tia tucto lo intero a bocca. » Si
stralcia da un'altra lettera del 23 Dicembre 1494 di Sismundo di Giovanni
da Rosignano allo stesso Piero ode Medici la parte che si riferisce alla
caccia:
«
Circha alla chaccia di Vada ho fatto vedere e mi ha fatto sapere v' è de'
cervi assai ed anche qualche porcho quando a vostra Magnificentia piaccia
di venire avemo caro averne aviso et anche non parendo venire e dandociene
aviso c' ingiegnieremo di farla et quello si farà sarà fatto per Vostra
Magnificentia alla quale sempre mi rachomando, ecc. »
Riprendendo
a parlare della famiglia, de’Medici, risulta che, dopo la cacciata di
Piero di Lorenzo da Firenze, e dopo la caduta della repubblica in seguito
alla morte di Francesco Ferruccio nella battaglia di Gavinana avvenuta il
3 Agosto 1530, anche i Granduchi, da Cosimo I.°
in poi continuarono a recarsi a Rosignano per la, villeggiatura e
la caccia. Intanto
è certo che Francesco Ferruccio nel Luglio 1530, reduce da Volterra e
diretto alla difesa di Firenze minacciata dal principe d' Orange per
istigazione di papa Clemente VII di casa Medici, sostò con le sue truppe
a Rosignano, pochi giorni prima del suo eroico sacrifizio a Gavinana.
Il
duca Cosimo I.° con la sua famiglia, e poi i suoi successori, abitavano
nel Castello, e pare anche in case prossime alla Pieve, e nell'anno 1562
nel mese di Ottobre vi contrassero febbri maligne i suoi figli Giovanni,
cardinale, e Garzia e, a distanza di pochi giorni, ne morirono entrambi. Lo
storico Galluzzi riporta, una lettera di Cosimo I.° al figlio primogenito
Francesco, che in quel tempo si trovava presso la Corte di Spagna nella
quale, dandogli notizia della morte dei due suoi fratelli, aggiungeva che
anche a Fiorenza, vi si era ammalato « il 70 per cento degli abitanti, ma
qui pochi ne periscono: cosi va, facendo
questa influenza per queste
parti. »
Sembrerebbe
quindi che la morte di Giovanni e di Garzia de' Medici fosse dovuta ad influenza
che così chiamavasi anche 360 anni fa la nota malattia dei
nostri tempi. Sulla
morte dei due giovani hanno fiorito diverse versioni; alcuni dissero che
Giovanni era stato ucciso dal fratello per ragioni di gelosia amorosa, ed
il padre, furente, avrebbe ucciso di propria mano Don Garzia. Il
Settimanni attribuisce la morte del cardinale ad un incidente di caccia,
per cagione di un capriolo, la cui uccisione era contesa fra i due
fratelli e, nella rissa che ne
seguì, Don Garzia avrebbe ferito in una coscia il fratello; ferita che ne
cagionò la morte e il padre Cosimo I.° fuori di sé al tremendo
annunzio, avrebbe ucciso Don Garzia. Questa
versione del Settimanni e stata riportata poi in molte delle storie del
Granducato di Toscana e dell'
Italia.
Il
granduca Francesco, figlio di Cosimo I.° ed i successori visitavano pure
Rosignano ed appunto nell' anno
1574, mentre Francesco, con la granduchessa Giovanna d'Austria sua
consorte, prima della celebre veneziana Bianca Cappello, e con la sorella
Isabella Orsini, trucidata poi dal marito, si trovavano a Rosignano, Don
Giovanni d'Austria, il vincitore della battaglia navale di Lepanto (7
Ottobre 1571) contro i Turchi, approdò con la sua flotta nel porto di
Vada, ove era atteso e dove fu accolto con grandi feste dal Granduca,
dalle Granduchesse e dai loro seguiti, sulle galere di S. Stefano. Don
Giovanni d' Austria salì sulla capitana di S. Stefano ed insieme agli
ospiti sbarcò a terra e sarebbero tutti saliti a Rosignano, se il tempo,
repentinamente cambiato, non avesse obbligato Don Giovanni a riprendere
con sollecitudine il mare per recarsi in Ispagna, ove la sua armata era
diretta.
Anche
gli Arcivescovi di Pisa, che a Rosignano continuavano ad avere vaste
possessioni, venivano a villeggiare qui, ed il loro palazzo era quello
delle logge, oggi di proprietà Benetti, oltre alla fattoria in castello.
Nel castello appunto, sopra la porta esterna della sala del Consiglio
Comunale, si conserva uno stemma arcivescovile in marmo ove sono scolpiti
due leoni rampanti ai lati di un pino; stemma sormontato dal cappello
arcivescovile con tre ordini di nappe, ed appartenente alla nobile
famiglia pisana dei Franceschi. Questo stemma è del 1785 circa e stemma
analogo è apposto sopra una finestra del seminario di S. Caterina a Pisa. L'avv. Berti, nella sua memoria
pubblicata nel 1891, scriveva : « i nostri vecchi ricordano ancora, la
munificenza quasi regale e lo splendore con il quale l'arcivescovo Alliata
convitati i maggiorenti del luogo, assisteva alle caccia ed alle giostre
amorose dei suoi superbi stalloni. »
Dalla "Monografia
storica del comune di Rosignano Marittimo" di Pietro Nencini
pubblicata nel 1925, scaricabile dal sito. |