Rosignano Marittimo ieri

1932 - Merenda al Mulino a vento

                          Origini - Storia - Importanza di Rosignano
Il Gandini nel quinto volume dei suoi «Viaggi in Italia », narra che col tempo su Rosignano vi acquistò  dei diritti la Badia di S. Salvatore a Moxi, (oggi Le Badie) forse per donazione fattane da alcuni degli eredi di Perprando.
Anche il Repetti dice che la Badia di S. Salvatore a Moxi possedeva una corte nel territorio di Rosignano, confermata dal Pontefice Pasquale II°, con sua bolla del 19 Settembre 1106 diretta a Benedetto, abate. Si è già accennato ad un altro monastero nella stessa località di Moxi, quello di S. Maria e S. Quirico a Moxi, non molto distante da quello di S. Salvatore. Questi due monasteri furono poi riuniti in uno solo, e cioè sotto un solo abate, detto delle « Due Badie », pur conservando all'altro il titolo onorifico.
Le «Due Badie» in seguito furono aggregate al Priorato di S. Donnino fuori Pisa con bolla del pontefice Urbano VI° (1384), perché fino da 60 anni prima più nessun monaco vi abitava ed erano lasciate in abbandono. Questi monasteri erano verso la Pescera, in quella località che ora si chiama «II Conventaccio» e «Le Badione» ed i terreni intorno si chiamano anche oggi  «Le Badie» perché appunto in antico erano posseduti, od erano tributari delle Abbazie o Abbadie di S. Quirico e di S. Salvatore.
Nei secoli scorsi, fra la Fine e il Malandrone, lungo la via Emilia, furono scoperti ruderi di antichi fabbricati che comprendevano forse anche i resti dell' antichissima chiesa di S. Maria a Fine, già menzionata e che fu aggregata pure alle  «Due Badie. » Queste Badie, in una visita fattane dall'Arcivescovo di Pisa nel 1598, erano già in completa rovina. Fra i lecci e i rovi vi si osservano tuttora gli avanzi della Chiesa di S. Salvatore, la cui facciata era a strisce di marmo bianco, alternate con strisce di serpentino, come nelle chiese primitive toscano - lombarde.
Il Repetti dice che un Salvatore e quattro evangelisti, che erano scolpiti sopra 1' architrave della porta, si trovavano nel 1840 nella chiesa della Castellina.
Ritornando agli Arcivescovi di Pisa notasi che se essi ebbero su Rosignano dominio ed ampi diritti, quasi ad esserne gli assoluti padroni, certo è che politicamente però Rosignano dipendeva dal Governo della repubblica pisana, e quando, nel periodo intorno al 1000, i Comuni italiani inalzarono il vessillo delle libertà sul feudalismo opprimente, Rosignano si emancipò ancora di più dalla dominazione arcivescovile e feudale.
Scrive Monsignor Tronci nei suoi « Annali » che fino dal 1163 « li Pisani, vedendosi sempre in occasione  di guerre, fecero munire con fortificazioni migliori il castello di Vada.»
In uno statuto del Comune di Pisa redatto nel 1285 detto del Conte Ugolino, intitolata: De ponte faciendo super goram, si legge che « il Potestà, e capitano del popolo pisano doveva fare eseguire dagli uomini di Vada e di Rasignano ed a loro spese, dentro un mese, un ponticello di legno sopra la gora del mulino di Vada, col riattare tutti i fossi o scoli d' acqua tra Rasignano e Vada » e doveva fare obbligo alle Comunità frontiste di restaurare la strada che da Rosignano sboccava sulla via della Selce delle Pojane (Emilia?).
Il mulino pare fosse quello del Riposo, sparito: la strada fosse quella di Salci ; le Comunità, quelle di Rosignano e di Vada, allora separate e già in un documento del 1143 si parla di una lite per i confini tra le due Comunità. — (Archivio Mensa Arcivescovile pisana ) —
A proposito della gora e del mulino edificato nel territorio comunitativo di Rosignano, da un documento dell'Archivio Arcivescovile di Pisa del 1° Luglio 1206, risulta che 1' Abate del Monastero di S. Felice di Vada si obbligò a pagare un annuo censo di 24 soldi agli Arcivescovi di Pisa per 1' uso della gora e delle acque del fiume Fine, a partire dal capo del bosco del Comune di Rosignano e del1' Arcivescovo pisano (il quale bosco incominciava dalla spiaggia del mare fino al poggio), oltre il diritto di potere deviare in quel tragitto le acque del fiume e condurle per gora al mulino o mulini che detto abate ed i suoi successori avessero voluto su di esso edificare.
Dalle dette citazioni chiara risulta la sudditanza del popolo di Rosignano e dei suoi annessi al Governo della repubblica di Pisa e che così fosse lo dichiara anche un lodo del 1282, e il nuovo appello del 1285 dell' Arcivescovo Ruggeri II° quello del Conte Ugolino.
Con quell’ appello, al Governo della repubblica il famoso Arcivescovo reclamava la giurisdizione temporale che la Mensa arcivescovile pretendeva di avere su vari paesi e ville delle colline pisane, ma nel ricorso non è compreso, ne rammentato, il popolo di Rosignano, e neppure quello di Vada, ne' qualunque altra Casale dei rispettivi distretti.
Ciò dimostra che gli stessi Arcivescovi ammettevano già che il dominio politico su Rosignano spettasse di diritto indiscusso al Governo della repubblica.
Scrive poi Monsignor Tronci che « li Pisani nel 1292 erano molto angustiati per la guerra dei Fiorentini, onde convenne ai Pisani procedere ad una imposizione sopra gli ecclesiastici, perché armassero 70 cavalli e  molti fanti per i bisogni della guerra, per lo che nella imposizione fu tassata la Pieve e Cappella di Rosignano a dare e mantenere due uomini a piedi. »
Questa è una riprova della soggezione di Rosignano alla repubblica, mentre, ad avvalorarla ed, in certo modo, a nobilitarla, concorre il fatto che alcuni notabili di Rosignano, e si ha memoria almeno di una diecina, fecero parte, in diverse epoche, del Governo della repubblica pisana in qualità, di anziani.          
E' indubitato dunque che Rosignano, fino dai tempi etruschi faceva parte del territorio che aveva per capitale Pisa e che confinava, mediante il fiume Fine, con il territorio che aveva per capitale Volterra; in seguito, fino dalla costituzione di Pisa a repubblica e cioè dopo l'Impero romano, e dopo le varie dominazioni barbariche, Rosignano fece parte politicamente della repubblica e ne seguì le sorti fortunate, quando Pisa era forte, ricca e gloriosa sul mare, e ne subì le vicende disastrose, quando nel 1406 la libertà di Pisa fu soffocata dalla rivalità di Firenze, ed il giglio rosso imperò su di essa.
Nel 1327, Pisa, che allora era guelfa, fu occupata dall' imperatore Ludovico il Bavaro, col concorso di Castruccio Castracani degli Antelminelli, Signore di Lucca, e creato dal Bavaro duca di Lucca e di Pistoia. Rosignano, come tutte le altre terre pisane, ebbe il dominio imperiale.
Nel 1344 i Pisani erano in guerra con i Visconti di Milano e, per tenere a freno le terre di maremma, avevano messo in questi luoghi i figliuoli di Becherozzo o Bacarozzo della Gherardesca conte di Montescudaio, Vicario della repubblica, in maremma i quali, anziché in pro agivano in danno di Pisa, e con arti e inganni provocarono la ribellione del popolo di Rosignano e di Vada contro la repubblica ed in favore dei Visconti di Milano (Luchino), ma l'anno dopo, nel 13445 il popolo rinsavì e tornò alla soggezione ed all’ obbedienza di Pisa, come narrano tanto Iacopo Franceschini, quanto l'Ammirato e monsignor Tronci. All'epoca della influenza su Pisa dell' Imperatore Carlo IV della Casa di Lussemburgo, essendo doge di Pisa e di Lucca un dell'Agnello, fu nel l366, creato conte palatino dall'Imperatore, insieme ad altri nove cittadini pisani, anche un Antone da Rosignano, una personalità del paese, ma quando il           dell' Agnello fu deposto da doge, anche i dieci conti palatini dovettero deporre la insegna che era quella di un leopardo d'oro in campo rosso.
Giovanni dell'Agnello nel l370 si impadronì di Rosignano, nei cui pressi si era accampato nel l369, per muovere contro Pisa che lo aveva spodestato, ma da Rosignano dovette presto sloggiare, per tema di esservi preso in mezzo dai nemici suoi, come attestano il Tronci ed il Targioni.
Con lettera 19 Agosto 1371 il Comune di Rosignano, avendo subito gravi danni nella guerra con Firenze e dalla gente di Bernabò Visconti (Duca di Milano), chiese agli anziani di Pisa che il Castello venisse fortificato a sue spese, dietro certe immunità da accordarsi al Comune. Gli anziani lo accordarono, col patto che, prima di tutto, si facesse una torre per porvi i custodi del Comune di Pisa. Nel 1396 i Conti della Gherardesca occuparono Rosignano, ma il Comune di Pisa ne domandò e ne ottenne la restituzione.
Come si è già accennato, quando Pisa nel 1406 fu sottomessa dai fiorentini, anche Rosignano e Vada, che pure aveva castello, dovettero loro arrendersi; ma quando nel 1431 i fiorentini spinsero troppo oltre le vessazioni su questi paesi ed in altri prossimi come Castellina, Campiglia, ecc., questi paesi si ribellarono, sottomettendosi spontaneamente a Niccolo Piccinino, generale dell'armata del duca di Milano Filippo Maria Visconti, in guerra con Firenze.
In Rosignano Niccolò Piccinino fece prigioniero Niccolò delle Calvane, capitano delle milizie fiorentine.
Nel 1433 però i fiorentini riebbero in mano i paesi ribelli ed, in pena della loro ribellione, ne demolirono le fortificazioni. Così i castelli di Vada e di Rosignano vennero, nel 1433, smantellati, come si legge nel Tronci e nel Fontani.
Nel 1484 i Genovesi, in contesa con i Fiorentini, sbarcarono buone truppe nel porto di Vada o si diressero contro Rosignano, ma i suoi abitanti dettero prova della loro fedeltà ai Fiorentini perché arditamente respinsero i Genovesi costringendoli nel giorno 9 ottobre del 1484, a riprendere il mare. Per vendetta i genovesi dettero fuoco ad una parte del borgo.

Più tardi, nel 1494, quando, con la calata di Carlo VIII° in Italia, Pisa si era ribellata ai Fiorentini, tentando di ricuperare la propria libertà ed indipendenza, Rosignano ne aveva seguito l'esempio. Per tale fatto il capitano dei fiorentini Lucio Malvezzi, emigrato bolognese, con le sue truppe consistenti in 300 veterani, uomini d' arme e cavalli leggeri, vi pose assedio, ma la difesa e l'offesa dei terrazzani furono tali, che il Malvezzi dovette rinunziare agli assalti e all' assedio.
Poco dopo, nuove truppe fiorentine, guidate dal Capitano conte Ranuccio da Marciana, rinnovarono 1'assedio ed, essendo meglio munite, poterono assalire ed entrare nel paese il 12 Febbraio 1495.
Era Commissario della repubblica di Firenze Pier Capponi, il quale nel Luglio 1495 si recò a Rosignano.
Un altro capitano, Oriaco dal Borgo con messer Francesco Secco, con mille fanti e dugento cavalli leggeri, si era diretto al porto di Vada occupandolo il 27 Febbraio 1496 dopo aspro combattimento come asseriscono i nominati storici Ammirato e Tronci.
Nel 1497, per ragioni di strategia militare, furono distaccati a Rosignano 100 balestrieri, cavalli leggeri con 200 fanti. Gli storici Nardi, Ammirato, Guicciardini narrano che nel mese di Luglio 1505 le milizie fiorentine, condotte da Ercole Bentivoglio, da un Giacomini e da Pagolo da Parrana, si trovavano nei pressi di Rosignano e di qui mossero a S. Vincenzo per contrapporsi a Bartolommeo degli Orsini che veniva in aiuto dei Pisani ed a S. Vincenzo lo batterono. I1 21 Agosto 1505 i fiorentini vennero alle Casaccie, fra Rosignano e Santa Luce; qui li raggiunse il Commissario Niccolò Macchiavelli e qui distrussero i raccolti dei Pisani. L' 8 Giugno 1509 Pisa, dopo 14 anni di guerra, cadde definitivamente in mano dei Fiorentini, e, con essa, Rosignano.
Com' è noto, fino dal 1434, i rettori della repubblica di Firenze furono alcuni membri della ricca e potente famiglia dei Medici : Cosimo, Piero di Cosimo, Lorenzo il Magnifico e suo figlio Piero. E certo che alcuni di essi, come Lorenzo il Magnifico e Piero suo figlio, venivano nell' autunno ad abitare in Rosignano per cacciare nei vasti boschi del paese e nel padule di Vada, e forse questa loro permanenza qui aveva fatto contrarre una certa confidenza dei maggiorenti del paese verso i rettori della Signoria di Firenze, come si può dedurre da alcune lettere spedite per mezzo di appositi incaricati del Comune, talvolta per motivi od interessi di lieve entità. Se ne riportano alcune desunte dall' Archivio di Stato di Firenze, anche per dar saggio dello stile epistolare di quei tempi. Il 14 Novembre 1465 Gismondo di Giovanni da Rosignano scrive a Ser Filippo di Cristofano, cancelliere del Magnifico Piero di Cosimo in Careggi:
«. . . . Sentendo voi essere in de luogo siete, che se fussi Verruccio che si è mio fratello non potrei avere magiore alegressa » . ... « verrò a visitare la M. (magnificenza) di Piero e si la M. di Lorenzo, che non mancherà, che sono restato già più di fa perché se voi siete in luogho che vi ghuardiate per queste infruenzie ochoreno » «.... ispero vi vederò presto e a boccha, ci diremo più chose. Se vi pare sia tempo ora che io vengha a visitare la M. di Piero e di Lorenzo, avvisatemi che di fatto lo farò che in d' ogni modo voglio venire a richognioscere la M. loro. »
Il 6 Agosto 1470 il Comune e gli uomini di Rosignano mandano Coscio di Giovanni e Benedetto di Piglio loro ambasciatori a Lorenzo de' Medici per faccende appartenenti al Comune.II 9 Giugno 1472 i Consoli e il Comune mandano a Lorenzo il Magnifico come ambasciatori Guccio di Gabbriello e Coscio di Giovanni. Il 18 Aprile 1474 il Console e i Consiglieri presentarono al Magnifico gli ambasciatori Gismondo di Giovanni, Guccio di Gabbriello e Coscio di Vallino per una certa differenza..... « Questo popolo vi sia racchomandato intorno a questo, sempre rimanendo contento ogni vostra deliberatione. »
Il 20 Aprile 1476 si reca ambasciatore a Firenze Giovanni d' Ardito per « comparire e rappresentarsi dinanzi alla V.a M.za pienamente, informato della intentione di questo Comune alla relatione della quale di quanto sporrà per nostro parte preghiamo la M.za V.a dare piena fede ecc. . . . ». II 22 Giugno 1476 gli ambasciatori sono « li prudenti huomini » Giovanni di Jacopo ed Andrea di Jacopo; il 2 Agosto 1476 Bartholomeo di Jacopo e Andrea di Menico « per i fatti della roccha di Vada; il 5 Marzo 1477 Antonio di Andrea e Fatio di Raynaldo.
Il 30 Marzo 1478 i Consoli e i Consiglieri scrivono al Magnifico: L' aportatore di questa sarà Jacopo di Gabbriello da Tremoleto el quale viene a V. M. per cagione che uno suo nipote amazò ne' di passati uno famiglio di Guglielmo de Pazi che gli fu forza fare così per sua difensione, come la V. M. apieno sarà informata da decto Jacopo – Et a noi pare che avendo commesso tale delicto per sua defensione, non debbi ricevere bando. Per la qual cosa preghiamo V. M. che decto Jacopo et e1 suo nipote per nostro amore vi siano raccomandati et quello bene che la V. M. farà a loro lo riputiamo a noi proprio et porremo questo a piè degli altri obblighi abiamo con la V. M. »
Il 23 Giugno 1490 Sigismondo da Rosignano scrive in via privata e confidenziale a Lorenzo de'Medici:  « La singulare clementia di V. M. con fiducia m'induce come minimo servidore di V. M.tia porgere a quella pietosi prieghi et questo è che Andrea di Abraham da Capannoli, citadino pisano mio cognato, si trova preso in nelle mani del capitano di Pisa, per aver sodo una tregua et però manda costì Santi suo fratello latore della presente con quelli prieghi et exortationi quali più posso priegho suplico et exorto V. M.tia si degni al decto Santi prestare aiuto et favore, si che ne segua la liberatione di decto Andrea, la quale grandemente desidero che mi fìa dono e gratia singularissima offerendo me et lui in perpetui servidori di V.a M.tia la quale 1' Altissimo felice conservi. » Di V.a M.tia servitore Sigmundus de Rasignano.
I consoli e consiglieri di Rosignano, per la morte di Lorenzo il Magnifico, avvenuta in Firenze 1' 8 Aprile 1492 scrissero, in data 24 Aprile 1492, al figlio Piero la seguente lettera :

« Mandiamo alla vostra Magnificentia Ser Piero di Giuntino et Martino di Luca carissimi nostri imbasciadori di nostro Comune et di nostra intentione pienamente informati et maxime di dolersi della morte della optima memoria della magnificentia di Lorenzo sapientissimo genitore di Vostra excellentia et a noi et a nostra Comunità padre protectore et benefactore singularissimo. Pertanto degnisi a quelli benignamente intendere et prestare indubitata fede sicome alle nostre persone a quanto in nostro nome sarà exposto a vostra Magnificentia, alla quale sempre ci raccomandiamo offerendo alli suoi beneplaciti noi et tutto questo Comune in havere et in persona paratissimi: che l'Altissimo perpetuo prosperi et feliciti. »
E a Piero de’ Medici, succeduto al padre Lorenzo nella reggenza della repubblica fiorentina, Rosignano continuò a mandare ambasciatori per le diverse sue occorrenze, tra i quali Baldassarre di Piero e Luca d'Ardito nell' Agosto 1492.

Come si e detto, i Medici venivano a caccia nei boschi di Rosignano e nel padule di Vada come si rileva da

alcune lettere che qui si riportano: Una è del 4 Gennaio 1492, scritta da Gismondo e Pulidoro da Rosignano a Piero de' Medici.
« Per Girolamo cavallaro intendemmo come V. Magnificentia, desiderava fare la chaccia della macchia di Vada, et alla intesa di essa noi mandammo a vedere come in dicta macchia sia stato tucto quest' anno riguardata e così il paratino che 1' uno e 1' altro habbiamo facto salvare per rispetto alle aque grande et a jacciori che sono suti in dicta macchia di Vada non è restata bestia salvaticha di niuna ragione. Et veduto in dicta macchia non essere bestie sono stato già giorni tre da Cecina in là et facto cercare dicto paratino dalli uomini di Bibbona e di Casale perché sono vicini a dicto luogho.  Loro mi riferiscono in dicto luogho essere qualche bestia porcina et cervi assai che giudichano che tucte le bestie erano nella macchia di Vada siano riducte quivi et benché il luogho sia largho non mancherà nè huomini nè lacci che noi non facciamo quello richiede al debito nostro, quando V. M.tia  voglia fare quella.  Lo latore della presente, il quale è stato meco già tre giorni a cercare dicta chaccia, riferirà a V.a M.tia tucto lo intero a bocca. » Si stralcia da un'altra lettera del 23 Dicembre 1494 di Sismundo di Giovanni da Rosignano allo stesso Piero ode Medici la parte che si riferisce alla caccia:
« Circha alla chaccia di Vada ho fatto vedere e mi ha fatto sapere v' è de' cervi assai ed anche qualche porcho quando a vostra Magnificentia piaccia di venire avemo caro averne aviso et anche non parendo venire e dandociene aviso c' ingiegnieremo di farla et quello si farà sarà fatto per Vostra Magnificentia alla quale sempre mi rachomando, ecc. »
Riprendendo a parlare della famiglia, de’Medici, risulta che, dopo la cacciata di Piero di Lorenzo da Firenze, e dopo la caduta della repubblica in seguito alla morte di Francesco Ferruccio nella battaglia di Gavinana avvenuta il 3 Agosto 1530, anche i Granduchi, da Cosimo I.°  in poi continuarono a recarsi a Rosignano per la, villeggiatura e la caccia. Intanto è certo che Francesco Ferruccio nel Luglio 1530, reduce da Volterra e diretto alla difesa di Firenze minacciata dal principe d' Orange per istigazione di papa Clemente VII di casa Medici, sostò con le sue truppe a Rosignano, pochi giorni prima del suo eroico sacrifizio a Gavinana.
Il duca Cosimo I.° con la sua famiglia, e poi i suoi successori, abitavano nel Castello, e pare anche in case prossime alla Pieve, e nell'anno 1562 nel mese di Ottobre vi contrassero febbri maligne i suoi figli Giovanni, cardinale, e Garzia e, a distanza di pochi giorni, ne mori­rono entrambi. Lo storico Galluzzi riporta, una lettera di Cosimo I.° al figlio primogenito Francesco, che in quel tempo si tro­vava presso la Corte di Spagna nella quale, dandogli notizia della morte dei due suoi fratelli, aggiungeva che anche a Fiorenza, vi si era ammalato « il 70 per cento degli abitanti, ma qui pochi ne periscono: cosi va,  facendo questa influenza per queste parti. »
Sembrerebbe quindi che la morte di Giovanni e di Garzia de' Medici fosse dovuta ad influenza che così chiamavasi anche 360 anni fa la nota malattia dei nostri tempi. Sulla morte dei due giovani hanno fiorito diverse versioni; alcuni dissero che Giovanni era stato ucciso dal fratello per ragioni di gelosia amorosa, ed il padre, furente, avrebbe ucciso di propria mano Don Garzia. Il Settimanni attribuisce la morte del cardinale ad un incidente di caccia, per cagione di un capriolo, la cui uccisione era contesa fra i due fratelli e, nella rissa che ne seguì, Don Garzia avrebbe ferito in una coscia il fratello; ferita che ne cagionò la morte e il padre Cosimo I.° fuori di sé al tremendo annunzio, avrebbe ucciso Don Garzia. Questa versione del Settimanni e stata riportata poi in molte delle storie del Granducato di Toscana e dell' Italia.
Il granduca Francesco, figlio di Cosimo I.° ed i successori visitavano pure Rosignano ed appunto nell' anno 1574, mentre Francesco, con la granduchessa Giovanna d'Austria sua consorte, prima della celebre veneziana Bianca Cappello, e con la sorella Isabella Orsini, trucidata poi dal marito, si trovavano a Rosignano, Don Giovanni d'Austria, il vincitore della battaglia navale di Lepanto (7 Ottobre 1571) contro i Turchi, approdò con la sua flotta nel porto di Vada, ove era atteso e dove fu accolto con grandi feste dal Granduca, dalle Granduchesse e dai loro seguiti, sulle galere di S. Stefano. Don Giovanni d' Austria salì sulla capitana di S. Stefano ed insieme agli ospiti sbarcò a terra e sarebbero tutti saliti a Rosignano, se il tempo, repentinamente cambiato, non avesse obbligato Don Giovanni a riprendere con sollecitudine il mare per recarsi in Ispagna, ove la sua armata era diretta.
Anche gli Arcivescovi di Pisa, che a Rosignano continuavano ad avere vaste possessioni, venivano a villeggiare qui, ed il loro palazzo era quello delle logge, oggi di proprietà Benetti, oltre alla fattoria in castello. Nel castello appunto, sopra la porta esterna della sala del Consiglio Comunale, si conserva uno stemma arcivescovile in marmo ove sono scolpiti due leoni rampanti ai lati di un pino; stemma sormontato dal cappello arcivescovile con tre ordini di nappe, ed appartenente alla nobile famiglia pisana dei Franceschi. Questo stemma è del 1785 circa e stemma analogo è apposto sopra una finestra del seminario di S. Caterina a Pisa. L'avv. Berti, nella sua memoria pubblicata nel 1891, scriveva : « i nostri vecchi ricordano ancora, la munificenza quasi regale e lo splendore con il quale l'arcivescovo Alliata convitati i maggiorenti del luogo, assisteva alle caccia ed alle giostre amorose dei suoi superbi stalloni. » 
Dalla "Monografia storica del comune di Rosignano Marittimo" di Pietro Nencini pubblicata nel 1925, scaricabile dal sito.

Rosignano Marittimo - Ieri