Attilio Teruzzi gerarca fascista, acquista il Kursaal e nel 1932 lo trasforma nella sua
sontuosa Villa Celestina con tanto di parco rigorosamente
recintato e di attracco privato sul mare, qui organizza
trattenimenti
e serate da favola. Costanzo Ciano e la medaglia d'oro Igliori
sono gli ospiti di ogni estate. Il Ministro delle
Comunicazioni gioca a bocce nei campi sotto i pini, ai lati
del viale d'ingresso mentre l'ufficiale con l'alta decorazione
è un diavolo scatenato al tavolo del poker e della telesina.
Nutrita
e di alta genealogia la rappresentanza della nobiltà con
alla testa i Vivarelli-Colonna ed i duchi di Cesarò,
stelle della costellazione dei marchesi, dei conti (e
soprattutto delle contesse) e dei baroni, immancabili nella
stazione balneare.
Tanta
gente, tantissima bella gente di varia estrazione, ma
fedelissima ad ogni appuntamento estivo. Queste citazioni rendono un'idea di quanti e quali personaggi e
delle splendide donne che animano nel decennio ogni estate
castiglioncellese.
Breve sintesi dai volumi "Quaderni di
storia" di Celati - Gattini. Il volumi sono acquistabili
direttamente online dall'editore IEPI
I coniugi Marcello Bartoletti e Matilde Volterrani
gestiscono
Villa
Celestina
fino al
1955. Nei primi anni 50
villa
Celestina
(demaniale,
ma
affidata
in
comodato
al
Comune)
ospita
il
Circolo
Forestieri
e l'AAST
(Az.
Aut.
Sogg. e
Turismo)
che vi
crea una
sala da
gioco.
Al suo interno nascono
locali famosi come: La Riviera degli Etruschi negli anni '60, Intra's Club nel parco di
Villa Celestina, Il Cardellino sulla terrazza adiacente al cinema e al
tiro a volo, La Lucciola, La Biscondola che poi diventerà Ciucheba.
Tutto
finisce
agli
inizi
anni '80
per
ragioni
di
sicurezza.
La lunga storia di Villa
Celestina
Il 1915 è la data di costruzione di un fabbricato
residenziale non ben definito che più tardi diventerà
villa Celestina. Nel 1919 Odorico del Fabro proprietario
dell'area comprendente la pineta, avendola acquistata
dal barone Patrone qualche anno prima, ne fece il
circolo Kursaal (dal tedesco sala di cura), dove si svolgeva la vita sociale delle
famiglie «bene» dell'epoca, per quanto fosse un locale senza
particolari pretese, ma non c'era altro da scegliere. Il 21 maggio
o forse il 25 luglio 1919, aprì come
circolo gestito da Angiolo Gabriello Bellucchi. Nel 1922
ebbe
inizio una lunga vertenza tra l'Amministrazione Comunale
fascista di
allora che intendeva destinare la pineta ad uso pubblico e la società
"La Pineta" proprietaria dei terreni
dell'attuale pineta Marradi. Dopo circa un anno l'avvocato
del Fabro, rimase
padrone della sola villa, il resto passò al Comune. Nel 1930
la proprietà fu acquistata all'asta, dal generale
Attilio Teruzzi allora Capo di Stato Maggiore della
Milizia, amico di del Fabro a costo irrisorio a causa
della disastrata situazione economica dell'avvocato. Il
Teruzzi riottenne dal Comune anche parte del terreno
adiacente (il cinema di oggi) in cambio di un contributo
per il costruendo acquedotto di Castiglioncello. Tutta
la complessa trattativa fra Teruzzi, del Fabro e
Amministrazione fascista, che porta il gerarca alla
proprietà della villa e della vasta area di pineta, non
è priva di ombre. Nel
1931 Teruzzi affidò la
ristrutturazione dell'immobile all'architetto Vittorio Cafiero di Roma
che con l'impresa romana Marigo, dette alla villa
l'aspetto attuale costruendo nel 1935, anche la adiacente casetta
del custode (oggi sede della Guardia Costiera) abitata dalla
famiglia Pizzi di Castiglioncello. Nella
ristrutturazione furono introdotti elementi tipici del
razionalismo italiano e fu purificato l'edificio da
qualsiasi elemento decorativo, inoltre fu una delle prime
realizzazioni dove si fece largo uso di cemento armato. (Il nome Celestina
voluto dal proprietario, era della
madre di Teruzzi). Nel 1932 i lavori furono ultimati e nel
1938 fu allacciata al civico acquedotto. Nel
decennio fino alla guerra, la villa fu sede delle
favolose feste organizzate dal gerarca, sempre presenti
i Ciano di Livorno insieme ai più importanti gerarchi
italiani. Nel 1939 furono presentate le planimetrie al
Catasto di Livorno a firma dell'ing. Aldo Lori. Con
l'arresto di Teruzzi nel '43 e la fine
della seconda guerra mondiale villa Celestina finisce al centro
di una trattativa fra la figlia del Teruzzi ed il
Demanio che ne rivendicava la proprietà, ottenendola nel
1948 per rinuncia della controparte. Diventò quindi proprietà dello Stato come bene di guerra e data in uso
all'Amministrazione Comunale. Nel 1950 fu adibita
a
"Circolo Villeggianti (o forestieri)" ed in parte a sede
dell'A.A.S.T. che vi aprì anche una sala da gioco assai
frequentata. Seguì l'uso come sala da ballo, finchè nei
primi anni '60 il locale da ballo divenne la "Riviera
degli Etruschi" per opera di un milanese ed ospitò i big del periodo. Negli anni
'70 dopo una parziale ristrutturazione del seminterrato nacque la discoteca «1001 Club»
gestita da Vasco Meini, che chiuse nel 1981 per problemi
di sicurezza, seguita a breve da tutto il fabbricato per
mancanza di manutenzione da parte del Demanio. Dal 1973
il Comune aveva in corso trattative per l'acquisto
dell'immobile o l'affitto dell'immobile, ma trascorrono
più di venti anni durante i quali l'edificio rimane
abbandonato. Lo stato è ancora proprietario del
fabbricato, della dependance e di buona parte della
pineta circostante nella quale esercitano in concessione
minigolf e cinema estivo.
LE DATE IN SINTESI
1910 - 1915
- Anni di costruzione del corpo centrale della Villa che
si articola su due piani.
21 Maggio 1919 - L’immobile, diventa “Kursaal”,
fulcro della vita mondana di Castiglioncello e vi si svolge la
vita sociale delle “famiglie bene” dell’epoca.
Fine anni Venti - La Villa viene acquistata dal
Generale Attilio Teruzzi, che la trasforma da Circolo a
residenza privata. Nella ristrutturazione vengono introdotti
elementi architettonici/ tipologici del Razionalismo italiano.
1932 - I lavori di ristrutturazione della Villa
vengono terminati. Il seminterrato viene adibito ad abitazione
dei custodi. Nel 1935 il Teruzzi fa costruire una dependance per
i custodi.
1938 - La Villa viene allacciata al civico
acquedotto.
1939 - Vengono presentate le planimetrie
all’ufficio del Catasto di Livorno.
Fine seconda guerra mondiale - La Villa diviene
proprietà dello stato italiano (bene di guerra) e data in uso,
previa concessione, all’Amministrazione Comunale.
1950 - Viene adibita a Circolo Forestieri.
1960/1970 - Diviene la sede dell’Azienda Autonoma
del Turismo e Soggiorno. Alcune sale della Villa vengono
utilizzate come spazi espositivi per mostre e per sedi di
Convegni. Il seminterrato è concesso in uso come discoteca “1001
Club”.
Agosto 1973 - Prima delibera del Consiglio
Comunale per l'acquisizione della Villa
1981 - La Villa viene chiusa al pubblico
2002 - Viene approvato il progetto di restauro
come "Centro di Biologia Marina dell'Università di Pisa". L'iter
burocratico è stato ventennale.
2008 - Dopo 27 anni di abbandono, inaugurazione
con taglio del nastro da parte del sindaco A. Nenci, del
ministro A. Matteoli e dell'ex sindaco Simoncini, che nel 2001,
firmarono il protocollo d’intesa tra l’Università di Pisa ed il
Comune. Costo 2.800.000 euro.
2010 - A due anni dall'inaugurazione ufficiale,
Villa Celestina apre finalmente all’Università di Pisa. Sancito
il via alle attività del dipartimento di biologia pisano, mentre
le lezioni inizieranno con l’anno accademico 2010/2011.
2011 - Villa Celestina, accoglie per la prima
volta una sessione di laurea del corso di laurea specialistica
in biologia marina. I tre candidati sono quindi i primi tre
laureati a Castiglioncello.
2014 - L'uso
universitario non ha seguito e viene proposto l'uso come caserma
per la Guardia di Finanza, ma il CRM non è d'accordo.
Ma veniamo alla
storia più recente. Il Comune con un contratto del 1998 diventa
locatario per 19 anni e finalmente dal 2003 ne ottiene la
cessione per uso pubblico ed il restauro come sede distaccata
della Facoltà
di Biologia Marina dell'Università di Pisa e parzialmente per
uso locale. Il Ministero contribuisce al finanziamento con un
milione di euro, per il laboratorio di ricerca. Il Comune invece
si attiva per un centro di educazione ambientale, con
finanziamenti comunitari. Nel 2007 il lavoro è terminato e sono
in corso lavori sul viale di accesso e arredo. L’immobile quindi
sarà utilizzato come laboratorio di ricerca dell’università per
studi di ecologia marina, biologia degli organismi marini e di
ecologia dei vegetali della fascia costiera (sede distaccata del
dipartimento di Biologia) e come centro di educazione
ambientale. Ospiterà corsi di formazione, seminari e convegni.
L’università svolgerà attività didattica e di ricerca con
proprio personale e proprie attrezzature nei locali del
seminterrato, primo piano e secondo piano per un totale di
660 mq. I locali al piano rialzato, con 270 mq., ospiteranno il
centro di educazione ambientale, gestito dal Comune con proprio
personale e proprie attrezzature. I costi di gestione annui a
carico del Comune come locatario, sono stimati in 54.000 euro,
rimborsati dall’università per il 55%. Il Comune si accolla la
manutenzione straordinaria, l’università quella degli impianti e
si impegna ad istituire un punto di accoglienza e informazione
per studenti nel Comune di Rosignano Marittimo. La convenzione
ha validità di 5 anni, rinnovabile. Finalmente inaugurazione
il 17 maggio 2008 dopo 27 anni di abbandono, con taglio del
nastro da parte del sindaco A. Nenci, affiancato dal ministro
Altero Matteoli e dall'ex sindaco Simoncini, che nel 2001,
firmarono il protocollo d’intesa tra l’Università di Pisa ed il
Comune, ed dal rettore Marco Pasquali. Costo 2.800.000 euro.
(1.000.000 dal Ministero dell’Ambiente, 1.300.000
dell’Amministrazione comunale, 300.000 dall’Università e 200.000
dalla Regione Toscana).
Nei primi anni del
dopoguerra, villa Celestina ed il bagno sottostante erano il
regno di Vinicio Prunetti, classe 1927, sovrano indiscusso
dell'ambiente. Aveva cominciato come bagnino, all'Ausonia, nel
1944 quando il fronte era passato da poco. Nel 1950 l'Azienda
Autonoma di Turismo volle creare uno stabilimento balneare
appartato e tranquillo dove far confluire tutte quelle
personalità del mondo politico, del Vaticano o di un certo mondo
sociale normalmente ospite delle grandi ville e del castello
Pasquini. Vinicio fu chiamato a gestire questo angolo di
Castiglioncello: la famiglia dei conti Pasquini che arrivava con
Cadillac nera armata di bandierine azzurre sul parafango
anteriore sinistro e autista in divisa, Arduino, sempre
impettito e impassibile (l'auto un bel giorno prese fuoco e
bruciò totalmente, nonostante l'intervento dei pompieri di
Livorno). Poi c'erano le cugine del re coi capelli riuniti a
crocchia, Adelaide Massimo di Savoia, i principi Massimo di
Savoia con i ragazzini, Julie Adams affermata attrice americana
moglie di un principe Massimo di Savoia, Linda Christian, moglie
di Tyrone Power, ma forse diventata più famosa come suocera
di...Al Bano, la moglie di Gassman e ogni tanto lo stesso
Vittorio. Poi Massimo Serato e Giretti, nonché per due anni il
presidente della repubblica Gronchi e il presidente del
consiglio Pella che, con la figlia Wanda, soggiornava a villa
Celestina, allora albergo. Giulietta Masina e molti personaggi
del mondo della finanza che non amavano troppo mettersi in
mostra. La guerra era finita da poco con i suoi dolori e le sue
miserie e si cominciava a vivere senza pensieri con i primi
soldi in tasca e con l'ottimismo nel cuore. Si ricominciavano a
vedere le bellezze della vita e le bellezze sulla spiaggia,
erano i tempi delle avventure spensierate e delle macchine
scoperte...(Da:
"Dar
tempo dell'etruschi ar tempo de' caini"
di Castaldi-Lami-Marianelli, scaricabile dalla sezione
Scaricolibri del sito)
Biografia di Attilio Teruzzi nella sezione
PERSONE
VILLA CELESTINA
Il Kursaal (questo era il nome del locale
da ballo) in pineta,
aperto nella serata del 21 maggio 1919, cessa la sua attività alla fine
degli anni venti. Viene poi acquistato dal Generale della Milizia Attilio
Teruzzi per farne la sua residenza privata, sul mare, in una posizione tra
le più suggestive del mondo. La ristrutturazione del fabbricato è
affidata al grande architetto Vittorio Cafiero di Roma, che amplia
l'edificio mantenendone tuttavia i volumi esistenti. Si nota infatti che
sia le altezze del piano seminterrato che quelle dell'ultimo piano
risultano invariate. Notevoli invece, i miglioramenti nella disposizione
dei trenta vani complessivi ricavati nel corso dei nuovi lavori, con
introduzione di linee tipiche del Razionalismo Italiano e con la
sparizione di qualsiasi precedente elemento di decorazione in una voluta
«purezza» stilistica. La villa è chiamata «Celestina», dal nome della
madre del nuovo proprietario, il parco è subito delimitato da un più
alto e completo muro di cinta, l'abitazione dei custodi è nei locali
inferiori. Nel 1935, però è costruita una dependance, lì accanto, nel
solito e rigoroso stile, dove va ad abitare la famiglia Pizzi mentre sulla
spiaggia, pure chiusa da grandi reti, vengono realizzati due moli per
l'attracco delle barche e dei motoscafi. Nel
1932 Teruzzi comincia ad abitare nella villa adagiata in pineta. È alla
soglia dei cinquantanni (ne ha quarantanove, per la precisione). Ha una
figura sempre imponente, anche se un tantino appesantita ma vigorosa, petto
in fuori, il viso squadrato e dai tratti marcati, con una grande barba, due
baffi maestosi. Non è molto alto ma con il suo atteggiamento marziale
incute rispetto. Tuttavia è un vero e proprio gaudente, ama circondarsi di
oggetti lussuosi e vivere addirittura al di sopra dei suoi mezzi pur
ingenti. Viene dai ruoli effettivi dell'Esercito. Milanese, aderisce nelle
primissime ore al movimento fascista e abbandona la carriera militare per
entrare nelle squadre d'azione e partecipare alla Marcia su Roma. Diventa
gerarca di prima grandezza con i suoi incarichi e le sue attività nella
Milizia (dove raggiunge la vetta di Luogotenente Generale) e di Governatore
della Cirenaica. Partecipa poi, alla guerra d'Abissinia al comando della
divisione di Camicie Nere «Primo Febbraio» che poi lascia alla guida di
Vittorio Vernè. Viene nominato, dopo la conclusione della conquista
etiopica, Ministro per l'Africa Italiana anche per l'interessamento di
Costanzo Ciano, suo sincero amico, ed è il suo più prestigioso traguardo. Arreda
Villa Celestina con vero e proprio sfarzo. Mariso Quaglierini ed io più e
più volte chiediamo a Benito Pizzi di poterla visitare. Tutti e tre siamo
alunni delle elementari e nella stessa classe, si capisce, anche perché
nati a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro. In un pomeriggio d'inverno
Benito ci accontenta. «Facciamo presto, facciamo presto, guai se ci trovano»
ci dice anche se in quel mese e in quel giorno la villa è deserta. Comincia
così la nostra rapidissima scorribanda fra sale e saloni, camere e stanze
per la lettura, la biblioteca, i biliardi ed altre arredate con una serie di
tavoli eleganti, ricoperti di panno verde e decorati da portaceneri
preziosi, per il bridge ed il poker. Ma, stranamente, c'è una cosa che mi
colpisce e che non ho mai dimenticato. Si tratta delle «toilette»,
rilucenti di fughe di specchi, di mensole con i profumi francesi di maggior
pregio racchiusi in ampolle di diverso conio, ma tutte di raffinato
splendore, per me che non le avevo mai viste neppure in vetrina, di scaffali
magnifici a parete intera sopra il fulgore lucente degli specchi che Benito
man mano illumina, accendendo l'interruttore. Rammento i rubinetti e me li
ricordo d'oro. Forse erano d'oro davvero o forse abilmente dorati, non l'ho
mai saputo. Rammento i panchetti, filettati con fregi rilucenti. Sono
immagini di una visita fugace, che sono rimaste dentro di me, come una
sequenza cinematografica di sontuoso andamento. Fino
dall'inaugurazione della villa, pur fatta di sera ed anche senza troppi
clamori, in sede locale, sono assunti alcuni abilissimi cuochi, una schiera
di camerierine di alta professionalità, di quelle così descritte «con il
nasino all'insù», addirittura capaci di incutervi una certa soggezione.
Servono pranzi di gala, preparati con raffinata inventiva da una governante
svizzera, dal sicuro talento. Sono convivi di gran classe, con pietanze
francesi che hanno per tema dominante un «colore»: qualcosa di incredibile
per un gerarca che pur si circonda di gran lusso. In effetti l'allora Capo
di Stato Maggiore della Milizia, dopo qualche tempo, si stanca delle trovate
singolari della governante svizzera e dei suoi piatti elaborati e la sistema
altrove. Preferisce ritornare alle spaghettate, ai tortellini ed ai ravioli.
Ma a Villa Celestina e in tutto il personale, resta l'impronta della
elegante compostezza e della personalità della ex direttrice venuta
d'Oltralpe. Rimbalzano
gli echi di strepitose partite di poker e di «telesina» che nell'apposita
sala della villa biancoceleste si prolungano fino all'alba. Più che echi
sono bisbigli che dilagano prima in piazza poi in tutta Castiglioncello, in
un concerto sempre più sussurrante e per niente segreto. Hanno, spesso,
riscontri probanti. È il caso di quando Donna Antonietta Molinari, che è
una delle più ferventi sostenitrici delle opere assistenziali di Don Carlo
Gradi, vende di colpo, a sorpresa, due tenute, l'una a Rosignano Marittimo e
l'altra a Gabbro. In questo caso la dama romana non potrà più rimproverare
alle donne di servizio di aver comprato dalle «gabbrigiane» i prodotti dei
suoi poderi. È stato un gesto forzato. C'è infatti, da onorare una
cambiale di vertiginoso importo rilasciata dal figlio, giocatore accanito e
quasi sempre sfortunato, alla medaglia d'oro Ulisse Igliori, «vincente»
per antonomasia. Al tavolo, in quella notte lunga e sfrenata, oltre allo
stesso Teruzzi anche un industriale milanese ed una matrona varesina,
descritta con eterne gocce di sudore sul labbro superiore e con occhi
grifagni. Giochi
di carte ed anche di biliardo in una ridda di abiti «firmati» dai più
noti stilisti di Parigi, Torino e Firenze, indossati con grazia e talvolta
con una certa audacia per le più profonde scollature, da incantevoli dame.
Poi fumo, tanto fumo di tabacco pregiato. Benito Pizzi confida a Mariso ed a
me che le marche italiane, stando ai pacchetti vuoti, si limitano alle «Principe
di Piemonte» ed alle «Eva». Preferite invece le sigarette estere, in
particolare le «Xanthya» di forma ovale e con il bocchino d'oro venute
dall'Egitto, le «Balto», le inglesi «Navy Cut» e «Dunhill», le turche,
le «Muratti» svizzere e le americane dall'aroma intenso come le «Camel»
che diventeranno celebri dopo il passaggio del fronte. Nuvole di fumo,
effluvi aromatici di tabacchi di gran lusso, pacchetti vuoti, ma di insolita
e raffinata fattura praticamente mai visti e conservati come reliquie. Sui campi di bocce ricavati nel
parco si notano spesso Costanzo e Galeazzo Ciano attorniati da altri
importanti gerarchi milanesi e toscani, Edda prende il sole sulla terrazza,
Marzio Ciano, il primogenito, talvolta dorme nella carrozzina sotto i pini e
appena più grandicello, ci confiderà tranquillo che suo nonno Benito «ha
un gran testone». Fotogrammi colti d'improvviso nell'arco di quasi un
decennio. Le feste a Villa Celestina, poi. Non si sa come tutta
Castiglioncello ne indovina le date. Questo si deve agli approvvigionamenti
straordinari nei negozi locali ed alle indiscrezioni di Ali, il fedele
intendente nero del Ministro dell'Africa Italiana. Così, subito dopo il
tramonto, la popolazione si raccoglie in attesa fra il cancello del Miramare,
la casa del Fascio e l'ingresso del viale che conduce alla villa, presidiato
appunto da Ali in uniforme bianca, di gala, e dai suoi ascari. È Ali,
piuttosto alto, abbastanza aitante pur nel fisico asciutto, vestito
normalmente con camicia e pantaloni corti di color «coloniale» e con in
testa un fez rosso con la nappa nera, tutto sommato assai simpatico. La
gente fa ala, in due file che si ingrossano sempre più, ed osserva. Uomini,
donne e bimbi sono cordialmente frammisti quasi come in parata. C'è,
infatti, un silenzio non assoluto, ma composto, rispettoso, nell'attesa.
Cominciano a passare le prime, lucide, possenti auto di un lungo,
fantasmagorico corteo. Scivolano - e sembrano non far rumore - sulla ghiaia
della strada in pineta le pur potenti «Alfa Romeo», le «Lancia Dilamba»,
le «Bianchi» ma anche la prestigiosa «Bugatti» bianca di Luchino
Visconti e quella di Pier Francesco Nistri, le monumentali «Hispano Souza»,
e perfino qualche meravigliosa «Rolls Royce». Occhi spalancati, sgranati,
di fronte a tante lucenti meraviglie. Esclamazioni ammirate, di vario
contenuto, mentre dalle macchine scoperte si intravedono i cappelli e i
mantelli di sogno delle dame. Figurarsi i vestiti. Si dice che sia abituale
la presenza di una dama greca di fantastica e quasi incredibile bellezza. Si
fanno notare alcune brune esponenti dell'aristocrazia spagnola e le più
note dive dello schermo nazionale. Ma il personaggio femminile che più
colpisce è quello di una nobile tedesca, Grafit Von Foemina, ambigua,
misteriosa, affascinante. La voce popolare le affida subito l'intrigante ed
enigmatico ruolo di spia nazista. Gli immensi lampadari dei
saloni riverberano sulle terrazze, del pari decorate di festoni luminosi,
cascate di luce. Fanno da contrappunto a quelle, più fioche dei lampioni
disseminati nel parco, in specie ai lati del viale dove sostano, l'una
accanto all'altra, le macchine più belle e famose. Cocktails, in terrazza,
bibite decorate da frutta e da fiori, champagne. Poi le note dell'orchestra
che interpretano i motivi di maggior successo del mondo intero. La
popolazione non lascia la pineta, resta ad orecchie tese, quasi in
raccoglimento. Solo al vicino Tennis Club gli irriducibili continuano gli
interminabili «bridge».
(da: "La
ciminiera dimezzata" di Celati - Gattini)
Le feste a Villa Celestina
La forte perdita al
gioco di mio padre avvenne durante una delle tante feste date da
Attilio Teruzzi nella sua villa di Castiglioncello, una grande
casa bianca e azzurra stile “900”. Il gerarca aveva la nomea di
essere un gaudente, un avventuroso
che spendeva più di quanto guadagnava. Teruzzi cercava non tanto
le affermazioni personali quanto i mezzi, la posizione sociale
che gli consentisse di vivere come piaceva a lui, lussuosamente.
Quella sera la
mamma ed io stavamo uscendo dal cinema, eravamo andate a vedere
un cartoon all'”Arena Littorio”,(oggi
caserma Carabinieri ndr)
e a mia madre venne in mente di passare a prendere papà da
Teruzzi...Due
ascari, in divisa kaki e fez in testa, aprono i cancelli ad una
limousine blu scuro. Ne scende una bellissima donna in abito da
sera, alta, snella, un disegno ad inchiostro di china. E’ Hertha
von Foemina, così si faceva chiamare, una mantenuta del Reich in
odor di spionaggio. Era bella anche per quello, una creatura
fredda, attenta a tutto, mente e corpo, dotata di un’inquietante
alterezza. Una scia di profumo!...Teruzzi, salutata brevemente
la mamma, va incontro alla bella tedesca. Attilio aveva l’occhio
lucido per qualche libagione in più; un uomo sicuro di sé,
eretto sulla schiena, col torace bene in fuori - secondo la
cultura fascista - senz’altro attraente. «Grafin von Foemina!»
Si baciano. Lei bacia l’aria con disinvoltura, il gerarca la
guancia di lei, con un sonoro schiocco. Un comportamento un po’
volgare, ma che viene tollerato come omaggio al sesso femminile,
allora molto quotato. Un gruppo di dame in agguato alza il capo
dal tavolino da gioco: «Ma che contessa! quella è una tale...»
esclama viperina la Memmy Strozzi, una brachicefala di lusso
alla Pitigrilli, che è marchesa per davvero. La Memmy era figlia
di Vittorio Corcos, quel famoso pittore alla moda che doveva
farmi il ritratto. Giovanissima era andata sposa ad un rampollo
degli Strozzi, che - si diceva - non aveva tutte le rotelle a
posto, dal quale aveva ereditato nobiltà, ricchezza ed un
esaurimento nervoso. Spesso, la mattina, usciva dalla sua villa (poi villa Sordi
ndr) in vestaglia,
un voile lilla, che ancora ricordo, per in trattenersi per la
strada con chiunque volesse ascoltarla...Sui pranzi che dava
Teruzzi non c’era niente da ridire. I cibi erano preparati da
abili maestri cucinieri. Un’esperta governante svizzera, con
un’inventiva tutta sua personale, progettava dinners bleu per i
poeti, verts per i pittori, mauves per i letterati; ma Teruzzi,
si stufò presto di tutte quelle cretinerie - così le chiamava
lui - e la licenziò, tornando alle sane spaghettate ed ai
tortellini in brodo. La governante, però, prima di andar via,
aveva lasciato tracce tangibili della sua bravura: un personale
di servizio scelto, di una razza ormai estintasi per sempre,
eccessivo per una persona come il Teruzzi...Ad
un certo punto della serata io, come fanno spesso i bambini,
chiesi di andare a fare la pipì. Non di dimenticherò mai gli
splendori di quella toilette, pari, forse, a quella della
residenza romana di Roland Brancaccio. Quel budoir con scaffali
a parete intera su specchi illuminatissimi pieni di profumi:
Penhaligon, Fioris, Guérlain, con le sue ampolle di Baccarat,
Yardley, Piver, ecc.ecc... Il servizio al bagno era poi degno
dei più raffinati bordelli di Parigi. La cameriera addetta al
lavabo era stata, anche lei, scelta con gusto parigino...Un
omaccione romano, che faceva l’autista da Teruzzi, diceva di
averla vista, da giovane, in una maison close di Matilde Ceroni,
nota proprietaria di molti postriboli della capitale. Al buffet,
sistemato sulla terrazza, sapienti camerieri in giacca bianca
creavano silenziosamente favolosi cocktails per far delirare.
«Un Senatore!» e il barman versava in una mezza coppa di
champagne piccole dosi di cointreau, di curacau e di apricot
brandy. Nella grande pineta del giardino di Teruzzi, fuori
quadro, fanno la guardia gli ascari, altissimi, capeggiati dal
fedele Alì. Una coreografia, forse un’abitudine militare del
gerarca perché, allora, nessuno aveva bisogno delle guardie del
corpo, anche se sotto le parole “scorta d’onore”, c’era sempre
lo zampino della polizia di stato. Grafin von Foemina, beve
champagne a piccoli sorsi, come una vera signora. La Memmy
Strozzi, la osserva da lontano, non benevolmente, con i suoi
occhi dilestrini, leggermente strabici. La differenza tra le due
donne era notevole: la tedesca, malgrado ce la mettesse tutta e
fosse anche brava, non riusciva a convincere. La marchesa
Strozzi, invece, era proprio come si pensava dovesse essere una
vera aristocratica: alta, slanciata, con capelli biondi a
cespuglio, tagliati con la sagoma trapezoidale di un copricapo
faraonico; una donna à la page. Aveva atteggiamenti di
sufficienza, di alterigia, con improvvisi tratti di inaspettata
confidenza. Un’agrafe di diamanti, appuntata su una sciarpa
grigia, di satin, per coprire le pieghe del collo un po’
sciupato, brillava di regalità, di potere.
Un uomo dai capelli brizzolati, distinto, ben vestito, un
classico e patetico escort, che giocava al tavolo con la Memmy,
per compiacerla le sussurra: «Quella è una cocotte! L’ho vista a
Parigi esibirsi alla “Coupole”!» «Da Attilio si può incontrare
di tutto...» ribatte, freddissima, la Memmy. «Non è vero! E,
comunque, lui non può essere responsabile della moralità delle
persone che invita. Ci sono troppe false dicerie sul suo conto!
Attilio, da quando ha avuto la bambina, che adora, ha messo la
testa a posto», replica la signora Monti, proprietaria
dell’Hotel Miramare, il più elegante di Castiglioncello, situato
vicino la villa di Teruzzi. «Ha uno stomaco!» seguita la Memmy,
ignorando completamente la Monti, «uno stomaco che può digerire
roba in continuazione; che volgarità! Ha fatto bene Corè a non
venire. Sapete? Corè è da me. E’ arrivata ieri con quella sua
grande scimmia». Poi, contrariata, soggiunge: «Però, che idea
portarmi quella bestiaccia in casa! ma dice che non se ne può
separare, che la scimmia è tanto buona, che è innamorata di
lei». Corè era la marchesa Casati Stampa di Soncino,
quell’intelligente, stravagante signora che Gabriele d’Annunzio,
ispirandosi alla leggenda di Persefone, aveva soprannominato
Corè, da Kòre, il nome greco della dèa. Nella mia mente c’è un
ricordo fotografico di tutte queste persone. Teruzzi in bianco,
di non distinta presenza, un po’ tracotante, uomini in dinner
jacket, in smoking blu notte, o solo vestiti di blu, di lino, di
shantung; i camerieri con giacche dagli alamari dorati e guanti
di filo bianco, gli ascari in divisa kaki e fez rosso,
completavano il quadro maschile. Le donne erano tutte soignées.
Con soignées si intendeva dire che le toilettes ed i gioielli
erano costati ai propri amanti o mariti delle vere fortune.
Erano dette soignées anche le settantenni, se portavano grossi
brillanti sulle dita nodose, tanto splendidi da far dimenticare
gli orrori della loro decomposizione fisica, vanamente
ricomposta da un abile trucco parigino...Come
leggere folate d’aria, arrivano i commenti nervosi di qualche
giocatore che perde. Gli uomini sanno di tabacco inglese, di
colonie di lusso. La pelle accaldata ormai ha preso l’odore
della seta, l’odore fruttato del tussor, l’odore
dell’oro! Cesare Zanotti, un ragazzo troppo voyant, con un
vestito di shantung azzurro cina e cravatta di seta rossa,
accende una sigaretta a Baby Ragghianti, una giovane molto
carina, già divorziata da un comandante di marina. E’
elegantissima, vestita con un imprimé di seta molto colorato,
corto, con al collo una collana di zaffiri. Cesare le parla
sottovoce contro la bocca, mentre un giovanotto biondo, che
porta negligentemente un abito di lino tutto spiegazzato, li
guarda come per caso, fingendo un disinteresse che assolutamente
non prova. E’ Duilio Coletti, figlio di una ricca americana,
proprietaria di una villa con un vastissimo parco, situata sulla
punta del promontorio castiglioncellese
(Villa Godilonda ndr).
Una costruzione dalle linee essenziali, che nulla concede
all’estetica architettonica convenzionale. Un casermone, dicono
i paesani, invece l’ha progettata un celebre architetto; per
questo sarà venduta ad un prezzo altissimo ad una famiglia di
gioiellieri arricchita da poco: i Bulgari. Duilio sfoga la sua
gelosia fumando. Riuscirà a realizzare i suoi sogni, far sua
Baby, vivere insieme a lei a Roma, e fare il regista
cinematografico. Qualche volta capita anche di ottenere quello
che si vuole. Le cameriere vengono a cambiare i posacenere ai
tavoli da gioco, con un rituale che sembra un segnale per tutta
la servitù. Mia madre, esaurita la conversazione con Luigi
Cimara, un noto attore di teatro, ora si annoia, ed è seccata
perché papà non accenna a smettere di giocare...Un giovane conte
è uscito dalla piscina di acqua di mare, il primo impianto ad
idrovore in Italia, grazie al quale si può godere delle
proprietà dell’acqua salata stando comodamente a casa propria.
Oscar Pasquini ha fatto un bagno per noia, noia notturna, la
peggiore. Avvolto in un grande accappatoio nero, sta seduto
davanti al bar in attesa che gli accada qualcosa, anche un
accidente. Rivela quella cattiva intenzione lo sguardo fisso,
attraverso la sua eterna “caramella”, il monocolo che porta
anche quando nuota. Beve cognac e fuma molte sigarette.
«Perdinci! così si prenderà un raffreddore!» smania la contessa
madre, mentre il marito, il conte Pasquini - una contea recente,
un favore di Vittorio Emanuele III - precisano i bene informati,
guarda pigramente, ma con una certa apprensione, la moglie del
figlio, che flirta spudoratamente con Johnny Salghetti, un
bellimbusto dall’occhio cinerino e imbambolato. I Pasquini
aspettano l’erede che non viene e non vorrebbero che provenisse
da estranei; un legittimo desiderio. “Che abbiamo comprato a
fare il castello?” pensano i genitori, scontenti di come vanno
le cose. Da poco tempo i Pasquini avevano acquistato un grande
maniero ottocentesco troneggiante su Castiglioncello, con un
vastissimo parco al di là della strada ferrata. Il castello era
appartenuto alla famiglia Birindelli, persone amabilissime. Mi
dispiacque moltissimo quando seppi che il loro ultimo rampollo -
gli altri erano tutti morti tubercolosi - l’aveva dovuto
vendere. Incontravo spesso l’ultimo dei Birindelli, Aldo, un
giovanotto un po’ obeso per le cure che facevano a quei tempi
per prevenire la tubercolosi, cure basate soprattutto sulla
nutrizione abbondante. Lo incontravo al mare, al “Quercetano”,
in compagnia di Franca Cangini, una bravissima nuotatrice.
Franca era una copia fedele di Brigitte Helm, l’attrice di
“Metropolis” e di “Atlantide”, una bellissima ragazza che aveva
anche il dono di sapersi vestire con estrema eleganza. Ammiravo
enormemente le sue toilettes e, quando c’erano le feste da
ballo, pregavo i miei di accompagnarmi a vedere il suo ingresso.
Naturalmente loro non si muovevano, ma concedevano che qualche
donna di servizio mi seguisse. Alle feste di Teruzzi non si
parlava certo di cose arcane, ma non mancavano gli
intellettuali, di cui Castiglioncello era diventato un luogo di
convegno. Venivano artisti di ogni genere, pittori, letterati,
musicisti. Tra il gruppo dei letterati, capeggiati da Luigi
Pirandello, Massimo Bontempelli e Silvio d’Amico, anche un
francese il cui nom de plume non era ancora Guy La Rochelle, un
giovane filosofo visibilmente ammalato d’orgoglio, un tipo alla
Celine che parlava poco per mantenere le distanze, per non
rivelarsi, con una voce che sembrava doppiata da lui stesso. Un
esagerato! Pirandello faceva vita appartata, non andava ai
ricevimenti, tantomeno da Teruzzi, un fascista, visto che
ostentava un antifascismo da intellettuale. Allora c’erano tre
modi di vivere la propria anarchia, per intelligenza, per
aristocratico dandismo, e per i sensi di giustizia popolare da
parte di coloro che intendevano aiutare a risolvere i problemi
della povera gente cambiando regime. Il popolo, come sempre,
assisteva e subiva, in attesa di venire inquadrato dai più
forti. Quella di Pirandello, come di tanti altri intellettuali,
era un’opposizione snobistica, di maniera. L’artista era stato
innalzato dai fascisti per il suo valore e non se la sentiva di
reclamare, ma voleva che la sua disapprovazione al regime fosse
di dominio pubblico. Più di scuotere la testa e di parlar male
del fascismo in privato, tra gente sicura, quasi sempre per
beghe di teatro, l’accademico, però, non faceva. L’OVRA (Opera
Vigilanza Repressione Antifascista) riferiva le sue
impertinenze ed il regime perdonava, così come si perdonano le
stramberie alle grandi dive. Solo i politici facevano sul serio;
quegli uomini che, con l’avvento del fascismo, avevano perso la
loro scranna a Montecitorio. Quelli sì che erano pericolosi! Ma
Mussolini, che era un uomo di seconda categoria, di terza,
rispetto ai veri condottieri, tempista solo per fato, a cavallo
di un destino più forte di lui, accecato dalla presunzione e
dalla facilità con la quale la nazione lo aveva portato al
potere, trattò i suoi nemici con inspiegabile generosità - un
gentleman’s agreement, come si conviene tra galantuomini -
dimenticando di essere lui stesso un picaro tra picari. Quella
sera da Teruzzi era presente anche il commediografo Sem Benelli,
in compagnia di Memo Benassi, imprevedibilmente giovane. Chi può
mai immaginare l’attore giovane, aveva sempre l’aria di un
vecchio! Benelli, distaccato, con la mente alla sua ultima
commedia, parlava con Massimo Bontempelli di un articolo
smaccatamente antifascista, apparso su “Paris soire”. Come
Pirandello, in fondo, tutti gli intellettuali italiani, quelli
già arrivati alla notorietà, partecipavano con riluttanza alle
feste fasciste; ognuno di loro voleva diversificarsi dalla
numerosa schiera degli artisti che seguivano ufficialmente il
regime, per lo più solo degli arrivisti, personalità mediocri e
poco lungimiranti. Achille Campanile definiva i ricevimenti
fascisti delle volgari buffonate e quando incontrava a queste
feste altri artisti, ci teneva a sottolineare: - Mia moglie è
voluta venire per forza; sai come sono le donne!- Ma va’! che
sei venuto da Teruzzi perché credevi di incontrarci Vittorio
Mussolini, per quella tua famosa idea cinematografica! Insomma,
tutti erano antifascisti, ma tutti accettavano i riconoscimenti
che il fascio sapeva dare a chi li meritava. Solo l’attore
Sergio Tofano era un’antifascista che si faceva i fatti suoi;
non si dava arie a vanvera; non faceva conoscere il suo
pensiero, e questo non per vigliaccheria, ma per un’intelligente
disamina della situazione politica, che non prevedeva rapide
conclusioni. Era uno di quegli uomini che, finita la lotta
giornaliera per la sopravvivenza materiale e intellettuale,
amava rifugiarsi in famiglia. Un uomo stoico, ironico, triste. I
cancelli si aprono per un ultimo arrivo. I paesani curiosi sono
ancora in sosta a guardare la festa, appesi alle inferiate dei
recinti come prigionieri. Le luci di difesa, proiettate in
fuori, colgono nei loro volti, spettralmente illuminati,
febbrili espressioni di stupore. Molti sono i morti da
spettacolo gratuito! Quanti salgono lesti come scimmie sui
muriccioli, sugli alberi, sui tetti, per guardare gratuitamente
uno spettacolo o l’arrivo di qualche diva del cinema. Oliva, la
moglie di un nostro giardiniere, cadde dal muretto della “Arena
Littorio” per vedere gratuitamente i burattini! «Una donna di
quell’età arrampicarsi lassù come una ragazzina!» commentava la
gente che non era morta mai di spettacolo gratuito. Mariuccia
Dominiani, una bionda in viola, una soubrette che furoreggiava a
Roma al “Teatro Valle”, con grandi labbra molli dipinte, va
incontro a due nuovi arrivati, Pierfrancesco Nistri e Luchino
Visconti; due “belli d’epoca” venuti dal Forte dei Marmi, una
spiaggia in voga, ma meno selezionata di Castiglioncello.
«Alt! Alt! Indietro!» Ordina l’ascaro Alì alla folla di curiosi
che, vista la bellissima Bugatti bianca di Luchino, si era fatta
ardita a penetrava all’interno, per ammirare la macchina. Un
gioiello di meccanica e di linea di cui Bugatti ne costruirà
solo 7000 esemplari in tutto il mondo. Teruzzi accorre al
trotto, la visita lo onora. La nobiltà era quasi tutta restia al
fascismo - non per convinzione politica, per superiorità, per
intelligenza - si trattava semplicemente di una questione di
gusto. L’italietta di Mussolini, malgrado io le abbia voluto
molto bene, bisogna riconoscerlo, era davvero poco chic! «Un
branco di cafoni con quelle orrende divise!» dicevano. Più che
ad altri, Mussolini, fisicamente solido, aitante, rude, piaceva
al popolo, quello che l’avrebbe poi ucciso e ne avrebbe
profanato il cadavere! Mio padre, per niente mondano, solo
giocatore, non degna nemmeno di uno sguardo tutto
quell’andirivieni di gente, e seguita a perdere con monotonia.
La serata sta per finire, si è fatto molto tardi. La servitù
sbadiglia negli angoli, non più tanto discretamente, perché sa
di doversi preparare ad un’ultima fatica: assistere ai
preparativi per il riposo dei signori, seguirli fin nella loro
camera da letto, aiutarli a spogliarsi e prendere ordini fino
all’ultimo momento. Le solite cameriere, puntuali come gli
uccellini degli orologi a cucù, tornano a sostituire i
posacenere ai tavoli da gioco, questa volta però con un occhio
rivolto alla porta di casa. Intanto, papà aveva cominciato a
perdere a rotta di collo. Un pericolosissimo poker in quattro.
Una pingue signora del varesotto, con il sudore sopra il labbro
superiore ed il senso del denaro negli occhi freddi, orlati di
rimmel, Max, un avventuriero, il generale Ulisse Jori, un uomo
ricchissimo ed abile che, per un incidente alla mano, si era
fatto costruire, nientemeno che da un maestro liutaio, un
apparecchio in legno per reggere le carte, e mio padre, un
giovane leggermente psicopatico, con carenze affettive, ovvero
la vittima designata. La pista da ballo, discretamente
illuminata da luci schermate con palloncini cinesi di tutti i
colori, ora è deserta, e gli orchestrali stanno lentamente
riponendo i loro strumenti. «Al tavolo da gioco qualcuno è
cotto! » commenta un cameriere che conosce mio padre per averci
giocato a “scopetta” dal Deri, il bar della piazza. La partita a
poker è finita; si fanno i conti. Grandi biglietti da mille
sfarfallano, odorosi di cassaforte. Papà consegna un “pagherò”,
veramente si tratta di un “pagherà mia madre”, ma è accettato.
(Sintesi da
"Bella marea" di Viviana Molinari-Serarcangeli Editore
scaricabile dal sito)
Foto 16-17 L’intuizione e l’idea di uno
spettacolo per bambini che
promuovesse musica a loro dedicata,
fu di Gino Tortorella nel 1959. Il
progetto fu sviluppato in occasione
del “Salone del Bambino”, in
quell’anno tenutosi a Milano. La
canzone “Lettera a Pinocchio”, ha
conosciuto una straordinaria fortuna
ed è memorabilmente interpretata da
Johnny Dorelli. Tortorella, che già
interpretava il ruolo del Mago Zurlì
nel programma “Zurlì, il mago del
giovedì”, strutturò la prima
edizione come successione di momenti
rievocativi (cori qualche libera
interpretazione) della favola di
Pinocchio, sino al momento in cui in
scena si faceva rivivere la nascita
dell’albero degli zecchini d’oro, da
cui il nome. La rassegna doveva
favorire la creazione di canzoni per
bambini, cioè stimolare l’impegno
dei compositori a realizzare opere
destinate al mondo dell’infanzia.
I ben notevoli risvolti economici
della manifestazione sono ovviamente
stornati verso finalità di
solidarietà.
(Da "Alando" n°1 giugno 2008 -
Per gentile concessione di Giacomo
Cantini Ediz.. Comiedit scaricabile dal sito)
La società che gestisce Il Cardellino
vince il ricorso per ottenere
l'affidamento dell'immobile di pineta
Marradi
2020 -
Ristorante, sport e centro benessere
così cambiano le sale di Villa Celestina
Uno spazio polifunzionale al piano
terreno, il centro sport e benessere nel
seminterrato e sopra un ristorante vista
mare al primo piano. Questo il destino
di Villa Celestina che, a picco sul
mare, dal 1915 domina pineta Marradi. La
struttura sarà gestita dalla società Il
Cardellino srl, titolare dell'omonimo
locale a lato della villa. La società,
lo ricordiamo, era risultata vincitrice
del bando emesso dall'Agenzia del
demanio all'inizio del 2019. Poi il
colpo di scena al momento
dell'assegnazione definitiva, per una
serie di cavilli legati alla
presentazione del piano economico
finanziario, che l'estate dell'anno
scorso aveva portato il Demanio a
escludere Il Cardellino e ad affidare la
villa al secondo soggetto classificato,
la G.V. Investments. Il Cardellino ha
presentato ricorso al Tar che
evidentemente gli ha dato ragione.
Stabilendo che potrà occuparsi di
ristrutturare e valorizzare il complesso
di villa Celestina. Un affidamento che,
secondo quanto previsto dal bando,
durerà 44 anni. «In attesa
dell'aggiudicazione definitiva - spiega
Niccolò Vestrini, amministratore della
società Cardellino srl - è chiaro che
siamo soddisfatti di questo risultato.
L'obbiettivo è quello di rendere
fruibile alla comunità un edificio
storico e turistico». Quanto al progetto,
messo a punto dallo studio Filippo Rak
architetti di Firenze, prevede un
investimento di circa un milione di euro
per realizzare quattro piani con diverso
utilizzo. «Il progetto - spiega
l'architetto Filippo Rak - è chiaramente
quello che ha partecipato al bando
dell'Agenzia del Demanio. È chiaro che,
appena verrà ufficializzata
l'aggiudicazione definitiva della
struttura, ci confronteremo con gli enti
preposti per rifare il punto della
situazione». Sport e benessere. Il piano
seminterrato, fino a qualche anno fa
occupato dai laboratori del Dipartimento
ambientale dell'Università di Pisa, sarà
dedicato al benessere. Il progetto
prevede percorsi yoga, massaggi, terapie
legate alla presenza del mare. Sale
polifunzionali. Le sale del piano
rialzato, a cui si accede direttamente
dalla pineta, si apriranno invece a
collaborazioni con soggetti privati,
associazione, circoli, creando uno
spazio polifuzionale per mostre e
congressi. Il ristorante. Al piano
superiore (il primo rialzato) il
progetto prevede la creazione di un
ristorante. L'obiettivo è quello di
avviare un percorso enogastronomico
specifico, con attenzione a prodotti e
ricette del territorio. Il cardellino
sbarca in città. Intanto la società che
gestisce Il Cardellino, che anche
durante l'inverno resterà aperto tutti i
giorni dalla colazione alla cena, aprirà
in autunno un locale a Livorno, in via
Cambini. -Anna Cecchini Il Tirreno 13/9/2020
2021 -
Il Comune chiede indietro Villa
Celestina per trasformarla in polo
culturale di pregio
C'è
stato il primo sopralluogo con Demanio e
Regione, Donati: «Chiediamo il
trasferimento gratuito del bene»
Villa Celestina: il Comune riprova ad
acquisirla e valorizzarla attraverso lo
strumento del federalismo demaniale
culturale. Sfumati i progetti di
riqualificazione della struttura a cura
dei privati, l'amministrazione comunale
di Rosignano ha manifestato la volontà
di presentare un progetto di utilizzo
che trasformerebbe l'ex circolo Kursaal
in un centro di offerta culturale
continuativa e ad ampio raggio. Un
progetto ambizioso che dovrebbe
coinvolgere anche la Regione Toscana.
Per questo martedì scorso si è tenuto un
sopralluogo alla presenza del sindaco
Daniele Donati, del vicesindaco Licia
Montagnani, di due rappresentanti
dell'Agenzia del Demanio e di Elena
Pianea dirigente del settore Cultura
della Regione Toscana. «Il sopralluogo -
spiega il sindaco Donati - è stato
necessario per valutare lo stato di
manutenzione della struttura e di come
quest'ultima potrebbe essere
valorizzata. La nostra idea è quella di
presentare un progetto con il quale
accedere al federalismo demaniale
culturale». Attraverso il federalismo
culturale i Comuni, le Province e le
Regioni possono chiedere, a titolo
gratuito, il trasferimento di beni
culturali appartenenti al Demanio
statale. «Questa idea, alla quale stiamo
lavorando da tempo - dice Donati -
permetterebbe il trasferimento gratuito
di villa Celestina dall'Agenzia del
demanio al Comune. Un trasferimento
condizionato all'obbligo del
mantenimento del bene ma soprattutto di
un'idea progettuale per valorizzare
l'immobile. Un progetto di utilizzo
culturale, in senso ampio, in modo da
poter garantire attività continuative.
Pensiamo ad eventi, mostre permanenti o
itineranti, in accordo con associazioni
culturali o musei. Attività che per la
loro importanza, il Comune non potrebbe
organizzare da solo. Per questo è
necessario il coinvolgimento della
Regione Toscana. Ovviamente se il
progetto dovesse andare avanti - dice il
sindaco - ci sarà la necessità del
coinvolgimento della Sovrintendenza». Un
sopralluogo che, a detta di Donati, è
stato positivo: «La struttura non
necessiterebbe, infatti, di grandi
interventi di manutenzione. Se l'idea
venisse accolta si potrebbe aprire una
occasione importante e di rilievo per
villa Celestina e per tutto il
territorio». La travagliata storia di
villa Celestina è terminata, dopo
ricorsi, con un nulla di fatto. La
gestione della struttura era stata
affidata alla società Il Cardellino,
prima classificata del bando che
l'Agenzia del demanio aveva emesso nel
2018; poi il ricorso, che ha bloccato
l'iter di affidamento dell'edificio, da
parte della GV Investments (seconda
classificata). Il Tar si è espresso a
favore della società Cardellino, ma alla
fine è arrivato lo stop definitivo da
parte della Commissione congruità,
organo che valuta che il prezzo di
affitto presentato dai partecipanti alla
gara sia appunto congruo. Di fatto villa
Celestina, immobile in stile
razionalista che si affaccia sul golfo
di Castiglioncello è chiusa dal 2018.
Ossia da quando l'Agenzia del demanio,
attraverso un progetto di recupero e
riuso del patrimonio pubblico "Torri ed
edifici costieri" decise di mettere a
bando la gestione dell'immobile.
Alessandra Bernardeschi Il Tirreno.
Le vicissitudini di Villa Celestina
iniziano dal 1981 quando le luci
dell'edificio si spengono. La struttura
inizia a cadere a pezzi. Nel 1998 il
Comune ne diventa locatario per 19 anni.
Nel 2002 viene approvato un progetto di
restauro che trasformerà la villa in
centro di Biologia Marina
dell'Università di Pisa, inaugurato nel
2008. La villa riapre i battenti dopo un
restauro costato circa 2 milioni e 600
mila euro con contributi ministeriali e
regionali. Nel 2014 l'Università si
sfila dall'accordo. Sei mesi dopo
l'allora sindaco riceve dal Demanio una
lettera nella quale si chiede l'anticipo
della risoluzione della concessione. Nel
2016 il Demanio chiede indietro le
chiavi.
2023 -
Villa Celestina - Acquisto concluso, gli
Spinnato Baldini vincono l'asta. La
nuova proprietà già al lavoro per il
piano di riqualificazione dell'immobile.
Ora è ufficiale. Dal 3
maggio Villa Celestina e di
proprietà della famiglia Spinnato Baldini.
Il lungo iter burocratico si è concluso e le chiavi della villa, tra la pineta Marradi e il
mare, sono state consegnate
alla famiglia di imprenditori
del luogo. Da oggi per l'ex
Circolo Kursaal, inizierà una nuova
vita. I proprietari intanto, invitano i cittadini ad
inviare materiale storico o
aneddoti sulla villa proprio
per valorizzarla al meglio.
Villa Celestina, di proprietà dell'Agenzia
del Demanio,
era stata messa all'asta il 4 ottobre del 2022.
L'offerta migliore - circa 300mila euro
in più rispetto alla base d'asta di vendita che era pari a un
milione e 900mila euro - è risultata quella
degli imprenditori locali. La nuova
proprietà quindi è già a lavoro per il
progetto di riqualificazione
della struttura. Piano che è attualmente in mano agli
architetti Cosimo Bonciani, Niccolò Antonielli e
Andrea Mascagni dello studio fiorentino
"Timothee". Al momento la
proprietà non si sbilancia circa la nuova
destinazione d'uso della villa.
«Il progetto di massima c'e,
ma non e ancora definitivo -
commentano -stiamo raccogliendo materiale storico e
fotografico. Poi presenteremo tutto il materiale in Comune
e agli enti di competenza. Il
nostro obiettivo-dichiarano- è quello di riqualificare la
struttura così da renderla vivibile tutto l'anno»
Come spiega Giulio Spinnato
«Ci
vorrà
ancora un po' di tempo per
scoprire tutti i dettagli della villa, ma l'obiettivo è quello di
far tornare l'immobile al suo
splendore con attività rivolte
a tutti i residenti e i turisti:
una struttura aperta appunto 365 giorni all'anno. ln
questa fase di progetto - annuncia stiamo raccogliendo
materiale storico, fotografico che ci aiuti a valorizzare al
meglio l'immobile. Chiunque voglia può contribuire
inviando materiale che ha a disposizione, oltre ad eventuali suggerimenti e aneddoti
che riguardano la struttura.
Per farlo basta scrivere al nostro indirizzo email idee@villacelestinacastiglioncello.it.
Di fatto l'obiettivo sarà quello di avere una struttura
dove organizzare eventi importanti in modo da prolungare
la
stagione turistica non solo a Castiglioncello ma su
tutto il territorio». Una volta
terminata la progettazione e
ottenuti i pareri anche da parte della Sovrintendenza, prima di
iniziare i lavori presenteremo
ufficialmente il progetto ai cittadini e agli organi
di stampa.
La villa che dalla pineta
Marradi si affaccia sul mare
fu costruita nel l930 ed era di
proprietà del capo di Stato
Maggiore della Milizia Attilio
Teruzzi. Fino al 1943 fu sede
di numerose feste, ma dopo
la guerra divenne proprietà
demaniale e fu data in uso
all'amministrazione comunale di Rosignano Marittimo. Ospitò il 'Circolo
Villeggianti', una frequentata sala
da gioco e un locale da ballo.
N 1981 fu chiusa al pubblico per problemi strutturali.
Dopo anni di abbandono, nel 2002 fu
approvato il progetto di restauro che trasformò
l'immobile in Centro di
Biologia Marina dell'Università di Pisa. Nel 2003 la villa
riaprì i battenti dopo un lavoro di restauro costato circa 2
milioni e 600mila euro con contributi
ministeriali e regionali. Nel 2014 l'Università
si sfilò dall'accordo e pochi
mesi dopo il Comune di Rosignano ricevette dall'agenzia
regionale del Demanio una lettera nella
quale si chiedeva l'anticipo della risoluzione della concessione relativa
all'utilizzo della struttura.
Poi il primo bando di gara da
parte dell'Agenzia del Demanio: cinque gli operatori che
si erano fatti avanti, ma alla fine nessuno ottenne la gestione della
struttura. Infine il
bando dell'ottobre dello scorso anno.
Da oggi si può dire che per Villa
Celestina che porta il nome della madre di Attilio Teruzzi si prospetta un nuovo
futuro. Soddisfazione è stata
espressa dalla famiglia Spinnato Baldini. famiglia che nel
1990 ha aperto la propria pasticceria a Rosignano Solvay
sulla via Aurelia: un luogo
che è diventato un punto di riferimento. Oggi la storia imprenditoriale sta andando
avanti con i figli Valerio e Giulio e
con l'acquisizione degli
hotel Costa Verde e Guerrini
entrambi a Castiglioncello e
con la gestione del caffè al centro
culturale Le Creste.
Alessandra Bernardeschi Il Tirreno.
4/6/23
febbraio 2024 - Villa Celestina
diventerà un centro benessere con Spa:
chi costruisce e i tempi.
Villa Celestina, atto primo. Il Comune
di Rosignano ha rilasciato
l’autorizzazione paesaggistica per il
restauro e il risanamento conservativo
con contestuale cambio di utilizzo da
polo universitario a centro benessere
del fabbricato “Villa Celestina” alla
società Jlia immobiliare s. n. c. di
Davide Spinnato & C.
Dunque il progetto di ristrutturazione
della storica struttura di
Castiglioncello può partire. Dopo
l’aggiudicazione di Villa Celestina,
l’estate scorsa, della società Jlia
immobiliare, è stata richiesta
l’autorizzazione agli Uffici di Edilizia
Privata e Soprintendenza Archeologica
Belle Arti e Paesaggio per le province
di Pisa e Livorno. Il procedimento è
concluso e il Comune di Rosignano ha
concesso alla famiglia Spinnato Baldini
l’autorizzazione a procedere. La
Commissione comunale per il Paesaggio
ritiene che le opere da realizzare – si
legge nella delibera comunale – «non
incidano negativamente nel contesto
paesaggistico ed ambientale circostante
e conformemente al parere con
prescrizioni reso dalla Soprintendenza
di Pisa e Livorno in data 23/01/2024,
protocollo n. 1233 a condizione che il
nuovo impianto fotovoltaico e solare
termico venga realizzato complanare alla
copertura, uniformandosi alla stessa per
coloritura. Si ricorda che in fase
esecutiva dovranno essere osservate
anche le prescrizioni impartite dalla
Soprintendenza archeologica belle arti e
paesaggio per le province di Pisa e
Livorno». La ristrutturazione di Villa
celestina può dunque partire. Come
anticipato dalla famiglia Spinnato
Baldini, la villa ospiterà un centro
benessere, con un’area termale, che si
richiama alle origini storiche della
struttura. L’obiettivo è di tenerla
aperta per tutto l’anno, con un intento
di destagionalizzazione, dedicandola
all’area benessere.
Il Tirreno.
19/2/24
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