La
villa Paradiso di Rosignano M.mo. risale a
prima del 1900, anche se non sappiamo la
data di costruzione. Il fabbricato era
adibito ad abitazione del personale della
fattoria Mastiani-Brunacci residenti
nell'attuale villa Vestrini. Già parte della
vastissima proprietà dei Conti
Mastiani-Brunacci fu acquistata insieme alla
tenuta di Vada, dall’avvocato Gennaro Zolli,
il 22 giugno 1914 in asta giudiziaria a
carico di Mastiani-Brunacci conte Teodoro e di
Cantini contessa Giulia fu Giovanni a seguito del fallimento
Mastiani del 1911. Durante il passaggio del fronte nel 1944,
nella casa c'era il comando tedesco che
aveva provveduto a fortificarla creando
anche un apposito rifugio. I tedeschi
ritenendo probabile l'attacco alleato dal
mare, si erano sistemati nella villa per
sfruttarne la posizione panoramica vista
mare occupandone il piano alto, senza mai
interferire con la vita dei proprietari. Gli
alleati la bombardarono più volte senza fare
vittime grazie al rifugio, fino a renderla
inabitabile (vedi foto 5). Ovviamente ci
sono stati molti interventi negli anni,
perché, come tutte le cose belle, necessita
di continua manutenzione. Negli anni
'50, Maria Zolli, che aveva ereditato dal
padre Gennaro la proprietà di Rosignano M.mo, donò il poggio dei
Giaggioli subito a sud della villa, al vescovo di
Livorno Mons. Piccioni, costruendovi anche la casa
per l'asilo poi affidato alle suore, in
seguito ai frati e oggi vuoto (vedi
inauguraz.) La "Villa
Paradiso" e' posizionata su una collina e
gode di una bellissima vista sul mare tanto
che, nelle giornate molto terze, si possono
vedere persino i confini della Corsica e le
isole dell'Arcipelago toscano. Forse e'
proprio questo spettacolo che ha dato
origine al suo nome, si pensi infatti che
quando e' stato costruita non c'e' ancora la
fabbrica Solvay e quindi il panorama doveva
davvero essere mozzafiato.
La storia della
tenuta “La Valle” a Vada
Ubicazione:
Interamente in Comune di Rosignano M.mo, provincia di
Livorno, agro di Vada da cui dista circa 3 Km. Confini: a
nord fiume Fine, ad est Variante Aurelia, a sud fosso
Vallecorsa, ad ovest Polveroni.
Attuale
superficie:
200 ettari fra superficie coltivabile, bosco ceduo e
superfici minori con pineta, olivete, pioppeta,
lago, fabbricati ecc.
Storia e
caratteristiche:
La fattoria di Vada,
a seguito della
divisione dell’eredità lanciata da Gennaro Zolli, andò alla figlia minore Rachele Zolli che l’ha
personalmente gestita fina al 1985. Al momento della
divisione era comporta da 25 poderi, con casa,
stalla, accessori e circa 15 ettari di terreno lavorativo.
Il centro aziendale,
oggi di particolare bellezza e stato interamente distrutto
dalla guerra mondiale 1939/44 (vedi sotto) ed è stato ricostruito come
prima da Rachele Zolli.
Alla sua morte,
la proprietà è passata ai figli Emma, Gennaro, Maria Grazia ed ai 2 figli di Nicola
morto prematuramente.
Condotta a mezzadria fino agli anni ’60, con l’esodo
progressivo dei contadini è stata condotta prima a conto
diretto (con dipendenti), poi prevalentemente con impiego di
ditte appaltanti pagate a superficie o ad ore. E’ dei
decenni immediatamente trascorsi la rivoluzione tecnica, che
ha visto l’agricoltura e quindi anche la fattoria La Valle
passare dalla “preistoria” all’era moderna, con tutte le
difficoltà inerenti. Dal lavoro del terreno con mezzi
manuali (zappe, vanghe ecc.) e con uso di bestiame (vacche,
bovi da noi esclusivamente di razza chianina)
si è passati alla lavorazione mediante
macchine semoventi (trattori, mietitrebbie, seminatrici) e
di concimi chimici. Da questo è derivata una maggior
produzione ed una drastica riduzione della mano d’opera.
Il tipo di coltura è
sempre stato estensivo con prevalente produzione di grano
fino al 1980. Fino alla permanenza dei mezzadri veniva
allevato bestiame vaccino fino ad un massimo di 500 capi.
Successivamente è iniziata la produzione di “oleose”, calza
e girasole per beneficiare degli incentivi comunitari.
Attualmente i
fabbricati, già in uso ai mezzadri, completamente
ristrutturati ferma restando l’architettura interna ed
esterna e passati al Catasto Edilizio Urbano, occupano una
superficie interna utile complessiva di mq. 3.395 con fondi, rimesse,
tettoie e superficie scoperta complessiva di mq. 18.000.
Altro fabbricato, già adibito a granaio, è stato
riutilizzato e trasformato in una grande sala con superficie
interna utile di 250 mq. ed esterna do 600 mq.
Il centro aziendale,
costituito da magazzini, grande portico con sovrastante
appartamento padronale, chiesina, granaio e cantina, occupa
una superficie interna utile di mq. 1.504 e si affaccia su
un grande piazzale in querceta, con pineta, bosco e
frutteto adiacenti di complessivi mq. 3.000.
La fattoria dispone
di un lago a scopo irriguo di oltre 2 ettari e 500 mq. di
superficie, di impianto di irrigazione sotterraneo di ml.
1.690 con possibilità di irrigare circa 100 ettari, di
strade di ml. 4.200 per una sup. di mq. 29.400, di
capi-fosso di ml. 6.310 per una sup. di mq. 12.620.
Dispone di quattro
trattori, di cui due da 120 e
150 cv., di una mietitrebbia, di grande irrigatore a
pressione idraulica, frangizolle, aratri, rimorchi
ecc., officina, deposito nafta.
Da agricoltori a
commercianti a operatori turistici
Profonde e radicali sono state le trasformazioni del '900
nel settore terriero, ma cominciamo dall'aspetto umano. Le relazioni con le altre famiglie di possidenti
di Rosignano nei primi decenni del ‘900,
erano molto buone, in particolare con i Grandi-Visconti del Giardino, come
pure con i Magherini-Graziani di Vada, con i quali i nonni avevano
un buon rapporto. Invece con i cinque fratelli Vestrini,
vicini di casa, c’era qualche problema
dovuto ad incomprensione a seguito di abitudini assai
diverse. Noi venivamo dal sud ed eravamo e siamo, molto
religiosi, praticanti, mentre i Vestrini, tutti giovani
esuberanti, sportivi, uno di loro rispettato Podestà, non vedevano di buon occhio il nostro modo di
vivere riservato. Ricordo che ci furono anche dei contrasti
in merito alla continua richiesta di esposizione della
bandiera per ogni ricorrenza e le riserve di nonno Gennaro,
che per il fascismo non aveva molta simpatia.
L'abolizione della
mezzadria ed i successivi sviluppi tecnologici, hanno
completamente eliminato dalla storia la tradizionale
immagine della fattoria e di tutto il vortice di persone e
di lavoro che l'ha contraddistinta nei secoli. Fino agli
anni '60, il mezzadro prendeva
il prodotto, il proprietario ne prendeva un’altra parte, la
paga non esisteva, niente si misurava in danaro, si pagava e
si era pagati in natura, la natura provvedeva a tutte le
necessità primarie della sopravvivenza. Con l'abolizione
della mezzadria, i coloni rimasti sono passati alla retribuzione
in moneta, ma la terra non da soldi, è stato quindi
necessario inserirsi nel mercato commerciale per vendere al
di fuori, secondo regole e consuetudini fino ad allora quasi
totalmente estranee alla mentalità ed alle tradizioni della
fattoria. Un passaggio difficile e sofferto che ha cambiato
il modo di vivere e di gestire il lavoro dei campi. In più
avendo la fabbrica vicina, la generazione dei figli dei
coloni rimasti, non più mezzadri, ha preferito cambiare attività
lavorando otto ore in fabbrica con ferie retribuite ed
assistenze varie. Così l’agricoltura che era stata una piccola civiltà in una
grande civiltà, contraddistinta da un proprio linguaggio tipico della cultura
contadina, è diventata anche un'attività commerciale per
riuscire a vendere la produzione e recuperare il danaro
necessario alla retribuzione della forza lavoro ormai
terziarizzata. La fattoria era l’ambiente tipico della cultura
contadina, il fattore era solo quello, braccio destro del
proprietario e responsabile totale, il capoccia era
l'assegnatario della casa colonica concessa alla sua
famiglia sempre numerosa, la
massaia una potenza che dominava nella casa e nel cortile, tutto
dipendeva da lei, ambienti come lo "scrittoio", ufficio del fattore,
dal nome non banale che in un'epoca ad alto tasso di
analfabetismo rappresentava uno stato sociale riconosciuto e
rispettato, insomma un mondo vero, completo e soprattutto
autosufficiente. Quindi da azienda propriamente agricola si
è costretti a riconvertirsi in azienda agricolo-commerciale
e la trasformazione dell'attività è continuata negli ultimi
anni del secolo scorso fino ad oggi. La ricerca di risorse
economiche ha costretto i proprietari a sfruttare, per
salvarli dalla vendita, i tanti immobili rimasti dal passato
agricolo attrezzandoli per lo sfruttamento a scopo
turistico. Oggi che non ci si fa più perché il grano da 34 è
passato a 22 euro e calerà ancora, la trasformazione
continua, nascono gli agriturismi e dove è possibile, gli
attrezzati locali idonei ai grandi ricevimenti, alla convegnistica, ai meeting, cercando di sfruttare al meglio
quanto resta delle vecchie attrezzature rurali, offerte in
ambienti interamente rinnovati. Tutto allo scopo di reperire
risorse da investire nella conservazione immobiliare e nell'attività agricola di quanto resta delle antiche
fattorie. Durante quasi 70 anni dalla II Guerra Mondiale, le
difficoltà economiche hanno costretto anche ad una riduzione
della superficie e solo l'ultimo gestore (Gennaro)
riconoscendo in pieno quanto fatto dalla madre Rachele con
enormi sacrifici, ha potuto con orgoglio vantarsi di non
aver venduto neanche una zolla (Zolli deriva da zolla) e di
aver reso la tenuta particolarmente bella ed utile a tutti,
(viene chiamata "il polmone di Rosignano"), aggiungendo
all'attività agricola non toccata, una ormai avviatissima
attività turistico ricreativa. Credo quindi si possa aggiungere un altro tassello
alla trasformazione ancora in atto: da agricola a
commerciale a turistica o per meglio dire l'insieme di tutte
e tre le attività. La tenuta "La valle" è un eccellente
esempio di questa trasformazione epocale. Anche
qui troviamo una pregevole "chiesina di fattoria" legata al
mondo rurale, come in altre grandi proprietà costruita in
una parte della villa padronale o nelle vicinanze. Oltre ai
bisogni spirituali del notabile, queste piccole chiese
dovevano servire anche ai bisogni spirituali dei mezzadri e
dei braccianti (e delle loro famiglie) che, spesso,
l'insediamento polverizzato sul podere portava lontano dalle
chiese parrocchiali.
Tempo di guerra...
Dai ricordi del dott.
Gennaro Coviello,
un passato da magistrato al Tribunale di
Livorno, classe 1938:
la fattoria fu demolita dallo
spostamento d’aria seguito all'esplosione, non dalle cannonate degli alleati,
fortunatamente non vi furono morti. Dopo
la decisione del Supremo Comando della Marina Militare di
trasferire tutto l’insieme dalle polveriere di La Spezia
nelle campagne periferiche di Vada della Valle, furono
costruite delle grandi baracche con cataste di armi italiane
proprio intorno alla fattoria e secondo noi è stato un fatto
intenzionale,
perché nessuno metterebbe mai un deposito di
armi vicino all’abitato. Perché le munizioni
proprio qui? Dubbi legittimi, ma non abbiamo mai
approfondito. Furono avvistate
da aerei inglesi che le bombardarono creando una altissima
colonna di fuoco, tanto che il secondo aereo fu coinvolto
dalle fiamme dell’esplosione e riuscì a cadere in mare. Qui
vicino c’è ancora una enorme buca a testimoniare il fatto.
I piloti inglesi si buttarono in acqua, un’imbarcazione di
tedeschi si avvicinò per catturarli, ma gli altri aerei
riuscirono ad allontanarli.
19 marzo 1944 - Il
bombardamento
Bombardamento con
esplosione alla polveriera della Regia Marina in località La
Valle,
podere Baldini, via del Lupo N° 20. I danni gravi si
estendono per un raggio di 500 metri, la fattoria Zolli
viene spianata dallo spostamento d'aria e saltano tutti i
vetri del paese. Il deposito era costituito da 20 baracche
delle quali 4 erano state vuotate dai tedeschi, 8 distrutte
dal bombardamento, 8 rimangono operative.
Sergio Baldini,
abitante al N° 33 dello stesso stradello, segnalerà al
Comune la presenza di due grosse bombe nel suo podere. Per
la richiesta di rimozione il Comune si rivolse al
"Kommand
Happen Artillerie" con sede a La Spezia.
24 aprile 1944 -
Lettera del Comune di Rosignano in cui si richiede ad un
certo Cerrito di comunicare il numero di baracche contenenti
esplosivo e munizioni esistenti in località "La Valle".
Quante di queste sono state vuotate ed asportate, quante
distrutte e quante attualmente rimaste. Si chiede di
interpellare anche il proprietario, l'ingegnere Zolli.
Nella stessa lettera,
di ritorno al Comune i numeri, scritti a penna, furono i
seguenti:
Baracche esistenti N°
20. Vuotate dai tedeschi N° 6 Distrutte dai bombardamenti N°
8. Ne rimangono N° 6. (A cura di
Vinicio Bernini da Quaderni Vadesi 12 - Vada: "1940 - 1945 -
Un tempo segnato dalla guerra")
Lo scoppio della polveriera alla
Valle
Io ero molto piccolo.
Premetto, perciò, che personalmente non mi ricordo niente,
ma da quanto ripetutamente ho sentito raccontare dai miei
genitori, l'esperienza vissuta fu questa.
In quei tempi si
pensava che la nostra spiaggia dovesse essere teatro di uno
sbarco alleato, pertanto la gente cercava in qualche
maniera di allontanarsi dal centro abitato, cercando di
"sfollare"in luoghi ritenuti più sicuri.
Anche i miei
genitori, che abitavano in via Principe di Piemonte, ora
Viale Italia, nel Palazzo d'angolo, detto dei "diavoli",
sopra il bar Gattai, nell'appartamento al primo piano, di
fianco a quello del sor Bruno e Concetta Gattai, pensarono
di allontanarsi dal paese e presero in affitto una stanza
dalla famiglia Mambrini, mezzadri dei signori Carlevaro, in
cima allo stradone della Torre.
Portarono là la loro
camera matrimoniale, che forse era uno dei pochi beni
posseduti da due giovani sposi, per preservarla anche da
eventuali danni di bombardamenti o mitragliamenti degli
alleati che, immancabilmente, ogni mattina avevano come
obbiettivo il pontile Solvay.
La famiglia Mambrini
era composta da Cesare, "il capoccia" e la moglie, una
figlia ed un figlio che in quel tempo era militare.
Una sera i miei
genitori andarono trovare i Mambrini per fare una
passeggiata e andarono insieme con la massaia a fare l'erba
per i conigli.
Il podere dei
Mambrini confinava con la Fattoria della Valle, nella
macchia della quale erano ubicate delle polveriere della
Marina Militare. Improvvisamente arrivarono degli aerei
alleati che cominciarono a sparare contro i depositi di
munizioni nascosti nella macchia e li colpirono; il cielo
divenne una palla di fuoco e i miei genitori che, all'arrivo
degli aerei, si erano rifugiati in un fossetto, sentirono
mancare l'aria dal grande calore dell'incendio, mentre tutto
intorno continuavano ad esplodere munizioni e ordigni.
Decisero di scappare
e di ritornare verso la casa poderale, correndo, mentre
tutt'intorno volavano schegge di proiettili che stavano
scoppiando. Correvano e inciampavano, si rialzavano ... Io
ero in braccio al babbo e, ad un certo punto persi una
scarpa. Subito glielo dissi, ma la sua preoccupazione era
ben altra!
Finalmente si arrivò
alla casa colonica. Lo spostamento d'aria dovuto allo
scoppio delle polveriere aveva fatto crollare il tetto
della casa e la loro bella camera era rimasta sotto il
crollo. Però la nostra vita era salva.
(di Roberto Caponi - Da Quaderni Vadesi 12 - Vada: "1940 -
1945 - Un tempo segnato dalla guerra")
2 luglio
1955 - Il Vescovo inaugura l'Asilo
Parrocchiale
Alle 9,30, accompagnato dal suo segretario particolare
canonico Don Giuseppe Spaggiari è giunto questa mattina nel
nostro paese di Rosignano Marittimo sua eccellenza Mons.
Vescovo Giovanni Piccioni recandosi direttamente all'Asilo
Parrocchiale diretto dalle Pie Suore della Divina
Provvidenza. A ricevere Mons. Vescovo erano convenuti nel
pio Istituto il Molto Reverendo Giovanni Nardini parroco di
Rosignano Marittimo e il Cavaliere Pasquale Cau Giudice
Conciliatore e Presidente della Giunta Parrocchiale di
Azione Cattolica, il Sig. Giovanni Giannini Consigliere
Comunale, il Cav. Dott. Nazario Russo Segretario Capo del
Comune, anche in rappresentanza del Sindaco, il maresciallo
Corrado Felici Comandante della Stazione dei Carabinieri,
con il brigadiere Agresa, la signorina Adelina Rosa
Direttrice Didattica, con la maestra signora Ida Bolognesi,
la signora Nerina Marchi, la signora Maria Zolli insigne
benefattrice e fondatrice dell'asilo e molti altri di cui ci
sfugge il nome. Un folto gruppo di bimbi e bimbe e molte
donne e uomini di Azione Cattolica facevano ala al passaggio
di Mons. Vescovo il quale accompagnato nella Cappella
dell'asilo e indossati i sacri parametri, ha celebrato la
Santa Messa durante la quale si sono comunicate
numerosissime persone. Al termine della messa, S. E. Mons.
Vescovo ha pronunciato un breve, ma elevato discorso
esortando soprattutto i bimbi le bimbe a pregare sempre con
devota fervore il Signore Dio nostro affinché li renda
sempre buoni e li faccia camminare sul diritto sentiero
della virtù, dopo di che ha impartito la Santa Benedizione
ai piccoli, alle suore, a tutti gli astanti e a tutto il
paese, all'asilo che da pochi mesi muove le prime fasi e
s'avvia verso uno splendido avvenire. Infine Monsignor
Vescovo col seguito è passato in una sala sapientemente
addobbata dove bimbi e bimbe si sono esibiti in numerose
recite isolate e in gruppi destando l'ammirazione di tutti e
meritandosi il plauso di Mons. Vescovo, il quale volle
tributare un meritato elogio alle pie suore per la
magistrale preparazione dei piccoli. Alle ore 11:30 Mons.
Vescovo lasciava l'asilo applaudito e salutato da tutti
presenti. (Da: Il Tirreno Livorno)
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