La
villa che domina la Baia del Quercetano, è stata vissuta con amore dal
Presidente Spadolini, amore che nutriva in modo particolare per
Castiglioncello, anche perchè fin da ragazzo ha sempre trascorso
qui le vacanze nella villa
acquistata nel 1931 da Igino Spadolini,
fratello del padre Guido in via
Godilonda accanto alla scala
Capei
(foto 16) per il Quercetano. La Torretta
aveva l’aria di una biblioteca,
o di un museo, con i libri
stivati in buon ordine in ogni
stanza assieme a molti oggetti
cari al Presidente. Per
un certo periodo la villa ha
ospitato il locale Commissariato
di Polizia, ed il colmo del
tetto della torretta era ancora
ornato da una bella sfera in
cemento. Ora è
conservata in ottimo stato dalla famiglia del Prof. Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Giovanni Spadolini Nuova
Antologia al Pian de’ Giullari a Firenze.
Biografia di Giovanni Spadolini nella sezione
PERSONE
Il bambino Giovanni a Castiglioncello
Fra i tanti villeggianti degli
anni '30
c'erano anche alcune famiglie
benestanti d’estrazione piccolo
borghese, tra le quali, la più
importante, quella degli
Spadolini. Gli Spadolini erano
due fratelli, uno ricco e
l’altro povero. Il professor
Igino, quello che possedeva un
gabinetto di analisi a Pisa, una
bellissima casa a Pian de’
Giullari a Firenze e la villa a
Castiglioncello sul Quercetano
(oggi via Godilonda ndr),
aveva da poco raggiunto tutto
quel benessere e aveva tre
figli: Luigi, Enrico e Giorgio.
Il fratello povero del professor
Igino, Guido, era un mite e
bravo pittore, amante delle
iridescenze che ritraeva con
grande maestria, e poco
profitto, dagli scogli della
“Buca dei Corvi”.
"Di poesia non si mangia!” erano
i vani rimproveri della moglie,
donna molto volitiva che, però,
non era riuscita minimamente a
modificare il carattere
sognatore del marito. Anche loro
avevano tre figli maschi:
Pierluigi, Paolo e Giovanni,
futuro Capo di Stato. Giovanni,
il più piccolo dei tre, era un
ragazzino singolare, a soli otto
anni aveva mandato a memoria
tutto il vocabolario scolastico
Ghiotti. Una partenza
significativa. Tutti conosciamo
l’importanza delle parole,
l’arte del fraseggio, il
misterioso cifrario con cui Dio
si è servito per comunicare con
noi. “Che cosa vuol dire
onomatopeico?” Io appresi dal
giovane Giovanni il significato
di questa parola. Naturalmente
il bimbo, per acquisire tanto
sapere enciclopedico trascurava
i giochi, lo sport; temeva
l’acqua del mare, ne era
terrorizzato: “Un mi schizzate,
‘un mi schizzate!” urlava, fino
a farsi gonfiare le vene del
collo dalla pelle nivea. E noi,
abbronzati, sfrontati,
superficiali, giù a tirargli
l’acqua addosso. Giovanni
Spadolini era un ragazzino molto
grazioso, un angioletto biondo
con gli occhi
azzurri...Crescendo, però,
Giovanni cominciò ad essere un
po’ noioso. L’erudizione l’aveva
reso saccente, era diventato
pretenzioso e irritabilissimo
con tutti noi, poveri ignoranti.
Spesso si metteva alle spalle di
qualche ignaro giocatore di
whist, ad aspettare una
disattenzione per criticare.
Anche i giocatori più buoni
diventavano dapprima un po’
nervosi, poi cominciavano ad
evitarlo: “Un ragazzo strano,
uno che dà i numeri!” ma la
risposta muta del bimbo era:
“Che mi importa di voi?! Io
voglio salire in alto, più in
alto che posso!” Si scherzava
sulla sua enorme capacità di
ritenere a mente tutto, ma c’era
poco da ridere. Il ragazzo aveva
idee chiarissime su ciò che
voleva dalla vita, e se ne
infischiava altamente del
giudizio altrui. Era tenace e
rigoroso; un’intelligenza e una
memoria diverse dal comune
enfant prodige che, con l’andare
degli anni, perde le sue doti.
In Giovanni, di fantasmi della
mente, di spiriti che
suggeriscono l’opera d’arte,
nemmeno l’ombra. Si trattava di
erudizione vera e propria, e
cioè un cervello che assimilava
bene una quantità enorme di
parole, di concetti, con ampie
facoltà di discernimento.
Ricordava tutto!Prodigiose
qualità del genere in una
famiglia faber come quella degli
Spadolini, con malcelate
ambizioni di famiglia sapiens,
furono coltivate in provetta,
per il miglior risultato
possibile. Malgrado che in
Giovanni ci fossero tutte le
qualità necessarie alla
riuscita, però, resta sempre
difficile accettare il fatto che
una famiglia emersa da una sola
generazione alla condizione di
buona borghesia, avesse potuto
farsi così autorevolmente largo
nel mondo corrotto ed intricato
della vita politica di allora
della capitale, senza far parte
di una dinastia. Nessuno aiuta
senza contropartita.
Evidentemente gli Spadolini
avevano i loro agganci, ci
sapevano fare; in più il
prodotto goliardico da piazzare
era di gran lunga superiore a
tutti quelli che allora venivano
licenziati dalle università
italiane. Forse gli Storoni
Mazzanti, che avevano rapporti
di buon vicinato con loro,
potettero, in qualche modo,
influire. Per Giovanni lo studio
era stimolante quanto potevano
esserlo, per i comuni studenti,
i pensieri e gli atti che
precedono l’orgasmo. Cominciò
prestissimo a fornirsi di tutti
gli strumenti adatti a rendere
più profondo il suo piacere
culturale. Le prime fruste
sado-masochiste furono i torni
dell’enciclopedia Diderot-d’Alembert,
un vero e proprio tesoro
librario acquistato, non senza
molti sacrifici, alla famosa
libreria Giovannini di Firenze.
Gli studi venivano prima di
qualunque cosa, anche nel
periodo critico della pubertà.
La “Bellotti Bon”, questo era il
nomignolo che io gli avevo
affibbiato, cominciò ad
ingrassare in modo anormale:
l’unico segnale che il ragazzo
desse del suo sviluppo. Da
bambino a professore, non si
verificarono apparenti mutamenti
psichici di rilievo, e tantomeno
cedimenti nel periodo del
cosiddetto “primo amore”.
L’incontro terribile con
Eros-Thanatos, che tanto turba i
giovinetti sensibili, se mai ci
fu, fu uno scherzo per lui.
Giovanni aspirava ad entrare
nella storia. Non i sogni, non i
miti! In quell’età pericolosa,
delicata, che è l’adolescenza,
una ferrea volontà salvifica non
concesse alla sua natura il
tempo di oggettivare il sesso,
un vero e proprio pericolo per
le sue segrete ambizioni.
Anziché Lady Chatterly,
Giovanni, incorrotto giovine,
leggeva il principe di
Machiavelli, una lettura
storica, di modesta sinistra: l’infer
sont les autres! Nelle persone
ambiziose, la volontà di
riuscire supera il desiderio di
felicità che elettivamente, da
sempre, e quello di essere
felici in amore. Il saggio che
era in lui sapeva che l’amore
avrebbe rappresentato una
pericolosissima distrazione dai
suoi intenti e, quindi, non si
mise a perdere tempo per
concretizzare alcun tipo di
sessualità, ad “infemminire”
come forse la sua natura avrebbe
desiderato. Il destino, senza il
volere del quale nulla si
compie, dette tutte le
opportunità favorevoli
necessarie all’adempimento dei
desiderata del nobile puer. Gli
procurò la madre che occorreva,
una virago castrante che
raccolse in sé tutte le istanze
erotiche del figlio; una
terribile vestale a difesa della
sua proprietà, protesa ad
allontanare tutti quegli intrusi
che, per le vie labirintiche del
sesso, avrebbero potuto
strapparlo a lei, ed impedirle
di consegnare cotanto figlio
alla storia della nostra piccola
Italia.
(Da "Bella marea" di Viviana
Molinari pagg.127-129)
'FIORENTINI,
EREDI MIEI ... '
Ai due
fratelli e
ai nipoti
solo poche
cose. Due
appartamenti
e un po' di
denaro. Al
suo fedele
collaboratore,
il professor
Cosimo
Ceccuti, la
villa al
mare di
Castiglioncello.
Il resto,
tutto il suo
ingente
patrimonio,
Giovanni
Spadolini l'
ha lasciato
alla
Fondazione '
Nuova
Antologia' .
Alla
creatura che
quattordici
anni fa
aveva voluto
con l' unico
obiettivo di
far
continuare a
vivere la
storica
testata
della Nuova
Antologia,
figlia della
risorgimentale
Antologia,
fondata nel
1821 da Gian
Pietro
Vieusseux.
Sono queste
le ultime
volontà di
Spadolini,
contenute
nel
testamento
di venti
pagine letto
mercoledì
sera davanti
ai
familiari.
"Ci ha
lasciato
pochissimo",
dice uno dei
due
fratelli,
Pierluigi,
noto per la
sua attività
di
architetto.
Forse i
familiari si
aspettavano
di più? "Il
testamento
non ci ha
sorpreso
affatto,
voleva che
la
Fondazione '
Nuova
Antologia'
continuasse
a vivere e
siamo felici
di
rispettare
le sue
volontà",
insiste l'
architetto.
Anche perchè
altro non è
possibile.
La villa di
Pian de'
Giullari,
tra i
vigneti e
gli olivi di
una delle
colline più
belle di
Firenze, gli
oltre 70
mila volumi,
i mobili
pregiati e
antichi, i
quadri di
Morandi,
Soffici e
Rosai, la
collezione
di cimeli
risorgimentali,
i diritti d'
autore delle
sue numerose
pubblicazioni,
persino l'
archivio
dello
Spadolini-istituzionale
vincolato
dal segreto
di Stato che
potrà essere
aperto solo
tra 90 anni:
tutto questo
passerà
direttamente
nelle mani
della
Fondazione.
Nessun
lascito al
Comune: la
sua libreria
sarà
trasformata,
come lui
stesso aveva
deciso
quando era
ancora in
vita, in una
vera e
propria
biblioteca
aperta al
pubblico. Ma
la
Fondazione
avrà la
responsabilità
dell' intera
proprietà
con un
proprio
consiglio d'
amministrazione.
Il vero
erede,
forse, è
proprio il
suo fedele
collaboratore
Ceccuti, dal
momento che
toccherà a
lui guidare
la
Fondazione
per espressa
volontà del
senatore
scomparso.
"Per me è
stato come
un figlio",
scrive nel
testamento
Spadolini. I
familiari
non battono
ciglio. Ma
di fatto,
con il
lascito alla
Fondazione,
creata nell'
80 con un
decreto
speciale
dell' allora
presidente
della
Repubblica
Sandro
Pertini, il
patrimonio
di Spadolini
viene
alienato
dalle
proprietà
familiari.
L' intera
memoria
affettiva e
intellettuale
dell' ex
presidente
del Senato
sarà curata
ora dal
professor
Ceccuti: non
solo la
biblioteca,
ma anche i
suoi beni
immobiliari.
Impegni di
grande
responsabilità:
a Pian de'
Giullari si
annunciano
già visite
illustri,
come il
presidente
francese
Mitterrand e
Carlo d'
Inghilterra.
L' avevano
promesso a
Spadolini
ma, a quanto
pare, sono
intenzionati
a mantenere
comunque la
parola data.
(MASSIMO
VANNI per
"La
Repubblica"
12 agosto
1994). |