Vada la torre

                                LA TORRE descrizione:
La più antica delle torri del litorale, quella di Vada, è attestata nei documenti fin dal 1280, quando la repubblica di Pisa fece erigere una torre in località vallivetri. I lavori proseguirono negli anni seguenti, fino al completamento dell’edificio. Nel 1309 infatti il castellano e i soldati della rocca di Vada percepivano dal comune di Pisa una paga fissa per il servizio prestato. Nel secolo successivo, sono attestati alcuni interventi di restauro e di miglioria apportati alla fortificazione. Nel 1360 il maestro di mura Francesco di Pattuglio era inviato a rifare le mura e i merli assieme a Nerio di Giunta della cappella di S.Marco in Calcesana, Francesco di Enrico e Pacino di Domenico. Due anni dopo, venne rifatto il ponte levatoio davanti alla porta del castello ad opera di mastro Giovanni del fu Battista, che procurava due pezzi di catena grossa per il meccanismo di sollevamento. A dicembre dello stesso anno, il 1362, il comune di Pisa pagava i maestri, famuli (servo, famiglio) e ragazzi che erano stati a riparare le mura del castello di Vada. Ancora nel 1380 il maestro di pietre e legnami, Andrea Gioia, assieme al compagno di mestiere Pacino, furono pagati per aver lavorato alle fortificazioni del castello. Il ponte levatoio era di nuovo rifatto nel 1404, questa volta dai maestri di pietre e legnami, Giovanni di Biglietto e Cello di Piero. L’anno seguente un episodio navale avvenuto davanti al porto di Vada, testimonia la presenza nella torre di alcune bombarde che servirono ad allontanare le quattro navi genovesi che avevano attaccato una galera pisana carica di vettovaglie. Nel corso del secolo XV sotto la dominazione fiorentina furono date disposizioni per il recupero della fortificazione di Vada, evidentemente in stato di semi abbandono e che necessitavano di restauri. In tutte queste attestazioni risulta sempre indicato un castello e non una singola torre, segno evidente che la struttura originaria era un fortilizio articolato in più edifici circondati da mura merlate. Non risulta una iconografia che rappresenta Vada nel secolo XV, quindi dobbiamo attendere la metà del ‘500 per vederla delineata in una pianta che riproduce, anche se in modo approssimativo, il territorio fra il fiume Fine e il fosso del Tripesce. La torre è descritta graficamente in elevato, e pur se schematizzata rende chiaramente la sua forma con l’ampio basamento a scarpa, la terrazza sovrastante con copertura a spioventi e il fanale sulla sommità. L’edificio è isolato nei pressi del mare, e lambito dal padule a sud. Poco distante un disegno che sembra rappresentare un edificio rovinato e ancora più nell’interno la piccola Badia posta sulla strada che porta a Rosignano. In relazione all’emergenza dei corsari barbareschi e della flotta turca che minacciava la costa toscana negli anni trenta del ‘500, anche Vada, come altre località fortificate, veniva rifornita regolarmente di vettovaglie e munizioni per fronteggiare l’emergenza anche se a volte risultava difficile reperire gli uomini e le bestie per trainare l’artiglierie da un posto all’altro, dove occorrevano, mentre la sicurezza del sito era messa in dubbio dai frequenti furti perpetrati anche a danno del castellano, come quando gli furono rubate botti e altre mercanzie sui barconi nel porto di Vada. Nell’estimo di Rosignano del 1580 la torre, di proprietà granducale, non risulta annotata, ne tanto meno gli edifici a lei vicini, di pertinenza della Mensa Arcivescovile di Pisa, mentre sono iscritte le portate di alcuni particolari, come Biagio d’Agostino Pagnini che possedeva la metà di un pezzo di terra padule e parte lavorativa posta in detti confini l.d. alla torre. L’istituzione ecclesiastica possedeva ancora nel secolo XVI grandi estensioni di terreno in tutta la provincia pisana inferiore, e la tenuta di Vada era stata affittata alla nobile famiglia dei Riccardi, assieme ad altri numerosi pascoli e terreni. Nell’estimo del 1622, invece, assieme alle notazioni dei possessi di vari particolari, sono descritte quelle del Granduca di Toscana, e cioè: un castello fatto di casetta per li soldati e un magazzino per il sale ed terre lavorative all’intorno, luogo detto al castello di Vada, confina a 1° e II° Arcivescovado di Pisa, III° la marina e la torre di Vada e sue appartenenze, a IV° Arcivescovado. In tutto erano circa 64 staiora di superficie. L’arcivescovado invece possedeva: un magazzino murato e sue appartenenze per tenere i grani, attaccato alle case della torre e castello di Vada, e altra torre ad uso stallone e sovite per bestiame detto il Casone di Vada ed una tenuta di terre lav.ve e sode, scopicce, querciolaie, macchinose e paduli, l.d. Vada, con una estensione totale di oltre 28000 staiora. Da questa documentazione sembra che un’altra costruzione militare, ormai dimessa e usata come stalla, si trovasse nella località, chiamata Casone di Vada, ma non ci risultano altri documenti che lo attestino. In quell'anno il castellano Libero Bonaini faceva richiesta al granduca di poter scavare un pozzo, o meglio comunicava di avere iniziato lo scavo a sue spese e di volerlo proseguire in economia attingendo al conto della torre, non potendo utilizzare ancora la riserva d’acqua a sua disposizione, perché si trova pestifera. Il completamento dell’opera con la muratura delle pareti del pozzo, per impedire che vi franasse dentro la terra, avrebbe comportato un costo di altri venti scudi, oltre gli otto già spesi da Bonaini. Anche per Vada, torna utile riportare ciò che i portolani dell’epoca registravano sulle caratteristiche del sito. In quello di Pantero Pantera, datato 1624, è scritto che: partendosi da Montenegro [Castiglioncello] per andare alla spiaggia di Castagneto, si deve avvertire, che trovandosi tre miglia in mare, e che si vede che la torre di Vada resta tra greco e tramontana. In quanto alle sue caratteristiche e alla difficoltà di approdarvi, annota ancora: a 5 miglia è Vada, terra non molto grande, drento d’essa vi è stanza per le galee, ma è difficile entrarci sicuramente, e quando dalla parte di levante, sifa che la chiesa stia a dritto filo per contro la torre et il segno per uscire è mettere la prora del vascello alla volta della parte di ponente dell’isola di Capraia; a Vada è una torre alla marina, dritto alla quale, circa cinque miglia in mare, sono le suddette secche della Barbiera, con bassi fondi, e dentro, vi è stanza per le galee, ma non vi si può entrare, solo che con gran pratica.  Nel 1650, 44 ducati per lavori alla torre seguiti nel 1657 da un intervento per 24 d. sempre alla torre e uno di 34 d. ai tre ponti di legno a sud di questa. Ancora nel 1670 furono spesi 154 d. sia a Vada che alle altre torri. In particolare, nel 1698, per accomodare la torre si preventivavano 480 lire, sia in materiali da costruzione che in opere di artigiani. Nel 1715 essendosi crepato un cannone, il provveditore di Livorno Del Fantasia, inoltrava la richiesta di sostituzione con un pezzo di analogo calibro, a Firenze tramite il governatore. Altri lavori alla torre nel 1722, e ai ponti di legno in località Capo Cavallo, a sud di Vada.  (Da: "La difesa costiera. Forti, torri, posti armati, strada dei cavalleggeri da Livorno a Vada" di Clara Errico e Michele Montanelli)