Caratteristiche dichiarate dalla Marina Militare:
FARO: sorgente di luce situata lungo la costa in
posizione elevata in modo da permetterne un avvistamento
notturno da notevole distanza; ogni faro emette un
particolare tipo di luce, bianca o rossa se indica un
pericolo, con periodi diversi; queste caratteristiche
vengono riportate sulla carta nautica, oltre che
sull'Elenco dei Fari e dei Segnali da nebbia, per
facilitare il riconoscimento del punto cospicuo da parte
dei navigatori. Il Faro di Vada è costituito da una
torre cilindrica nera con fascia centrale rossa.
Numerosi gli scogli affioranti, sotto costa; noti quelli
chiamati "I Catini", a Nord di Punta Catena. Prima di
Vada, venendo da N, vi è il grande pontile industriale
Solvada con un fanale in testata n. 1979.2 ed un secondo
sul gomito esterno n.1979.
TIPO SEGNALAMENTO:Faro
Ottica Fissa
LOCALITA':SECCHE
DI VADA
N. ELENCO FARI:1975
TIPO ALIMENTAZIONE:Fotovoltaico
POSIZIONE: Long.10°21,823 E
- Lat.43°19,328 N
DESCRIZIONE: Davanti
all'abitato di Vada, si incontra un pontile di 240 m
circa (Vittorio Veneto) in muratura dove ormeggiano, di
fianco, piccole navi da trasporto; subito a nord dello
stesso esiste una scogliera curvilinea. Dalla radice di
questa ultima si diparte con direzione WNW - NW un lungo
pontile (Solvada) di 1.900 m circa . E' un approdo
privato adibito esclusivamente al traffico commerciale:
è quindi vietato l'ormeggio, la sosta ed il transito
alle imbarcazioni da diporto.
Pericoli: le secche di Vada (2,50 m), orlano il tratto
di costa compresa tra le foci dei Fiumi Fine e Cecina e
sono segnalate dal faro a lampi bianchi n°1975.
Orario di accesso: continuo.
Fari e fanali: 1975 (E 1384) - faro a lampi bianchi, grp.2,
periodo 10 sec., portata 12 M segnalante le Secche di
Vada; 1979 (E 1388.2) - faro a lampi bianchi, periodo 5
sec., portata 5 M sul gomito del pontile; 1979.2 (E
1388) - fanale isofase verde, periodo 2 sec., portata 4
M sulla testata del pontile; 1980 (E 1388.4) - fanale a
luce fissa verde e rossa, 2 vert., portata 3 M, sul
pontile V. Veneto; 1981 (E 1388.3) - fanale scintillante
rosso, periodo 1 sec., portata 1 M sulla scogliera
curvilinea; 1982 (E 1388.5) - fanale scintillante rosso,
periodo 1 sec., portata 1 M sul moletto interno.
Fondo marino: sabbioso.
Fondali: da 1 a 4 m (pontile Veneto) e fino a 12 m
(pontile Solvada)
Divieti: è vietato l'ormeggio alle imbarcazioni da
diporto in corrispondenza del pontile V. Veneto e del
pontile Solvada; è vietato l'accesso fatta eccezione per
le emergenze; in tal caso contattare via radio VHF
canale 16 e via telefono l'Ufficio Locamare Vada.
Divieto di pesca.
Venti: prevalenti libecciate nel corso dell'anno.
Rade sicure più vicine: porticciolo di Cecina a Sud e
Cala de'Medici a Nord.
Cronache dalle secche di Vada, passate alla storia
- 1114 6 agosto. Una forte tempesta obbliga la
flotta pisana e le galee di Francia e Spagna, dirette
verso le Baleari, infestate dai Mori a sostare por
alcuni giorni a Vada.
- 1383 Si ripetono casi di peste proveniente
dalle navi in porto e dai materiali sbarcati.
- 1244 Una burrasca getta sul lido di Vada alcune
galee di Federico II imperatore del Sacro Romano Impero
e Re di Sicilia, figlio di Costanza d'Altavilla, ultima
discendente normanna al trono di Sicilia, e di Enrico VI,
quindi nipote per parte paterna, dell'Imperatore
Federico Barbarossa, insieme a galee pisane. Sempre a
Vada, le navi vengono riparate, quindi secondo il Tronci
esistevano dei cantieri.
- 1268 Il giovane Corradino di Svevia salpa dal
porto nel vano tentativo di riconquistare il Regno di
Napoli
- 1271 Si ha notizia che vicino al porto di Vada c'era
anche un ospedale ad uso dei marinai che vi
approdavano.
- 1405 Una galea pisana, carica di vettovaglie,
si rifugia nel porto di Vada per sfuggire a quattro navi
genovesi protetta dal tiro delle bombarde; nella notte
viene però raggiunta da un soldato a nuoto e incendiata.
-1571 1 ottobre. Don Giovanni d' Austria,
vincitore della battaglia di Lepanto, approda nel porto
di Vada atteso da Francesco I de'Medici e dalla moglie
Granduchessa Giovanna d'Austria sulla nave S. Stefano.
Don Giovanni sale sulla S.Stefano e poi si sarebbero
diretti a Rosignano, ma un cambiamento del tempo obbliga
la flotta a riprendere il mare verso la Spagna dove era
diretta.
-1810 Un distaccamento di truppe di prima linea
proveniente da Livorno viene a Vada per proteggere un
convoglio di navi rifugiate nel porto.
-1878 27 aprile. Si incaglia sulle secche per una
libecciata la nave americana Australia, diretta
nelle Indie carica di vettovaglie. Tutto il carico viene
a terra e raccolto con barrocci. Liquori, Cognac, vini
finirono nelle cantine del paese. Il palombaro Pisani
durante il recupero del piroscafo vide sul fondo a circa
10 m. pavimenti di mosaico e di marmo.
-1883 10 novembre. Un brigantino, il “Paola”
iscritto al Compartimento Navale di Genova col numero
911 di matricola, da 114.60 di stazza, al comando del
Capitano e proprietario Andrea Mortola di Camogli,
procedeva col suo carico di carbone vegetale (690 some)
da Tortoli in Sardegna verso Genova. Alle ore sette
pomeridiane un forte libeccio rese difficile il
proseguire nella rotta. Erano a circa un miglio e mezzo
a ponente del fanale di Vada. L’imbarcazione cominciò ad
essere ingovernabile, furono abbassate le vele, le
ancore di “posta” ed infine, quelle di “speranza”. Ormai
in balia del fortunale, che alle ore 10 circa si
trasformò in uragano di vento e che strappò una dopo
l’altra le catene delle ancore, il bastimento sbattè
contro una secca dei ” Catini” e sbandò a sinistra. Per
un ora e mezza resistettero a bordo i marinai, poi,
vista l’impossibilità di resistere, si trasferirono
nella “barcaccia” di salvataggio restando per due ore a
ridosso del bastimento che intanto stava affondando.
Quando la protezione dello scafo dal vento divenne nulla
per lo smembrarsi del brigantino, decisero di puntare
verso riva. L’acqua che sferzava entrando a bordo, il
vento impetuoso, le loro condizioni psico-fisiche, il
buio della notte, determinarono, uno dopo l’altro, la
scomparsa di tre marinai. L’ultimo, il quarto, fu il
giovane figlio del Capitano Mortola che, dal freddo e
dai traumi, spirò nelle braccia del padre al quale, un
altro terribile colpo di mare, portò via il corpo del
ragazzo. Tanta tragedia ebbe il suo epilogo con i
quattro uomini rimasti vivi, che presero terra sul far
del giorno. Al Delegato del porto di Vada vengono
affidate le prime cure e le carte di bordo. Tutti
verranno portati alla Capitaneria di porto di Livorno.
-1891 20 agosto. Nelle acque tra Vada e
Castiglioncello è completamente scomparsa una grossa
nave-goletta di nazionalità sconosciuta. Si è recata sul
posto una lancia a vapore con l'ufficiale del porto
tenente Pannocchia, ma a causa del forte vento di
libeccio e del grossissimo mare ogni indagine è rimasta
impossibile. Le persone presenti in vari punti della
costa narrano che il bastimento colò a picco alle 12,50
ad una distanza di circa 4 miglia a ovest di
Castiglioncello ed a circa 2 a nordest del faro delle
secche di Vada. Tutto fa credere che se l'equipaggio non
è stato salvato in tempo da un altro bastimento debba
essere tutto miseramente perito. Telefonano da vada che
sulla spiaggia sono stati rinvenuti alcuni pezzi di
legno ed un pennone.
(La Stampa di
Torino)
-1913 25 febbraio. Parte da Livorno di primo
mattino diretto sulla nostra costa a caricare sabbia il
veliero da carico "Calabria", ma viene sospinto dal
vento e dalla forza delle onde sulle «secche» di Vada.
Qui si spezza l'albero ed il veliero prima si capovolge
eppoi affonda. I tre occupanti, il capo-barca Ferruccio
Gigli ed i marinai Fernando Banti e Alberto Bartoli
riescono tuttavia a raggiungere a nuoto il fanale,
aiutati e soccorsi dalla famiglia Vittori, che si occupa
del funzionamento del faro.
-1913 3 maggio. Altro naufragio sulle
secche. Vi è coinvolta una paranza, rimasta priva delle
vele. Si trovano a bordo Francesco Savarese, Bruno
Faccini, Renato Borella ed un bimbo di undici anni. Da
Caletta, però, si assiste all'evento. Partono in quattro
e precisamente Ernesto Simoncini, Gino Scatena, Duilio
Franceschi e Renato Borella, a bordo di un «gozzo». Dopo
sforzi sovrumani i soccorritori riescono nel loro
intento. Raggiungono infatti la paranza alla deriva, che
sta ormai per inabissarsi, e portano in salvo l'intero
equipaggio.
-1928 8 aprile. Il sibilo prolungato della sirena
di bordo avvertiva la Capitaneria di Porto di Vada che
il piroscafo italiano Luciano di 800 ton. carico di
sughero, al comando del capitano Ventura Moamed era
incagliato sulle secche. Partito da Terranova Pausania
era diretto a Livorno. Nei pressi di capo Figari, causa
forte vento e mare agitato, il capitano decide di far
rotta su Montecristo avvistata la mattina successiva.
Passato Piombino, rotta su Livorno tenendosi a largo
cinque miglia dalle secche di Vada. Al mare agitato si
aggiunge la foschia ed il capitano ordina una velocità
ridotta. Improvvisamente la nave ha una fortissima
scossa e si arresta sbandando sul lato sinistro. Il
piroscafo poggia su una secca a 400m. dal fanale.
Macchina indietro a tutta forza, ma senza esito. Si
tenta manovrando con le ancore, ma senza esito. Si
inviano segnali di soccorso ed arrivano i mezzi della
Società Salvataggi Neri e Chiesa diretta personalmente
dal cav. Tito Neri. Si fanno tentativi di rimozione con
cavi, ma senza esito perché si spezzano quasi tutti. Si
decide allora di alleggerire la nave e 150 ton. vengono
trasferite su un chiattone della Neri Chiesa. A questo
punto la nave riprende a galleggiare, fortunatamente
senza falle nello scafo riuscendo a raggiungere Livorno
con i propri mezzi.
(Da "Il Telegrafo
della Sera")
-1931 22 dicembre. Nella notte il piroscafo
"Sandrina Podestà" partito da Genova e diretto a Gaeta,
carico di merci varie, o causa della foschia si è
incagliato nelle secche di Vada. Il capitano Arena ha
ordinato il getto
del carico e la nave dopo faticoso lavoro è tornata a
galleggiare, sennonché si è notato che si era aperta una
via d'acqua ed era andata perduta l'elica. Perciò il
piroscafo è rimasto all'ancora, alzando il segnale di
soccorso.
Il motopeschereccio "Amalfitano", diretto a Livorno, ha
preso a rimorchio il "Sandrina Podestà" flno al nostro
porto per essere posto in bacino.
-1941 23 settembre. Il Carmelo Noli era un rimorchiatore di 109 tsl, lungo 25,27 metri e largo 5,64, costruito nel 1929
ed appartenete alla Società Anonima Carmelo Noli, con
sede a Savona; era iscritto con matricola 86 al
Compartimento Marittimo di Savona. Fu requisito dalla
Regia Marina una prima volta dal 9 giugno al 6 novembre
1940, venendo per lo stesso periodo iscritto con sigla G
28 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, quale
dragamine; requisito nuovamente il 10 gennaio 1941,
tornò di nuovo in servizio come dragamine G 28. Intorno
alle 13.30 del 23 settembre 1941 il Carmelo Noli stava
proprio dragando un campo minato (140 mine, 70 delle
quali magnetiche) posato dal posamine britannico Manxman
il precedente 24 agosto nelle acque delle Secche di
Vada, a sud di Livorno, quando saltò su una delle mine
ed affondò. Degli undici membri dell’equipaggio solo in
tre, feriti, si salvarono; di quattro furono recuperate
le salme, mentre gli altri quattro risultarono dispersi.
Il relitto semidistrutto (anche per opera dei
palombari che, nel dopoguerra, lo smantellarono per
recuperare quanto più metallo possibile) del Carmelo
Noli giace oggi su fondali sabbiosi a 30 metri di
profondità, a 6,3 miglia dalla riva, al largo di Marina
di Cecina. Solo la prua, adagiata su un fianco, le
ancore, le murate e parte del motore, nel quale sono
impigliate reti da pesca, appaiono riconoscibili.
(Si ringrazia il
com.te Palomba Corrado per l'informazione)
-1966 10 agosto. La
«Attilio Visani» si è incagliata sulle secche di Vada per un'avaria al
timone - Le 1500 tonnellate di gasolio, cioè l'intero carico della moto
cisterna Attilio Visani, incagliatasi e rovesciatasi su un fianco ieri
mattina a cinque miglia dalla costa, minacciano la "Riviera degli
Etruschi". La grande massa di liquido oleoso si è divisa in tre enormi
macchie del diametro di circa due miglia l'una. La superficie di mare
che esse coprono, si aggira sulle 18 miglia. Le operazioni di
ricupero del gasolio e della nave arenata sono iniziate al più
presto, ad opera della ditta Neri. Lo scafo sarà riportato a
galla e trasferito a Livorno. Per la rottura del timone, la nave ha
avuto un pauroso sbandamento sulla sinistra, spinta anche dalle forti
correnti che provengono dall'isola d'Elba, ed è finita sulle secche. Tentata
subito una manovra sulla destra, ma dato che per ogni
inversione di rotta occorrono dei minuti è mancato
quindi il tempo necessario per evitare l'incagliamento
della nave e la rottura dei serbatoi. Per le pessime
condizioni del mare al rimorchiatore Luigi Neri, pure
lui in soccorso alla nave, si spezzò il cavo di
rimorchio e un pezzo andò a urtare un ragazzo a poppa
colpendolo alla testa. Da bordo via radio fu chiesta
assistenza medica immediata, ma il rimorchiatore Luigi
Neri non poteva avvicinarsi per via del basso fondo,
allora due marinai calarono una scialuppa di salvataggio
e riuscirono ad arrivare sotto la nave prelevando il
ragazzo agonizzante. Uno di questi marò si chiamava
Adino e l'altro Cafieri, rischiarono la vita per cercare
di salvare il giovane. Il R/re Luigi Neri fece subito
rotta con il ferito e macchine avanti tutta verso
Livorno, ma purtroppo il ragazzo morì il giorno
seguente.
(Si ringrazia il
com.te Palomba Corrado per l'informazione)
-2012 11 gennaio. Un peschereccio è affondato a 16 miglia circa a
largo, davanti alle secche di Vada. Il bilancio è di due morti, mentre
un terzo membro dell'equipaggio e' stato recuperato in vita da un altro
peschereccio. Ad affondare è stato il peschereccio "Santa Lucia II"
intorno alle 10.30 in un punto in cui i fondali sono profondi 60-70
metri. Secondo una ricostruzione, l'incidente sarebbe stato causato dal
fatto che le reti sono andate in trazione durante la pesca e in questo
modo la barca si sarebbe rovesciata. Il peschereccio affondato non
avrebbe lanciato alcun Sos. Le vittime sono Silverio Curcio, originario
della Campania, aveva 64 anni e Davide Curcio, figlio di Silverio, e si
sarebbe trovato nella cabina del peschereccio. Unico superstite
dell'incidente, è Roberto Caddeo, originario della Sardegna, 37 anni. Il
cadavere di Curcio è stato recuperato dallo stesso peschereccio che ha
salvato il superstite, l'imbarcazione "Erpiù".
-2012 18 febbraio. Affonda una barca di
7 m, durante una battuta ai dentici allo Sperone, a 2 miglia dal fanale.
Il pozzetto si riempie di acqua ed i tre occupanti provenienti da
Castiglioncello, sono costretti ad abbandonare la barca che in breve
resta con la prua fuori dall'acqua. Gaetano Beninati di 60 anni e
Massimo Pardera di 30 sono ricoverati all’ospedale di Cecina, ma in
buone condizioni nonostante le quattro ore passate in mare. Wladimiro
Trotta, di 40 anni di Cecina muore invece per ipotermia. Non c'è stato
nemmeno il tempo di lanciare un allarme ed il soccorso è dovuto ad una
barca di fiorentini in transito che avverte la Capitaneria.
Quella tremenda nottata del 1933 ...
...Ai remi erano Romolo Catarsi e
Gigi Molino, essendo lo zio Gianni, per la tarda età, al limite delle sue
forze e non più utile, mentre Bruno stava fisso a prua a far manovre
sull'ancora, calandola e risalpandola, consentendo ai rematori pause di
riposo per rifiatare e poter riprendere a remare verso il faro. La manovra
dell'ancora fu fatta decine e decine di volte, le forze erano al limite di
rottura.
Fu a buio pesto che riuscirono a guadagnare un sottovento relativo dietro
i massi del faro, pur quasi sommersi dalle onde del mare. Scesero con
immaginabile difficoltà guadagnando un migliore riparo dietro la base
dell'incastellatura metallica. La scaletta retrattile che conduceva in
alto verso la stanza di rifugio fu usata dai tre più giovani, mentre lo
zio Gianni rimase giù sottovento ricoperto da vele a difesa del suo
fisico. Mentre Gigi Molino recuperò nella stanza delle gallette e un paio
di candele, Bruno, con una vela, stava coprendo a tratti la luce del faro
per segnalare a qualcuno, a terra, che sul faro c'era gente. A un certo
punto notarono che, lassù a Rosignano Marittimo, le luci pubbliche non si
vedevano quasi più; voleva dire che era l'una di notte, perché a quell'ora,
a quei tempi, nei paesi venivano spente le luci quasi totalmente. Intanto
in paese si seppe che Autilio era andato a Piombino con la speranza, non
appagata, di raggiungere il faro con un mezzo idoneo. Era ormai notte
inoltrata e tanta gente di paese sostava ancora in piazza, accostati nei
pressi dei "Sottoborghi" al riparo dal vento. Le donne piangevano, i più grandi
commentavano con parole e mezze frasi che a noi ragazzi arrivavano
misteriose, paurose. Parlavano dell'impossibilità di salvarsi, riportando
episodi simili che facevano breccia nel pessimismo della gente, provocando
silenzi rotti dalle invocazioni al cielo delle donne. La piazza appariva
ancora più ampia e scura, fievolmente, come era, punteggiata dai radi
lampioni dalla luce debole e giallastra, intravista attraverso gli spogli
rami dei platani. E così la notte passò.
Anche laggiù al Fanale la notte era passata, quando alle sei del mattino
videro avvicinarsi ed accostare quel rimorchiatore che Tito Neri da
Livorno aveva affidato ad un ex-vadese: Giacomo Rasponi, conosciutissimo
coraggioso uomo di mare e ex-fanalista, perché portasse loro quell'aiuto
necessario. Con difficoltà si imbarcarono e, con a rimorchio la loro
barca, su cui erano rimasti Romolo e Bruno, arrivarono a riva accolti
dall'entusiasmo di chi rivede amici e parenti creduti perduti. Mi ha più
volte raccontato, sorridendo, Gigi Molino, che il Rasponi aveva portato
una bottiglia di anice. A loro tre, Romolo, Bruno e Gigi, non toccò
nemmeno una goccia: se l'era scolata tutta lo zio Gianni...
(Sintesi da:"Quaderni Vadesi 11 di
Vinicio Bernini") |