I lavori
di ristrutturazione della Torre del Faro di Vada, da parte
dell’Amministrazione Comunale e della Società Solvay, offrono l’occasione
di una riflessione storica su una tipologia architettonica fino ad oggi
scarsamente considerata, ma di grande rilevanza storica e caratteristica
dei nostri paesaggi costieri.
MAMMA LI TURCHI!
Fino dall’alto-medioevo, il succedersi delle incursioni piratesche, di
cui restano ancora consistenti tracce nelle tradizioni popolari (basti
ricordare il proverbiale “mamma, li Turchi!”), rende necessario
garantire la difesa della fascia costiera della penisola che già
registra la presenza di un’esigua popolazione ridotta com’è a luogo
insalubre e degradato in seguito a gravi dissesti idro-geologici. La
difesa litoranea viene organizzata con la costruzione di torri isolate
poste in prossimità del mare dette semaforiche, perché hanno lo scopo di
segnalare ai vicini centri abitati e alle sedi dei presidi militari la
presenza del nemico avvistato in mare. Il fenomeno assume importanza
crescente con il passare del tempo.
UN SISTEMA DIFENSIVO
Tipiche dell’età basso-medievale, le torri di vedetta, ubicate in modo
da costituire vere e proprie linee difensive, uniscono al compito di
sorveglianza e segnalazione la capacità di fronteggiare un primo attacco
nemico. Come ovunque in Italia, ogni grande comune o repubblica toscana
si crea il proprio sistema. La torre di Vada, risalente, nel suo
impianto originario al 1285, appartiene al sistema difensivo delle coste
della Repubblica Pisana. Di questo impianto che svolgeva anche la
funzione di faro per i naviganti restano consistenti tracce inglobate
integralmente e “sigillate” dagli interventi successivi, che, in
occasione del restauro sarà possibile rivedere per la prima volta. Di un
vero e proprio sistema coordinato si può tuttavia parlare solo nel ‘500,
con l’unificazione della Toscana e la creazione da parte di Cosimo I
Medici di uno stato moderno basato su rigidi criteri di assolutismo. Il
granduca mira a consolidare il suo potere attraverso la costituzione di
una rete burocratica ed istituzionale che dipenda direttamente da
Firenze e una efficiente organizzazione militare che salvaguardi il
burrascoso ordine interno e sia, al tempo stesso, opera difensiva dello
stato. Alla politica accentratrice che determina imponenti opere di
ristrutturazione dell’apparato difensivo toscano, si affianca la
necessità di combattere le rinnovate incursioni piratesche che durante
il corso del ‘500 compromettono nuovamente la sicurezza delle coste.
CINQUANTA TORRI DI AVVISTAMENTO
L’organizzazione della difesa costiera medicea prevede il recupero di
alcune torri di vedetta preesistenti - è il caso di Vada - e la
costruzione ex uovo di altre - è il caso della torre di Castiglioncello,
realizzata tra il 1540 e il 1570. Alla fine del ‘500 la Toscana potrà
annoverare lungo le sue coste, da Carrara ad Orbetello, cinquanta torri
di avvistamento. Le torri cinquecentesche hanno, come quelle medievali,
la capacità di resistere ad un primo attacco nemico, ma specializzano
soprattutto il compito di avvistamento e segnalazione. Sono infatti
costruite in luoghi con ampia visibilità litoranea e ad intervalli tali
da essere in comunicazione visiva tra di loro e con i centri militari
più vicini (anch’essi spesso fortificati come nel caso del Castello di
Rosignano M.mo le cui mura sono realizzate nel 1562).
UN PRESIDIO SULLA COSTA
I caratteri tipologici si adeguano però alle nuove necessità difensive.
Rispetto alle torri medievali le nuove torri hanno una maggiore solidità
costruttiva realizzata dal grosso spessore della base e dalla struttura
interna, che spesso viene resa indipendente dai muri esterni per
diminuire il rischio dei crolli sotto i colpi dell’artiglieria. Oltre
allo zoccolo troncopiramidale, le torri presentano in genere due piani
abitabili e il piano di copertura in aggetto rispetto ai muri
sottostanti. Il tetto a padiglione, forniva un riparo ai soldati di
guardia. Le feritoie sono orizzontali e sguanciate all’esterno sul tipo
delle cannoniere concepite dagli architetti militari dell’epoca. Alle
torri sono di guardia un torriere ed un piccolo presidio di soldati che
alloggiano all’interno della torre o, come nel caso di Castiglioncello,
in una struttura esterna di cui oggi purtroppo restano pochissime
tracce.
CAVALLEGGERI ALL’ERTA
A causa delle piccole dimensioni e dell’esiguo numero di uomini le torri
possono opporre solo una limitata resistenza agli attacchi nemici, in
attesa dei rinforzi. Esse sono pertanto collegate tra loro e con i
fortini dalla costruzione della Strada militare dei Cavalleggeri che
“unisce la piazza di Livorno con quella di Portoferraio”. I
cavalleggeri, cacciatori volontari, organizzati in tre battaglioni di
sei compagnie, con sede dal 1595 nel Fortilizio dei Cavalleggeri a
Livorno (presso l’attuale terrazza Mascagni) percorrevano di continuo la
strada per prestare aiuto laddove ce ne fosse bisogno. Ma il sistema di
difesa costiero necessitava anche di un presidio militare permanente.
I CAVALIERI DI S. STEFANO Nasce così nel 1562, sempre ad opera di Cosimo
che ne assume la carica di Gran Maestro, l’Ordine Militare di S. Stefano
con una propria flotta da guerra. Finalità dei Cavalieri di S.Stefano è
quella di combattere le scorrerie turchesche del Mediterraneo per
proteggere i convogli commerciali e, allo stesso tempo, frenare
l’invasione dell’Islam nel Mediterraneo. Francesco I, succeduto al padre
nel 1574 ne rafforza la rete amministrativa e militare. Nel 1577 fonda
la città di Livorno. Il suo successore Ferdinando (1587-1609), oltre ad
ingrandire il porto e le fortificazioni urbane, istituirà nel 1606 il
Capitanato Nuovo di Livorno. Al Governatore di Livorno è affidato il
comando delle torri e delle fortezze costiere.
UN CORDONE DOGANALE E SANITARIO
Al problema di difesa delle coste si sono ormai saldamente legate le
nuove esigenze commerciali
costituite da un lato dalla necessità di combattere il contrabbando, con
la creazione di una sorta di cordone doganale e sanitario teso ad
impedire lo sbarco al di fuori del Porto di Livorno di merci e di uomini
nei periodi di epidemia, dall’altro dal bisogno di coadiuvare le flotte
nella protezione dei convogli commerciali. Queste nuove funzioni ne
determineranno la continua opera di manutenzione e restauro che troverà
altro momento di fioritura sotto Pietro Leopoldo di Lorena e si
estinguerà solo alla fine del XIX secolo con le mutate condizioni
politiche ed economiche, lo sviluppo della medicina e i grandi
cambiamenti dell’arte militare.
UNA MODERNA FUNZIONE
L’odierno stato di degrado e di abbandono raggiunto dalla maggior parte
di queste strutture, nove nella sola Provincia di Livorno e sei
nell’arcipelago, non rende ragione al carico di storia che questi
monumenti portano con sé. Si tratta di un patrimonio storico,
architettonico e paesistico da salvaguardare e, soprattutto, da far
“rivivere” in modo coordinato ed organico. Un progetto di restauro
consapevole non può prescindere dall’analisi e dalla studio dei
monumenti e dei loro rapporti con i molteplici sistemi territoriali in
cui si sono inseriti nella loro lunga storia, fino ad includervi quelli
attuali. Tutto questo oggi manca ancora. In Toscana non esiste neppure
un censimento delle opere fortificate. Sulla scorta di più avanzati
studi svolti in altri ambiti regionali si può tuttavia avanzare una
prima ipotesi progettuale, ed è su questa base che si è mossa
l’Amministrazione Comunale con il restauro della torre di Vada e di
Castiglioncello. In accordo con la loro storia, con le loro
caratteristiche geografiche ed architettoniche le torri si possono
ancora porre come punti di raccolta di dati e trasmettitori di
informazioni elaborate al territorio. Così i progetti di riuso delle due
torri del territorio comunale ne ripropongono, in certo modo, l’antica
funzione di punti privilegiati di osservazione. Osservatorio provinciale
sull’ambiente, quello di Vada, osservatorio sulla storia costiera,
quello di Castiglioncello. Forse i computers e le alte tecnologie
sostituiranno le antiche feritoie, ma le due torri torneranno a
guardarsi intorno, e ad essere nuovamente in rapporto perché i due
aspetti non possono essere scissi, pena l’incomprensione dell’unicità
del territorio. EDINA REGOLI (Dic.1990)
Direttrice del Museo Archeologico di Rosignano Marittimo. |