Vada oggi

Osteria del Riposo

  Citata nell'Estimo di Rosignano (1795) fra le proprietà Bombardieri, l'osteria sorgeva, insieme all'omonimo mulino ad acqua, vicino alla confluenza del Botro Ricavo con il Fiume Fine dove passava l'antica strada che collegava Vada a Rosignano. Forse il nome non è casuale trattandosi di un punto centrale del percorso fra il porto di Vada e Rosignano. (Da "Segni storici del paesaggio rurale" di Roberto Branchetti")

                                     Mulino del Riposo
Il Nencini riconosce questo opificio nel mulino medioevale di Vada citato dal Repetti. Il 1° luglio 1206 l’abate del monastero di S. Felice di Vada si obbligava a pagare un annuo censo di 24 soldi agli arcivescovi di Pisa per deviare le acque del fiume e condurle per gora al mulino o mulini, che detto abate, o i suoi successori, avessero voluto su di essa edificare. Nel 1221, Rustico, abate del monastero di S. Felice, vendette, con il consenso dei consoli di Vada e di un monaco che allora vi abitava, la metà di questo mulino, fatto costruire presso il ponte della Fine. Sulla gora del medesimo, nel 1285, gli abitanti di Vada e Rosignano dovevano costruire, entro un mese e a loro spese, un ponticello di legno. Le descrizioni toponomastiche riportate ci inducono a condividere l’ipotesi del Nencini ed a individuare, in questo sito, il mulino del Riposo. L’opificio, ubicato nei pressi dell’antico ponte della Fine, era prossimo alla via che collegava Vada con Rosignano; la denominazione “Riposo” lascerebbe intendere come il luogo — posto circa a metà del cammino fra i due borghi — fosse particolarmente apprezzato dal viandante per la sosta. Nel 1628 Camillo Pagnini da Rosignano possedeva “Un mulino a ritrecine dismesso con gora murata serve per casa da lavoratori et una sovita murata distaccata dal mulino, et un altro mulino dismesso senza macine serve per stalla (...) l.d. li Mulini del Riposo”. Due mulini “uno serragnolo” ed “uno frangente”, tutti e due distrutti e disfatti, si trovavano, già nel 1544, nei “confini di Vada e Rasignano” e risultavano di proprietà di monna Iacopa di Bondo di Niccolò Lanfranchi cittadina pisana. Con molta probabilità doveva trattarsi degli stessi opifici che, a distanza di un secolo, risultavano ancora improduttivi. Agli inizi del Settecento i due mulini erano ancora dimessi, ma i nuovi padroni, Giovanni e Filippo Bombardieri, già proprietari dell’Osteria del Malandrone, meditavano sulla possibilità di un loro imminente recupero, che sarebbe tornato utile e vantaggioso ad una nuova osteria da aprirsi proprio in questo luogo di transito. Nel Plantario del 1795 un solo mulino, ancora di proprietà Bombardieri (Giovanni), compare vicino ad una “Casa che prima serviva d’Osteria” (detta del Riposo) ed è alimentato da un bottaccio che prendeva le acque dal Botro del Ricavo. Lo stesso impianto è successivamente rappresentato nella mappa del catasto 1823 con proprietario Tausch Teodoro di Giovanni il quale, pochi anni più tardi (istanza del 10 febbraio 1829), ne chiedeva il “defalco” ai fini della tassa sugli edifici ad acqua; dal 1827 il mulino era stato infatti convertito in casa colonica mentre la gora ed il gorile erano stati trasformati in fondi coltivati. Il 31 marzo 1829, “Veduta la relazione del Signor Aiuto Ingegnere sul diverso destino assegnato al così detto ‘Mulino del Riposo”, l’istanza veniva accolta. Nei primi anni sessanta dell’Ottocento, in seguito alla costruzione della ferrovia “Maremmana” (1861), l’opificio ed il fabbricato che lo ospitava venivano in parte distrutti. Al loro posto oggi troviamo una casa (“La Pace”) che niente fa trasparire dell’antico mulino; l’unica testimonianza che resta si trova sul Torrente Ricavo, a pochi metri dalla sua confluenza nel Fine, ed è costituita da un tratto di muro recante la porta di scarico del rifiuto.
(Da "Antichi mulini del territorio livornese" di R. Branchetti e M. Taddei scaricabile dal sito.

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