Vada ieri
1905 - L'ingresso nella piazza di Vada da via del Littorale lato nord. Bambini e pedoni nel mezzo alla strada, nessun tipo di traffico si intravede. A destra sullo sfondo uno dei due palazzi della Dogana di Dispensa vecchia appartenenti alla allivellazione leopoldina del 1842-43. (Foto Marinai)
        Dalla "Monografia storica di Rosignano Marittimo"1925 - Vada
Il nome deriva da Vadum guado, o, in senso figurativo, mare, fu porto antichissimo ed approdo della colonia etrusca di Volterra, e poi scalo marittimo romano, Vada Volaterrana, celebrato già da Tito Livio; da Cicerone, 50 anni prima dell' era volgare; da Plinio, 70 anni dopo Cristo e da Rutilio Namaziano, poeta e viaggiatore, che sbarcò a Vada nel 415 nell'epoca cioè della decadenza di Roma, e fu ospite di Decio Albino Cecina, Senatore e Prefetto di Roma, nella sua sontuosa villa situata sulle pendici di Rosignano, e forse in Pilistrello, come si e già detto nella prima parte. Anche allora il porto era di difficile imboccatura a causa degli scogli subacquei che si protendono per i Catini e pel Capo Cavallo, i quali però contribuiscono, con le secche di Val di vetro, a rendere sicura dai marosi quella rada naturale, ove cercano rifugio nelle notti tempestose i piccoli velieri sorpresi dal fortunale. Vada, fino dai tempi di Roma, aveva le saline, nominate pure dal Namaziano sopra rammentato nella poesia latina che si trascrive:
« Inoltrandomi nel tratto del Volterrano, il cui nome è Vada, mi tocca rasentare un passaggio pericoloso. Due pali indicano l' incerto ingresso del porto. Abbiamo tempo di visitare le saline soggette alla Villa. Salina si chiama la palude salsa dove il mare declive penetra mediante canali terrestri e l' acqua, condotta da una piccola fossa, si spande in laghetti ramificati. Ma quando Sirio lancia sulla Terra i suoi fuochi canicolari e le erbe impallidiscono, ed ogni campo si inaridisce, allora con argini viene sbarrato l' accesso del mare, perché la terra infuocata prosciughi e il sole ardente, assorbendo le goccie dell' acqua, faccia rapprendere la superficie e produca sale. »
Il poeta Namaziano proveniva dal mare diretto nella Gallia, e la Villa, cui allude, era quella di Decio Albino Cecina, come si è detto sopra. Le saline di Vada esistevano ancora nell' anno 754 ed erano di proprietà del nobile longobardo Gualfredo e continuarono anche dopo, passando a diversi suoi successori ed eredi. Gualfredo, o Walfredo, fondò 1' Abbazia di Monteverdi e poi fu santificato. Una parte delle saline di Vada apparteneva a tre fratelli pisani, i quali nel 780 cederono questa parte all' abbadia di S. Savino presso Calci, da loro fondata. Vada fino dai tempi antichi aveva un castello ed una chiesa dedicata a S. Giovanni e Paolo. Da un atto del 26 Aprile 1043 si apprende che in quella data, la chiesa era già pievania e infatti con quel1' atto la Pieve di Vada fece offerta alla chiesa di S. Maria e S. Quirico a Moxi (le Badie) di beni posti in Valdiperga, già donati alla chiesa di Vada dai longobardi.
Il 2 Dicembre 967 nel castello di Vada fu concesso da Ottono I° il Grande, imperatore tedesco della casa di Sassonia, un diploma a favore di Pietro vescovo di Volterra, ove è dichiarato che detto castello non era più nel territorio volterrano, ma bensì nel contado pisano. Fino da allora Vada fu soggetta alla repubblica di Pisa. Oltre alla pieve, in Vada sorgeva pure la badia di S. Felice, prima officiata dai frati dell' ordine di S. Benedetto, poi passata alle monache Domenicane.
Nel 1068 al 21 di Ottobre, certo Leone ricevette a livello dal monastero di S. Felice di Vada un pezzo di terra posto a Rosignano.
Verso il 1170 il giudice Costantino, padre di Parassone, pure giudice di Arborea in Sardegna, di cui si proclamò re, fece donazione al Monastero di S. Felice in Vada di alcune terre della Sardegna e Parassone confermò il dono.
Con diploma del 19 Luglio 1139 Corrado III° imperatore tedesco, concesse all' arcivescovo di Pisa Balduino dei diritti su Vada e su Rosignano; concessione convalidata dal Pontefice Innocenzo II°. Com' è noto, prima del 1092 la diocesi pisana era retta da vescovi.
Secondo il Targioni la pieve di Vada fu incominciata nel 1144 e restaurata nel 1163, e quello storico ne riporta due iscrizioni. Si e però citato un documento del 1043, il quale dimostra che in quell' anno la pieve di Vada già esisteva. Tale pieve ai tempi di Cosimo I.° de' Medici non figurava, più come parte della parrocchia di Rosignano.
Nel 1079 una flotta genovese assalì il porto di Vada, ma senza successo; però nel 1126 gli stessi genovesi si impadronirono di Vada e la tennero fino al 1165 epoca in cui Vada fu ripresa dai pisani, che fortificarono maggiormente il castello e munirono di efficaci difese il porto. §
Nel 1177 il conte Ranieri e il conte Gherardo della Gherardesca, col consenso delle rispettive mogli Erminia e Adelasia, stando in Vada fecero dono alla Badia di S. Felice di 25 pezzi di terra posti nel distretto e piviere di Rosignano, fra cui Poggio Cuccaro. Piviere stava ad indicare la circoscrizione della pieve.
Nello stesso anno 1177 e precisamente il 28 di ottobre furono esaminati presso un giudice diversi testimoni, i quali giurarono come 58 pezzi di terra, posti nel distretto di Riparbella appartenessero al monastero di S. Felice in Vada.
Con atto del 1° Luglio 1206 don Barone, abate del monastero di S. Felice, si assoggettò ad un annuo censo di 24 denari di moneta pisana, da pagarsi alla Mensa arcivescovile di Pisa per 1''uso delle acque della Fine, onde condurle alla gora del molino che, col consenso dei consoli di Vada, fu poi dato per metà in affitto a terzi dall’ abate don Rustico.
Da un documento del 21 Gennaio l245 si deduce che la badia di S. Felice costituiva parrocchia ed il suo popolo abitava nel castello e nell' annesso paese; mentre invece la pieve di S. Giovanni e Paolo doveva essere, come tutte le pievi, in aperta campagna, cui forse conduceva il tratto di strada che anche attualmente si chiama del Conventaccio.
Nel 1114, in Agosto, una tempesta obbligò la potente flotta pisana, rinforzata da vascelli di Francia e di Spagna, in rotta per la conquista delle isole Baleari, a sostare diversi giorni in Vada (Tronci)
Nel 1244 una burrasca gettò sul lido di Vada alcune galee di Federigo II.° unite alla flotta pisana (Tronci); di quel Federigo che Dante pone nell' inferno fra gli eretici: « qua dentro è lo secondo Federigo », del quale fu Segretario e Consigliere Pier delle Vigne. «Vi giuro che giammai non ruppi fede - al mio Signor che fu d' onor si degno. »
In Vada le navi di Federigo II.° furono riparate, segno evidente che vi era un cantiere atto allo scopo. Nel 1284 il Comune di Pisa incominciò la costruzione della torre per uso di faro davanti al porto, stanziando nel 1285 per tale lavoro la somma di trecento denari pisani al mese.
Nello Statuto del Comune di Pisa di quello stesso anno si stabilirono concessioni, esenzioni e privilegi per chi andava ad abitare in Vada, e da ciò si desume che già da quel tempo, a causa della malaria, il luogo era rimasto deserto. Nel 1405 una galea pisana, carica di vettovaglie, si ritrasse nel porto di Vada per salvarsi da quattro navi genovesi che la inseguivano. I1 forte di Vada con lo sue bombarde la protesse, ma nella notte un soldato a nuoto poté appiccare il fuoco alla galea pisana, incendiandola. (Tronci).
Con atto del 10 Febbraio 1406 Vada passò sotto il dominio di Firenze, cui Pisa capitolò; nel 1431 fu occupata da Niccolò Piccinino, noto capitano del duca di Milano; nel 1433 Vada, fu sottomessa di nuovo a Firenze, la cui Signoria, con provvedimento del 13 Febbraio 1437, vi costruì dei magazzini, dopo smantellato il castello.
Nell' inverno del 1452, per tradimento del capitano del superstite forte, Vada fu occupata dalla flotta del Re di Napoli, che ne ripartì l' anno dopo, appiccando il fuoco al fortilizio, e facendolo andare in rovina. (Lapucci). Dopo d' allora i fiorentini demolirono definitivamente ogni fortificazione, essendo divenuto anche inabitabile il luogo a causa del padule o della malaria. Forse le vestigia di mura che a mare chiaro si vedono sommerse presso la riva sono quelle del castello e del paese di Vada antica.
Nel 1484 a Vada sbarcarono truppe genovesi dirette contro Rosignano e nel 1495 Vada fu rioccupata dalle truppe fiorentine, dopo la ribellione compiuta, insieme a Rosignano, verso la repubblica.
Nel 1574 sbarcò a Vada Giovanni d' Austria, il celebre vincitore della battaglia navale di Lepanto, per visitare Francesco I.° de' Medici, che, con la famiglia, villeggiava a Rosignano. Da quell’ epoca Vada rimase un deserto e vi imperò il bosco paludoso, con i conseguenti miasmi.
Nel 1834 fu iniziato un primo risanamento del territorio negli stagnoli al cui prosciugamento le R R. Possessioni vi spesero L. 22,510, soldi 4 e denari 1. Già il Granduca Pietro Leopoldo aveva avuto in mente il risanamento della zona maremmana, compreso il padule di Vada, e vi aveva iniziato opere idrauliche. Soltanto però verso il 1840 Vada risorse a nuova vita, inquantoché Leopoldo II.° di Lorena, Granduca di Toscana, si prefisse di bonificare la maremma ed in gran parte vi riuscì, malgrado la satira del poeta Giusti:

Il toscano Morfeo vien lemme lemme

Di papaveri cinto e di lattuga,

                         Che, per la smania di eternarsi; asciuga Tasche e maremme. 
L'asciugar tasche è compito e virtù di qualunque Governo; meno male quando con le tasche si asciugano anche le maremme!
Il territorio della derelitta Vada fu compreso nel programma del bonificamento granducale e, per raggiungere questo alto scopo, il Governo toscano concesse gratuitamente delle preselle di 25 saccate ciascuna a coloro che, col diboscamento, avessero provveduto anche alla costruzione di una casa colonica. I1 Governo si lasciò del territorio e vi mantenne una R.a Fattoria. Il taglio dei boschi; il richiamo di coloni; le opere idrauliche iniziate a cura del Governo, quali le colmate, l' apertura dei fossi con cateratte rotatorie; l'uso di macchine idrovore a vento e poi a vapore, contribuirono al risanamento dell' agro di Vada, che oggi ha poderi ubertosi. Fu creato il paese all' ingiro di una vasta piazza contornata da platani, fu eretta una elegante chiesa ed un bel campanile; furono tracciate nuove strade ed il Granduca più volte si rese conto di persona del progresso della bonifica vadese. Provvida fu la conservazione e la intensificazione della pineta che il Governo toscano stabilì per una zona larga non meno di braccia 200 a tutela e difesa perpetua della pianura vadese contro i venti marini. Nel rescritto 11 Settembre 1839 riguardante, lo concessioni livellari delle preselle nella pianura di Vada, fu prevista infatti «una zona di terra lungo mare di larghezza dalla così detta battigia non meno di braccia 200 per coltivarci a spese dello Stato una pineta a salvezza delle future piantagioni e semente dei nuovi campi.»
La bella pineta e ora bene sviluppata, ben conservata e ben vigilata dal Governo, inquantoché è, e rimane e, speriamo, rimarrà sempre una possessione demaniale.
Nel 1847 fu istituita a Vada la condotta medico-chirurgica ed il primo sanitario fu il Dott. Ildebrando Caifassi da Lucignano in Val di Chiana, cui nel 1850 successe il Dott. Cartoni. Dal 1890 è medico condotto il Dott. Gazzarrini.

La pubblica salute in Vada ebbe, per recrudescenza malarica, un grave colpo nel 1877; da allora, con la istituzione di un apposito Consorzio, si ebbe più cura della nettezza dei fossi e quindi dello scolo delle acque della pianura al mare; la salute pubblica ne risentì vantaggio tale, che oggi Vada e diventata una stazione balneare marittima per la quale si prevede e si augura un prossimo più largo sviluppo.

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Nel 1867, nella notte del 19 d' Ottobre, approdò a Vada Giuseppe Garibaldi in compagnia di Stefano Canzio e di qualche altro fido compagno come il Dott. Agostino Bertani, qui giunti dopo aver fatto la traversata da Caprera sopra una piccola imbarcazione, eludendo la crociera delle R. Navi che dovevano impedire al Generale la sua fuga dall' isoletta.
Nella notte stessa i fuggiaschi furono condotti a Livorno da David Morelli di Vada, sopra un barroccino. Andrea Sgarallino ospitò occultamente nella sua casa Garibaldi ed i suoi compagni. Da Livorno il Generale si recò a Firenze, allora Capitale d' Italia, per preparare l' eroica insurrezione, balzata al grido di «Roma o morte » , e spezzata a Montana il 2 Novembre 1867 da piombo francese.
In mezzo alla piazza di Vada nel l882, promotori Diego Martelli ed alcuni giovani di Rosignano e di Vada, tra i quali lo scrivente, e coll' ausilio dell' Associazione di mutuo soccorso Rosignanese, a ricordo del fatto storico, fu innalzato un cippo miliare col busto del Generale, opera gratuita dello scultore Fantacchiotti di Firenze, sul quale cippo fu apposta questa epigrafe di Giosue Carducci :

« Giuseppe Garibaldi — qui il 19 Ottobre 1867 — prendeva terra — fuggitivo occulto — dalla Caprera — per alla volta di Roma — che egli rivendicò all' Italia — a viso aperto.»
Verso il 1873 in Vada fu impiantata una fonderia di ghisa a cura del Sig. Francesco Tardy in seguito alla quale fu decretata 1a Stazione ferroviaria, aperta all' esercizio nel 1877. La fonderia ebbe vita breve, e fu sostituita da altre industrie minori, quali una distilleria di vinacce, una lavorazione di sanse, ecc. Nella fonderia Tardy venne fuso e donato il busto di Garibaldi.

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Sulle «secche di Vada» a 5 Km. circa fuori del porto, venne costruito 60 anni fa un faro in ferro, ora girevole ed automatico. Non ostante questo faro, circa 50 anni fa un grosso piroscafo, «Australia», si incagliò sulle secche ed in seguito a mareggiata perdé il carico svariatissimo, che in parte venne alla spiaggia. Andarono in mare seterie, chincaglierie, carta, liquori, vini, mercanzie che erano dirette nelle Indie. Prima dell' «Australia » , si era incagliata sulle stesse secche una nave da guerra americana, che aveva a bordo degli allievi ufficiali.

Vada, nei tempi più floridi del medio evo, sotto la repubblica pisana e sotto la dominazione fiorentina, faceva Comune a se ed ebbe i suoi Consoli ed il Governatore, che ne dirigevano le sorti. Dette degli Anziani, dei Priori ed anche un Ambasciatore alla repubblica pisana. Non si conosce lo stemma che il Comune di Vada aveva assunto, forse una torre sul mare.
Dalla "Monografia storica del comune di Rosignano Marittimo" di Pietro Nencini pubblicata nel 1925, scaricabile dal sito

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