| 
                   
                     
      La concimaia, costruita a brevissima 
                  distanza dall'abitazione, era il luogo di raccolta 
      dei rifiuti della stalla (paglia, escrementi animali e non solo) e quant'altro 
                  di organico venisse prodotto dagli animali e dall'uomo. Il 
                  materiale accatastato (oggi rifiuto speciale 
      ndr) e ricoperto con poca paglia, fermentava 
                  in modo naturale e produceva l'unico concime disponibile 
                  perfettamente idoneo all'utilizzo nelle colture del campo e 
                  dell'orto. E' così da sempre, ma verso la metà del secolo scorso 
                  si comincia ad evidenziare il problema sanitario legato alla 
                  vicinanza della concimaia e dei suoi reflui, in particolare il 
                  percolato che in mancanza di impermeabilizzazione, filtra nel 
                  terreno e arriva alla falda del pozzo sempre presente nelle 
                  vicinanze. Un inquinamento che altera l'acqua della famiglia 
                  e della stalla, provocando salmonellosi ed altre patologie legate alla 
                  precarietà dell'igiene. Alcune leggi già ne avevano tentato la 
                  regolamentazione, ma erano passate fra la generale ignoranza e 
                  incompetenza in materia. Saranno le organizzazioni di 
                  categoria, a riproporre questo genere di problematiche, come 
                  risulta dal documento che segue.
                  Nel gennaio 1952, a seguito di una Conferenza Comunale sulla 
                  produzione, indetta dalla 
                  Confederterra, fu pubblicato 
                  il seguente articolo:
                   
					"Capita spesso di vedere, nelle vicinanze delle 
                  case coloniche, 
                  dei mucchi di letame che i contadini chiamano ormai per
                  consuetudine, "concimaie". La 
                  prima osservazione in merito è
                  quella relativa all'igiene. 
                  Infatti mucchi di letame, troppo vicini alle 
                  case e privi di una qualunque 
                  opera che ne raccolga gli sgrondi, sono un continuo 
                  pericolo per la salute pubblica e vietati in merito dalle 
                  leggi sanitarie. È fatto quindi 
                  obbligo, in base a queste leggi, 
                  a tutti i proprietari di 
                  costruire concimaie igieniche, e 
                  cioè lontane almeno sette metri dall'abitazione; platea 
                  impermeabile e pozzetto maceratoio".  
					Ma la concimaia igienica 
                  non è solo utile da un punto di vista igienico in quanto 
                  rappresenta anche una ricchezza per il contadino, per il 
                  proprietario e per l'economia agricola in senso generale.
                  Se si considerano però i vantaggi che se ne ricava, si può 
                  senz'altro dedurre come sia conveniente e come il proprietario 
                  sia interessato alla costruzione immediata della concimaia. Infatti: tenendo conto che un 
                  bovino in un mese da tanto 
                  letame quanto pesa (q.li 4 
                  circa) in capo all'anno da 50 
                  quintali circa di letame. In un'azienda con 10 capi di 
                  bestiame si hanno 500 quintali di letame pari a 120 metri 
                  cubi. Il letame che non è stato conservato 
                  nella concimaia perde il 50% del suo valore e viene venduto a 
                  700 lire al metro cubo; quello 
                  maturato invece in una concimaia 2.000 lire al metro cubo...  (Da: 
					Mezzadria di Elvio Collu 
                  scaricabile dal sito)  
					                                                         
					****** 
					Fin da 
					tempi remoti, ai rifiuti degli uomini si aggiungevano gli 
					escrementi degli animali. Anzitutto c’erano i cavalli, asini 
					e muli usati quali mezzi di trasporto che venivano tenuti 
					nelle stalle annesse alle case. Il problema non era dei più 
					gravi. Chi poteva affrontare la spesa di comperare e tenere 
					un cavallo o un asino o un mulo aveva in genere la 
					possibilità finanziaria di assoldare un servitore che 
					tenesse la stalla pulita. Le bestie avevano il loro “letto 
					di paglia” e occasionalmente vi si cumulava del letame: ma 
					il tutto restava di solito nei limiti della tollerabilità. 
					Inconvenienti nascevano soprattutto quando il letame cavato 
					dalle stalle non veniva portato nei campi, ma ammucchiato 
					per esempio sulla strada vicina...Comunque oltre a cavalli, 
					asini e muli c’erano torme di altri animali che creavano 
					problemi ben più gravi, in particolare i porci «causano 
					fetore inestimabile e ci sono famiglie che ne tengono otto o 
					dieci»... 
					I fertilizzanti erano uno degli elementi, la cui 
					accentuata scarsità creava difficoltà notevoli al contadino, 
					rischiando di provocare strozzature vere e proprie nel 
					processo produttivo agricolo. Il fertilizzante per 
					eccellenza era quindi il letame, cioè gli 
					escrementi degli animali. Ma non ce n’era mai abbastanza 
					tanto che i contadini che coltivavano poderi non lontani 
					dalla città acquistavano regolarmente dai vuotapozzi 
					cittadini carrate di maleodoranti rifiuti umani. Volevano 
					però la “materia soda” (detta anche “materia per contadini”) 
					considerata “bona per concio” (cioè buona per concimare) e 
					rifiutavano la “materia tenera” detta anche “acquastrone” 
					cioè il liquame che come fertilizzante non serviva. 
					Condizionati quindi dalla scarsità i contadini curavano in 
					modo particolare la raccolta e la conservazione del letame 
					che per loro era materia prima di essenziale importanza: le 
					due operazioni peraltro quanto a igiene e fragranza non 
					erano tali da entusiasmare chi contadino non era... 
					Ma l’aspetto più pateticamente tragico della faccenda del
					letame era  quello delle persone che per via della 
					loro povertà raccoglievano il letame per la strada, 
					quando ne trovavano e se lo portavano a casa dove lo 
					cumulavano fino a costituirne una quantità che potevano 
					vendere. Al problema dei rifiuti umani e animali e della
					cumulazione, conservazione e macerazione del letame si
					aggiungeva il problema delle acque stagnanti e l'area 
					intorno a Vada ne era ben fornita. L'acqua «ferma del padule l’estate rende gran fetore». 
					Fetori, puzze, odoracci provocavano sensazioni penose e 
					rappresentavano una forma di inquinamento. Nel caso 
					specifico però non era soltanto questione di sensazioni 
					olfattive sgradevoli e rivoltanti: c’era di mezzo anche la 
					radicata convinzione che fetori, puzze e odoracci potessero 
					da un momento all’altro far improvvisamente scoppiare una 
					sempre paventata epidemia di peste quam Deus avertat 
					come esclamavano terrorizzati i contemporanei tutte le volte 
					che erano costretti a pronunciare la terribile parola.(Sintesi da: 
					"Miasmi e umori" di Carlo M. Cipolla) 
  1867 - Indagine ministeriale sull'uso degli spurghi come concime. 21 
					domande rivolte ai sindaci 
                    
                     |