PONTI
E PONTICELLI
Le strutture che
maggiormente impegnavano per la loro costruzione e manutenzione, erano i
ponti, sia in legname che in muratura, la cui gestione era demandata
inizialmente allo Scrittoio della Fabbrica di Livorno, come risulta dalle
verifiche fatte nel 1689, dall’ingegnere Giuseppe Santini, inviato dal
segretario Panciatichi a verificarne lo stato e a chi spettasse il loro
mantenimento. Il tratto interessato era quello fra la torre di Vada e la
casetta di Capo Cavallo. Accompagnato dal luogotenente Bombardieri, si era
portato a visitare quel percorso, annotando le seguenti emergenze. Il tetto
della casetta aveva bisogno di essere rifatto parzialmente, per dare riparo
ai soldati di guardia. Percorrendo la strada a ritroso dalla casetta verso
la torre, si trovava il fosso del Tripesce, che doveva essere attraversato
con un ponte di legno, che Santini giudicava di misura di braccia 36 di
lunghezza e br.6 di larghezza, nel punto dove erano ancora infissi alcuni
pali di pino del vecchio ponte caduto. Altro ponte al fosso successivo,
detto del Pozzuolo, lungo br.30 e largo sempre 6 br., in sostituzione di
quello simile danneggiato. Seguiva il ponte grande dello Stagnolo, di br. 15
per 6, anch’esso pericolante e impraticabile, per il quale si potevano
recuperare alcuni pali di pino e tavoloni presenti sul posto. Al successivo
fosso della Pedata, serviva un altro ponte di br. 12 di lunghezza e le
solite 6 di larghezza, così come per attraversare la laguna successiva
occorreva farvi un ponte di br. 10. Infine, in prossimità della torre per
attraversare un ultimo fosso, occorreva un ponte di legno anche questo di br.
10 per 6. Alla fine i soldati, approfittando della presenza dell’ingegnere
lo portavano a vedere anche la casina di Monte alla Rena, a cui riconosceva
doversi rifare il tetto e restaurare le mura, e dove una finestra era stata
addirittura forzata. La spesa prevista da Santini sommava a 450 scudi, ma
l’anno seguente risultava a interventi effettuati, per altro anche a
strutture non previste inizialmente nella perizia, ridotta a scudi 382, 6
lire, 7 soldi e 6 denari. Il ponte sullo stagnolo oltre la torre di Vada,
era di nuovo rovinato all’inizio del 1721, e il Commissario di Sanità conte
Giulio Della Gherardesca, consapevole della sua importanza per la scorreria
e il controllo della costa, faceva pressioni sul governo perché intervenisse
nella sua immediata ricostruzione. Ad una prima risposta negativa, motivata
dal fatto che si considerava rifarlo una spesa superflua, mentre quel tratto
di marina resta guardato da tre posti in modo che non possono seguire
sbarchi senza essere scoperti, senza però tenere conto che era proprio il
collegamento fra quei posti armati ad essere fortemente limitato
dall’assenza del ponte, seguiva l’insistente pressione del conte su Firenze,
che finalmente sortiva l’effetto desiderato, quando S.A.R. informata del
problema dava ordine che venisse prontamente restaurato il ponte di Vada,
ad effetto che li soldati possino agevolmente transitare per le loro
respettive incumbenze delle guardie di marina. Obbligato ad intervenire
il Provveditore alla Fabbrica di Livorno Del Fantasia, delegava a Rosignano
il Pagnini, perché cercasse un artigiano capace di costruire il ponte in
legno, rapidamente e con una spesa contenuta. La soluzione poteva essere
quella di un mastro d’ascia che si offriva di fare il ponte per 100 scudi, a
condizione che potesse tagliare i legnami occorrenti nelle macchie della
Cecina di S.A.R. senza pagare il legname. Incapace di valutarne la
convenienza o meno, Pagnini chiedeva al provveditore l’invio di un perito,
dal momento che il costruttore prevedeva una struttura lunga ben 50 braccia.
Nel caso dell’attraversamento di botri o torrenti erano quindi privilegiati
i ponti in legno, tutto sommato economici e di rapida costruzione, ma quando
si trattava di superare un vero e proprio fiume, come nel caso del Fine,
sembrò evidente, anche ai meno esperti che si dovesse privilegiare la
realizzazione di un ponte in muratura. Il primo progetto risale all’inizio
del 1779, quando il Provveditore dell’ufficio dei Fossi, Donato
Sanminiatelli, scriveva al Cancelliere Comunicativo di Lari che per non
rendere interrotta la strada lungo la marina, che serve per comodo dei
cavalleggeri nelle scorrerie, e che è già stata consegnata a codesta
comunità per il di lei mantenimento perpetuo, dovendo procedere alla
costruzione di un ponte sulla Fine, trasmetto a VS. molto Ill. ma i diversi
progetti che sono stati fatti per la fabbrica di esso ponte, acciò li
comunichi colla maggior sollecitudine ai rappresentanti la magistratura
comunicativa di Rosignano, e da questi siano fatti prendere in
considerazione dal suo provveditore di strade e fabbriche, o da qualche
altro ingegnere che crederanno sia opportuno per l’effetto di dare il solo
sentimento, tanto sopra la preferenza di uno di essi progetti, che per
rispetto alla somma per la quale crederanno, che la loro comunità potesse
assumersi la costruzione di ciascheduno di essi. E come che sembra
preferibile il progetto riportato sotto il n° III, perciò di questo ella ne
troverà qui annesso il disegno per gli effetti suddetti, il quale ella mi
ritornerà con i suddetti progetti. Sembra di capire, che aldilà delle
cortesi parole, il provveditore Sanminiatelli avesse già deciso quale
progetto privilegiare, e tutto si riducesse a una mera formalità. In effetti
però il consiglio di Rosignano esprimeva fino dall’inizio l’intenzione di
non partecipare al finanziamento della costruzione del ponte, ma di
limitarsi a prenderlo in consegna dopo per la manutenzione come la strada
del Littorale. A questo punto Sanminiatelli tornava a sollecitare il
Cancelliere di Lari, perché facesse tutto il possibile per convincere la
magistratura locale del paese, che qualora venisse costruito il proposto
ponte sulla Fine, ciò sarebbe di vantaggio non solo per le scorrerie dei
cavalleggeri, ma particolarmente per i possidenti e comunisti
(abitanti della comunità ndr)
di Rosignano e specialmente per la Mensa Arcivescovile Pisana. Ma anche
questo nuovo tentativo non sortiva nessun effetto, perché il consiglio
adunato concordava a maggioranza, che non sarebbe stato di alcun utile e
vantaggio il proposto ponte perchè bastava che sul fiume della Fine ve ne
fosse uno, conforme vi era. Nel settembre 1784, S.A.R. il granduca non aveva
ancora espresso un parere definitivo sulla questione del ponte sul Fine, e
solo con motuproprio del 17 marzo 1785 si decideva ad autorizzarne la
costruzione, su un progetto di ponte a tre archi in muratura, realizzato
dall’ingegnere tenente Lotti, con un contributo di scudi 700 a carico della
Regia Depositeria. L’anno seguente, però modificava la decisione, e con
rescritto del 3 agosto 1786, approvava la trasformazione del ponte ad una
sola arcata, del costo totale previsto di sc. 3328 circa. In seguito la
costruzione procedeva abbastanza speditamente, anche se questo creava,
paradossalmente problemi allo stesso accollatario della strada, Domenico
Tosi, che si lamentava dei danni arrecati dal trasporto dei materiali da
costruzione per il ponte, al fondo stradale del tronco di strada Regia a lui
affidato. Alla spesa per il ponte doveva contribuire la Dogana di Pisa, e
quando la cassa dell’Ufficio dei Fossi arrivò ad aver pagato per la
costruzione sc. 2161 e spiccioli, esponendosi eccessivamente, sollecitò che
fossero dati gli opportuni ordini affinché la Dogana provvedesse a sborsare
la differenza fra i 700 sc. da questa erogatigli fino a quel momento e
quelli già spesi. La sollecitazione arrivava in un momento particolarmente
delicato perché ad impegnare le casse di Fiumi e Fossi era anche la
contemporanea costruzione dell’altro ponte in muratura sul torrente Chioma,
sempre per la strada del Littorale. Per dare un esempio della tipologia
costruttiva e delle caratteristiche di questi manufatti, prenderemo, infine
ad esempio il ponte costruito in quegli stessi anni sul rio detto dei
Gatteri, attraversato dalla strada del litorale nel tratto in cui si snoda
all’interno della tenuta di Vada. Alla richiesta del Provveditore
Samminiatelli, indirizzata alla comunità di Rosignano perché prendesse in
carico per la sua annuale manutenzione il ponte appena costruito, era
allegato il Disegno del nuovo Ponte da farsi sul rio de Gatteri nella Tenuta
di Vada, per comodo della strada di Marina, in prospetto e in pianta. Il
manufatto, è presentato in scala di braccia ventuno, con le seguenti
dimensioni: arco della volta br.7, raggio br. 2 e mezzo, spalla br. 2 e
platea di fondazione alta br. 1,5. La larghezza della carreggiata è di br. 6
con due spallette di mezzo braccio di spessore; le rampe murale sono di br.
3 e mezzo più il prolungamento della spalletta divaricata verso l’esterno,
lunghe br. 5. Completano il ponte le modanature esterne lungo il profilo
laterale delle rampe e la cornice dell’arcata. (E' il ponte di Capocavallo
nelle ultime tre foto).
(Da: "La difesa costiera. Forti,
torri, posti armati, strada dei cavalleggeri da Livorno a Vada" di Clara
Errico e Michele Montanelli. 2005.
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