Gli Asburgo Lorena in Toscana La successione dei Lorena ai Medici nel Granducato di Toscana fu una di quelle operazioni tipiche della politica settecentesca, che mirava a garantire l'equilibrio delle potenze senza preoccuparsi dei desideri e della volontà delle regioni e dei popoli spartiti e assegnati unicamente per convenienza diplomatica. Tuttavia la dinastia dei Lorena vantava tradizioni europee, si mostrava sensibile all'influenza delle idee dell'assolutismo illuminato, e, in Toscana, ebbe l'indubbio merito di scuotere il torpore in cui il Granducato si era assopito durante il governo degli ultimi Medici.
Stemma del Granduca Francesco Stefano di Lorena A seguito del trattato di Vienna, Francesco Stefano, duca di Lorena e di Bar, marito di Maria Teresa d’Asburgo, figlia dell’Imperatore Carlo VI, rinunciò ai suoi Ducati che vennero ceduti alla Francia in cambio della Toscana.
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Francesco Stefano di Lorena (Luneville 1708 - Innsbruck 1765) LA REGGENZA |
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Il 24 gennaio 1737, sebbene fosse ancora vivo Gian Gastone, ultimo della dinastia medicea, viene investito della Toscana; il 14 settembre 1745 diventa imperatore del Sacro Romano Impero col nome di Francesco I. Il nuovo sovrano venne a visitare i suoi nuovi domini toscani solo dopo un anno dalla sua nomina; vi organizzò allora un Consiglio di Reggenza, ma se ne stette spesso lontano dalla Toscana, specialmente in seguito alla sua assunzione nel '45, al trono imperiale, sì che il Granducato fu amministrato come una provincia dell'Impero. Il governo della reggenza dura per 28 anni. Dal 1749 è presieduto da Richecourt, al quale succede, nel 1758, il maresciallo Antonio Botta Adorno. La Reggenza si conclude il 13 settembre 1765. Il 18 di agosto del 1765, Francesco di Lorena moriva improvvisamente, e al trono di Toscana ascendeva il figlio terzogenito, Arciduca Leopoldo d'Austria, nato a Vienna il 5 di maggio del '47 capostipite della linea granducale che regnerà, salvo la parentesi napoleonica, sino al 27 aprile 1859. |
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Pietro Leopoldo di Lorena(Vienna 1747-1792) |
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Granduca di
Toscana dal 1765 al 1790, attuò importanti riforme politiche, amministrative
ed economiche; in particolare, la riforma dell'ordinamento giudiziario pose
la Toscana fra gli Stati più avanzati in materia penale. Si occupò delle
bonifiche nella Maremma senese e in Valdichiana; fece ripristinare vecchie
strade e costruire nuovi tracciati; aprì scuole e istituzioni. Nel nostro
territorio, è stata fondamentale la sua politica di demolizione degli
antichi privilegi feudali (allivellazioni della Tenuta della Pia Casa di
Misericordia) ed il sostegno alle opere pubbliche, tra le quali da
ricordare: i primi lavori alla bonifica del Padule di Vada e gli interventi
di potenziamento alla rete stradale fra cui la Via dei Cavalleggeri.
Il suo progetto di bonifica nella Maremma influì sulla vita dei contadini, i
quali, come raccontano nel libro "l'Italia del '700" Indro Montanelli e
Roberto Gervaso
"facevano tesoro di tutto, anche della povertà del loro territorio,
spremendone l'olio e il vino migliori. E la dieta vi era adeguata.
Nessuna cucina come quella toscana sapeva sfruttare in maniera così
raffinata i prodotti più rustici l'erbe selvatiche, i fagioli, le patate, le
castagne Pochi condimenti, niente salse, tutto ridotto all'essenziale. Alla
base per tutti, dal più grande signore al più abile bracciante, il pane. Fu
al pane che Leopoldo dedicò le sue prime misure. Esso non era sicuro, perché
il raccolto del grano bastava al fabbisogno solo nelle annate buone. In
quelle cattive occorreva importarlo, un 'operazione impacciata da tariffe
doganali anche tra comune e comune che ne maggioravano il prezzo al punto di
renderlo proibitivo alla popolazione più povera. Leopoldo le abolì,
anticipando la riforma liberalizzatrice di Turgot, in Francia e
fornendogliene il modello".
Modello che venne assunto anche dagli inglesi. Ma Leopoldo non si fermò solo
a questo. Avendo capito quanto il pane era importante per i Toscani, volle
renderli indipendenti. Bisognava incrementare la produzione del grano, per
ciò coinvolse i proprietari terrieri, richiamandoli all'antico spirito
imprenditoriale. Altra iniziativa di Pietro Leopoldo che interessò anche i
paesi di Castiglioncello e Vada, fu l'istituzione del servizio postale che
venne affidato al corpo militare dei Cavalleggeri. Questi svolgevano, a quel
tempo, altre importanti funzioni: vigilavano affinchè le merci che
arrivavano dai lontani porti fossero perfettamente sane e non trasmettessero
malattie, si occupavano della dogana per quelle merci che non era possibile
portare fino ai porticcioli, ma che venivano caricate direttamente sulle
spiagge come legna, carbone, ecc.) ed esercitavano il servizio di vigilanza
del contrabbando. Il servizio postale fu esercitato per la strada costiera
che aveva il loro stesso nome. I soldati a cavallo, a staffetta, portavano
la posta fermandosi ad ogni torre: a Castiglioncello, a alla torre e Dogana
di Vada , a Cecina, a Bibbona, a San Vincenzo... Da lì la posta proseguiva
poi su una barchetta fino a Portoferraio. Ebbe attenzioni anche per la
scienza, nel 1775 fondò a Firenze il Museo di Fisica e Storia Naturale dove
poi fece edificare anche un osservatorio astronomico. Vanno ricordati anche
due preziosi collaboratori come Pompeo Neri e Francesco Maria Gianni teorico
delle "allivellazioni" che consistevano nel distribuire lotti di terreno a
chi si impegnava a costruire case per uso proprio e anche per i contadini, i
quali, pur rimanendo mezzadri, potevano lavorare su terreni fertilizzati
dalle bonifiche ed assai più produttivi e usufruire di abitazioni nuove e
confortevoli. Si dava inoltre incarico ai livellari di controllare i fossi
di scolo delle acque affinché non si riformassero acquitrini.
Lasciò la Toscana nel 1790, dopo 25 anni di governo in
seguito alla sua elezione al soglio imperiale con il nome di Leopoldo II
imperatore del Sacro Romano Impero. Lasciò il granducato dopo aveva
realizzato la migliore legislazione e amministrazione d' Italia, un bilancio
in pareggio, una moneta sicura, uno slancio nelle opere pubbliche.
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Ferdinando III d'Asburgo Lorena
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Figlio secondogenito di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana dal 1791 al 1799 anno della sua destituzione ad opera di Napoleone per riprendere dopo il periodo francese dal 1814 al 1824. Ferdinando III dotato di mite carattere dovette mediare attenuando il rigore riformistico messo in atto dal precedente governo, ma continuò 1'azione del padre, pedaggi e gabelle scomparvero suscitando il malcontento delle associazioni corporative che ad un certo punto si ribellarono apertamente. Pietro Leopoldo fu pronto a sedare la ribellione. Accelerò le allivellazioni dei beni comunali e di alcuni enti religiosi. Quando la Toscana fu occupata dai Francesi, una prima volta nel 1799 e poi nel 1800, Ferdinando ebbe in cambio, nel 1802, il principato di Salisburgo. Con la Restaurazione, Ferdinando III, in seguito alle decisioni prese durante il Congresso di Vienna, ritornò in possesso del granducato di Toscana salutato calorosamente dal popolo fiorentino. Ebbe come collaboratore Vittorio Fossombroni, valente amministratore e negli ultimi 10 anni del suo governo, Ferdinando III cercò di realizzare un programma efficace, creando lavoro con una serie di opere pubbliche che aprirono un periodo di relativo benessere considerando che questo grande impegno fu portato a termine lottando contro epidemie e calamità che, in questo periodo, si abbatterono sulla Toscana in modo particolarmente violento. Gli sforzi maggiori furono rivolti alla bonifica in Maremma, che assorbì notevoli capitali, tuttavia nel 1824 il bilancio segnava in avanzo di trenta milioni, cifra ragguardevole per quel tempo. Quella malaria, che tanto aveva combattuto, ne causò la morte nel 1824. |
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Undicesimo ed ultimo Granduca di Toscana dal 1824 al 1859. Rispetto al nonno Pietro Leopoldo, Leopoldo II ebbe sicuramente un minor spessore politico; se le riforme realizzate furono di gran lunga inferiori, risultarono invece più consistenti le opere pubbliche portate a termine. Tra queste, per il nostro territorio, ricordiamo il "bonificamento della Maremma" (1828) e "poco appresso l'allivellazione dei terreni risanati" (1833), opere colossali che costituirono la sua "ossessione" per vent'anni e che lo portarono ad una aspra contesa con il papa Gregorio XVI al quale dovette cedere dopo che lo ebbe privato dell'assistenza religiosa. Nessun campo della vita civile fu trascurato; aiutato anch'egli da valenti ministri, Fossombroni e Neri Corsini, ai quali ben volentieri lasciava le grane più difficili, si dedicò a riorganizzare il sistema giudiziario, inaugurò una nuova politica fiscale ispirata a concetti liberali, rinnovò la vita universitaria, specialmente a Pisa e a Siena. Ampliò la rete stradale, ammodernò e ampliò la viabilità, tracciando ben 3.000 chilometri di strade in 35 anni. Rinnovò e trasformò la città di Livorno, incrementò la flotta e completò la colossale opera pubblica del Cisternone per dotare la città di acqua potabile. Dotò la Toscana di linee ferroviarie: la Firenze-Pisa-Livorno e la Lucca-Pisa e cercò di rilanciare l'industria siderurgica a Follonica e le manifatture. A Vada vennero ammodernate le strutture del porto e fu dato impulso alla pesca. Concesse lo svolgimento dei Congressi degli scienziati italiani di Pisa (1839) e di Firenze (1841); inaugurò la Tribuna di Galileo e fece ripubblicare le opere dello scienziato pisano. Proprio sotto il suo governo per undici anni ci furono in Toscana, con grande danno dell' economia regionale, tutte le piaghe possibili: il colera, le cavallette, le piogge torrenziali che provocarono storiche alluvioni, terremoti in vari centri, anche molto vicino a Vada (Orciano), con numerosi morti e feriti. Qui si mise in luce l'autentica personalità del Granduca. Con paterna benevolenza organizzò personalmente opere di conforto, diresse i soccorsi incurante del pericolo, sostenne i bisognosi elargendo sussidi e sollecitando aiuti. Nessun granduca ha avuto i monumenti, le lapidi, le medaglie, le pubblicazioni corredate da numerose fotografie che ha meritato Leopoldo II. A Livorno, in piazza della Repubblica, sono state erette due grandi statue: quella del padre Ferdinando III e la sua. Inoltre a Grosseto, alla Badiola, a San Miniato, a Pietrasanta, a Pisa, a Firenze si trovano cippi e statue che perpetuano la sua memoria. Dipinti, incisioni, fotografìe lo ritraggono ad ogni età, da giovanissimo a poco prima della sua morte. I toscani quindi, nonostante la raggiunta unità non dimenticarono il loro ultimo Granduca. Alto due metri, occhi grandi, miti ed espressivi, capelli biondissimi fu affettuosamente soprannominato "Canapino", nomignolo che nella sua maturità fu cambiato in "Canapone". Nel 1859, allo scoppiare della seconda guerra d'Indipendenza, fu costretto ad abdicare ed andò in esilio in Austria poi a Roma dove morì. Un esilio anche se gli costò molto, perché fu costretto a star lontano dalla sua Toscana e in particolare, dalla sua Maremma. (Fonte: Internet e Quaderni Vadesi n°4 di Maria Di Paco Gattai) |
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