L'evoluzione
della rete fognaria
dal 1920 fino al depuratore
Per quanto riguarda le fognature e
il loro scarico o smaltimento, il Villaggio Solvay fu costruito, e man
mano che fu ingrandito sempre munito, con un servizio di fognatura mista
bianca e nera mediante un collettore generale a sezione ovale alto 1m. sboccante nel Fosso Bianco e quindi in mare. A parte
questa prima rete privata, tutte le altre costruzioni avevano pozzi
biologici o scaricavano nei fossi o direttamente in mare, quelle che gli
erano più vicine. L’inquinamento biologico dello scarico Solvay era, in
tutto o in parte, annullato da quello chimico al quale era associato e,
d’altronde, le Spiagge Bianche dove sbocca il Fosso Bianco erano allora
molto distanti dalle zone del litorale frequentate dai bagnanti; più
grave era invece la situazione degli altri scarichi, specialmente nelle
zone di Castiglioncello e Caletta che si andavano sempre più attrezzando
turisticamente. Appartiene agli anni di poco anteriori alla seconda
guerra mondiale un progetto comunale per la costruzione di una stazione
di depurazione dei liquami di fogna nera alla Punta Righini di
Castiglioncello con tubatura sottomarina di un centinaio di metri per
disperdere al largo i reflui. Questa importante opera avrebbe dovuto
servire tutta la zona di Castiglioncello; fu appena iniziata, ma presto
abbandonata per il sopraggiungere del conflitto. Finito questo, una
prima realizzazione provvisoria sprovvista della stazione di depurazione
e delle opere sottomarine, fu effettuata dalle truppe di occupazione
alleate alla Mugginara (circa 350 m. a Est di Punta Righini). La scelta
di questa località fu effettuata per il servizio di alcuni edifici
occupati nei dintorni dagli Alleati, non certo con una visione generale
dei problemi di Castiglioncello e, tanto meno, visto il momento storico,
del Comune. Tuttavia le immediate esigenze, legate alla continua
espansione edilizia degli anni successivi, condussero ad usufruire di
questo impianto cui furono aggiunti altri tronchi e che divenne quindi
la prima rete fognaria “unificata” ma che, al tempo stesso, ebbe
caratteristiche molto discutibili per essere sopraflutto ad alcune delle
spiagge maggiormente frequentate rispetto alla provenienza dei mari più
comuni nell’estate. Nella seconda metà degli anni ‘50 l’Amministrazione
Comunale riprese il progetto di disperdere le fogne nere al largo della
Punta Righini. Fu costruita una stazione di pompaggio a Caletta in modo
da potere inviare al nuovo sbocco, che si costruiva a questa punta,
anche i liquami delle fogne di questa frazione seguendo il percorso
della passeggiata lungomare, oltre ovviamente, di tutte quelle di
Castiglioncello. La nuova conduttura di Punta Righini venne costruita
nella parte a terra, ma non si riuscì ad effettuare l’innesto con le
opere a mare. Infatti questi innesti furono “spazzati via” per ben due
volte dalle mareggiate di libeccio. L’opera risultò così molto diversa
dal progetto, specialmente per il requisito che più premeva, in quanto
rimase irrisolto il problema dell’inquinamento delle acque costiere ora
solo spostato come punto focale dalla Mugginara (lo sbocco in questa
località fu chiuso) alla Punta Righini. Negli anni ‘60 fu costruita la
fognatura per raccogliere i liquami del Paese Nuovo e dei numerosi
quartieri che andavano sorgendo intorno questo; fu costruita una
stazione di pompaggio allo Scoglietto e collegata col Fosso Bianco, dal
quale i liquami, insieme a quelli del Villaggio Solvay, venivano
scaricati in mare, “bonificati” dalle acque clorurate dei reflui delle
lavorazioni Solvay. Negli anni seguenti una analoga operazione fu
effettuata costruendo una rete fognaria che dalla Mazzanta e da Vada
(con stazioncine di pompaggio alla Mazzanta e stazione più importante
fra la Torre e il Cimitero di Vada) conduce allo scarico dei liquami nel
Fosso Bianco. Negli anni ‘70 fu eseguito l’attacco fra la stazione di
pompaggio dello Scoglietto e quella di Caletta e furono inviati al Fosso
Bianco anche i liquami di quest’ultima frazione per alleggerire
l’inquinamento alla Punta Righini, scarico di Castiglioncello.
Attualmente sono entrati in funzione i depuratori di Castelnuovo (che
scarica le acque reflue, ormai bonificate, nel Botro San Giorgio) e del
Gabbro (che scarica le acque bonificate nel Botro della Sanguigna) ed è
ormai eseguito l’allacciamento delle fogne nere di Rosignano M°. con
quelle del Paese Nuovo in modo da scaricare tutto al Fosso Bianco. Qui
furono pompati i liquami anche della zona di Castiglioncello per
chiudere lo sbocco di Punta Righini. Il piano fognario del Comune di
Rosignano M°. si è successivamente completato con il convogliamento di
tutti i liquami dell’area comunale (salvo quelli di Castelnuovo,
Gabbro e Nibbiaia per i quali, ovviamente, è stato indispensabile provvedere in
modo indipendente), al depuratore di grandi dimensioni avviato
gradualmente dal 1988. Il piano è oggi ben congegnato e funzionante.
(Da: "La scienza della terra nuovo strumento per
lettura e pianificazione del territorio di Rosignano
Marittimo" di Renzo Mazzanti)
L'impianto di depurazione
liquami del territorio di Rosignano M. è destinato ad operare in
un'area caratterizzata da forti flussi turistici con conseguente
grande variazione di presenze. La valutazione iniziale di
progetto è la seguente: abitanti bassa stagione:25.000 - Alta
stagione:100.000 - Previsione bassa stagione:30.000 - Previsione
alta stagione:120.000.
A settembre 2006 si inaugura l’impianto Aretusa: tratta per usi
industriali, l’ acqua di scarico dei depuratori comunali di Cecina e Rosignano. L’impianto è situato
accanto al depuratore comunale sull'Aurelia.
Fornisce 4 milioni di mc all’anno di acqua allo
stabilimento di Rosignano che non emungerà più dai
propri pozzi un pari quantitativo di acqua pregiata
di falda, lasciato a disposizione di Asa per gli usi
idropotabili. L'investimento è pari a circa 9,5
milioni di euro.
Il
principale impianto di depurazione dei reflui civili del comune
di Rosignano Marittimo si trova
nella
frazione di Solvay, in prossimità del Fosso Bianco e serve la
maggior parte del territorio, da
Vada a
Castiglioncello, da Marittimo a Solvay. Il processo allo stato
attuale è di tipo “a fanghi attivi” ed è in grado di depurare
correttamente fino a 25.000 AE. Le acque trattate, insieme a
quelle del depuratore di Cecina, vengono sottoposte ad un
trattamento di affinamento nel comparto denominato “Aretusa” e
inviate allo stabilimento Solvay per il riutilizzo. In caso di
eccedenza rispetto al consumo corrente di Solvay o di guasti al
trattamento Aretusa, le acque depurate vengono scaricate a mare
attraverso la condotta sottomarina a circa 2 km dalla costa.
Inoltre
l’impianto è dotato di un sistema di “troppo pieno” che
conferisce nel Fosso Bianco in caso
di un
afflusso di acque superiore a quello che il depuratore è in
grado di ricevere e trattare (eventi piovosi molto forti).
Immagini del depuratore comunale lungo la via Aurelia sud:
2011 - Il
depuratore sotto accusa - Coliformi, alghe e carbonato creano
schiume
Resi noti i risultati dello
studio commissionato dal Comune all’Università di Siena.
Stanziati 2 milioni per potenziare l’impianto. La presenza di
coliformi totali, di ione ammonio, di streptococchi, di batteri
degradanti di idrocarburi, di fioriture di alghe nonché gli
elevati livelli di carbonato di calcio sono i fattori che
determinano le schiume in mare. E’ questo ciò che si evince
dallo studio voluto dall’amministrazione comunale e portato
avanti dal dipartimento di scienze ambientali dell’Università di
Siena, illustrato dal professor Silvano Focari durante un
incontro a Villa Celestina. Incontro nel quale è stato
presentato anche il progetto di raddoppio del depuratore delle
acque reflue di Rosignano Solvay. Progetto che, una volta
ultimato, tratterà correttamente fino a 60mila abitanti contro i
25mila di oggi. Lo studio dell’Università di Siena è durato 18
mesi durante i quali sono state analizzate tutti i tipi di
schiume: dalle bianche e dense a quelle marroni. Schiume che
sono più frequenti al mattino. «Tutta l’area di Rosignano Solvay
- ha detto Focari - è critica». Ma dalle cartine proiettate
durante l’incontro, zone rosse, ossia particolarmente critiche,
risultano essere la zona di mare antistante le Spiagge Bianche
dove, appunto, insiste il depuratore, ma anche Castiglioncello
tra Portovecchio e la Punta Righini. «I livelli di
concentrazione delle sostanze rilevate sono al di sotto di ciò
che prevede la normativa e, dunque, non ci sono pericoli per la
salute umana. Ciononostante tutti questi fattori possono
provocare il fenomeno delle schiume». Per quanto riguarda i
livelli di ione ammonio, «nella zone rosse risultano maggiori
rispetto ad altre aree». Il problema potrebbe essere causato
appunto dalla condotta del depuratore «che tratta le acque
reflue, ma che certe volte, è stata trovata rotta in alcuni
punti».
Condotta che, consigliano gli esperti dell’Università, dovrebbe
essere collocata più in profondità proprio per evitare il gioco
di correnti marine che dal basso portano verso l’alto: «la notte
il materiale organico potrebbe sedimentarsi nei fondali e di
giorno salire verso la superficie». Questa potrebbe essere la
spiegazione del perché il fenomeno si riscontra maggiormente
durante le ore mattutine e, in prevalenza, nei mesi di luglio ed
agosto. Ma anche gli idrocarburi dei natanti e il carbonato di
calcio che esce dal fosso bianco, «sono cofattori importanti per
un sistema già stressato». Ovvio il dibattito dal pubblico.
«Perché il Comune non ha mai reso note queste analisi nonostante
i prelievi dell’Arpat?», hanno chiesto i cittadini presenti, e
soprattutto « come giustificare la consegna della bandiera blu a
Vada e Castiglioncello?». La risposta viene netta dall’Asa. «Le
eventuali rotture della condotta marina sono sempre state
riparate - ha detto l’ingegner Pacini - ed i valori dei prelievi
delle acque di mare sono sempre stati nella norma. Ovviamente i
natanti e il carbonato di calcio complicano la situazione». Per
quanto riguarda la condotta, «con i suoi tre chilometri è la più
lunga della Toscana e del nord Italia ed il volume degli
scarichi in mare, grazie anche al progetto Aretusa, è di 2.200
metri cubi al giorno in estate e di 2.600 metri cubi in inverno
proprio perché sappiamo quanto delicato sia il sistema
ambientale e marino in quella zona». Un ambiente tanto delicato
e stressato che Ato, grazie anche al finanziamento del
Ministero, ha deciso di investire due milioni di euro per la
seconda linea del depuratore. «Il processo di depurazione
attuale - spiega Pacini - è a fanghi attivi ed è in grado di
depurare fino a 25mila abitanti equivalenti. Ci sono punte di
criticità, per pochi giorni all’anno, quando il depuratore
arriva a dover trattare fino a 45mila abitanti equivalenti. Per
questo, proprio in considerazione dei picchi delle presenze
estive e delle nuove previste urbanizzazioni abbiamo avviato un
progetto per trattare le acque reflue fino a 60mila abitanti
equivalenti». Una nuova linea per 35mila abitanti equivalenti
che verrà realizzata davanti al depuratore esistente e per la
quale si prevedono anche coperture per l’abbattimento dei
cattivi odori.
(Di A. Bernardeschi per "Il
Tirreno" del 21/5/2011)
27 febbraio 2014 - Presentato
il progetto per il raddoppio del depuratore ASA di
Rosignano S. con la realizzazione di una seconda linea e
l’impiego della tecnologia a membrane MBR.
«L’Amministrazione, – ha detto il Sindaco Alessandro
Franchi, – ha fortemente voluto il raggiungimento di
questo risultato, collaborando con l’ATO e l’ASA per
l’adeguamento del depuratore alle esigenze del
territorio».
L’attuale impianto, infatti, è calibrato su 30mila
abitanti equivalenti, cosicché risulta insufficiente sia
per il periodo estivo, quando la popolazione del Comune
di Rosignano Marittimo raggiunge anche le 100mila unità,
sia per consentire opere di riqualificazione urbanistica
o nuove edificazioni.
«Il raddoppio del depuratore, pertanto, – ha proseguito
il Sindaco, – ci consente di risolvere problematiche e
criticità inerenti alla qualità della vita dei nostri
cittadini e al rispetto dell’ecosistema». Dello stesso
avviso è stato l’assessore all’Ambiente Daniele Donati,
il quale ha sottolineato «il confronto positivo
all’interno dell’ATO, la possibilità di migliorare
sensibilmente i servizi per il territorio e la creazione
di presupposti per l’implementazione degli impianti di
post-trattamento di Aretusa». «La nuova struttura del
depuratore, – ha spiegato l’ing. Fabrizio Pacini,
dirigente del Settore progettazione di ASA, – renderà
ancora più importante questa infrastruttura. La
soluzione scelta tramite gara prevede la realizzazione
di una nuova linea, che porterà le capacità
dell’impianto da 30mila a 60mila abitanti equivalenti.
Nello specifico, sarà impiegata una tecnologia che
ancora non è presente sul territorio, ossia il sistema
MBR, che prevede l’utilizzo di membrane che si
sostituiscono al sedimentatore, comportando una
riduzione del volume dell’impianto e una migliore
qualità dell’acqua». Col Comune di Rosignano Marittimo,
– ha concluso il presidente di ASA Fabio Del Nista, – si
è sviluppato un rapporto positivo di collaborazione, già
confermato, per esempio, dai lavori per la
metanizzazione di Nibbiaia. Il percorso che ci porterà
al raddoppio del depuratore in sei mesi
dall’approvazione del piano esecutivo non è stato
semplice, ma condurrà a un impianto capace di garantire
sicurezza per almeno dieci anni. Per ASA è una grande
soddisfazione avere la responsabilità di questo
progetto».
9 Aprile 2019 - Rosignano, inaugurato il nuovo
depuratore. Costato 2,7 milioni di euro, può può servire un bacino di circa
60mila abitanti e garantisce il trattamento dell'intera portata fognaria,
Il nuovo depuratore di Rosignano è
realtà. Costato 2,7 milioni di euro, può servire un bacino di circa 60mila
abitanti. Il taglio del nastro del nuovo impianto è stato effettuato, nella
mattina del 9 aprile, dal sindaco Alessandro Franchi e dal presidente del
Consiglio di Gestione di Asa Nicola Ceravolo. Sono intervenuti per il comune
di Rosignano Marittimo l'assessore all'ambiente e vicesindaco Daniele Donati
e per ASA il direttore tecnico Mirco Brilli e i dirigenti Michele Del Corso
e Fabrizio Pacini. La nuova struttura consente di depurare le acque
riducendo l'emanazione di cattivi odori e di avere una maggiore
disponibilità idrica per la popolazione grazie all'affinamento delle acque
reflue nell'impianto di Aretusa per il consumo dello stabilimento Solvay.
I benefici del depuratore
Il nuovo impianto garantisce il
trattamento dell'intera portata fognaria affluente anche nei periodi di
punta estivi, producendo reflui depurati conformi ai parametri previsti
dalla legge e al tempo stesso, grazie alle tecnologie di ultima generazione
impiegate, consente di ridurre al massimo i cattivi odori verso le
abitazioni vicine. Grazie alla nuova linea inoltre si dispone di maggiori
quantitativi di acque reflue depurate idonee all'ulteriore affinamento
qualitativo presso il limitrofo impianto terziario Aretusa, che ne finalizza
il riuso industriale presso lo stabilimento Solvay, con il conseguente
risparmio delle acque di falda di buona qualità da destinare con priorità
agli usi idropotabili. Lo scarico nella condotta sottomarina avverrà
raramente e comunque nei limiti ammessi dalle autorizzazioni ambientali,
incrementando così la salvaguardia della balneabilità.
"Raggiunto un obiettivo importante"
"Abbiamo raggiunto un
obiettivo importante per la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile del
territorio - afferma il presidente del Consiglio di Gestione Nicola Ceravolo
- L'azienda ha realizzato l'ampliamento del depuratore di Rosignano Solvay
con una nuova linea di trattamento dotata di una tecnologia innovativa e una
serie di interventi di ottimizzazione della linea esistente per una capacità
totale di 45mila abitanti equivalenti. Inoltre il comparto pretrattamenti e
le strutture edili della nuova sezione biologica a cicli alternati sono
state dimensionate per un eventuale ulteriore aumento della capacità
depurativa fino a 60mila abitanti equivalenti". Livorno
Today
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