CENNI
STORICI SULL'INTERO COMUNE DI ROSIGNANO MARITTIMO DALLE ORIGINI
AL ‘900
L’origine di Rosignano
paese, è antichissima e con moltissime probabilità etrusca. Il
primo documento scritto fin’ora conosciuto, che ricordi
Rosignano, è dell’anno 762, mentre Vada si trovava già
chiaramente indicata nella carta «Peutingeriana» del 330 o 395
a. C.
Rosignano fin dall’anno 900, cioè dopo la dominazione
Longobarda, e durante quella dei Carolinghi, fu compresa nel
Marchesato di Toscana e, fin d’allora seguiva le sorti di Pisa;
più propriamente della sua Mensa Arcivescovile che a
quell’epoca, si può dire, rappresentava una specie di potere
delegato per l’esercizio del quale la Mensa stessa ne traeva
notevoli profitti.
Poiché la fascia litoranea di Rosignano era soggetta a frequenti
scorrerie di predatori, il Comune di Pisa stanziò la somma di
300 danari, nell’anno 1284, per la costruzione di una torre a
Vada, fortificata, che servisse anche come faro indicatore per
l’entrata in porto dei navigli. Per incrementare la vita nella
zona di Vada, evidentemente spopolata e deserta, per la
situazione insalubre del, suolo, nel 1285 Pisa decise esenzioni
e privilegi ai nuclei familiari che si fossero stabiliti in
quella rada.
Rosignano seguì le sorti fortunate di Pisa, quando questa città
era forte, ricca e gloriosa sul mare e ne seguì poi le vicende
disastrose, quando nel 1406 la libertà fu soffocata dalla
rivalità di Firenze che imperò su di essa e pertanto Rosignano,
come le altre terre, subì le vessazioni fiorentine. Ma quando
nel 1431 oltrepassarono i limiti della sopportazione, Rosignano,
come altri paesi limitrofi, si ribellò sottomettendosi
spontaneamente al duca di Milano Filippo Maria Visconti allora
in guerra con Firenze.
Nel 1433 i fiorentini riebbero in mano i paesi insorti e, a
causa della loro ribellione ne smantellarono le fortificazioni
dei castelli di Vada e Rosignano. Per tale motivo verso il 1450
Vada rimase abbandonata per cui restò bosco e palude fino al
1564 anche se solo nel 1547 i cittadini godendo di un esonero
ventennale da tasse e da altri tributi iniziarono un
insediamento contadino nelle zone più spopolate del Comune. Nel
1509 Pisa, dopo 14 anni di guerra, cadde definitivamente in mano
dei fiorentini e con essa Rosignano.
Sotto il profilo del potere pubblico risulta che Vada, dal
Medioevo fino al 1500, fece Comune a sé ed ebbe propri consoli,
governatori ed ambasciatori. Nel 1738 si ebbero importanti
riforme come quella del pagamento delle tasse al Clero, la
abolizione di molte festività religiose, l’adozione di un nuovo
regolamento per l’Ufficio della Farina, per cui venne sottratta
ai Magistrati la totale discrezionalità che essi esercitavano su
questa materia. Nel 1751 intervenne una legge, (ripetuta nel
1769), che dichiarava incapaci gli ordini religiosi e tutti gli
Enti morali di acquistare nuovi beni di qualsiasi natura. Nel
1757 notevoli limiti ai commerci si manifestarono nel porto di
Livorno, a causa della pluralità delle dogane distrettuali, e
delle parcellazioni municipali. Nel 1763-64, a seguito di una
grave carestia granaria, si stabilì l’apertura a libero
commercio del grano forestiero nel Granducato di Toscana. A
distanza di due anni furono poi promulgati vari editti che
esentarono da tasse i frumenti e le granaglie introdotti nel
Granducato. Dopo breve tempo, infine, si ebbe l’abolizione di
qualsiasi gabella o dazio gravante sui cereali importati
dall’estero. Nel 1770, nel Granducato Toscano, si ebbe una
importante riforma comunitativa con l’abolizione del «magistrato
di parte», «magistrato dei novi», «congregazione di ponti e
strade», «deputati per la imposizione del Valdarno superiore ed
inferiore». Successivamente il territorio si estese ed anche
Castelnuovo fu aggregato al Comune di Rosignano nel 1776.
Gli abitanti della Comunità, che erano complessivamente 664
nell’anno 1554, divennero 852, nel 1745 e un membro per famiglia
poté eleggere i propri rappresentanti amministrativi, i quali
erano eleggibili in maniera diversificata in base al censo che
era previsto di L. 400 annue per la carica a priore ed un
reddito superiore a L. 400 per l’eleggibilità a Gonfaloniere.
Gli organi del Comune risultavano così composti: Il Consiglio
formato da 2 Consoli e da 4-5 Consiglieri coadiuvati da due
grascieri (addetti alla vigilanza di generi alimentari), da due
stimatori, (esperti periti), e dal camarlingo (esattore). Nei
suoi lavori il Consiglio era assistito dal Cancelliere
(Segretario).
Dalla composizione sopradetta si può rilevare che la gestione
direzionale del Potere era condotta dai due Consoli, quindi
sempre nel 1776 si rese necessario la promulgazione di un nuovo
regolamento comunitativo della Toscana ad opera del granduca
Pietro Leopoldo di Lorena. La nuova struttura del Consiglio
risultò la seguente: il Gonfaloniere (Capo dell’Amministrazione
comunale), due Priori (assessori) che in seguito furono elevati
a 5 e 6 consiglieri.
Nel 1809 poi, la Toscana appartenne al Governo francese e di
conseguenza Rosignano fu soggetto al Prefetto del Circondario di
Livorno. Il Consiglio Comunale prese il nome allora, di
Consiglio Municipale ed il Gonfaloniere si chiamò «le maire».
Nel 1814, però, a seguito della cacciata dei francesi si ebbe il
ripristino della precedente struttura amministrativa ed il
cancelliere continuò ad essere quello del Vicariato di Lari.
Con l’avvento dei Comuni, oltre ad una migliore organizzazione
etico sociale della comunità, con una conseguente partecipazione
alla vita attiva del Paese, fu notevole il fatto dell’estensione
del diritto di voto al le donne che divennero così elettrici ed
eleggibili le quali, addirittura, non potevano per legge,
rifiutare l’incarico che dovevano svolgere con diligenza per non
incorrere nelle pene appositamente previste.
Nel campo della Sanità pubblica si ebbe nel 1786 l’istituzione
della Condotta medico-chirurgica a Castelnuovo determinata da
una diversa visione delle prestazioni sanitarie per la comunità
che prima venivano esercitate da un solo medico di Rosignano in
sostituzione dell’opera fino allora espletata dal solo cerusico
(infermiere).
Il problema della salute pubblica si era già manifestato nel
1294 periodo in cui infatti, fu fondato un ospedale che
successivamente fu soppresso.
Nel XV secolo a Rosignano, a cura del Comune, fu istituito il
posto di «maestro di scuola e barbiere», successivamente questo
anacronistico connubio di professioni fu soppresso e
l’istruzione fu prerogativa degli ecclesiastici.
L’insegnamento fu esteso anche a Castelnuovo nel 1787 e nel 1809
a Rosignano si ebbero doppi turni giornalieri effettuati da due
maestri.
Come accennato in precedenza, il territorio litoraneo era
pressoché inospitale e, come quello collinare, era ricoperto di
boschi e macchie infestati da lupi e cinghiali che si portavano
spesso alla periferia del Paese tanto che la comunità si vide
costretta a premiare i cittadini che avessero provveduto alla
loro cattura.
Evidentemente, la difficoltà nelle comunicazioni, la
pericolosità dell’ambiente, la precarietà delle condizioni
economiche dovevano ridurre la vita cittadina ad una «vita di
Castello», legata ad una condizione molto modesta i cui cespiti
erano rappresentati essenzialmente dalla pastorizia e da
legnatico, anche se il potere veniva esercitato dai cittadini,
l’autonomia era fortemente subordinata e limitata dal governo e
soprattutto dall’autorità ecclesiastica ovunque presente.
Rosignano è situato a 43°, 24’ e 17” Nord di longitudine, ed a
1°, 58’ 46” di latitudine, su di un dorsale collinoso di 140 m.
medi di altezza a cavallo tra la Val di Cecina e il litorale
tirrenico. Anticamente le vie di comunicazione più importanti
erano: la via per Vada che attraversava il Fine presso la
località di Ricavo; quella Volterrana, che allacciava Rosignano
alla Via Emilia a levante attraversando la Fine in località le
Fabbriche; ed infine la via dell’Acquabona, che raggiungeva la
stessa Via Emilia, ma dalla parte di Nord-Est. Da notare che le
comunicazioni per Castelnuovo e Castiglione (Castiglioncello),
si svolgevano su sentieri di campagna, e soltanto nel 1795
Castelnuovo e Nibbiaia furono unite al capoluogo tramite la
strada del Vaiolo alla via del Littorale (attuale Via Aurelia).
Le tre osterie dell’epoca erano di proprietà del Comune e
venivano date in gestione, di queste le più note furono: quella
del Malandrone e quella dell’Acquabona, rinomate a causa delle
gesta brigantesche che si verificavano in modo particolare in
quella zona che si prestava alle aggressioni, sia di giorno che
di notte, perché la strada attraversava interamente la folta
macchia.
Agli inizi del secolo XVII, fra le componenti economiche della
Comunità di Rosignano, fece la sua comparsa, in maniera un po’
più consistente, anche l’agricoltura che produceva
prevalentemente grano, tanto è vero che nel 1817, nel nostro
territorio funzionavano 9 molini a grano, 8 dei quali posti su
corsi d’acqua a funzionamento idrico ed 1 a Rosignano, in loc.
«Paradiso» che funzionavano a vento. Questa attività oltre a
rappresentare una fonte di lavoro, rendeva al Comune L. 70 annue
di tasse, applicate in misura diversa in base al numero di
palmenti (macine) in dotazione dei mulini stessi.
Il Comune di Rosignano, oltre a far osservare le disposizioni, i
decreti, le leggi del Granducato di Toscana, svolgeva la sua
attività amministrativa applicando tasse, dazi, controllando gli
affari militari relativi alla Guardia Civica, operando canoni,
censi e livelli, facendo eseguire disboscamenti con tagli
ventennali, disponendo lavori pubblici dati in accollo per la
sistemazione di strade, pulizia, controllo e manutenzione di
cisterne contenenti acqua potabile.
Nel 1798 la Comunità fece eseguire il restauro della Via del
Littorale, dal fosso del Chioma fino al Tripesce. I lavori di
inghiaiamento del fondo e la costruzione di alcuni ponti in
legno sulla via stessa comportarono una notevole spesa, per quei
tempi, di L. 1.860. Detti lavori si resero necessari perché gli
stessi cavalli restavano molto spesso impantanati nella melme
del fondo stradale. Nella circostanza furono creati inoltre ai
lati di questa importante via di comunicazione depositi
permanenti di ghiaino, che dovevano servire alla manutenzione
periodica della Via del Littorale.
Si ha notizia poi che nel 1799 furono apportati notevoli lavori
di miglioria al Palazzo Pretorio (Sede Comunale) che
comportarono una spesa complessiva di L. 595; e nel 1802 lo
stesso immobile, danneggiato da un impetuoso vento, fu soggetto
al rifacimento del tetto che costò al Comune L. 66.
Tuttavia per rendersi pienamente conto della già complessa
attività che svolgeva allora il Comune, e delle difficoltà
economiche in cui si muoveva anche a quell’epoca, si possono
ricordare i dati del bilancio del 1786 che ad una «entrata» di
L. 6.140, faceva riscontro una «uscita» di L. 11.698,
registrando così, a fine esercizio, un deficit di L. 5.558, ed
il ricorso a prestiti e mutui era eccessivamente oneroso per il
Comune, se si pensa che nel 1759 fu richiesto ed ottenuto dalla
Comunità di Orciano un prestito di 150 scudi (pezzo d’argento di
5 lire), ad un tasso d’interesse del 13%! FORMAZIONE E CARATTERI DELLA PROPRIETA’ AGRARIA NELLA TOSCANA E
NEL TERRITORIO DI ROSIGNANO
Se
le aree montuose più povere della Toscana videro la formazione
di una piccola proprietà coltivatrice, specie intorno ai beni
comunali nella maggior parte della regione si formò invece, come
conseguenza del regime feudale e poi della politica granducale,
una proprietà agraria di vasta estensione, quasi tutta in mano a
nobili, a mercanti, a istituzioni aristocratiche e religiose. Le
grandi proprietà delle famiglie feudali, che furono in parte
rotte e limitate durante il periodo dei liberi Comuni, tornarono
in realtà a costituirsi e ad ampliarsi sotto le signorie delle
principali città, che favorirono lo sviluppo di un’economia
urbana a danno di quella della campagna e dei centri rurali. In
particolare la politica economica del principato mediceo tese in
ogni modo al rafforzamento dei grandi proprietari cittadini,
legati ai principi da un interesse comune di sfruttamento delle
campagne. Comuni e piccoli proprietari si trovarono così ben
presto colpiti da dazi, da gabelle, da vincoli di ogni genere e
indebitati in tal modo da non poter reggere alle pressioni dei
ceti urbani. Estesissimi divennero così, tra gli altri, i beni
terrieri degli stessi Medici, come pure quelli della Chiesa e
del l’Ordine Militare di Santo Stefano, sorretti tutti dalle
servitù e dai vincoli che impedivano il libero commercio della
terra e dei suoi prodotti.
Solo le riforme lorenesi nel XVIII secolo arrecarono un soffio
di rinnovamento e resero più libera l’agricoltura con una serie
di importanti provvedimenti.
Le condizioni naturali della Maremma, infestata dalla malaria,
impedivano un insediamento stabile e favorivano appunto la forma
del bracciantato stagionale nei terreni, altrimenti incolti, del
grande latifondo. Già nel Quattrocento, alcuni documenti
riferivano le condizioni dei contratti di affitto, variabili in
genere secondo le condizioni del suolo: il terratico era il
«fitto che paga il faccendiere per seminare ne’ terreni degli
altri», ovverosia il «canone a grano del terreno preso in
affitto con lo scopo e con il patto di sementarlo».
Il principe Leopoldo di Lorena bonificò la Maremma grossetana e
quella pisana fin sotto la città di Livorno, cioè tutta la vasta
estensione di paese, che dal piano di Vada giungeva al confine
dello Stato pontificio presso Chiarone.
Prima del 1829 la Maremma era pratica mente isolata dal resto
del Granducato. La sola e scomoda via regia senese arrivava fino
a Grosseto, aprendo ai pastori ed ai greggi i suoi pascoli;
poche e cattive vie costituivano le difficili comunicazioni
dell’interno di essa.
Le condizioni cambiarono dopo il 1830. La via regia senese fu in
più luoghi migliorata, la via Emilia di Scauro restaurata ed a
lunghi tratti ricostruita fino a Grosseto.
Quella via, che serbò il nome di Emilia Aurelia, corse in lungo
tutta la Maremma, congiungendosi alla nuova del Littorale da
Livorno a Cecina.
*****
Nel 1837 Leopoldo II importò dalla sua tenuta di Boemia un
gregge di 230 pecore merine legittime, ricche di finissimo
vello. Questo gregge fu destinato alla riproduzione ed agli
incroci con le pecore nostrane; i maschi così ottenuti furono
regalati o venduti a diverse masserie della Maremma allo scopo
di migliorare le razze nostrali.
All’inizio del secolo XIX alcune iniziative, che avevano
investito anche la libertà di commercio dei prodotti agricoli,
con conseguente soppressione di molte tasse, dettero certamente
un notevole impulso all’agricoltura toscana, che vide le sue
colture più tipiche ampliarsi largamente sui colli a danno del
bosco e scendere gradualmente nella pianura.
Verso la fine del 1817 Ferdinando III ordinò la compilazione del
catasto in tutte le comunità toscane in terra ferma, per
stabilire il giusto reparto della tassa pradiale (tassa sui
terreni). Tale operazione fu compiuta nel 1831. Allo scopo la
Toscana fu suddivisa in 6180,312 quadrati (1 quadr.
corrispondeva a 10.000 braccia quadre: 1 braccio era uguale 58
cm.). 1661 quadr., 718 erano a bosco, 361,308 a castagni, 1900 a
sodaglie e pasture. Visto che 28,736 quadr. erano occupati da
fabbriche rimanevano di terreno coltivato 2228,550 quadr.
I tipi di gestione aziendale allora vigenti in Toscana erano
principalmente: l’affitto, il livello e la mezzadria. Gli
affittuari erano quelli che prendevano un podere in affitto per
un dato numero di anni e pagando un canone determinato godevano
poi liberamente di tutti i prodotti ricavati. I livellari
utilizzavano terreni gravati dal vincolo di un canone perpetuo,
livello o affitto enfiteutico.
Una delle caratteristiche della politica di Pietro Leopoldo fu
quella di accrescere il numero dei livellari obbligando le
Chiese, i Luoghi pii e gli ordini religiosi ad alienare le loro
proprietà.
In questo processo si determinarono gravi fenomeni di
speculazione in quanto vi fu chi riuscì ad assicurarsi, pur non
essendo coltivatore, vasti appezzamenti di terreno per farli poi
lavorare dal bracciantato. In ogni caso la forma più chiusa
sotto ogni profilo sociale ed economico rimase quella della
mezzadria in cui la famiglia contadina si doveva procurare non
solo il necessario per la propria alimentazione, ma in genere
anche tutti i beni di consumo che le erano necessari, ivi
compresi i vestiti che venivano prodotti con filati fatti e
colorati in casa.
Nel Comune d Rosignano l’iniziativa della riorganizzazione della
produzione agricola fu condotta a partire dal 1827 dal conte
Mastiani che intraprese notevoli miglioramenti agrari alle sue
proprietà, fabbricando case coloniche, in parte sovvenzionate
dal governo toscano, dissodando terreni, tagliando macchie e
boschi, impiantando vigneti ed oliveti sulle colline. L’esempio
fu seguito da altri proprietari terrieri tanto che nel 1835,
l’agro di Rosignano aveva conquistato uno dei primi posti nel
campo agricolo della Toscana.
Il risanamento e la ristrutturazione prodotta nel campo agricolo
determinò il conseguente aumento della popolazione che nel 1833
raggiunse il numero di 3.928 abitanti. L’opera sicuramente più
importante realizzata nel nostro territorio fu senza dubbio la
bonifica della Maremma nella parte Sud Ovest del Comune.
BONIFICA DELLA MAREMMA DI VADA
VADA: Zona paludosa, malarica, poco produttiva, di proprietà
della Mensa arcivescovile di Pisa.
L’ingegner Municchi diresse le operazioni per il risanamento
degli stagni che si trovavano nella parte sud-ovest del
territorio comunale. Il territorio fu diviso in 33 parti ed
allivellate e solo su 28 di queste furono costruite 106 case,
dissodato il terreno e messe a dimora diverse piante e furono
dissodati 6,744 Stiora (stiora = 6 ha. = 6 kmq.) di cui 5,470
furono destinate alla messa a di mora di piante. Nel luglio del
1848 restavano da allivellarsi 5 preselle, serbate di proposito
per darle in premio ai concessionari che avessero terminato per
primi i lavori di risanamento.
Nel contempo, adottando il sistema olandese, lo stagno di Vada
fu essiccato con una macchina idrovora a vapore della potenza di
10 cavalli. Il sistema di canali convergenti che
complessivamente misuravano 31 miglia (circa 46 chilometri e
mezzo) assicuravano lo scarico delle acque palustri, mediante
una pompa nel mare. In quel periodo si è provveduto a collegare
la piazza della chiesa e la via Emilia con un asse viario
secondario di 3 miglia. 2,504 stiora relative alla fascia
costiera del tombolo furono riservate allo Stato per la
formazione di una fascia costiera pinetata in funzione di
frangivento.
E’ comprensibile come in pochi anni si sia sostanzialmente
modificata la fisionomia di quei luoghi, che videro così il
sorgere della Chiesa del nuovo paese e di altri grossi
fabbricati. Complessivamente, l’opera della politica di
risanamento del piano di Vada era costata L. 2.900.000, e
difficilmente si potrà desumere se le Amministrazioni alienanti
avessero in effetti ricavato un guadagno che certamente trasse
invece la Mensa Arcivescovile di Pisa.
In questa stessa epoca fu restaurata la via Emilia, favorendo
così le comunicazioni, collegandosi alla via Nuova del Littorale
che congiungeva Livorno a Cecina.
Nel 1834 a seguito dello sviluppo determinatosi prevalentemente
con la bonifica di Vada e dal fiorente commercio locale del baco
da seta si ebbero 463 possidenti di cui 63 con reddito superiore
di L. 400 che era necessario per essere allora eleggibili alla
carica di priore. Questa carica, che nel 1828 era di 5 membri,
oltre a 9 Consiglieri, fu ridotta due anni dopo a 2 priori e 6
consiglieri, infine nel 1832 la potesteria fu eretta a Vicariato
del Circondario di Rosignano, Ri parbella, Castellina e Orciano.
Nel 1838 ha luogo in Toscana la riforma dei Tribunali criminali
e civili. Tale riforma comportò l’abolizione delle «rote» o
tribunali di appello provinciali del consiglio supremo di
giustizia che costituiva la terza istanza e della rota
criminale. In loro luogo vengono istituiti i tribunali
collegiali con attribuzioni civili e criminali, una regia corte
civile e criminale a Firenze che costituiva la seconda istanza e
una Corte di cassazione come terza istanza.
Nel 1839 viene attuata la riforma degli studi universitari.
Nel 1861, dopo la costituzione del Regno d’Italia, Rosignano fu
elevato a capoluogo di Comune in un periodo che se da un lato
registrava un incremento demografico, dall’altro l’istituzione
di strumenti di interesse collettivo che giungevano in un
momento di palese flessione dell’agricoltura. Infatti nel 1835
anche il primo insediamento urbano di Nibbiaia che era sorto
all’inizio di quel secolo ebbe la sua chiesa, un
medico-chirurgo, unitamente a Vada e Gabbro.
Nel 1844 nel capoluogo due insegnanti ecclesiastici facevano
scuola a 80 ragazzi.
Nello stesso periodo si ha il primo maestro a Nibbiaia. Gli
ispettori scolastici venivano scelti tra i cittadini del Comune
e lo insegnamento era affidato a due maestri di cui uno laico e
uno ecclesiastico, rispettivamente per la scuola di 3 grado e
quella minore. Nel 1862 fu istituita la prima scuola femminile a
Rosignano e 4 anni dopo analoga scuola venne aperta anche a
Castelnuovo.
Sempre nel 1861 membri del Consiglio Comunale divengono 15. Con
deliberazione del Consiglio Comunale del 30-8-1862 in seguito in
seguito all’invito della Regia Prefettura di Pisa, venne
aggiunto a Rosignano l’epiteto di «Marittimo», per meglio
identificarlo nei confronti di altro paese dello stesso nome, in
provincia di Alessandria che si chiamò a sua volta Rosignano
Monferrato.
Nel censimento del 1871 l’analfabetismo era del 62% e si ridusse
poi nel 1911 al 37%.
Nel 1865 il Gonfaloniere diventa Sindaco, i Priori prendono il
nome di Assessori, il distretto si chiama «mandamento» mentre il
deputato distrettuale diviene consigliere provinciale. Nel 1841
da parte del governo era stata data la concessione di
intraprendere la costruzione della prima ferrovia in Toscana.
Essa fu iniziata nel tratto di 11 miglia tra Pisa - Livorno e fu
portata a termine nel 1844, mentre l’intero tratto fu completato
nel 1848. Nel 1846 era stata costruita la linea Lucca - Pisa e
nel 1848 la Siena - Empoli, collegando queste due città all’asse
principale. Nel 1851 fu iniziato il collegamento di Pistoia,
(già collegata con Firenze), con l’Italia del Nord attraverso
una intesa tra i Governi Austriaco, Romano, Toscano ed Estense.
Nel 1861 fu iniziata la costruzione della Livorno,
Collesalvetti, Vada nel quadro di un disegno di collegamento tra
la Toscana e gli Stati romani.
Con deliberazione del 30 Agosto 1862, il Consiglio Comunale, in
seguito ad invito della R. Prefettura di Pisa aggiunse a
Rosignano l'epiteto di « Marittimo», per meglio identificarlo in
confronto di un altro paese dello stesso nome in Provincia di
Alessandria, il quale a sua volta si chiamò Rosignano
Monferrato. Ora, dopo la nascita di un nuovo paese nel piano,
intorno agli Stabilimenti Solvay, cui si e dato nome
«Rosignano», per evitare confusioni ed improprietà, sarebbe
forse il caso di chiamare Rosignano alto l’antico paese, e
Rosignano al mare o Rosignano Solvay il paese nuovo - oppure,
lasciare il nome di Rosignano marittimo al primo e chiamare col
nome storico di « Mondiglio » il secondo.
Nel 1862 fu costruita in località le Fabbriche la prima stazione
di Rosignano, e nel 1877 fu aperta la stazione di Vada.
La stazione di Rosignano distrutta da una piena della Fine fu
ricostruita nel territorio del Comune di Castellina Marittima.
Nel 1873 viene aperta a Vada la fonderia Tardy, pochi anni dopo
la fonderia fu chiusa, mentre l’opificio venne trasformato in
distilleria.
Nello stesso periodo Castiglioncello che fino a poco tempo prima
era costituito dalla Torre con l’attigua chiesetta (1621, dalla
casa del Sacerdote, dalla caserma delle guardie di Finanza,
dall’osteria (casa Simonetti), inizia un primo sviluppo edilizio
con la costruzione di diverse ville sparse.
La crescita dei servizi si concretizzò nella costruzione
dell’acquedotto e dei Pubblici macelli a Castelnuovo, delle
scuole a Vada nel 1906, nella strada di collegamento tra il
capoluogo e Castiglioncello nel 1910, delle scuole a Rosignano
M.mo nell’attuale sede dell’odierna Piazza Carducci, della
istituzione del servizio di procaccia tra Rosignano e
Castelnuovo con tre gite alla settimana.
Nel 1907 vennero iniziati i lavori per la costruzione della
ferrovia Livorno - Vada, lungo il mare, che entrò in funzione
nel 1910 con stazione intermedia a Castiglioncello. Si sono così
create le condizioni per un nuovo momento di radicale
trasformazione economica. Sorgono in quest’area le prime
fabbriche, la Magnesite in località le Forbici che produceva
materiali refrattari con 287 operai, la Cartiera di Tardy, a
Vada, che produceva cartoni, carte da imballo, cartoncini, la
Distilleria di olii di sansa dei F.lli Tardy di Vada.
La situazione dell’agricoltura toscana poco dopo l’unità
nazionale mostra come fossero avvenuti consistenti avvenimenti
nei regimi di gestione aziendale. Su 550.000 agricoltori che
costituivano un terzo della popolazione risultavano 330.000
mezzadri, 108.000 braccianti e salariati, 71.000 coltivatori
diretti quasi tutti della montagna o dell’alta collina e solo
12.000 fittavoli e 1100 enfiteuti. Le leggi eversive dell’asse
ecclesiastico votate dal Parlamento subito dopo l’Unità e poi
nel 1866-67 favorirono una gigantesca operazione di ingresso del
capitalismo nelle campagne. Uomini ed enti finanziari
provenienti dalla borghesia capitalista entrarono in possesso di
enormi appezzamenti deludendo la speranza dei contadini. Furono
soppressi complessivamente oltre 40000 enti religiosi e i loro
beni incamerati e posti in vendita, e quando terminò questa
operazione al 1906 erano stati venduti 750.000 ettari di terra.
Afferma il Sonnino che le aste erano dominate dalla mafia. La
Chiesa scomunicava chi acquistasse i beni della manomorta.
Intanto si notano in Toscana i primi sintomi di un turismo
qualificato. I decantati colli toscani, le città ricche di
monumenti e le tracce di passato glorioso attirano i forestieri,
studiosi di arte e di storia, ricchi proprietari che scelgono
talora come dimora estiva per periodi più o meno lunghi i luoghi
più ridenti della regione. Un paesaggio insomma dal clima
mediterraneo, armonioso in di olivi, di viti di cipressi sulle
ondulate colline, di impronte umane dal più alto interesse
culturale, dalle ville di campagna, alle case dei contadini,
agli antichi castelli, ai conventi, alle pievi, ai centri
piccoli e grandi spesso ricchi di monumenti originali. |