Rosignano Marittimo ieri

Stradina del centro storico

Rosignano Marittimo: Il Borgo e le vie

Anche il Borgo era situato sul "Poggio", ai piedi del Castello, e la sua origine più recente non lo fornì di mura di difesa: nel 1484 subì un attacco e un incendio da parte dei genovesi sbarcati a Vada e respinti alle mura. (Nel conflitto fra fiorentini e genovesi per il possesso di Pietrasanta ,” i genovesi fecero un’armata per travagliar le marine dei fiorentini”. A seguito di queste incursioni…”s’udì l’armata de’ nimici aver posto buon numero di fanti a terra, e a’ 9 ottobre aver preso Vada e far vista di voltarsi a Rosignano…da quel luogo i nimici erano stati ributtati a gli 11 avendo nondimeno abbruciato parte del Borgo).

Nucleo commerciale e di scambi, il Borgo gravitava su una derivazione della via Maremmana - che si chiamava anch'essa via Maremmana -, e naturalmente sulla sua Piazza, da cui si diramavano le vie di Vada e Castiglioncello. Comprendeva, oltre alle abitazioni, anche orti e botteghe. Nel 1551 ebbero la loro officina sulla Piazza i fabbri Ulivieri di Gennaro del Gabbro, e Marcantonio e Pellegrino di Guglielmo di Tolino da Cere (nel contado di Reggio Emilia).

Intorno alla Piazza, secondo l'andamento del terreno, si estendevano i sobborghi. Uno di essi, il più popolato, erano le Carbonaie, così chiamato dal nome del fossato che isolava e proteggeva le mura del Castello. Poste sul poggetto omonimo, composte di case ed orti, erano delimitate dalla Strada Maremmana, dalla via delle Case, dalla via di Sotto e naturalmente dalla via delle Carbonaie. Dagli Estimi le case appaiono comuni e povere per lo più a un piano, talvolta associate ad un orto o a terra con scava buche da grano. La maggior parte di esse apparteneva all'Arcivescovado che a sua volta le allivellò ai privati; una delle più belle, stimata 144 lire fu quella di proprietà del ricco contadino Pippo di Bernardino di Baldo.

In questo sobborgo furono situate quasi tutte le botteghe del paese dagli Estimi appaiono quella del beccaio (macellaio) Francesco di Giovanni, una con un celliere, situata sotto la "Scesa di Tommaso di Pasquino appartenente ad Antonio di Leonardo Bottaini cittadino pisano, quella dei calzolai Francesco di Meo d'Andrea e Francesco di Domenico, e forse quella del pizzicagnolo Francesco di Giovanni del Pisanello da Monte Paldi. Esisteva poi un frantoio ("fattoio da olio") che in quest'epoca era proprietà per metà di Giovanni di Baldassarre di Ruberto, e per l'altra metà

a Giuliano di Gabriello d'Andrea di Bartolomeo.

Le Carbonaie confinavano con la Colombaia. Posta anch'essa sul Poggio, prendeva il nome forse da una costruzione adibita all'allevamento dei colombi, fatta a piccole celle nello spessore del muro, o in una piccola torre innalzata su un tetto o un terrazzo di una casa. In questo piccolo sobborgo erano la casa e la bottega del fabbro Girolamo di Piero da Monte Scudaio e alcune stalle per il bestiame.

La Casa Nuova era un altro sobborgo sotto il Castello, vicino alla Grotta e al Fosso. Ospitava "un poco di sito con tre tane da grano" che Pippo di Bernardino di Baldo conduceva a livello dall'Arcivescovado e un frantoio grande che guadagnava due barili d'olio l'anno ed aveva una triplice proprietà: di Antonio di Domenico del Galante, di Meo di Girolamo di Piero Pagnini da Castelvecchio e dell'erede di Antonio di Batista.

Ortaglia era invece un sobborgo appena più lontano dal Castello senza case e solo con terra "lavoratia", cioè come dice la parola "da lavorare" e probabilmente da adibire a piccole coltivazioni di uso familiare (orti). Negli Estimi Ortaglia viene associato alla Pescaiola, forse per la vicinanza e per la via della Pescaiola che nasceva da questo sobborgo.

La Pescaiola, parte del paese tuttora esistente, a sua volta, nel 1551 aveva solo qualche casa rovinata e un forno.

"Una stanza murata fattasi un forno al quale quocono assai persone" e quindi con una funzione semi-pubblica era anche alla Rivolta (forse curva della strada?). Il forno era di proprietà ancora una volta di Pippo di Bernardino. Alla Rivolta, che confinava con la Piazza, era anche la bottega di Luca di Piero Piccini di Pontedera, sarto.

Sobborgo furono anche le Grotte, dove ebbe la casa la famiglia dei Sodai di Castelvecchio. Anche oggi è conosciuta una via delle Grotte.

Sulla strada "per Serra" che usciva dal paese in direzione nord ovest, poche casette circondate da orti e frutteti e la chiesa di san Martino formavano i "borghi di san Martino", sovrastati dalle Serre chiamate con lo stesso nome. Due di esse erano una stalletta ad uso del capraio Cristofaro di Giovanni e la stalla di Geremia di Casino di Rinaldo da Montecatini di Val di Cecina. Un piccolo botro, anche questo detto di san Martino, faceva confine con la zona boscosa dei "Sassi Bianchi". Sovrastava il sobborgo e ne costituiva un altro la Torricella circondata da orti e frutteti. Presso questa Torricella aveva sede la Compagnia laicale della Vergine Maria di Rosignano. Essa dava il nome ad un'altura detta il "Poggetto della Compagnia".

La "Villa" era un altro sobborgo. L'origine del nome trova la sua collocazione storica con gli insediamenti alto medioevali e sta ad indicare la parte signorile della fattoria, insieme alla "sala", che è un toponimo ancora esistente a Rosignano. (La "villa" del signore medievale fu divisa in due sezioni: la prima che fu la riserva o "dominicum", sfruttata direttamente dal padrone o dai suoi agenti, si strutturava generalmente in una vasta, cinta spesso designata coi nome di "corte" in cui erano l’edificio per il padrone e i laboratori: cucina, panetteria, cantina, fornace, oratorio eccetera ... Nel territorio circostante si estendevano campi, prati, boschi, terre diverse, generalmente le migliori della zona. Una parte rilevante di terre arabili erano le clausurae o dominicata, principali componenti di queste riserve. La seconda sezione della villa era il manso (massaricium), costituito da un'area con un recinto sul quale erano costruiti casa ed edifici agricoli e attorno al quale si estendevano prati e boschi. Generalmente vi abitava una famiglia di contadini che poteva essere libera, affrancata o servile, ma che conservava l'ereditarietà della fattoria manso).

Troviamo tracce dell'antica corte longobarda anche in altri nomi esistenti in campagna: Campodonico, Selvadonica, Ridonico, Donicata (cioè Campum dominicum, silva dominica, rivum dominicum, Dominica), forse Marchigiane. Nella Villa dei nostri Estimi abitavano poche famiglie: si parla anche di case rovinate o "triste", e questo aggettivo ci pare appropriato per definire ciò che contemporaneamente rivelava povertà e abbandono. Qui erano situati anche una casa per uso di proprietari particolari quali i frati di santa Maria a Montenero, e un "pezo di terra con chasa, frantoio et un mulino, chasalino...".

Accanto ad un'altura detta il "Poggio di Pasquinello", un altro rialzo di terreno costituiva sobborgo: era il Poggetto, formato da quattro case, orti e terra soda. Accanto al Poggetto e al Poggio di Pasquinello passava la via che andava a "Castiglione" (cioè Castiglioncello).

In prossimità del Borgo, sul poggio dello Spedale, "un pezo di terra con chiesa e chasa di S. Antonio" era appunto lo Spedale di sant'Antonio per i bisognosi e i viandanti. Dipendeva dallo Spedale Nuovo di Pisa e uno dei "conduttori" delle terre di proprietà era fra Pacifico di Filippo. Nel 1551 troviamo in questa veste anche Bernardino d'Aldobrando Aldobrandi da Pescia, "cittadino pisano" Infine, sempre sulla via di Vada, circondata dal suo "Muro", da una "Chiusa", da case disabitate e da qualche uliveto, si trovava anche la Pieve di san Giovanni Battista, fondata forse nel secolo XII, e confinante col cimitero. Come risulta dagli Estimi, nel 1545 fu Pievano Renato di Pierfrancesco Ridolfi, nel 1551 invece si ha notizia di un prete Francesco Buonromei che forse faceva parte dei cappellani della Pieve.

Le vie

II discorso sulla Comunità di Rosignano nel secolo XVI e sulle opere dei suoi abitanti, non sarebbe completo senza un accenno alle vie che l'attraversarono e che compaiono nel Registro degli Estimi 2091. Una di esse fu la principale: la Strada Maremmana, in un estimo chiamata anche Pisana. Il percorso era più o meno quello attuale e una derivazione si trova citata anche al Castello e al Borgo. (Probabilmente la via Maremmana del Borgo raggiungeva quella più grande a fondo valle tramite la via che dal paese andava all'Acquabona. Un esempio di tali derivazioni della strada Maremmana ce lo offrono le carte del 1795, allorché si parla di una "strada maestra Maremmana che viene da Valliperghino, e va al Ponte del Gonnellino". Nel secolo XIX una "via maestra pisana" era segnata a Castelnuovo della Misericordia).

Nel suo itinerario nella Comunità la via Maremmana attraversava luoghi boscati, campi e pasture conosciuti dagli Estimi come Valle di Cambino presso il botro Ricavo, Malandrone, Valdicampora sul Botro di Caccione (o Gonnellino), Bagnolo alla confluenza del Marmolaio nel territorio delle Due Badie, Ughetti, Valle di Caccione, Prataglia sulla Fine a Colli.

Importante era anche la via "publica" che dal paese andava verso Vada. Su questo itinerario vicino al Borgo, furono posti lo Spedale di sant'Antonio che dava assistenza ai bisognosi e ai pellegrini e la Pieve di san Giovanni Battista. Poi la via attraversava luoghi detti Querceto e Montioni e passava la Fine al Ponte a Vada, nella zona detta delle Prata a Isola o Sabbine, vicinissima all'attuale guado. Di lì si inoltrava diritta lungo la grande proprietà dell'Arcivescovado.

Dal Poggetto di Pasquinello, che dava sulla Piazza e confinava con la "casa dell'Arcivescovo", una strada andava verso Castiglione o Castiglioncello e a valle attraversava il botro di Ridonico e la Selvadonica di proprietà del Comune.( Le carte dell'Istituto Geografico Militare del 1939 - non aggiornate quindi sui recentissimi cambiamenti edilizi e viari della piana di Rosignano che guarda il mare -mostrano poche tracce della via di Castiglioncello che dovette situarsi a monte dell'attuale via della Cava).

Via della Cava invece si trova citata come confine di un pezzo di terra tra il Botro Morto e il botro Baglioni, sulle pendici del colle di Rosignano.

Infine strade minori collegarono le proprietà e di conseguenza i diversi territori del Comune. Citiamo la via della Fonte, al Borgo, la via che andava al Prata a Isola e si congiungeva a quella di Vada, la via "per Serra" che attraversava il borgo di san Martino e, passando dal Campo alla Serra, si dirigeva verso Castelnuovo e Castelvecchio. Lungo il suo percorso erano situate la casa di monna Andrea ed un oratorio detto della Maestà che dava il nome a una località, anche oggi esistente, detta appunto "La Maestà". (Era il nome dell'Oratorio di sant'Antonio da Padova o della Maestà, forse così chiamato per il soggetto - una maestà - dipinto sopra il suo altare).

Negli Estimi sono rammentate ancora la via di Cosarigli nel bosco del Comune tra Poggio Maggiore e Poggio Minore, la via verso Val di Campera, quella della Rena, la via del Botro Secco in Montri, la via di Fontana Bagnarese al Mondiglio Grosso, la via del Mondiglio Grosso presso gli Olmi di Mortetra, la via della Fonte Acquaiola, (forse l'odierna via delle Pescine), la via verso Quercioleta, la via Vecchia a san Lorenzo, la via della Cerreta o delle Cerrete alla Valle di Cambino e alla Fonte (forse del Malandrone) a confine col botro del Ricavo.

Ma queste strade minori non si possono considerare delle grandi vie: spesso sentieri o tratturi si potevano accomunare a quelle che erano e sono dette vie vicinali. Da "Ambiente e società a Rosignano nel secolo XVI " di Paola Ircani Menichini - 1989", scaricabile dal sito

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