Dal volume
"Allarghiamo l'orizzonte" - Per una più vasta comprensione degli
anni 1940-1945 di
A.TINTORI
ROSIGNANO MARITTIMO
Nel
periodo antecedente la trasformazione di Rosignano da zona
agricola a centro industriale la popolazione locale, salvo
alcune frange anarchiche, non aveva una vera coscienza politica:
sarà la fabbrica a risvegliarla. Infatti la Solvay assorbì un
numero sempre maggiore di mano d'opera, si stabilirono a
Rosignano degli antifascisti che riuscirono ad operare,
nonostante la massiccia propaganda fascista, soprattutto
all`interno della fabbrica rischiando, nella migliore delle
ipotesi, il posto di lavoro. Il frutto di tanta costanza e di
tanto coraggio venne raccolto in modo tangibile solo nel momento
in cui si dovettero formare le Bande armate partigiane e i
C.L.N. I partigiani rosignanesi, una volta organizzati,
operarono anche fuori provincia. Un aspetto, questo, comune, del
resto, a tutto il movimento resistenziale livornese. Infatti la
precaria situazione in cui si era venuta a trovare Livorno
ridotta dai nazisti a un enorme campo minato, e la mancanza di
difese naturali che caratterizza una gran parte del territorio
livornese, portarono spesso i partigiani ad agire in altre
province. Lo stesso Frido von Senger, comandante delle forze
armate tedesche nella zona tra Siena e Livorno, a proposito
dell'attività partigiana in questo settore, dove operarono molti
livornesi, scrive: «Soprattutto le strade a nord di Massa
Marittima venivano continuamente bloccate (dai partigiani).
Questo ci costringeva a fare affluire i rifornimenti per altre
vie, o a impegnarci in faticose azioni per liberare le rotabili.
Anche il comando tattico non poté essere sistemato nel centro
del settore del corpo, dato che i cavi del telefono non potevano
essere estesi nella zona minacciata dai partigiani». Le riunioni
dei partigiani avvenivano di preferenza in quelle case abitate
da donne che, come Giuseppina Podestà, facevano parte della
Resistenza. Quando un gruppo di partigiani si trasferì dalla
zona di Rosignano, disadatta alla guerriglia, a Castellina dove
poi si formerà il «6°
Distaccamento
Garibaldi», fu compito delle donne reclutare volontari e
trasportare alla macchia quei viveri che i negozianti di
alimentari di Rosignano Solvay si erano impegnati di procurare.
Col precipitare degli eventi i partigiani ripararono a
Castellina. Scoperta la loro presenza, la zona fu rastrellata.
Cesira Balducci, sfollata nel podere di proprietà della famiglia
del segretario del fascio, aveva potuto spesso fornire ai
partigiani preziose informazioni, ma quella volta non ne ebbe il
tempo. Il tragico episodio che seguì all'accerchiamento
fascista, lo ritroviamo nella testimonianza di Mazzina, moglie
del partigiano Vasco Giaconi. «Dal mio nome si intuisce che io
provengo da una famiglia repubblicana, Conobbi Vasco e ci
sposammo, ma per lui, contrario al fascismo, non c'era
possibilità di lavoro in Italia. Fuggi in Francia, eravamo nel
1930. Quando tornò era diventato comunista ed io condivisi le
sue idee». Nel 1935, Vasco Giaconi fu arrestato e processato dal
tribunale speciale. Quando fu rimesso in liberta comprò un forno
a Rosignano Solvay, ma anche così la vita non fu facile; ogni
momento apparivano minacciosi i fascisti. L'8 settembre del 1943
dovette scappare assieme ai familiari perché i fascisti avevano
preso di mira il suo negozio. Andò a Castellina, ma essendo
commissario politico del distaccamento partigiano, molto spesso
doveva tornare a Rosignano Solvay per mantenere i contatti. Con
il precipitare degli eventi il Giaconi dovette darsi alla
macchia ed eccoci al giorno del rastrellamento. Dice la moglie:
«La nostra casa fu circondata, mio marito che era venuto a
trovarci riuscì a mettersi in salvo raggiungendo il figlio più
grande alla macchia. Anche mio cognato tentò la fuga cercando di
correre verso il bosco, ma i tedeschi che avevano finito
l'accerchiamento lo inseguirono. Forse ce l'avrebbe fatta, se un
fascista all`improvviso non gli avesse aizzato contro il cane
lupo. Cadde ed i tedeschi lo uccisero. Io e mia cognata - i
bambini per fortuna erano dalla nonna - passammo una notte
d'inferno, non sapevamo niente. La mattina, al momento del
cambio della guardia fuggimmo anche noi e arrivammo alla capanna
dei partigiani. Restammo con loro, abitavamo in una casa poco
lontana dal comando. Arrivò il giorno tanto atteso della
liberazione. Tornammo a Rosignano Solvay convinti di poter stare
finalmente tranquilli, invece non fu così ci fu il processo ai
partigiani. Mio figlio e mio marito dovettero di nuovo
scappare...››.
Da ricordare, sempre relativamente a Rosignano M.mo, la valida
collaborazione delle donne nel risolvere la difficile situazione
alimentare di questo paese che, con l'avvicinarsi del fronte,
andava assumendo l`aspetto di una rocca fortificata e
superaffollata. Tutte le volte che era possibile assicurarsi una
certa quantità di farina, esse si ritrovavano nella cucina della
canonica o in un altro luogo per fare il pane per l'intera
popolazione. Un giorno del 1944 - la notizia è ricavata dal
diario di guerra inedito di don Giovanni Nardini, parroco del
luogo - a risolvere per un certo periodo il problema
dell'approvvigionamento, fu un treno carico di derrate
alimentari bombardato nella stazione di Rosignano Solvay. Prima
che i soliti profittatori si facessero avanti a tutto vantaggio
del mercato nero, don Nardini si recò sul posto con un gruppo di
donne e le provviste presero la via di Rosignano Marittimo.
Anche nel portare avanti il «Centro di Informazioni e assistenza
sociale» istituito da don Nardini in diretto contatto con il
Vaticano, fu estremamente valido il lavoro svolto da un gruppo
di donne guidato dal parroco. Ciò che accadde fra il 10 e l'11
luglio del 1944, evidenzia quanto prezioso sia stato anche il
tempestivo e coraggioso intervento della madre del Parroco.
Verso la mezzanotte, quattro ufficiali tedeschi della divisione
corazzata Herman Goering bussarono alla porta della canonica
dove si trovavano nascoste molte persone. I tedeschi, in
possesso di una lista con i nominativi di circa 400 uomini del
luogo da deportare in Polonia, pretendevano che il Parroco
uscisse immediatamente per indicare le abitazioni dei ricercati.
Al netto rifiuto del sacerdote, essi protestarono alzando la
voce e sferrando poderosi pugni sul tavolo. La madre di don
Nardini entrò calma nella stanza e con grande gentilezza offrì
dell`ottimo vino. Durante quella notte i bicchieri dei quattro
ufficiali non rimasero mai vuoti. La sbornia arrivò
provvidenziale e la lista fu fatta sparire. All'alba i tedeschi
se ne andarono e non si fecero più vedere: questione di giorni e
Rosignano Marittimo fu liberato. I tedeschi avevano scelto
Rosignano Marittimo quale caposaldo avanzato di difesa sulla via
di Livorno. Per espugnare questa rocca occorsero ripetuti
violenti attacchi ai quali presero parte anche partigiani e
gappisti. Prima di abbandonare la zona, i tedeschi commisero
terribili stragi: 234 furono i caduti civili per la maggior
parte vittime di rappresaglie nazifasciste. (Note raccolte da
«Donne e Resistenza in Toscana››).
(Si ringrazia la signora
Mila Balducci per la concessione del documento) |