Rino Pachetti è nato a Livorno il 15
febbraio
1913 da Ezio e Annunziata Luschi. Fa la scuola per quanto possibile e ormai
adulto fa il servizio di leva nel Genio Ferrovieri. Grazie a questa
esperienza viene assunto nel 1936 come operaio meccanico presso il
Compartimento Ferroviario a Milano. Dal 1939 fa parte del movimento
clandestino del Partito d'Azione con Poldo Gasparotto. Nel '40 è esonerato
dalle armi perchè destinato al servizio civile. Inizia la sua attività di
partigiano combattente l'8 settembre 1943, alla dichiarazione dell'armistizio,
in un'azione di resistenza contro i tedeschi presso la stazione centrale di
Milano, riportando una prima ferita. Entrato ufficialmente nelle formazioni partigiane, fa parte
dell'esecutivo militare Alta Italia come rappresentante del Partito d'azione.
Costituisce e comanda la formazione «San Salvatore» nelle zona di Erba-Lecco-Como con la
quale partecipa a vari scontri riportando altre due ferite, una delle quali
gravissima. Condannato a morte, evade durante la degenza in ospedale; ripreso dai tedeschi riesce ad
evadere una seconda volta portando con sé un compagno ferito. Contribuisce alla
costituzione e comanda dal giugno all'agosto '44 la divisione partigiana
«Alto Milanese». Passa quindi a Galliate dove costituisce e comanda la
divisione «Rebellotti». Nel gennaio '45 gli viene assegnato il comando del
Primo Settore Operativo comprendente tra l'altro il territorio dell'Alto novarese e la zona del Lago d'Orta. Nel frattempo organizza anche un ufficio
stampa e propaganda e cura la pubblicazione dei giornali «Val Toce» e
«Fuorilegge». In qualità di comandante Pachetti compie personalmente 126
disarmi, riporta 8 ferite, delle quali 4 in combattimento e 4 a San Vittore
per sevizie e torture; sulla sua testa pende una taglia di mezzo milione
dell'epoca. Dopo la Liberazione, dall'aprile al luglio '45, comanda il terzo
battaglione di polizia ausiliaria di Milano. Quindi passa nella polizia
ferroviaria. Nel 1950 gli viene riconosciuto il grado partigiano di maggiore.
Viene poi assunto all'Agip, alle dirette dipendenze di Enrico Mattei del quale
è guardia del corpo. E' tra i primi, nel 1962, a giungere sul luogo in cui
si è schiantato l'aereo di Mattei, a Bescapé (Pavia). Dal 1970 al '75 è
consigliere comunale a Rosignano nelle liste della DC. Rino Pachetti ha avuto la
medaglia d'oro al valor militare per le campagne condotte da partigiano in
Alta Lombardia durante la Resistenza, fra il 1943 e il 1945 e L'Ambrogino
d'oro da parte del sindaco di Milano Aniasi nel 1973. Avrebbe
compiuto 87 anni il 15 febbraio 2000, ma è morto il 19 gennaio, dopo un lungo periodo
di malattia, in località La Nibola a Marittimo, dove risiedeva.
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Dalla "Lettera aperta" di Rino Pachetti al Sindaco del Comune di Rosignano
M.mo sui valori della Resistenza:
ANTIFASCISMO IERI. Trascrivo solo le cifre più eclatanti.
Dal 1927 al 1943. Condanne emesse dal tribunale Speciale per la difesa dello
Stato Fascista:
-condannati 4.596,
-anni di galera 27.752,
-condanne a morte 31.
Dal settembre 1943 all’aprile 1945 Antifascismo armato-Resistenza:
-partigiani combattenti 250.000,
-morti 80.000.
-attacchi a paesi indifesi, ostaggi civili uccisi per rappresaglia N.
30.000;
-deportati civili e razziali non più tornati dai lager 34.000;
-militari che non vollero giurare alla repubblica di Salò e che dai
repubblichini furono consegnati ai tedeschi per i campi di sterminio 765.000
(morti 80.000);
-italiani combattenti nelle formazioni partigiane all’estero 40.000;
-militari caduti combattendo nel nuovo esercito di liberazione a fianco
delle truppe alleate 80.000;
-civili e militari mutilati e invalidi circa 70.000.
Questo l’alto prezzo e gli enormi sacrifici di lutti e di sangue pagato dal
popolo italiano per riscattarsi dal vergognoso baratro in cui lo aveva
trascinato la dittatura fascista prima e il nazifascismo poi.
Medaglia d'Oro al Valor Militare Rino Pachetti
GLI STUDENTI NON CONOSCONO LA RESISTENZA
Il liceo Cecioni di Livorno il 30 maggio 1997, ha chiuso
quest'anno il ciclo dopo una serie di 45 incontri che hanno visto la
partecipazione di 116 classi e circa 2300 studenti. Argomento: "I
giovani e la Resistenza". Relatore Rino Pachetti, l'unica Medaglia
d'Oro livornese ancora in vita, vicepresidente della Federazione
italiana volontari della libertà; accanto a lui un rappresentante
dell'Anpi, Giuseppe Fusario, e Mario Beltramme, dell'Associazione
combattenti delle forze armate regolari della guerra di liberazione.
E' difficile riscrivere quello che i tre anziani signori hanno
raccontato; Pachetti, è sfuggito a due condanne a
morte, è sopravvissuto alle torture tedesche ed ha visto la fidanzata
violentata e poi fucilata, si è scagliato, con parole anche forti contro
coloro che adesso, sugli schermi televisivi e nelle pubbliche cerimonie,
dicono che i partigiani non sono comunque riusciti a vincere la guerra,
chiedono di dimenticare e perdonare, definiscono Mussolini il miglior
statista europeo, dopo che «aveva mandato giovani poveri italiani che
non avevano niente, a rubare altro niente agli abissini più poveri di
loro». «E' facile dimenticare cose che non si sono vissute,
e perdonare offese che non si sono subite». Ed è vero, ha continuato,
che i partigiani non hanno vinto la guerra; non da soli almeno, ma chi
l'ha fatto? Non si deve però dimenticare che l'esercito regolare
partigiano, formato da 285mila uomini, tutti volontari, ha subito 45mila
perdite, e che proprio grazie a loro De Gasperi, all'assemblea per la
pace, è riuscito ad ottenere dai vincitori condizioni meno dure, perché
gli alleati non potevano negare che, al di sotto della linea gotica, fra
i loro soldati c'era stato il 10% di morti in meno, e che non avevano
combattuto nessuna grossa battaglia fra il Po e i confini, perché le
grandi città del Nord erano state tutte liberate dai partigiani. Proprio Pachetti, ad esempio, era a capo del
gruppo che, nella notte del 26 aprile 1945 entrò a Milano. Parole dolci Pachetti
le ha dedicate alle donne della resistenza, che hanno svolto un
operato insostituibile come infermiere, come staffette, talvolta
anche come combattenti, lottando accanto ai loro uomini nei rigidi
inverni delle montagne. Ha poi mostrato un documento, un manifesto
milanese, ormai introvabile in schedari e archivi, in cui si
offrivano 1000 lire ed un chilo di sale a chiunque consegnasse alle
autorità un ebreo o un partigiano. «Erano riusciti ad inquinare
anche le coscienze», è stato l'amaro commento del vecchio
combattente. Dopo la conferenza avrebbe dovuto esserci il dibattito;
dibattito che, però, ha stentato un po' a decollare. Prima della
conferenza i tre relatori avevano spiegato che il motivo di questa
ostilità al dialogo è una mancanza di preparazione storica
sull'argomento. In alcune scuole, dove probabilmente gli insegnanti
si dimostrano più sensibili alla storia contemporanea, più
facilmente gli studenti intervengono, e non è detto che si tratti di
interventi a favore della resistenza, il dibattito diventa talvolta
acceso; in altre scuole, invece, i programmi toccano più
marginalmente il Novecento, ed allora si fa fatica a parlare perché
mancano le conoscenze. La loro speranza, hanno detto, è che si riporti
sui banchi di scuola il Novecento, questo grande sconosciuto, perché, in
fondo la storia resta pur, come dicevano gli antichi, maestra di vita.
(Di Francesca Faleri
da "Il Tirreno" del 30-05-1997)
11 luglio
2010 - Tre nuove strade di Rosignano Solvay
intitolate alla memoria del partigiano Rino Pachetti, medaglia d’oro al Valor Militare e ai
giuslavoristi, vittime del terrorismo, Marco
Biagi e Massimo D’Antona. Presenti il sindaco
Franchi, gli assessori, i consiglieri comunali e
Giacomo Luppichini dell’Anpi. Con loro il
vicecomandante della Brigata Folgore, colonnello
Ribezzo, le autorità militari e civili,
rappresentanti delle forze dell’ordine, le
associazioni e gli abitanti della zona, la nuova
lottizzazione Gambini. Presenti anche Ivo
Marchetti, fratello di Rino Pachetti, il cognato
Leo Gattini e l’amico e collaboratore Paolo
Guerrieri. Quest’ultimo per 25 anni è stato
accompagnatore ufficiale di Rino ricevendo tra
l’altro la nomina a cavaliere della Repubblica
conferitagli direttamente dal presidente Carlo
Azeglio Ciampi. Guerrieri, con i parenti di
Pachetti ed i rappresentanti dell’Anpi, è stato
tra i promotori dell’intitolazione di una strada
cittadina alla medaglia d’oro. Il sindaco,
durante la cerimonia, ha portato anche il saluto
delle vedove Biagi e D’Antona.
Il partigiano buono guardia del corpo di
Enrico Mattei - la Liberazione
C'è una strada a Rosignano Solvay intitolata a Rino Pachetti, ma credo siano
molti i concittadini, specialmente quelli delle generazioni più giovani, che
ignorano in maniera assoluta chi fosse questo personaggio che invece
è della massima importanza e fu tra l'altro insignito della medaglia d'oro
al valor militare per la sua partecipazione alla lotta partigiana della
regione Lombardia negli anni della resistenza fra il 1943 e il 1945.
Pachetti nacque a Livorno da Ezio e Annunziata Luschi il 15 febbraio 1913 e
morì a Rosignano Marittimo il 19 gennaio 2000 all'età di ottantasette anni
dopo una vita quanto mai movimentata. Il giovane Pachetti non se la diceva
molto con l'insegnamento scolastico e dopo la scuola dell'obbligo abbandonò
libri e quaderni. All'età di diciotto anni andò a fare il servizio di leva e
nel 1935 fu in Africa Orientale con il reggimento del Genio Ferrovieri.
Grazie a questa esperienza a ventitré anni fu assunto come operaio meccanico
e fochista presso il Compartimento Ferroviario di Milano. Fin dal 1939, in
pieno regime fascista, il giovane ventiseienne toscano entrò a far parte del
movimento clandestino nel Partito d'Azione. Subito dopo il 10 giugno del
1940, data d'inizio della seconda guerra mondiale, Pachetti fu richiamato ma
riuscì a farsi esonerare dal servizio militare ed entrò a far parte di
quello civile. Dall'8 settembre '43, quando fu dichiarato l'armistizio,
iniziò la sua attività di partigiano combattente prendendo parte ad
un'azione di resistenza contro i tedeschi presso la stazione centrale di
Milano. Nello scontro riporta la sua prima ferita. In seguito subirà ancora
ben sette altri ferimenti di cui alcuni molto gravi. Durante la guerra
partigiana organizza e comanda la formazione San Salvatore nella zona
Erba-Lecco-Como. Catturato dai tedeschi fu condannato a morte ma riuscì ad
evadere durante la degenza in ospedale. Sulla sua testa pesava una taglia di
cinquecentomila lire, cifra altissima per quell'epoca. Fu arrestato una
seconda volta ma ancora egli evase di nuovo portando con se un compagno
ferito. L'ho conosciuto nel 1960 quando frequentavamo il famoso bar Norge di
Rosignano Solvay. Si intratteneva spesso con noi più giovani narrando i vari
episodi della sua vita di combattente. Una sera ci raccontò come si era
guadagnato la medaglia d'oro al valor militare per le campagne condotte da
partigiano nell'Alta Lombardia. Con quel suo compagno ferito per sfuggire ai
tedeschi si era rifugiato in una soffitta di una grande villa vuota sul lago
di Como. Mi ricordo che con molta modestia ci disse: «Quella volta io non
volevo fare l'eroe, ma lo diventai quasi per forza». Infatti così proseguiva
il suo racconto. Nel frattempo una pattuglia di soldati tedeschi occupò
tutto il piano terra della villa e nel grande salone furono approntate le
brande per trascorrere le notti ed in tal modo i due partigiani rimasero
bloccati nella soffitta sovrastante per diversi giorni. Il compagno ferito
poco dopo spirò nelle sue braccia ed egli rimase solo senza cibo né acqua in
quella sua forzata prigionia. Non potendo più resistere in quella così
scomoda situazione, una notte decise di imbracciare i due mitra, il suo e
quello del compagno, aprì la botola, scese all'improvviso nella stanza dove
dormivano alcuni soldati tedeschi e con una serie di sventagliate li fece
tutti "fuori". Quella villa per il comando germanico era una posizione molto
importante e quando i partigiani arrivarono per espugnarla trovarono
l'impresa già bella e compiuta da lui solo. Nel 1945 fu chiamato a comandare
il primo settore operativo nel territorio dell'Alto novarese. In quello
stesso periodo riuscì ad organizzare persino un ufficio stampa e propaganda
con la pubblicazione di due giornali locali. Il primo dopoguerra lo vede
impegnato alla Questura di Milano presso la polizia ferroviaria e nel 1950
fu promosso al grado di maggiore dei partigiani. Più tardi diventa l'uomo di
fiducia e guardia del corpo di Enrico Mattei all'ENI. Nel 1962 quando Mattei
salì sull'aereo che poi sarebbe tragicamente caduto nella zona di Pavia
anche Pachetti avrebbe dovuto prendere quel volo, ma per una pura e
fortunata combinazione fu costretto a rinunciare al viaggio che avrebbe
segnato la fine anche per lui. Il sindaco di Milano Aniasi nel 1973 con una
bella cerimonia gli consegnò l'Ambrogino d'oro che rappresenta la più alta
onorificenza della città. Dopo essersi trasferito da Milano a Rosignano
Solvay con la moglie Piera Gattini dalla quale ebbe il figlio Enrico dette
anche un bel contributo alle vicende del nostro comune in quanto dal 1970 al
1975 fu consigliere comunale nelle file della Democrazia Cristiana. La
strada che è stata dedicata alla sua memoria, come partigiano medaglia d'oro
al valor militare, fu inaugurata l'11 luglio del 2010 dal sindaco Alessandro
Franchi alla presenza delle autorità fra cui Giacomo Luppichini dell'Anpi e
il vicecomandante della Brigata Folgore colonnello Ribezzo. La motivazione
della decorazione che Rino si guadagnò sul campo si conclude con questa
frase: «Schietto, buono, modesto e valoroso era sempre di esempio costante
ai compagni di lotta e veniva ricordato, nella zona di Milano, come una
delle più belle figure di combattente partigiano».
DINO DINI 26 aprile 2018 |