Aldo Benincasa - biografia |
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Aldo Benincasa nasce a Vietri sul
Mare (Salerno) il 9 ottobre 1917.
Diplomato maestro nel 1931, inizia ad insegnare a soli 16 anni, si laurea in lettere a Cagliari nel 1944. Sin da giovanissimo ha con l’insegnamento un approccio nuovo, moderno. A Cisterna di Latina trasforma un campo di bocce in un’aula all’aperto dove fare lezione diventa, ogni giorno, un’esperienza nuova e stimolante. Dopo il servizio militare come granatiere di Sardegna e la laurea, arriva in Toscana. Prima a Gaiole in Chianti, dove è insegnante e poi preside dell’Istituto di Avviamento Professionale dal 1947 al 1956. Giunge a Rosignano Solvay, come direttore del 1º circolo didattico dal 1/1/1956 al 30/9/1978. E' deceduto il 15 luglio 1982 a 64 anni, ed è sepolto nella parte storica del cimitero di Rosignano M.mo. sotto in cipresso. Salernitano vulcanico, gran parlatore, animato da una curiosità incredibile che lo porta negli anni a viaggiare a lungo e a confrontarsi con scrittori, artisti, esploratori, insegnanti, politici. La scuola creata a Rosignano diventa una scuola modello e centro permanente di aggiornamento professionale. Fonda l’AEDE (Association Européenne Des Insegnantes) di cui è a lungo presidente. Ma soprattutto, con grande lungimiranza, interpreta quello spirito europeista che si concretizzerà solo parecchi anni dopo. Vuol chiamare Europa la nuova scuola elementare di Rosignano Solvay, tenacemente voluta dall’allora sindaco Demiro Marchi, a sua volta docente di pedagogia. Gli scambi culturali con gli altri insegnanti d’Europa sono un altro capitolo della sua poliedrica attività. Come gli incontri con l’autore che dal ’68 al’78 organizza a Solvay: arrivano personaggi come Vittorio G. Rossi, Fabio Tombari, l’esploratore Thor Hayerdahl, Virgilo Lilli, Alfredo Tudisco, Bruno Vailati. E ancora Sorrentino, Mauri, Moscati ed anche Liana Orfei. E' un modo per introdurre e far conoscere nella famiglie i libri che ogni scrittore presenta. Fervente anche l’organizzazione di attività ricreative: la partecipazione a mostre, come quella carducciana, fuciniana o all’Antoniano di Bologna. I primi corsi di ceramica, musica, ginnastica e lingua attivati con l’inizio, nel ’72, della scuola integrata. L’attività di sperimentazione, affidata ai maestri anche con l’uso di tecnologie moderne. Con Benincasa, oltre alla scuola, sono cresciute generazioni di insegnanti. «Con lui era un continuo apprendimento», racconta una maestra da 20 anni in pensione. «Entrava in classe, bussava. E da una frase semplice o da un banale gesto scaturiva una magistrale lezione...». Se lo ricordano le maestre e quei maestri con i quali s’intratteneva a parlare anche fuori dell’orario scolastico, magari sorseggiando un caffè in compagnia dei fedeli cagnolini Nuvola e Guscì. Aldo Benincasa ha voluto una scuola aperta e senza steccati, ritenendo che per ogni alunno ci dovesse essere un percorso didattico ed un approccio specifico. Sostenitore che anche i bambini troppo intelligenti rischiano di soffrire come dei disadattati in una scuola che non li comprende. Su questo ha fatto anche un esperimento, con l’aiuto di un noto psicologo, selezionando tra gli alunni di Solvay 6 bambini con quoziente intellettivo di 160, dunque altissimo. Presentavano disturbi e difficoltà d’inserimento in classe come per i bambini con problemi. Riassunse il senso di questa ricerca in un libro intitolato «Studio dei problemi psicopedagogici dei superdotati». Amava leggere, ascoltare musica classica e jazz, camminare. Il 12 maggio 1999 il Comune di Rosignano inaugura il Largo Benincasa, area compresa fra le scuole elementari ed il campo di atletica (vedi in basso).(Parzialmente da: "La scuola senza barriere di Benincasa" di Andrea Rocchi Il Tirreno 24-nov.-2007) CHIAMO' EUROPA UNA NUOVA SCUOLA Il professor Aldo Benincasa, direttore del 1° circolo di Rosignano, fu sicuramente uomo di gran lungimiranza: convinto europeista, fondatore dell'Association Européenne Des Einsegnants, volle chiamare Europa la nuova scuola inaugurata il 17 novembre 1968. (La scuola fu fortemente voluta per un decennio fra mille difficoltà, dal sindaco Demiro Marchi, docente di Pedagogia). Le aule, invece delle tradizionali denominazioni di "classi e sezioni" e relativo nome dell'insegnante, recavano, in alto, a fianco della porta d'entrata, una targhetta dove si leggeva "regione iberica, ungherese, russa, francese, ecc.", come se l'edificio fosse un insieme di territori raggiungibili con una bussatina educata e non un insieme di nazioni, divise da barriere politiche o doganali. Le pareti interne mostravano elementi caratteristici delle regioni di cui portavano il nome, così come i corridoi che sfociavano nell'ampio "salone delle Bandiere", sede delle attività collettive e di tutti gli emblemi nazionali in stoffa. Le pareti del salone erano tappezzate da grandi pannelli, minuziosi e precisi, in eleganti cornici, realizzati da genitori ed insegnanti, che illustravano l'Europa dei musicisti, delle automobili, dei Santi, delle monete, dei poeti e letterati, dei pittori. Anche la preghiera era diversa da quella tradizionale: ogni mattina era trasmessa dall'impianto di diffusione interno una musica sacra diversa e rappresentativa d'ogni specifica regione europea. Nel "Salone Mediterraneo" si aprivano le aule dei più piccoli, le aule delle quattro repubbliche marinare di cui s'imparava subito a conoscere lo stemma, le bellezze, le imprese attraverso le rappresentazioni ed i vari oggetti che adornavano le pareti. Attraverso i consolati italiani, gli alunni delle varie aule avevano corrispondenza con quelli di classi parallele realmente residenti in quelle località in modo da avere uno scambio continuo d'informazioni circa le reciproche tradizioni. Ogni anno gli alunni cambiavano aula in modo da scoprire e conoscere nuove regioni, percorrendo, così, nei cinque anni, un viaggio immaginario in Europa. Una volta la settimana, tutti i piccoli europei confluivano nel "Salone delle Bandiere" dove ogni insegnante, a turno, rispondeva alle domande poste dai ragazzi e precedentemente preparate con l'insegnante di classe. Sempre in questo salone si svolgeva lo studio dell'ambiente circostante e per questo motivo venivano invitate persone esterne alla scuola, del mondo professionale ed operativo, alle quali i ragazzi ponevano le domande già accuratamente scelte in classe perché non fossero ripetitive. La persona invitata veniva interrogata anche per più giorni di seguito fino a che l'argomento non veniva completamente sviscerato: in tal modo, oltre a conoscere il mondo in cui vivevano, i ragazzi imparavano a colloquiare, ad ascoltare, ad essere essenziali, a stare con gli altri, a fare della scuola un tutt'uno con la vita. Dal 1972 nacquero le attività integrative che affiancavano, sviluppavano e, a volte, integravano quelle del mattino per rendere più completa e più ricca l'educazione curriculare. Per una scuola all'avanguardia occorrevano insegnanti capaci, aggiornati e preparati: così la direzione didattica divenne Centro permanente d'aggiornamento magistrale con giornate di studio che videro la presenza di valentissimi docenti universitari italiani e stranieri. Il professor Benincasa voleva una scuola aperta ed integrata con il territorio e coinvolse continuamente le famiglie e le varie realtà sociali nelle attività scolastiche. Tra queste il giornalino "Sei Rose" (il primo numero è del 30 ottobre 1956), che, per ventidue anni, con due uscite annuali, costituì un solido legame tra scuola e famiglia.
Il giornalino ebbe un
ruolo importante anche nella famosa vicenda del "Ponte di Marisa".
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