Il
percorso inizia dal laghetto di
"Casa le Serre".
Proseguendo lungo il
crinale del colle, la strada acciottolata (Fig.1), porta ad un bivio; a sinistra si scende verso il
litorale, lungo l'antica "Strada vecchia della Marina" ancora
oggi in discrete condizioni. La
strada, per un lungo tratto, corrisponde con l'attuale
tracciato della via diretta (più breve) Casa Spianate - Monte
Pelato (l'altra passa, con un percorso più lungo, da Poggio "Il
Tedesco").
Seguendo la discesa, alla prima e più marcata curva
sulla sinistra, la strada andava dritto fino al "Sodo della
Casina" (dove oggi si trova la casa omonima) e proseguiva
lungo il crinale che fa da spartiacque fra il Botro Masaccio a
Nord ed il Botro Forbici a Sud, fino a sbucare sulla "Strada
del Littorale" (o dei Cavalleggieri) in località Scogli Neri.
Questo percorso
nei pressi di Casa Casina è sbarrato da un cancello. Quasi certamente, si trattava del collegamento fra il
borgo di Castelnuovo ed i porticcioli di Castiglioncello e
Quercianella, dove avveniva l'imbarco per Livorno delle merci
(grani e legname) prodotte nella fattoria della Misericordia.
(Cfr. A. Potenti, 1999, op. cit., p. 103: Anno 1693, annotazione
sul "Giornale di Fattoria" relativa ad una spesa fatta per
"achomodare
la strada della marina ch'era tutta sbotrata dalla pioggia, per
condurre il grano a' navicelli").
Si può comunque scendere fino al Quercetano, passando davanti
all'agriturismo: "Casale del Mare" e sbucando al Caffè
Gelateria "Dai Dai", da dove si può ammirare la baia
del Quercetano, il promontorio di Castiglioncello, con la pineta fatta impiantare dal
Barone Petrone
nella seconda metà dell'Ottocento e l'inconfondibile torre
medicea (sec. XVI). Lungo il percorso è
possibile visitare, prendendo la strada (in discesa) sulla
destra del cancello di Casa Casina, le "Cave di magnesite di Castiglioncello", attive, con fasi
alterne, dal 1914 al 1943. (Cfr. A. Fei, Storia mineraria dei
monti livornesi: l'escavazione della magnesite di
Castiglioncello, Nuovi Studi Livornesi, Vol. VII, Ed. Belforte,
1999, pp. 191-228).
Il tratto finale di
strada è più recente e consente di
raggiungere Castiglioncello passando per le Spianate, oppure di visitare le miniere di magnesiste al
Massaccio. (Le lavorazioni a cielo aperto di
queste miniere, distrussero un buon tratto della strada (1795)
che dal "Sodo della Casina", passando dalla "Grotta del
Pipistrello" sul Botro dell'Arancio e dal "Fornello per Mortella
del Belletti", andava in San Quirico). Deviando a destra
al bivio citato all'inizio, costeggiando il fianco Est del Monte
Pelato (Fig.2), sulla cui cima (378 m s.l.m) si erge una
torretta con telecamera per l'avvistamento degli incendi boschivi
(vedi), si prosegue
per Nibbiaia. Chi decidesse di inerpicarsi lungo l'ascesa al
"Monte", per andare ad ammirare un panorama "unico", può farlo
abbastanza agevolmente, seguendo la strada di servizio alla
torretta (che, ad un certo punto del cammino, si stacca sulla
sinistra), con la raccomandazione - superflua per gli amanti
della natura - di rispettare la vegetazione spontanea che cresce
su questi substrati particolari (rocce verdi o ofioliti); qui,
infatti, la flora annovera specie di grande interesse
scientifico (endemismi). (Per una conoscenza più
approfondita di questa fitocenosi, così come di altre
che popolano gli ambienti che stiamo percorrendo, vedi "La
flora vascolare dei serpentiniti toscani, con particolare
riferimento al Monte Pelato" di Lorenzo Peruzzi scaricabile dal
sito).
Il comprensorio dove ci troviamo, (circa 820 ettari) è stato classificato nel 2000 dalla Regione Toscana:
“Sito di Interesse Nazionale”, in difesa della flora e dell’avifauna. Il
riconoscimento si deve al Progetto Bioitaly che a seguito della Direttiva Europea Habitat
(92/43), intende salvaguardare le “ultime isole di natura con i naufraghi di un pianeta che un tempo conciliava
presenza umana e diversità della natura”.
Le fioriture primaverili (Fig.3) della gariga
colonizzatrice delle serpentiniti che insieme
ai gabbri ed ai basalti, formano una roccia magmatica
appartenente alla trilogia ofiolitica o delle
pietre verdi). Qui siamo
vicini, ad una polla di acqua dal sapore del tutto particolare che i nostri
nonni apprezzavano mescolare con il vino, si tratta
"dell'acqua ferrata", fonte scavata nella roccia
(Fig.4) alle sorgenti del Botro dell'Arancio (Fig.5). Trovarla non è facile, ed anche se è un'opera realizzata
probabilmente ai primi di questo secolo, non vogliamo
perderne la memoria, anche per lo stupendo panorama che
vi si scorge (Fig.6). Seguendo il percorso T.C.E. 00, aggiriamo sulla destra il Monte
Pelato in direzione Nord per Nibbiaia.
Arriviamo alla "Crocina",
antico crocevia con quattro strade. Quella in direzione E-O, prendeva il
nome di "Via che và a S. Quilico", ed era
anch'esso riportato sul plantario dell'Estimo di
Castelnuovo della M.dia del 1795. Il tratto verso
levante andava a Castelnuovo della M.dia, ma oggi, è nascosto
dalla vegetazione; quello verso ponente, ancora
in buono stato, conduceva, come ricorda il plantario del 1795, ad alcune sorgenti minerali.
La prima sorgente era la "Polla di Acqua Minerale
detta del Crocino", la seconda la "Fonte
della Pisciarotta", la terza, oltre il
"Sodo di Migliarino", era semplicemente
conosciuta come "Sorgente d'acqua Minerale",
oggi conosciuta Occhibolleri,
rinvenibile nel mezzo ad un campo dove fuoriesce
con manifestazioni rumorose (un gorgoglìo
simile a quello dell'acqua in ebollizione) ed
esalazioni gassose (caratteristico odore
solfureo di
"uova marce" (Fig.7) alle carbonaie.
La prima era quella "dé
Sassi Rosi", poi, dopo le sorgenti, quelle
"della Grottaccia", "dé Cerri Bianchi"
(vicino al Fortulla), "dé Porracci"
(vicino alla porcarreccia di S. Quirico),
e ad una "porcareccia", individuabile con l'edificio più
in alto delle Case S. Quirico (Fig.8), poste ad Ovest
dell'omonimo poggio. Questi luoghi
costituivano "Pasco di S. Quirico", un
vasto e redditizio territorio boschivo che la
Pia Casa della Misericordia aveva preso a
livello dall'Arcivescovato di Pisa fino dai
primi anni del '400 ed aveva poi definitivamente
riscattato, mediante permuta, nel 1502. Il
pascolo veniva annualmente affittato dalla
Misericordia a pastori garfagnini, ma i prodotti
della macchia (ghiande per i porci e mortella
per le capre) venivano anche venduti ai
proprietari di bestiame e ai contadini di
Castelnuovo.
(Cfr. A. Potenti, 1999, op. cit.,
pp. 41, 107, 111).
Questo posto è uno dei più belli e
suggestivi del territorio che stiamo percorrendo e
meriterebbe di valorizzare a pieno le risorse prato-pascolive che
l'antico podere è in grado di offrire (Fig.9). Consigliabile andare a visitare anche le vicine "Miniere di
magnesite di Campolecciano" (Fig.10), ormai abbandonate da
oltre
60 anni. La storia di queste miniere
è strettamente legata a quella delle sorgenti minerali presenti
nella zona. Le acque di Occhibolleri e della Padula, studiate
dai chimici Paolo Savi e Giuseppe Orosi nella prima metà
dell'800, erano particolarmente ricche di ferro e
magnesio a causa del contatto con le
rocce (ofioliti) presenti nel sottosuolo. Fu questa conoscenza
scientifica che, grazie alla nuova ferrovia Livorno-Vada (1910) ed allo stato di guerra del 1914
(L'Austria prima della Grande Guerra deteneva il predominio
della magnesite a livello mondiale), a indurre la ricerca di giacimenti di magnesite
nella zona, materia prima per la produzione
di mattoni refrattari per gli altoforni.
Nel 1919, la ditta Gino Lavelli di Milano, cominciò i lavori di
estrazione alle miniere di Campolecciano, mentre pochi anni
prima (1914), la Soc. Anonima "Magnasite" aveva
attivato quelle di Castiglioncello
(Cfr. A. Fei, 1999, op. cit, pp. 191-228). Dalle
Case S. Quirico si può facilmente scendere (per quasi 2 km)
lungo la "Strada vicinale di S. Quirico" fino ad un
Residence-Hotel e proseguire poi fino alla vicina via Aurelia
ed alla
sottostante spiaggia sassosa del Fortullino (Fig.11). Dalla
spiaggia, è possibile scorgere il promontorio sul quale si
ergeva l'antica "Casetta dé Soldati" per la
sorveglianza costiera; nel 1870, al posto del piccolo edificio,
venne edificata
dal banchiere Emanuele Orazio Fenzi una villa, di recente
trasformata in fabbricato ad uso residenziale.
Per arrivare alle miniere di
magnesite è più agevole scendere fino alla strada di
fondovalle (percorso T.C.E. 8) in piano e
parallela al Botro Fortulla (in sinistra idraulica) percorrendola verso ponente
fino alla foce
del botro a circa 2 km. Lungo il tracciato si passa sotto una lecceta lussureggiante (Fig.12)
ed a meno
di 500 m dalla foce, sulla destra, sono presenti alcuni vecchi
fabbricati rurali, uno di questi era il mulino della Fattoria di Campolecciano (Fig.13).
Nel caso invece avessimo proseguito il cammino verso Nibbiaia lungo il
percorso principale, a circa 0,5 km dopo la "Crocina", il primo
stradello sulla sinistra ci porta al podere
Pian dei Lupi, posto panoramico in grado di offrire scorci
unici, come la vista del Monte Pelato e del
Poggio Il Tedesco alle nostre spalle (Fig.14). Restando sul
percorso principale, ancora 0,5 km ed arriviamo alla Strada
Provinciale N° 11 (del Vaiolo); davanti a noi appare Monte
Carvoli (Fig.15), sulla cui sommità (352 m s.l.m) sono presenti
"resti di un antico edificio costruito con buona tecnica e con
conci squadrati" (Fig.16). Una prima cinta muraria, più esterna,
sembra riferibile al periodo antico e parrebbe trattarsi di una
fortezza d'altura di epoca etrusca; mentre quella interna,
sicuramente meglio conservata, è probabilmente la testimonianza
materiale di un fortilizio medioevale che, insieme ad altri,
sparsi sulle alture di Camaiano, facevano da corona difensiva
dell'omonima pieve, ubicata più a valle nei pressi della Strada
Maremmana.
Dopo poche decine di metri sulla
strada provinciale del Vaiolo, giriamo verso la ex-cava di gabbriccio (serpentinite) di Monte Carvoli, da dove, lasciata la
strada asfaltata, inizieremo ad aggirare il poggio secondo due
possibili direzioni: una via, sul fianco di levante - già di
fatto percorribile (percorso 00 - Trekking) - ci mostra il
paesaggio delle colline di Camaiano e, sullo sfondo,
l'entroterra pisano; l'altra, sul fianco di ponente, la valle
del Fortulla e la marina. Questa seconda via - l'unica riportata
nel plantario del 1795 con la denominazione
"Strada
che va' alla Foce del Poggio"
ed ancora
rappresentata nelle mappe catastali moderne (1939), come
"Strada
vicinale Vecchia di Nibbiaia"
- si conserva,
completamente scavata in roccia, nel folto delle macchia
mediterranea. La scelta del
percorso, levante o ponente ad effetto panoramico garantito,
dipende dall'ora della giornata (in relazione
alla stagione) con la possibilità di avere ombra o meno, la
direzione del vento (a seconda della sua intensità), il
desiderio di fermarsi a riposare e magari ristorarsi. Consigliamo il percorso di levante
perché lungo il sentiero, poco più in basso, si trova un fabbricato che fa al
caso nostro, è l'agriturismo del Querciolo (Fig.17). Questo
antico edificio, già esistente nel Settecento, era ubicato nei
pressi dell'omonima fonte, poi sfruttata, mediante acquedotto
(Fig.18), per l'approvvigionamento idrico della Fattoria di Paltratico, ubicata più a valle a circa 700 m in direzione N-E.
Nel 1784 la casa del Querciolo (casa da lavoratore) e relativo
podere (1186 staiora di terra) comparivano nel bando delle
allivellazioni leopoldine riguardanti la Fattoria di Castelnuovo.
(Ibidem, p. 135).
Vogliamo segnalare che dal Querciolo è relativamente facile
collegarsi con l'itinerario Castelnuovo -Gabbro, basta infatti
scendere per circa 1,3 km e ritrovare il citato percorso poco
oltre un vecchio fabbricato rurale abbandonato, appartenente al
podere di Scaforno. L'esistenza di questo podere, sorto
nell'antica Serra di Castelnuovo, è documentata fin dal 1615,
quando compare in una registrazione relativa a forniture di
bestiame da lavoro che la Pia Casa della Misericordia aveva
fatto ad alcuni contadini della fattoria. L'Estimo del 1795 lo
descrive costituito da
"Terra
lavorativa nuda, parte viti con ulivi e parte soda, con casa da
lavoratore, Aia, luogo detto: il Podere di Scaforno".
I
due precedenti percorsi
si riuniscono a Nord del Monte Carvoli nella località nota come
"Piazza di Mattiolo", un luogo conosciuto con questa
denominazione fino dal '700, (vi si trovava una carbonaia) e
punto d'incontro di numerosi sentieri provenienti da varie
direzioni. Da qui il nostro itinerario, lungo il tracciato di
crinale (detto: "Via che dalla Piazza di Mattiolo va a
Montenero"),procede alla volta di Nibbiaia Alta, da dove si
poteva proseguire, o per Montenero, attraverso la "Strada che da Nibbiaia conduce a Livorno", o per la Marina, mediante la
"Strada de Cavalleggeri". Dalla Piazza di Mattiolo, il tracciato
originario combaciava, per un centinaio di metri, con l'attuale
S.P. N° 11, poi deviava sulla destra iniziando la salita verso
Poggio Scandanibbio (il nome originario era Scodanibbio).
Percorso solo un breve tratto di asfalto, entriamo in un
sentiero nel bosco che, dopo poche decine di metri, si
interrompe davanti ad un campo. Qui l'antica strada si perde per
circa duecento metri, (tutti in salita), probabilmente distrutta
dai lavori agricoli che hanno interessato questo versante della
collina. Il tratto, da ripristinare come semplice sentiero,
passava in origine nel punto oggi individuabile dal confine fra
il bosco a destra, ed il campo sulla sinistra. L'ascesa, seppur
breve, è abbastanza impegnativa, comunque gratificata dalla
splendida vista che ci appare lungo la salita. La direzione da
seguire è quella indicata dall'unica casa presente, "Casa Cirinei", un edificio che nel '700, come ci mostrano i plantari
dell'epoca, ancora non esisteva. La strada ricompare alla
sommità della collina e, passando dietro detta casa, scende
dolcemente verso la località "Legni Torti". Fra campi a seminativo, vigneti e boschi,
questa via di crinale mostra un panorama sempre ameno, ma la
sorpresa più grande si ha nello spazio di pochi metri; una sola
curva ci porta improvvisamente dal versante di Levante a quello
di Ponente ed in un attimo, il paese del Gabbro che fino a quel
momento avevamo di fronte, immerso nel verde del Poggio
Pelato, scompare, per lasciare il posto a Nibbiaia, che si
slancia nell'azzurro del cielo, sulla cresta del Sassorosso. La
discesa termina ad un piccolo gruppo di case; è la località
"Legni Torti", da dove la strada proseguiva verso Nibbiaia Alta,
passando, con dolce pendenza, lungo il fianco orientale del "Poggetto". Questa
collina, un tempo coltivata a seminativi ed alberi da frutto, è
attualmente in abbandono; ne sono una testimonianza gli antichi
terrazzamenti ormai ricoperti dalla vegetazione spontanea. Il
tracciato, come indica un cartello turistico posto all'inizio
dell'ascesa, è oggi destinato a "Passeggiata pubblica", lunghi
tratti di muro a secco in cattivo stato,
sostengono l'argine di sinistra della collina; un filare di
lecci e cerri trattengono quello di destra. Quella che è stata per lunghissimo
tempo una "via di lavoro" è oggi divenuta una "passeggiata"
segnalata da cartello! Giunti a Nibbiaia Alta il nostro percorso
può ritenersi momentaneamente concluso. Prima del meritato
riposo, qualche informazione su questo antico
tracciato che, dal punto in cui ci troviamo, poteva condurre in
tre direzioni diverse: a destra verso il Gabbro (v. itinerario
Gabbro-Nibbiaia), a sinistra verso la Marina (v. itinerario Nibbiaia-Marina), a dritto
verso Montenero, come testimonia, ancora oggi, il nome della
strada ("Via di Montenero") riportato sul muro di una casa alla
nostra destra. Di fronte a noi, oltre la strada asfaltata, un
crocefisso in ferro (Fig.19) segna l'inizio della discesa verso
la Val di Chioma; il tracciato, ancora esistente, corrispondeva
alla via che i fedeli di Gabbro, Castelnuovo della M.dia e
Nibbiaia, coprivano durante il mese di maggio, per recarsi "a
piedi", in pellegrinaggio al Santuario di Montenero.
Ancora oggi, nel "Mese della Madonna", alcune
persone, soprattutto donne, si recano al colle di Montenero
(Fig.20) lungo gli antichi percorsi, mantenendo così viva questa
secolare tradizione.
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