ITINERARI EXTRAURBANI

Dalle Serre di Castelnuovo M. a Nibbiaia



 

Facile percorso dalle Serre di Castelnuovo della M.dia fino a Nibbiaia (Km. 4)
Da Il Poggio Pelato 378 m s.l.m Fioriture primaverili sulle rocce serpentiniti (gabbri) La fonte dell'acqua ferrata, scavata nella roccia (Fig.4) alle sorgenti del Botro dell'Arancio  Botro dell'Arancio stupendo panorama verso mare dall''acqua ferrata' Sorgente d'acqua minerale conosciuta come Occhibolleri Edificio più in alto delle Case S. Quirico Ottime risorse prato-pascolive Miniere di magnesite di Campolecciano La spiaggia sassosa del Fortullino Lungo il tracciato della Fortulla verso mare si passa sotto una lecceta lussureggiante Lungo la Fortulla vecchi fabbricati rurali, fra i quali il mulino della Fattoria di Campolecciano Da Pian dei Lupi vista del Monte Pelato e del Poggio Il Tedesco Monte Carvoli 352 m s.l.m Monte Carvoli resti di  antico edificio costruito con buona tecnica e con conci squadrati L'agriturismo del Querciolo Fonte del Querciolo sfruttata mediante acquedotto  per la fattoria di Paltratico Il crocefisso in ferro che segna l'inizio del tracciato per il pellegrinaggio al Santuario di  Montenero Il Santuario di Montenero in lontananza
 
  Clicca sulle foto per ingrandirle     (Per gentile concessione del prof. Roberto Branchetti)

Video: L'acqua Ferrata del Poggio Pelato
Un tuffo nel passato...ma un ferreo ricordo

Foto di Carlo Cheli
Editing di Gianfranco Zanoboni
(4:26) 171 Mb
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Il percorso inizia dal laghetto di "Casa le Serre". Proseguendo lungo il crinale del colle, la strada acciottolata (Fig.1), porta ad un bivio; a sinistra si scende verso il litorale, lungo l'antica "Strada vecchia della Marina" ancora oggi in discrete condizioni. La strada, per un lungo tratto, corrisponde con l'attuale tracciato della via diretta (più breve) Casa Spianate - Monte Pelato (l'altra passa, con un percorso più lungo, da Poggio "Il Tedesco"). Seguendo la discesa, alla prima e più marcata curva sulla sinistra, la strada andava dritto fino al "Sodo della Casina" (dove oggi si trova la casa omonima) e proseguiva lungo il crinale che fa da spartiacque fra il Botro Masaccio a Nord ed il Botro Forbici a Sud, fino a sbucare sulla "Strada del Littorale" (o dei Cavalleggieri) in località Scogli Neri. Questo percorso nei pressi di Casa Casina è sbarrato da un cancello. Quasi certamente, si trattava del collegamento fra il borgo di Castelnuovo ed i porticcioli di Castiglioncello e Quercianella, dove avveniva l'imbarco per Livorno delle merci (grani e legname) prodotte nella fattoria  della Misericordia. (Cfr. A. Potenti, 1999, op. cit., p. 103: Anno 1693, annotazione sul "Giornale di Fattoria" relativa ad una spesa fatta per "achomodare la strada della marina ch'era tutta sbotrata dalla pioggia, per condurre il grano a' navicelli"). Si può comunque scendere fino al Quercetano, passando davanti all'agriturismo: "Casale del Mare" e sbucando al Caffè Gelateria "Dai Dai", da dove si può ammirare la baia del Quercetano, il promontorio di Castiglioncello, con la pineta fatta impiantare dal Barone Petrone nella seconda metà dell'Ottocento e l'inconfondibile torre medicea (sec. XVI). Lungo il percorso è possibile visitare, prendendo la strada (in discesa) sulla destra del cancello di Casa Casina, le "Cave di magnesite di Castiglioncello", attive, con fasi alterne, dal 1914 al 1943. (Cfr. A. Fei, Storia mineraria dei monti livornesi: l'escavazione della magnesite di Castiglioncello,  Nuovi Studi Livornesi, Vol. VII,  Ed. Belforte, 1999, pp. 191-228).  Il tratto finale di strada è più recente e consente di raggiungere Castiglioncello passando per le Spianate, oppure di visitare le miniere di magnesiste al Massaccio. (Le lavorazioni a cielo aperto di queste miniere, distrussero un buon tratto della strada (1795) che dal "Sodo della Casina", passando dalla "Grotta del Pipistrello" sul Botro dell'Arancio e dal "Fornello per Mortella del Belletti", andava in San Quirico). Deviando a destra al bivio citato all'inizio, costeggiando il fianco Est del Monte Pelato (Fig.2), sulla cui cima (378 m s.l.m) si erge una torretta con telecamera per l'avvistamento degli incendi boschivi (vedi), si prosegue per Nibbiaia. Chi decidesse di inerpicarsi lungo l'ascesa al "Monte", per andare ad ammirare un panorama "unico", può farlo abbastanza agevolmente, seguendo la strada di servizio alla torretta (che, ad un certo punto del cammino, si stacca sulla sinistra), con la raccomandazione - superflua per gli amanti della natura - di rispettare la vegetazione spontanea che cresce su questi substrati particolari (rocce verdi o ofioliti); qui, infatti, la flora annovera specie di grande interesse scientifico (endemismi). (Per una conoscenza più approfondita di questa fitocenosi, così come di altre che popolano gli ambienti che stiamo  percorrendo, vedi "La flora vascolare dei serpentiniti toscani, con particolare riferimento al Monte Pelato" di Lorenzo Peruzzi scaricabile dal sito).
Il comprensorio dove ci troviamo, (circa 820 ettari) è stato classificato nel 2000 dalla Regione Toscana: “Sito di Interesse Nazionale”, in difesa della flora e dell’avifauna. Il riconoscimento si deve al Progetto Bioitaly che a seguito della Direttiva Europea Habitat (92/43), intende salvaguardare le “ultime isole di natura con i naufraghi di un pianeta che un tempo conciliava presenza umana e diversità della natura”. Le fioriture primaverili (Fig.3) della gariga colonizzatrice delle serpentiniti che insieme ai gabbri ed ai basalti, formano una roccia magmatica appartenente alla trilogia ofiolitica o delle pietre verdi). Qui siamo vicini, ad una polla di acqua dal sapore del tutto particolare che i nostri nonni apprezzavano mescolare con il vino, si tratta "dell'acqua ferrata", fonte scavata nella roccia (Fig.4) alle sorgenti del Botro dell'Arancio (Fig.5). Trovarla non è facile, ed anche se è un'opera realizzata probabilmente ai primi di questo secolo, non vogliamo perderne la memoria, anche per lo stupendo panorama che vi si scorge (Fig.6). Seguendo il percorso T.C.E. 00, aggiriamo sulla destra il Monte Pelato in direzione Nord per Nibbiaia. Arriviamo alla "Crocina", antico crocevia con quattro strade. Quella in direzione E-O, prendeva il nome di "Via che và a S. Quilico", ed era anch'esso riportato sul plantario dell'Estimo di Castelnuovo della M.dia del 1795. Il tratto verso levante andava a Castelnuovo della M.dia, ma oggi, è nascosto dalla vegetazione; quello verso ponente, ancora in buono stato, conduceva, come ricorda il plantario del 1795, ad alcune sorgenti minerali. La prima sorgente era la "Polla di Acqua Minerale detta del Crocino", la seconda la "Fonte della Pisciarotta", la terza, oltre il "Sodo di Migliarino", era semplicemente conosciuta come "Sorgente d'acqua Minerale", oggi conosciuta Occhibolleri, rinvenibile nel mezzo ad un campo dove fuoriesce con manifestazioni rumorose (un gorgoglìo simile a quello dell'acqua in ebollizione) ed esalazioni gassose (caratteristico odore solfureo di "uova marce" (Fig.7) alle carbonaie. La prima era quella "dé Sassi Rosi", poi, dopo le sorgenti, quelle "della Grottaccia", "dé Cerri Bianchi" (vicino al Fortulla), "dé Porracci" (vicino alla porcarreccia di S. Quirico), e ad una "porcareccia", individuabile con l'edificio più in alto delle Case S. Quirico (Fig.8), poste ad Ovest dell'omonimo poggio. Questi luoghi costituivano "Pasco di S. Quirico", un vasto e redditizio territorio boschivo che la Pia Casa della Misericordia aveva preso a livello dall'Arcivescovato di Pisa fino dai primi anni del '400 ed aveva poi definitivamente riscattato, mediante permuta, nel 1502. Il pascolo veniva annualmente affittato dalla Misericordia a pastori garfagnini, ma i prodotti della macchia (ghiande per i porci e  mortella per le capre) venivano anche venduti ai proprietari di bestiame e ai contadini di Castelnuovo.
(Cfr. A. Potenti, 1999, op. cit., pp. 41, 107, 111). Questo posto è uno dei più belli e suggestivi del territorio che stiamo percorrendo e meriterebbe di valorizzare a pieno le risorse prato-pascolive che l'antico podere è in grado di offrire (Fig.9). Consigliabile andare a visitare anche le vicine "Miniere di magnesite di Campolecciano" (Fig.10), ormai abbandonate da oltre 60 anni. La storia di queste miniere è strettamente legata a quella delle sorgenti minerali presenti nella zona. Le acque di Occhibolleri e della Padula, studiate dai chimici Paolo Savi e Giuseppe Orosi nella prima metà dell'800, erano particolarmente ricche di ferro e magnesio a causa del contatto con le rocce (ofioliti) presenti nel sottosuolo. Fu questa conoscenza scientifica che, grazie alla nuova ferrovia Livorno-Vada (1910) ed allo stato di guerra del 1914 (L'Austria prima della Grande Guerra deteneva il predominio della magnesite a livello mondiale), a indurre la ricerca di giacimenti di magnesite nella zona, materia prima per la produzione di mattoni refrattari  per gli altoforni. Nel 1919, la ditta Gino Lavelli di Milano, cominciò i lavori di estrazione alle miniere di Campolecciano, mentre pochi anni prima (1914), la Soc. Anonima "Magnasite" aveva attivato quelle di Castiglioncello  (Cfr. A. Fei, 1999, op. cit,  pp. 191-228). Dalle Case S. Quirico si può facilmente scendere (per quasi 2 km) lungo la "Strada vicinale di S. Quirico" fino ad un Residence-Hotel e proseguire poi fino alla vicina via Aurelia ed alla sottostante spiaggia sassosa del Fortullino (Fig.11). Dalla spiaggia, è possibile scorgere il promontorio sul quale si ergeva l'antica "Casetta dé Soldati" per la sorveglianza costiera; nel 1870, al posto del piccolo edificio, venne edificata dal banchiere Emanuele Orazio Fenzi una villa, di recente trasformata in fabbricato ad uso residenziale. Per arrivare alle miniere di magnesite è più agevole scendere fino alla strada di fondovalle (percorso T.C.E. 8) in piano e parallela al Botro Fortulla (in sinistra idraulica) percorrendola verso ponente fino alla foce del botro a circa 2 km. Lungo il tracciato si passa sotto una lecceta lussureggiante (Fig.12) ed a meno di 500 m dalla foce, sulla destra, sono presenti alcuni vecchi fabbricati rurali, uno di questi era il mulino della Fattoria di Campolecciano (Fig.13).
Nel caso invece avessimo proseguito il cammino verso Nibbiaia lungo il percorso principale, a circa 0,5 km dopo la "Crocina", il primo stradello sulla sinistra ci porta al podere Pian dei Lupi, posto panoramico in grado di offrire scorci unici, come la vista del Monte Pelato e del Poggio Il Tedesco alle nostre spalle (Fig.14). Restando sul percorso principale, ancora 0,5 km ed arriviamo alla Strada Provinciale N° 11 (del Vaiolo); davanti a noi appare Monte Carvoli (Fig.15), sulla cui sommità (352 m s.l.m) sono presenti "resti di un antico edificio costruito con buona tecnica e con conci squadrati" (Fig.16). Una prima cinta muraria, più esterna, sembra riferibile al periodo antico e parrebbe trattarsi di una fortezza d'altura di epoca etrusca; mentre quella interna, sicuramente meglio conservata, è probabilmente la testimonianza materiale di un fortilizio medioevale che, insieme ad altri, sparsi sulle alture di Camaiano, facevano da corona difensiva dell'omonima pieve, ubicata più a valle nei pressi della Strada Maremmana.
Dopo poche decine di metri sulla strada provinciale del Vaiolo, giriamo verso la ex-cava di gabbriccio (serpentinite) di Monte Carvoli, da dove, lasciata la strada asfaltata, inizieremo ad aggirare il poggio secondo due possibili direzioni: una via, sul fianco di levante - già di fatto percorribile (percorso 00 - Trekking) - ci mostra il paesaggio delle colline di Camaiano e, sullo sfondo, l'entroterra pisano; l'altra, sul fianco di ponente, la valle del Fortulla e la marina. Questa seconda via - l'unica riportata nel plantario del 1795 con la denominazione
"Strada che va' alla Foce del Poggio" ed ancora rappresentata nelle mappe catastali moderne (1939), come "Strada vicinale Vecchia di Nibbiaia" - si conserva, completamente scavata in roccia, nel folto delle macchia mediterranea. La scelta del percorso, levante o ponente ad effetto panoramico garantito, dipende dall'ora della giornata (in relazione alla stagione) con la possibilità di avere ombra o meno, la direzione del vento (a seconda della sua intensità), il desiderio di fermarsi a riposare e magari ristorarsi. Consigliamo il percorso di levante perché lungo il sentiero, poco più in basso, si trova un fabbricato che fa al caso nostro, è l'agriturismo del Querciolo (Fig.17). Questo antico edificio, già esistente nel Settecento, era ubicato nei pressi dell'omonima fonte, poi sfruttata, mediante acquedotto (Fig.18), per l'approvvigionamento idrico della Fattoria di Paltratico, ubicata più a valle a circa 700 m in direzione N-E. Nel 1784 la casa del Querciolo (casa da lavoratore) e relativo podere (1186 staiora di terra) comparivano nel bando delle allivellazioni leopoldine riguardanti la Fattoria di Castelnuovo. (Ibidem, p. 135).  Vogliamo segnalare che dal Querciolo è relativamente facile collegarsi con l'itinerario Castelnuovo -Gabbro, basta infatti scendere per circa 1,3 km e ritrovare il citato percorso poco oltre un vecchio fabbricato rurale abbandonato, appartenente al podere di Scaforno. L'esistenza di questo podere, sorto nell'antica Serra di Castelnuovo, è documentata fin dal 1615, quando compare in una registrazione relativa a forniture di bestiame da lavoro che la Pia Casa della Misericordia aveva fatto ad alcuni contadini della fattoria. L'Estimo del 1795 lo descrive costituito da "Terra lavorativa nuda, parte viti con ulivi e parte soda, con casa da lavoratore, Aia, luogo detto: il Podere di Scaforno". I due precedenti percorsi si riuniscono a Nord del Monte Carvoli nella località nota come "Piazza di Mattiolo", un luogo conosciuto con questa denominazione fino dal '700, (vi si trovava una carbonaia) e punto d'incontro di numerosi sentieri provenienti da varie direzioni. Da qui il nostro itinerario, lungo il tracciato di crinale (detto: "Via che dalla Piazza di Mattiolo va a Montenero"),procede alla volta di Nibbiaia Alta,  da dove si poteva proseguire, o per Montenero, attraverso la "Strada che da Nibbiaia conduce a Livorno", o per la Marina, mediante la "Strada de Cavalleggeri". Dalla Piazza di Mattiolo, il tracciato originario combaciava, per un centinaio di metri, con l'attuale S.P. N° 11, poi deviava sulla destra iniziando la salita verso Poggio Scandanibbio (il nome originario era Scodanibbio). Percorso solo un breve tratto di asfalto, entriamo in un sentiero nel bosco che, dopo poche decine di metri, si interrompe davanti ad un campo. Qui l'antica strada si perde per circa duecento metri, (tutti in salita), probabilmente distrutta dai lavori agricoli che hanno interessato questo versante della collina. Il tratto, da ripristinare come semplice sentiero, passava in origine nel punto oggi individuabile dal confine fra il bosco a destra, ed il campo sulla sinistra. L'ascesa, seppur breve, è abbastanza impegnativa, comunque gratificata dalla splendida vista che ci appare lungo la salita. La direzione da seguire è quella indicata dall'unica casa presente, "Casa Cirinei", un edificio che nel '700, come ci mostrano i plantari dell'epoca, ancora non esisteva. La strada ricompare alla sommità della collina e, passando dietro detta casa, scende dolcemente verso la località "Legni Torti". Fra campi a seminativo, vigneti e boschi, questa via di crinale mostra un panorama sempre ameno, ma la sorpresa più grande si ha nello spazio di pochi metri; una sola curva ci porta improvvisamente dal versante di Levante a quello di Ponente ed in un attimo, il paese del Gabbro che fino a quel momento avevamo di fronte, immerso nel verde del Poggio Pelato, scompare, per lasciare il posto a Nibbiaia, che si slancia nell'azzurro del cielo, sulla cresta del Sassorosso. La discesa termina ad un piccolo gruppo di case; è la località "Legni Torti", da dove la strada proseguiva verso Nibbiaia Alta, passando, con dolce pendenza, lungo il fianco orientale del "Poggetto". Questa collina, un tempo coltivata a seminativi ed alberi da frutto, è attualmente in abbandono; ne sono una testimonianza gli antichi terrazzamenti ormai ricoperti dalla vegetazione spontanea. Il tracciato, come indica un cartello turistico posto all'inizio dell'ascesa, è oggi destinato a "Passeggiata pubblica", lunghi tratti di muro a secco in cattivo stato, sostengono l'argine di sinistra della collina; un filare di lecci e cerri trattengono quello di destra. Quella che è stata per lunghissimo tempo una "via di lavoro" è oggi divenuta una "passeggiata" segnalata da cartello! Giunti a Nibbiaia Alta il nostro percorso può ritenersi momentaneamente concluso. Prima del meritato riposo, qualche informazione su questo antico tracciato che, dal punto in cui ci troviamo, poteva condurre in tre direzioni diverse: a destra verso il Gabbro (v. itinerario Gabbro-Nibbiaia), a sinistra verso la Marina (v. itinerario Nibbiaia-Marina), a dritto verso Montenero, come testimonia, ancora oggi, il nome della strada ("Via di Montenero") riportato sul muro di una casa alla nostra destra. Di fronte a noi, oltre la strada asfaltata, un crocefisso in ferro (Fig.19) segna l'inizio della discesa verso la Val di Chioma; il tracciato, ancora esistente, corrispondeva alla via che i fedeli di Gabbro, Castelnuovo della M.dia e Nibbiaia, coprivano durante il mese di maggio, per recarsi "a piedi", in pellegrinaggio al Santuario di  Montenero. Ancora oggi, nel "Mese della Madonna", alcune persone, soprattutto donne, si recano al colle di Montenero (Fig.20) lungo gli antichi percorsi, mantenendo così viva questa secolare tradizione.