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			sorgente è posta alle falde di poggio Ginepraia, sulla strada per 
			Gabbro e la sua foce nei pressi di Quercianella. La Sorgente è ad 
			una altitudine di 330 s.l.m. ed è completamente immersa in 
			una densa copertura arborea e arbustiva che limita notevolmente la 
			penetrazione della luce. L’alveo è costituito da una trincea nel 
			terreno di scarsa profondità e larghezza (circa 90 cm) nella quale 
			al momento dei prelievi scorre una limitata quantità di acqua 
			limpida. Il substrato è costituito da roccia, ghiaia fine ed una 
			consistente quantità di residui vegetali non ancora degradati. 
    Mulino del Botro di Pietra Il Botro di Pietra è uno dei 
			principali affluenti di sinistra del Torrente Chioma quindi nel 
			territorio di Rosignano M.mo. e rientra nel 
			contesto ambientale della Valle del Chioma. Il mulino si trova 
			vicino alla confluenza del botro con il Chioma e vi si 
			arriva attraverso la strada vicinale che dal Punto Ambiente “La 
			Palazzina” conduce al podere del Gorgo. Superate le case coloniche 
			di Cafaggio, uno stradello in leggera discesa porta al guado sul 
			Chioma e dopo poche decine di metri, in un pianoro a sinistra del 
			sentiero, si rinvengono i resti del mulino.
 In passato l’opificio era 
			direttamente collegato con una “Via di sbiado”, ancora esistente, al 
			podere del Capannino, il cui edificio (oggi ridotto a rudere) è 
			visibile nei pressi dell’antica strada di Poggio D’Arco, sotto 
			l’omonimo rilievo che separa la Val di Chioma dal Gabbro.
 Scarse sono le notizie che ci 
			giungono a proposito di questo mulino; è forse ai primi anni 
			dell’Ottocento che risale la sua costruzione: nel 1808, nell’area 
			del Chioma, era presente il “mulino del Sig. Marranghi”, con “Luigi 
			Baroni Mugnaio” . Quattro anni più tardi lo stesso impianto veniva 
			meglio indicato come “mulino attenente al podere del Capannino”, il 
			che fa supporre una funzione produttiva legata prevalentemente ai 
			fabbisogni del suddetto podere e, con molta probabilità, anche a 
			quelli dei poderi circostanti (Cafaggio, Cerretella, etc.). Nel 1814 
			l’opificio prendeva il nome di “Mulino del Pistoia” ed era segnato a 
			“Torrigiani Mugnaio”, la famiglia di Torrigiani Martino condusse 
			il mulino fino al 1822. Ulteriori notizie sull’impianto si hanno a 
			partire dal 1818 fino al 1868, quando iniziano le registrazioni ai 
			fini della “Tassa sulle macine”. Nel 1818 proprietario risultava 
			Piero D’Andrea e l’affittuario era quel Martino Torrigiani citato 
			anche nei censimenti parrocchiali (Stato delle anime). Altri 
			proprietari furono: Giovanni D’Andrea (1830), Andrea Vaccari (1841) 
			e Teodora Gelichi (1851). L’ultimo riferimento è del 1882, quando 
			il “mulino del Capannino” veniva registrato al nome di Favilli 
			Attilio, ma non vi è certezza che l’impianto fosse ancora funzionante 
			(Il mulino infatti non compare nel Catasto Fabbricati di 
			Collesalvetti del 1876. Ai 
			
			primi del Novecento la struttura, ormai destinata 
			a fabbricato rurale, rientrava nelle vaste proprietà fondiarie del 
			Conte Miari Lodovico 11(1911), in seguito fra quelle di Carlo Tabet 
			(1929).
 L’opificio, ed un piccolo 
			annesso di pertinenza, sono rappresentati nelle mappe del Catasto 
			Toscano (1820), dove appaiono con la dizione “Mulini di Chioma”. 
			Tale nome era forse imputabile alla coppia di palmenti che vi 
			lavoravano, come testimonia la presenza delle due camere di uscita 
			dell’acqua ancora oggi esistenti.
 Nella mappa d’impianto del 
			N.C.T. (1942), il mulino, il piccolo annesso e la gora sono 
			rappresentati come rudere. La gora, intorno agli anni ‘50-’60, 
			doveva essere stata riutilizzata come riserva d’acqua da un 
			“ortolano” che coltivava i terreni circostanti, infatti la zona è 
			oggi conosciuta con la denominazione “Ortolano”.
 La struttura dell’edificio, in 
			pessimo stato di conservazione, è realizzata in bozze di 
			pietra locale (gabbro e calcare Palombino) e mattoni. In particolare 
			sono ancora visibili le strutture elevate del piano delle macine, 
			costituite da un muro addossato alla gora e due monconi di pareti 
			laterali. Meglio conservate appaiono le volte a botte (in laterizio) 
			dei due carcerari.
 Dell’impianto idraulico 
			rimangono i resti della gora e del canale di alimentazione 
			proveniente dalla serra. La gora, costruita in pietra e mattoni, 
			presenta tracce di intonaco; sono evidenti alcuni stati di crollo su 
			due lati del muro perimetrale. Il canale, lungo circa 150 m, era 
			ricavato direttamente nel terreno e si collegava alla serra, della 
			quale rimangono pochi resti sulla sponda, con molta probabilità 
			sinistra, del botro. Nei pressi del mulino si rinvengono i muri 
			perimetrali del piccolo annesso, che aveva funzioni di magazzino. In 
			prossimità di questo edificio è in luce una macina (sottana) di 
			gabbro, mentre una soprana è stata rinvenuta nel torrente antistante 
			(Chioma).
 Dall’esame dell’elevato 
			superstite (di dimensioni modeste) si ritiene che il mulino non 
			fosse in grado di svolgere funzioni abitative; è ragionevole 
			pertanto supporre che i nuclei familiari prima citati vivessero 
			negli edifici circostanti. Forse per dare un’abitazione più comoda 
			al mugnaio, intorno alla metà dell’Ottocento fu costruito nelle 
			immediate vicinanze un fabbricato rurale (oggi rudere), 
			significativamente denominato “Casa Mulino”. 
			(Da: "Antichi Mulini 
			del territorio livornese" di R. Branchetti e M. Taddei scaricabile 
			dal sito).
 Per maggiori dettagli si rimanda alla lettura di una specifica 
			pubblicazione dei Quaderni dell’Ambiente n° 7 “La Valle del 
				Chioma. Studio e monitoraggio ambientale” e n° 8 “La Valle del 
				Chioma. Dallo studio alle proposte operative” e per la 
								descrizione del mulino del Botro di Pietra al 
								volume "Antichi mulini del territorio livornese" scaricabili da 
				questo sito nella sezione 
								Scaricolibri.
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