ITINERARI EXTRAURBANI

Da Castelnuovo M. a Gabbro



 

Castelnuovo - La via di Gabbro parte dalla Piazzetta del Magazzino dove si trova questo rosone con lo stemma 'S.M.A.' (Santa Maria Assunta) Ruderi del mulino a vento di Collina Alta S. Martino - La Cappella intitolata al Santo Il sentiero procede verso il Botro di S. Martino Botro Riardo - Rustico ponticello ad arco Botro Riardo - Si prosegue lungo il botro verso l'unico albero presente, un grosso pino  Il fabbricato del 'Silicone' L'agriturismo 'Cappellese' 'Poggio Motorno', 'Monte Carvoli' e 'Monte Pelato' Resti del castello di 'Poggio Motorno' Resti del castello di 'Poggio Motorno' Edificio delle “Porcarecce” Casa S. Elena Agriturismo 'Pane e Vino I°' Botro Sanguigna con l'edificio dell’antico mulino di Borgo Fiorito o della Villa. Fabbricato del 'Podere Nuovo' Antica calcara vicino all’argine sinistro del Botro Motorno L’abitato di Castelpiero La vecchia macchina per il taglio con il filo elicoidale, dei blocchi di serpentinite Il piccolo gradevole laghetto formatosi nell’area della cava artificiale La Valle del Botro Rapaiolo, con le geometrie idraulico-agrarie del podere S. Antonio La splendida Villa di Poggio Piano Fabbricato della 'Villa' Villa Mirabella - Stupenda residenza di campagna di metà ‘700 della famiglia Finocchietti
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Facile percorso da Castelnuovo della M.dia fino al Gabbro (Km. 3,5)
 
Clicca sulle foto per ingrandirle     (Per gentile concessione del prof. Roberto Branchetti)

Castelnuovo della M.dia. L'itinerario verso Gabbro parte dal lato di ponente del castello, in Piazzetta del Magazzino dove, sul muro di un edificio, è incassato un rosone circolare in pietra di circa 60 cm di diametro, con lo stemma "S.M.A." (Santa Maria Assunta) sovrastato da una croce e contornato da una ghirlanda di foglie di acanto. La stretta strada che passa davanti a questo stemma era la vecchia via per Gabbro.

Un primo tratto passa sotto le mura del castello che si erge su uno sperone di roccia calcarea (Calcari di Castelnuovo), ma dopo pochi metri si interrompe e la discesa verso il Botro S. Giorgio (un tempo conosciuta come “la sbalza”) è ostacolata da materiali diversi; ritorna percorribile fino a S. Martino, poco oltre il botro. Superate le Case Cafaggio, un doppio filare di lecci e querce trattiene a fatica gli argini della strada. Da Cafaggio, a destra, si scenderebbe fino alla S.S. 206 lungo un altro antico percorso con stupenda visione panoramica sulla valle del Botro Riardo. Durante il cammino, in località Collina Alta, superato un bosco sulla sinistra di recente impiantato, si possono scorgere i ruderi di un mulino a vento posti alla sommità di una collinetta (Fig.2, vedi anche). Procediamo passando vicino a “Cesari”, un antico toponimo ricordato nei documenti medievali come sede di villaggio, ed arriviamo a S. Martino, località altrettanto antica, dove esisteva, già nel secolo XIII, una Cappella intitolata al Santo (Fig.3, vedi anche).

La vegetazione spontanea invade ora un tratto di sentiero per circa 400 m. La strada, ancora ben delineata da due file di alberi laterali, procedeva in leggera discesa fino al Botro di S. Martino, che veniva superato a guado, proseguiva poi, sempre delimitato da filari di querce, risalendo la collina (Fig.4, vedi anche).

Il tratto è abbandonato, ma ancora percorribile, e l'acciottolato è stato risparmiato dai cingoli grazie alle alberature laterali che hanno impedito di transitarvi. La strada in leggera discesa, corre lungo campi seminati fino al Botro Scaforno. Dopo il guado sul botro, con andamento dolce piega verso i piedi della collina, dove le argille marnose del Miocene lasciano il posto ai terreni alluvionali dell’Olocene, depositati dal Botro Riardo. Un rustico ponticello ad arco con sesto ribassato (Fig.5) permette l'attraversamento. La strada si riduce ad un viottolo lungo il bordo di un campo lungo e stretto; a sinistra abbiamo il botro con gli argini rivestiti da una fascia di vegetazione riparia, sulla destra un boschetto. Alla fine del bosco ci appare la collina lungo la quale risaliva la strada oggi scomparsa. Si prosegue, lungo il botro verso l'unico albero presente nel versante, un grosso pino (Fig.6).

A sinistra di questo pino, esisteva il cimitero dell’antica Pieve di S. Giovanni Battista in Camajano. Il  recupero del materiale lapideo a vantaggio di alcuni dei fabbricati rurali della zona che sarebbero stati costruiti con le pietre della grande chiesa, hanno cancellato ogni traccia dell’edificio religioso. Le lavorazioni agricole hanno poi sparso nei campi i frammenti ossei che, saltuariamente affiorano. Nel camminare lungo lo stradello verso la cima della collina è facile imbattersi in resti di ceramica romana a conferma dell’antica colonizzazione di questa zona. Negli anni Trenta ancora si trovavano al margine del campo, resti di capitelli e di colonne in marmo. Giunti alla sommità della collina la strada ricompare nel suo tracciato originario e corre lungo il crinale, collegando vecchi fabbricati rurali (certamente già esistenti nel Settecento), che ben si inseriscono nel paesaggio circostante. Prendiamoci un momento per godersi il panorama di questa stupenda vallata, tra le più amene di tutto il territorio comunale. Volgendo lo sguardo a 360°, in direzione di ponente, possiamo vedere, al di là del Riardo, le colline della Fattoria di Paltratico (nota per i suoi vigneti, dai quali si producono il rosso “Omero” ed il bianco “Lodolaia”) dove, in primo piano, si distinguono due fabbricati isolati: il “Silicone” (Fig.7), costruito da Giovanni Branchetti nel 1927 ed oggi ristrutturato da una famiglia tedesca che vi abita e “Cappellese” (Fig.8), probabilmente costruito nel 1655, come attesta una iscrizione su marmo, murata nel vano di una finestra. Vi si legge, oltre alla data: 1655, l’iscrizione: I.H.S. sormontata da una  croce. L’edificio, di proprietà dei sig.ri Michetti, è stato di recente ristrutturato e adibito ad agriturismo.

Il crinale dei Monti Livornesi che fa da sfondo alla collina, ci mostra in sequenza, da Nord a Sud, la cima del “Poggio Motorno”, “Monte Carvoli” (Fig.9) ed infine “Monte Pelato”; i primi due rilievi conservano, alla loro sommità, i resti di due antichi castelli "diruti" (Fig.10 e 11). I resti dei due castelli sono rappresentati nel plantario del 1795, con la dizione di: "Castello del Motorno diruto" e "Castel di M.te Calvoli diruto". L’edificio più vicino a noi, in direzione Sud, è quello delle “Porcarecce” (Fig. 12), seguito, a poca distanza, da Casa S. Elena (Fig.13). 
A levante la collina su cui ci troviamo degrada dolcemente fino al Botro Sanguigna; sulla cresta del versante opposto si nota una fila di cipressi oltre i quali, nell’ordine, si intravedono sulla destra i due fabbricati di Pane e Vino. Pane e Vino I° (Fig.14), oggi azienda agrituristica, ha in pratica ripreso la secolare funzione di centro di ristoro per i viandanti che transitavano lungo la vicina Strada Maremmana (oggi Via Emilia). Sotto di noi, sull’argine sinistro del Botro Sanguigna (Fig.15), l’edificio ristrutturato che ospitava l’antico mulino della Tenuta di Borgo Fiorito o della Villa.

Seguendo il crinale della collina verso nord, ci appare, seminascosto dalla vegetazione, l’abitato della “Villa” vicino al quale passava la vecchia strada per Livorno. Le località costituiscono due importanti stazioni paleoittiologiche per i giacimenti di pesci, foglie e insetti fossili, che si conservano nell’affioramento del “Tripoli” di Paltratico presso Villa Nardi (Messiniano inferiore) e nelle lamine marnose, presso il Podere di Pane e Vino (Messiniano superiore). L’area, quindi, fra 5 e 7 milioni di anni fa, era ricoperta dal mare.  Ormai si vede il paese del Gabbro, raccolto sulle pendici del Poggio Pelato, quindi riprendiamo il cammino  verso nord. Il primo fabbricato che incontriamo è quello del “Podere Nuovo” (Fig.16), seminascosto da grossi alberi di pino. Sull’edificio, un'iscrizione riporta due date: quella dell’anno di costruzione (1769) e quella di un probabile intervento di ampliamento (1929). 
Siamo arrivati ad un bivio, ed ora bisogna scegliere il percorso. Guardando indietro si vede da dove eravamo partiti.

La via più breve  per arrivare al Gabbro, passando per i mulini sotto il campo sportivo, è proseguire dritto lungo la "Strada vicinale di Castelpietro - Porcarecce - il Casino"; se invece prendiamo sulla destra andremo per l'antica "Strada che da Livorno va' a Castelnuovo", da dove è ancora possibile raggiungere il paese facendo anche tappa al vicino punto di ristoro di Pane e Vino. Ma vediamoli entrambe.

                         Strada vicinale Castelpietro - Poggetti (km 1,5)

Dopo il bivio, proseguendo dritto, prima di incontrare sul lato destro della strada due vecchi edifici di colore bianco oggi ristrutturati (“La Casetta” ed il “Podere di S. Giovanni”, è possibile scendere lungo un sentiero che piega a sinistra verso il Botro Motorno (tratto iniziale del Botro Riardo) e visitare un'antica calcara ubicata vicino all’argine sinistro (Fig.17).

Non sappiamo a quando risale, ma stando alle dimensioni della quercia che vi è cresciuta dentro non può avere meno di due o tre secoli. Continuando sulla strada principale, alla nostra sinistra abbiamo il poggio sul quale si erge l’abitato di Castelpiero (Fig.18), un piccolo gruppo di case dalle origini molto antiche.

Costeggiando il fianco del poggio per circa 500 metri, arriviamo ad un altro crocevia, dobbiamo prendere la prima a destra che ci condurrà al “Podere S. Giorgio” da dove inizia la discesa verso i mulini del Sanguigna. La strada ritorna ad alberarsi perché stiamo entrando nell’area boschiva, sul bordo sinistro di una curva troviamo una strana macchina arrugginita (Fig.19) che serviva al taglio, con il filo elicoidale, dei blocchi di serpentinite estratti da una vicina cava che tra poco vedremo.

La cava, aperta nel 1953, lavorò per circa 27 anni ed il tipo di roccia estratto venne utilizzato soprattutto come pietra ornamentale.

Il sito riveste una certa importanza dal punto di vista mineralogico; già nel 1878, infatti, veniva segnalato dal Capellini come luogo di“…grande interesse per il naturalista”. I lavori intrapresi per la ricerca di minerale ferroso avevano messo in luce filoni di limonite, marcasite e prehnite (più tardi dolomite). Ancora oggi, lungo le pareti di cava, si notano colorazioni diverse ed efflorescenze particolari dovute alla presenza di minerali diversi, tipici delle ofioliti. Nell’area della cava si è formato un piccolo laghetto artificiale che conferisce al sito un aspetto particolarmente gradevole (Fig.20). La zona, di proprietà privata, è stata recintata per motivi di sicurezza. Proseguendo nella discesa verso il botro, la strada passa completamente dentro il bosco che fa da contorno agli opifici. Il paesaggio è indubbiamente bello, fra speroni di rocce affioranti (serpentiniti), ricoperte di muschi, licheni e specie erbacee endemiche delle ofioliti, si sviluppa una vegetazione sempreverde di pini marittimi, querce da sughero e piante di alloro, cui si mescolano essenze arbustive della macchia mediterranea. Arrivati al Sanguigna, un ponticello permette il passaggio sull’altra sponda dove sono attestati i mulini che insieme alle tipiche rocce verdi, al bosco circostante e all’acqua del botro costituiscono un sistema unitario, di grande qualità e rilevante valenza ambientale. Da qui, seguendo la strada asfaltata del capo sportivo, è possibile risalire fino al Gabbro. (Vedi itinerario "I mulini della Sanguigna" in questa sezione).

Strada del Ristoro (km 2)

Dopo il bivio, lasciando la via di crinale, prendiamo a destra e dopo un breve falso piano la strada comincia a scendere verso il Sanguigna, in quella parte dell’antica Serra di Camaiano, detta appunto “La Sanguigna”, dove era localizzato il mulino “a Ruota” della Pieve. Il tracciato originario (come risulta dal plantario del 1795), passava al margine del bosco alla nostra destra, superava il botro a guado e risaliva la collina verso i fabbricati della “Villa” (Fig.23). Quello che invece percorriamo è uno stretto sentiero, parallelo al precedente. Giunti nei pressi di questa località un’altra strada di crinale ci conduce sia verso Sud, dove possiamo trovare ristoro a “Pane e Vino” (nel qual caso il percorso si allunga, fra andata e ritorno alla Villa, di circa due km), sia verso Nord, in direzione del Gabbro. Se è qui che andremo, si consiglia, poco prima del “Poggettone”, di imboccare per pochi metri uno stradello - ben visibile perché si stacca sulla destra di un’ampia curva (150 metri prima delle case “I Carrai”) - che  porta sulla cresta di una collina dalla quale possiamo ammirare, a Levante, subito sotto di noi, la Valle del Botro Rapaiolo, con le perfette geometrie delle sistemazioni idraulico-agrarie del podere S. Antonio (Fig.21) e,  più in basso, i maestosi cipressi che “nascondono” la splendida Villa di Poggio Piano (Fig.22). Questo edificio settecentesco, un tempo circondato da una vasta tenuta, è ricordato per aver visto, ospite illustre (1886-1895), il noto pittore Silvestro Lega, che in questi luoghi trovò ispirazioni per le sue opere finali, riconducibili alla stagione artistica conosciuta come: “Periodo del Gabbro”. Riprendendo la strada che sale verso il paese, arriviamo, dopo circa 300 metri, ad un gruppo di case con recinti per cavalli e pascoli. A Ponente, la Valle del Botro Sanguigna si apre di nuovo davanti a noi; in pratica, sul crinale dell’opposta collina, passa la via di Castelpietro descritta in precedenza, fa da sfondo la catena dei Monti Livornesi. Ormai siamo giunti ai piedi del poggio su cui si erge Villa Mirabella (Fig.24), stupenda residenza di campagna fatta costruire intorno alla metà del ‘700 dalla famiglia Finocchietti. L’edificio ed il parco circostante, sono di proprietà comunale e meritano sicuramente una visita.