L’esistenza di antiche fornaci
nell’area del Gabbro è documentata da citazioni del XVII e XVIII secolo,
che si riferiscono ad una “via che va alla fornace di Girolamo di
Gabriello” (1665) e ad un sito di uccelliera “alla Fornace di Montauto”
(1747). Le descrizioni non permettono di risalire al tipo di manifattura
prodotta e neppure all’individuazione dei siti di ubicazione, ma solo ad
inquadrarne genericamente la zona: quella intorno al rilievo di Monte
Auto, area boschiva a nord ovest del paese. La geologia dell’area vede
una larga predominanza di rocce verdi (Ofioliti), inadatte alla
fornitura di materie prime per fornaci sia da calce che da mattoni. Gli
unici affioramenti sedimentari idonei (per forni da calce) sono
rappresentati dalle Argilloscisti e calcari silicei “Palombini” che
affiorano lungo la Malavolta.
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Calcara di Castelpiero
Sulla sponda sinistra del Botro Motorno, ai piedi del poggio (versante
sud) sul quale si erge l’abitato di Castelpiero, si rinvengono i resti
di una antica calcara con il carico del sasso da calce (semicotto)
ancora sul posto. La pietra, estratta da una piccola cava ubicata sopra
la fornace, era costituita da “Argilloscisti e calcari silicei Palombini”.
Il manufatto, addossato all’argine della collina per circa 2/3 della
circonferenza, presenta il rivestimento del forno in materiale argilloso
(concotto). Le parti affioranti, libere dal terreno, sono fratturate in
più punti, ma la fessura maggiore si trova sopra la volta del piccolo
focolare (foto sopra). Il diametro della camera di cottura nella parte
superiore della fornace è circa 3,5 m ed una quercia secolare (Roverella)
è cresciuta sull’ammasso di pietre poste al suo interno. Le dimensioni
dell’albero lasciano intuire una vetustà del manufatto certamente
superiore al secolo; l’attribuzione di una datazione più precisa appare
realisticamente difficile da stabilire. Le origini della fornace
potrebbero essere ricondotte alla costruzione delle prime case coloniche
nella zona e quindi alle fasi di appoderamento dei secoli XVIII-XIX,
mentre un’ipotesi decisamente più affascinante, ma molto meno
realistica, potrebbe vederla collegata all’edificazione del soprastante
castello medievale di Motorno e del piccolo borgo annesso.
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Fornace da mattoni Nardi
Sconosciuta alle fonti di archivio, nel 1924 la fornace risultava già
abbandonata, come riferito dalle sorelle Guiggi (nate rispettivamente
nel 1930 e 1935) che per molti anni hanno abitato nel vicino podere “La
Villa III” (Gabbro). Negli anni Sessanta i resti del manufatto furono
completamente sepolti allo scopo di bonificare l’area e rendere
coltivabile il terreno. L’indagine di campagna, guidata da un abitante
del posto (Euro Giusti), ha permesso di individuare il sito dove le
testimonianze orali indicavano la presenza della fornace. Al momento del
sopralluogo, recenti lavori di aratura avevano portato in superficie
mattoni (di dimensioni: 28 x 14 x 7cm) e terra bruciata che
riproducevano sul terreno un disegno a forma di cerchio di circa 4 metri
di diametro. I resti sepolti della fornace si trovano fra la strada che
dai poderi “Pane e Vino I e II” conduce alla Villa e lo stradello che
scende al mulino ad acqua (oggi ristrutturato ad uso abitazione) posto
sull’argine sinistro del Botro Sanguigna. La formazione geologica della
zona è rappresentata da “Marne e marne argillose”, materia prima adatta
alla fabbricazione di mattoni. Il periodo di funzionamento della fornace
non è noto; la sua presenza potrebbe essere associata alla costruzione
delle case rurali sette-ottocentesche sparse nella campagna circostante
(Podere Nuovo, Le Porcarecce, Casa S. Elena, Podere Motorno, Casa
Scapigliato, Casa S. Antonio, Casa Fonte Vitaia), o addirittura agli
edifici più antichi della zona come
il mulino ed il fabbricato del podere Pane e Vino I, le case della Villa
(o Borgofiorito) sono documentati fin dal secolo XVI fra le proprietà
della Pia Casa della Misericordia di Pisa. Probabilmente solo la
“riesumazione” di quanto resta del manufatto potrebbe dare risposte
più sicure a queste domande.(Da "Antiche
manifatture del territorio livornese" di Taddei-Branchetti-Cauli-Galoppini,
scaricabile dal sito) |