La nuova chiesa pievana di S.Michele
viene costruita nel
1761 (Progetto di Alberigo Venturi, pievano Don Carlo Casini). Fu costruita al posto dell'antica chiesa di S.Michele
di Contrino, al
centro del paese e dedicata a S. Michele Arcangelo, la cui Festa Patronale
ha luogo il 29 settembre di ogni anno. Un
grosso orologio occupava il rosone della facciata esterna e il suo tic-tac
si udiva giorno e notte all'interno della navata e i suoi comandi
meccanici si trovavano accanto al vecchio organo, quest'ultimo sostituito
da uno nuovo nel 1979. L'organo
viene usato poco, perché spesso gruppi di giovani accompagnano i canti
religiosi con chitarre, batteria e con altri strumenti. L'organo in Chiesa
fu sostituito da uno nuovo, pievano era Don Ghilli. L'orologio veniva
caricato, giornalmente, da un certo Berto Ciabatti che faceva il
campanaro, il sacrestano e, fedele al suo cognome, il ciabattino. Ora un
nuovo orologio elettrico della ditta Trebino è stato installato, nel
1978, sul campanile sempre con Don Ghilli pievano. La
parrocchia fu nominata «Pievania» nel 1591, perché ereditò il titolo
dall'antica Pieve di San Giovanni a Camajano, località Pievaccia situata
nel botro di Riardo, successivamente distrutta.
I Pievani che si sono succeduti da inizio '900 al 2011:
Don Giuseppe Piancastelli 1900-1903;
Don Pietro Bianucci 1903-1912;
Don Giuseppe Pinucci 1912-1913;
Don Francesco Corsi 1916-1925;
Don Giovanni Balzini 1925-1938;
Don Bruno Cardelli 1939-1945;
Don Antonio Pettinato 1945-1954 (deceduto nel 1956 e
sepolto nel Cimitero del Gabbro);
Don Giuseppe Ghilli 1954-1965;
Don
Emilio Vukick 1965-1968;
Don Giancarlo Pancaccini 1968-1977;
Don Luciano Musi 1977-1984;
Don Giorgio Eschini 1984-1994;
Don Amedeo Peruzzi 1994-1996;
Don Luciano Zucchetti 1997-1999;
Don Vittorio Alfieri 1999-2005;
Don Michel Jeam 2006-2008;
Don Ianusz Wozniak 2008-2011;
Don Grzegorz Baryn 2011
A proposito di Don Emilio Vukick, si ricorda un episodio singolare,
quando nel 1968, il Vescovo di Livorno Mons. Guano, decise di trasferirlo
ad altra parrocchia, i suoi collaboratori più giovani, una notte per
protesta, murarono la porta della Chiesa, provocando reazione da parte
delle autorità ecclesiastiche e civili, così che ne seguì un processo
con la condanna di alcuni responsabili.
Nonostante la opposizione Don Emilio fu sostituito, dal 1969 al 1977 da
Don Giancarlo Pancaccini.
A lui successe, nel 1977 Don Luciano Musi, che sviluppò l'attività
religiosa, culturale e ricreativa tra i giovani iniziata da Don Emilio e
da Don Giancarlo e istituì il pronto soccorso della Misericordia.
Ma l'opera più importante di Don Luciano, fu il completo ammodernamento
della Chiesa, solennemente riaperta al culto dal Vescovo di Livorno Mons.
Alberto Ablondi, l' 8 dicembre 1978 come ricorda una targa. Le
principali modifiche apportate furono le seguenti:
— Fu abbattuto l'altare maggiore e sostituito da uno fatto con lastra di
marmo sostenuta da due colonnine con capitelli in alabastro volterrano del
700 recuperate da quello precedente. Fu tolta anche la balaustra.
—Fu tolto l'altare della cappellina nel lato sinistro, dove attualmente
si trovano, il consolle dell'organo, gli strumenti del complesso sonoro e
una statua del Sacro Cuore.
—Il vecchio coro fu sostituito con uno nuovo in legno artisticamente
lavorato dagli artigiani del paese Biagino Biagini e Canzio Biagini.
—Fu eliminata una scala a chiocciola che si trovava a destra entrando in
Chiesa che permetteva l'accesso all' organo.
— Il fonte battesimale, che si trovava vicino alla scala a chiocciola,
fu spostato al lato destro dell' altare maggiore.
— Furono murate due nicchie dove erano collocate le statue di S.
Francesco Ferreri e della Madonna.
— Fu sostituita la bussola in legno all' entrata della Chiesa.
— Fu rifatto completamente il pavimento
— Furono sostituite le vecchie panche con delle nuove.
— Al centro del coro fu messo un grande quadro (m. 3.45 x 1.75) opera
del pittore del luogo Gianfranco Biagini, raffigurante Gesù risorto.
— Il quadro della Madonna del Buon Consiglio di scuola senese, del 1400,
invece fu ricollocato al vecchio posto, cioè sull'altare a destra
entrando in Chiesa.
— Un grosso crocifisso, opera dello scultore livornese Giulio Guiggi, fu
posto al centro dell'arcata che sovrasta l'altare maggiore. Dello stesso
scultore sono pure le formelle della Via Crucis.
— La Madonna di Montenero opera del pittore livornese Cafiero Filippelli,
donata in memoria di Mons. Giovanni Balzini, fu collocata nella sacrestia.
— Al centro della facciata della Chiesa fu eseguito, dalla Ditta Mellili
di Firenze il mosaico raffigurante S. Michele Arcangelo.
— Una croce in ferro, artisticamente lavorata dall'artigiano del paese
Libero Quochi, fu posta sul frontale.
— Anche le dodici crocette in ferro, attaccate al muro nell' interno
della Chiesa, il leggio e il porta turibolo, sono opera dello stesso
artigiano. I suddetti lavori furono possibili per l'impegno di Don
Luciano, del Consiglio Pastorale e il concorso di tutti i paesani compresi
quelli residenti altrove.
Nel 1927 viene ristrutturata la piazza del
paese ed aprono i
primi distributori di
benzina di Giuseppe Biagini a Gabbro e di
Vittorio Rossi in località Capanne sulla via Emilia.
Inizio '900 - Don
Giuseppe Piancastelli si lamenta del rumore dell'orologio
Con deliberazione della Compagnia, coll’annuenza del paese, con
l’approvazione di mons. vescovo nostro, fu collocato l’attuale orologio
sulla chiesa. La macchina posa sul piano dell’orchestra scendendo i pesi
dalla parte opposta del fonte battesimale, spesa e lavoro da me in
nessuna maniera approvato. Non già perché fossi contrario all’orologio,
ma solo perché non mi pareva giusto che denari dati per il mantenimento
del culto e per la gloria di Dio fossero impiegati in pubblica utilità e
in cosa affatto estranea al culto medesimo. E fu questa la ragione e
volli che fosse chiesta la facoltà di erogare tal somma all’ordinario
locale e ancora per l’altra ragione
del disturbo (essendo stati costretti di doverlo collocare in chiesa)
che dava in tempo delle funzioni. La macchina dell’orologio compreso il
parafulmine costò la somma di milleducento lire,
opera del Granaglia (Torino), dico l.1200. Più le spese di arte muraria
falegname, fabbro e
annessi e connessi che ascesero circa l. 375. Chi poi volesse vedere
tutta la spesa è descritta dal
camarlingo della Confraternita. Fu collocato al posto nel mese di
decembre dell’anno 1890 e nello stesso mese cominciò a suonare.
Chi si fosse trovato in chiesa e avesse sentito il disturbo che
produceva la sbatteria dell’orologio si sarebbe scandalizzato e avrebbe
pianto, pensando a che era ridotto il tempio santo di Dio. Mi duoleva il
cuore. Fu allora che, lusingato da qualche speranza, proposi di mandare
ad effetto, ciò che quattordici anni prima aveva divisato il mio
antecessore. D’innalzare una torre quasi di fianco alla canonica. Già
erano state gittate le fondamenta 14 anni prima, come sopra ho detto.
L’anno milleottocentonovantatre affacciai al popolo l’idea di cominciare
il campanile per togliere l’inconveniente di chiesa. Annuì il popolo e,
dopo diverse adunanze, fu concertato di sospendere tutte le feste e
tutti gli avanzi, tanto della Compagnia quanto della Misericordia perchè
fossero impiegati nella costruzione del campanile. Creata una
commissione il dì nove agosto 1893 fu cominciato il campanile. Il
disegno è del sig. Giovanni Spinelli del Gabbro, il capo muratore
Antonio Benedetti di S. Martino in Parrana, la pietra della cava del
sig. Giustino Pezzatini di Colognole. I suddetti lavori furono fatti
durante il tempo in cui fu economo spirituale di questa chiesa il
sacerdote don Luigi Simoni. Rimasta interrotta la suddetta torre per
mancanza di mezzi all’altezza di metri 8, essendo ormai costata a questo
popolo l. 3657, dopo otto anni, cioè nell’agosto dell’anno 1901 fu
continuata e portata al suo completo fine. Per compierla occorsero circa
l. settemila. Nell’anno 1901 furono fatti alcuni restauri a questa
chiesa spendendo l. 600, concesse dall’Economato Generale di Firenze.
Sacerdote Giuseppe Piancastelli economo spirituale.
(Archivio diocesano di
Livorno, pieve di S. Michele del Gabbro, Nuovo Campione, pp. 93
Ss ."La storia della pieve di San
Michele e della Compagnia della Natività di Maria del Gabbro" di
L. Grassi, P.I. Menichini,
C. Palomba)
La vita religiosa
La popolazione ha sempre preso parte attiva alla vita religiosa. Soprattutto
i ragazzi hanno partecipato con assiduità alle funzioni facendo i
chierichetti e cantando. La
loro presenza è sempre stata particolarmente numerosa il giorno del Santo
patrono e nel periodo precedente il Santo Natale e la Santa Pasqua. Durante
la Settimana Santa cantavano le « Lamentazioni », dopo essersi
esercitati alla scuola di un certo Sig. Camerino Camerini, allora cantore
della Chiesa. I ragazzi, in ricordo della morte di Gesù a un certo punto
delle funzioni, battevano sul pavimento della Chiesa, con dei ramicelli
chiamati mazze, da loro appositamente preparati e decorati con intarsi
nella corteccia. Venivano
organizzate bellissime processioni per le strade del paese con la
partecipazione della banda e di moltissime persone. Più
significative quelle della sera del Venerdì Santo con la Madonna
Addolorata e il giorno del Corpus Domini col Santissimo. In
quest'ultima tutti i paesani, abitanti lungo il percorso della
processione, facevano a gara nel tappezzare di fiori le strade. Altre
processioni da ricordare erano quelle delle
« Rogazioni », che si
svolgevano di buon mattino nel mese di maggio e raggiungevano, a giorni
alterni, la località del Poggio del Pievano, la Crocina all'altezza delle
cave nella via livornese e la Madonnina che si trova tra il Gabbro e la
località Riardo, per implorare la benedizione di Dio sulle persone, sulla
campagna e infine, quella del giorno dei morti (2 novembre) per
commemorare i defunti. Anche
la benedizione delle case era un avvenimento importante per la vita
religiosa del paese. Ogni anno il Pievano iniziava la benedizione delle
case dei contadini fuori del paese. Data
la lontananza, egli insieme ai chierichetti, si fermavano a consumare il
pranzo in luoghi stabiliti: un giorno alla fattoria di Poggiopiano già
villa Bandini, un altro alla fattoria delle Ceretelle, un giorno al podere
Seppia alla Casina e alla fattoria Mirabella. A
quel tempo venivano benedette tutte le stanze e tutti i ripostigli, mentre
ora, generalmente il Pievano benedice rimanendo fermo in una stanza. Altre
tradizioni, partecipazioni e funzioni religiose, pur esistendo ancora,
sono molto semplificate. Degno
di essere ricordato è il pellegrinaggio al Santuario di Montenero che
veniva fatto, allora, il secondo sabato del mese di maggio, oggi la
seconda domenica dello stesso mese. Quasi tutti i paesani vi
partecipavano; alcuni partivano di buon mattino e passando dalle località
Capannino, Quarata, Castellaccio, raggiungevano a piedi il Santuario. A
loro si univano coloro che erano giunti a Montenero basso (Piazza delle
Carrozze) coi barrocci. Dopo
aver preso parte alla S. Messa comunitaria i pellegrini si radunavano per
le varie scalinate, nei giardini delle suore, nei locali della foresteria
del Santuario, messi a disposizione per consumare il pranzo portato da
casa. Al ritorno si sostava in una località chiamata « Il Papa » (alla
Malavolta) dove si trovava, e si trova ancora, una cappellina con la
Madonna, poi, in processione, si raggiungeva la Chiesa del Gabbro. Oggi
pochissimi raggiungono Montenero a piedi, ma è rimasta ancora la
tradizione, in occasione del pellegrinaggio, di portare il mangiare e
consumarlo nei già citati locali. Nel
1928 accadde un fatto curioso. I pellegrini del Gabbro, mentre scendevano
in processione dal colle
di Montenero, si imbatterono in alcuni monteneresi i quali, si dice, che
abbiano fatto atti irriverenti al passaggio del loro gonfalone. I
gabbrigiani, evidentemente anche un poco su di giri per il vino bevuto, si
scagliarono contro di loro e ne nacque un tafferuglio che nei giorni
successivi ebbe un seguito quando i monteneresi organizzarono delle
spedizioni punitive contro i gabbrigiani. Per
riportare la pace intervennero l' allora segretario del fascio di
Montenero e quello del Gabbro e il gabbrigiano Luigi Umberto Quochi, che
per ragioni di lavoro, aveva molti amici tra gli abitanti di Montenero. Il
10 agosto 1936, il giovane fascista Giovanni Marconi residente al
Gabbro la sera della proclamazione dell’impero, comandato a suonare le
campane in segno di festa, alla chiesa della frazione, cadde dal
campanile e morì.
Da: "Il
mio paese Gabbro" di Jacopo Cadore Quochi 1979, scaricabile dal sito.
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