LA FAMIGLIA OPERAIA INIZIO '900 (A Gabbro e non solo...)
All'alba il sagrestano suona puntualmente la campana, unica sveglia dei
poveri. Chi deve andare a lavoro si alza, indossa i miseri panni
rattoppati appesi alla spalliera del letto, calza le grosse scarpe
chiodate, si lava appena le mani e gli occhi nella catinella di rame
dell’acquaio, facendo attenzione a non versarne e lasciandola per chi si
alzerà dopo, perché riempire la brocca (mezzina) alla fonte di solito
lontana, non è cosa facile, ne sempre possibile. Se è inverno il
berretto in testa ed una sciarpetta al collo, se piove, dietro l’uscio
c'è l’ombrello verde d’incerato (verdone), a tracolla il tascapane col
misero desinare: un mezzo pane, una salsiccia o un pezzetto di formaggio
pecorino, una manciata di fichi secchi o di noci o di olive e la
fiaschetta dell’acqua, poi via, a piedi, alle intemperie, per miglia e
miglia, lungo i sentieri nel bosco e le più improbabili scorciatoie fino
al posto di lavoro, di duro lavoro, che occuperà senza soste fino al
calar del sole, tranne il rapido pasto. Vanno nel bosco come taglialegna
e cavaciocchi, nelle campagne delle fattorie a opre, a zappare tutto il
giorno. Solo lavori manuali, gravosi, stressanti, spesso pericolosi,
senza alcuna forma di assistenza, tantomeno di pensione. Per chi si
ammala o si infortuna (ed è assai frequente) sono davvero guai seri,
perché la paga è bassa, le bocche da sfamare sempre tante e i risparmi
impossibili. Un modo di vivere veramente alla “giornata”. Una curiosità
poco nota, ma con base scientifica. Gli infortuni anche semplici sul
lavoro, sono spesso fonte di infezione per le scarse condizioni
igieniche e la mancanza di medicine specifiche, finendo per causare seri
problemi e portando spesso alla morte. Diversamente i ricchi raramente
prendono infezioni, un po' perché ovviamente rischiavano meno di
infortunarsi e poi perché usando posate e bicchieri di argento e non di
legno o di cotto, assumevano quotidianamente piccole porzioni di sali di
argento, notoriamente ottima difesa da questo inconveniente. La sera,
lungo i sentieri del ritorno, stanchi, infreddoliti, occorre
“racimolare” per strada un fastelletto di legna per scaldarsi davanti al
focarile. Nessuna possibilità di fare un bagno, l'acqua della mezzina è
poca e non lo consente, ci si lava solo sudando. Gli appartamenti sono
composti da due o tre stanzette, senza acqua e senza luce. In cucina:
tavolo, sedie impagliate, vetrina, madia con sopra un bel po' di
pentolame di rame (rami) attaccato alla parete; in camera: armadio,
sedie, comodine, letto in ferro con saccone di foglie di granturco e
coltrice di penna come materassa. In inverno, per riscaldarlo si
inserisce sotto le coperte il trabiccolo
con lo scaldino in cotto,
riempito di brace di legna e in fondo ai piedi il piumino quando c’e,
altrimenti tutti i panni tolti di dosso.
Il sabato sera, quasi tutti gli operai si ritrovano all’osteria della
piazza a giocarsi “il fiasco”. Per le donne invece non c’è intervallo.
Vecchie anzi tempo, con la “pezzola” in testa, con le scarpe grosse, i
bimbi in collo o in pancia o attaccati alle gonnelle, mai un minuto di
pace. Tutto deve uscire dalle loro mani: il pane, la pasta, prendere
l’acqua alla fonte, lavare al lavatoio, andare nel bosco a procurare
legna per ardere e per cuocere, pulire, filare e far la calza,
rattoppare, sempre rattoppare e rovesciare abiti, passandoli da un
figlio al minore, perché quei “pochi” del marito non bastano mai. |