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la cronaca
continua...marzo 2005 con il processo.. |
MERCOLEDÌ, 09 MARZO 2005
Venus, la procura
chiude l’indagine
Chiesto il processo per armatori, comandante e capo sala macchine
L’accusa
è di naufragio colposo: il cargo s’incagliò ai Pungenti il 22 ottobre del 2002
Domani decide il giudice
ROSIGNANO. L’inchiesta sul naufragio della nave
mercantile Venus, sugli scogli davanti a Castiglioncello, coordinata dal
sostituto procuratore Massimo Mannucci, è conclusa. Il pubblico ministero ha
chiesto il rinvio a giudizio dei due armatori, di origine egiziana, del
comandante e del direttore della sala macchine. Domani è in programma l’udienza
durante la quale il giudice dovrà decidere se mandare a giudizio i quattro o
meno. Esclusa anche la possibilità di riti alternativi, visto che gli imputati
non ci saranno e a tutti dovrebbero essere assegnati avvocati d’ufficio.
E’ la notte tra il 22 e il 23 ottobre del 2002 quando la motonave Venus, un
cargo di 85 metri battente bandiera libanese, diretto al porto di Carrara da
Port Said, dopo una tappa a Vasto, piomba sugli scogli di Portovecchio, a
Castiglioncello, probabilmente per un errore di calcolo nella manovra di
ancoraggio alla fonda. E lì si incaglia, sulla scogliera dei Pungenti. Ci
rimarrà fino allo scorso luglio, quando è terminata la demolizione del relitto.
Quella notte di ottobre del 2002, il comandante della
nave, un egiziano che aveva da poco transitato a ponente dell’Elba ed ascoltato
l’ultimo bollettino meteo doveva aver pensato di mettersi sottocosta per
ripararsi dalle raffiche di libeccio (il vento era forza 8).
Probabilmente si era portato troppo a ridosso della costa, aveva cercato
l’ancoraggio su un fondale dove si la sabbia si alterna a scogli, davanti al
porto turistico di Crepatura. Ed era finito con lo scarrocciare fino a riva
senza più governare il mezzo.
I dodici uomini che componevano l’equipaggio della «Venus» sono nel frattempo
tutti rientrati nei rispettivi paesi (Egitto e Siria).
Gli ultimi a lasciare l’Italia sono stati il comandante e gli altri tre
ufficiali trattenuti più a lungo per le varie fasi dell’inchiesta, che si
sviluppa sia sul livello penale che amministrativo, per il reato di naufragio
colposo.
Nel luglio dello scorso anno, dopo due anni di polemiche e quattro mesi e mezzo
dopo l’inizio dei lavori, la nave è scomparsa dal luogo dove si era incagliata.
Per quasi due anni, la vicenda è stata al centro dell’attenzione a livello
nazionale, per l’allarme ambientale che rappresentava.
Per l’emergenza Venus l’allora sindaco di Rosignano Gianfranco Simoncini chiese
e ottenne che fosse decretato lo stato di emergenza. Commissario per l’emergenza
Venus fu nominato il contrammiraglio Marco Brusco, della Capitaneria di porto di
Livorno, che ha seguito di persona tutti gli sviluppi della vicenda. I lavori di
demolizione e smaltimento sono stati eseguiti dalla Teseco spa, azienda
vincitrice di un bando europeo emesso per lo svolgimento delle opere di
distruzione della nave (costate in tutto circa un milione e centomila euro).
A fine demolizione è stato scoperto anche che lo scafo conteneva un doppiofondo
utilizzato per il contrabbando di prodotti petroliferi.
Domani si discuterà del naufragio, sulle cause che portarono la nave a
incagliarsi. Sarà il pubblico ministero Massimo Mannucci a ripercorrere in aula
quella vicenda, supportato dalle relazioni fatte dalla Capitaneria di porto, gli
interrogatori e le testimonianze.
Un processo che si deve fare, ma con imputati che ormai non sono più in Italia
e che non torneranno certo oggi, da imputati. |
MERCOLEDÌ, 30 MARZO 2005
Massi
bianchi deturpano i Pungenti
I macigni, usati per
il cantiere della Venus, sono riaffiorati dal fondale
CASTIGLIONCELLO. Il mare, come ben sanno i più
anziani, alla fine restituisce sempre ciò che finisce sui suoi fondali. Ai
Pungenti, ultima scogliera tra Caletta e Castiglioncello diventata famosa in
tutta Italia perché la notte tra il 23 e il 24 ottobre 2002 fu teatro del
naufragio del mercantile Venus, il mare ha restituito i macigni bianchi che vi
furono depositati circa un anno fa perché costituissero una specie di
massicciata dove far passare le gru che avrebbero asportato i pezzi di nave
tagliati. Poi quei massi finirono nello specchio d’acqua antistante durante i
lavori di rimozione del mercantile. E ora sono riaffiorati.
Non si tratta di semplice pietrisco, ma di grossi massi sparsi nella
parte di scogliera più vicina a Castiglioncello (in direzione nord). E sono ben
visibili, anche per il loro colore chiaro, che si staglia dallo scuro della
scogliera naturale, già dalla pineta Marradi.
E mentre la Capitaneria di Porto di Livorno annuncia un sopralluogo nei
prossimi giorni ai Pungenti per verificare la situazione, l’amministrazione
comunale pensa che sia difficile e improbabile una nuova pulizia della
scogliera, almeno per ciò che riguarda i massi più grandi.
I lavori di demolizione del relitto si sono conclusi circa un anno fa; dopo le
proteste di alcuni villeggianti amanti del luogo, gli operai della Teseco, che
si era aggiudicata l’appalto dei lavori di rimozione, ripulirono a più riprese
la scogliera.
Adesso le mareggiate hanno sollevato i macigni dal fondale antistante
gettandoli con forza sopra gli scogli. E in diversi - turisti arrivati a
Castiglioncello per Pasqua e residenti - hanno notato l’incongruenza dei massi
bianchi sulla scogliera nera. Per questo la Capitaneria di Porto di Livorno
eseguirà un sopralluogo nei prossimi giorni per verificare la situazione. «La
demolizione della Venus - dicono alla Capitaneria di porto di Livorno - si è
conclusa con un certificato di collaudo effettuato dopo un sopralluogo eseguito
insieme ai tecnici comunali, dal quale risultava che la scogliera era stata
completamente ripulita. Fu siglato un atto di intesa tra i tecnici comunali e la
Teseco; in questo atto si contempla anche un’assunzione d’obbligo tra Comune e
Teseco relativa alla possibilità di dover ripulire la scogliera e rimuovere
eventuali massi che vi avrebbe portato il mare in un secondo momento. Un atto di
garanzia per il futuro che è ancora valido».
Improbabile se non impossibile invece, secondo il Comune, eseguire la rimozione
dei massi più grossi. «Alcuni massi sono stati riversati sulla scogliera già
durante la mareggiata dello scorso ottobre - dice il vice sindaco Luca Arzilli
-. Nelle prossime settimane provvederemo a far ripulire dal pietrisco bianco la
spiaggetta antistante la scogliera» (la spiaggetta dove fu allestito il cantiere
per la rimozione del mercantile».
«Non è previsto invece alcuno spostamento per i massi più grandi - continua il
vice sindaco - perché bisognerebbe procedere dal mare con l’utilizzo di un
pontone. Ciò sarebbe un problema anche per quanto riguarda i costi. Insomma, non
ci sarebbe una giusta proporzione tra costi e benefici. Infatti i massi, oggi
bianchi, andranno a scurirsi con il tempo, diventando dello stesso colore della
scogliera e quindi saranno meno visibili» di Alessandra Bernardeschi
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VENERDÌ,
15 APRILE 2005
Via
i massi bianchi dai Pungenti
Sopralluogo della Capitaneria: «Ora deve decidere il Comune»
CASTIGLIONCELLO. La Capitaneria di Porto di Livorno, come
annunciato nei giorni scorsi, ha effettuato un sopralluogo alla
scogliera dei Pungenti confermando la presenza di grossi e numerosi
macigni bianchi portati sul posto dalle mareggiate invernali.
I massi sono quelli utilizzati per la costruzione della massicciata sulla quale
transitarono le gru ed i mezzi meccanici che demolirono la Venus. La vicenda,
come fanno sapere dalla Capitaneria, è adesso tutta in mano al comune di
Rosignano che dovrà decidere se, come e quando, far togliere questi macigni che
deturpano, come corpi estranei, l’unica scogliera d’arenaria rimasta ancora
intatta tra Caletta e Portovecchio. Ma la decisione, come ha riferito
l’assessore ai lavori pubblici Luca Arzilli, non è stata ancora presa.
Fatto sta, come hanno sottolineato alla Capitaneria di Porto, che al di là dei
procedimenti tecnici che hanno portato alla demolizione del relitto,«il problema
principale che ci eravamo posti era quello della salvaguardia della scogliera»;
ed è proprio per questa ragione, dopo il sopralluogo avvenuto circa un anno fa
al termine dei lavori dal quale risultò che la scogliera era stata completamente
ripulita, fu sottoscritto un atto di intesa tra Comune e Teseco; un atto che
contempla l’assunzione d’obbligo relativa al fatto che la ditta che ha eseguito
i lavori, dovesse in un secondo momento intervenire di nuovo qualora sulla
scogliera fossero andati a finire ulteriori massi. Un’eventualità, proprio
perché non remota, contemplata un anno fa.
«Adesso - continuano dalla Capitaneria di Porto - spetta al Comune che ha la
gestione del demanio, del turismo e dell’urbanistica, far valere l’impegno della
clausola d’obbligo. Le soluzioni per rimuovere questi massi ci sono - fanno
sapere dalla capitaneria - ovviamente non è possibile usare mezzi meccanici
altrimenti la scogliera subirebbe danni irreparabili; quindi occorrerebbe
costruire una impalcatura; ma è il Comune - ripetono - che deve stabilire il da
farsi».
Comune che, per mezzo dell’ingegner Talamucci «che seguì i lavori di
demolizione della Venus - afferma Arzilli - è ancora in contatto con Teseco. Il
problema è quello di riuscire a raggiungere i massi e portarli via; un’azione
non semplice e che deve bilanciarsi tra la salvaguardia della scogliera e
l’impegno di spesa». Impensabile, perché troppo oneroso, secondo
l’amministrazione comunale, raggiungere questi massi con un pontone e portarli
via dal mare. «Quindi vanno demoliti e ridotti in piccoli pezzi - continua
Arzilli - il fatto è che non è possibile neanche portare via i detriti con un
mezzo meccanico. In questa fase Comune e Teseco stanno dunque valutando le
possibilità tecniche di intervento tenendo conto di due fattori: la tutela della
scogliera ed i costi».
Al momento dunque, nonostante le rassicurazioni fatte ai cittadini un anno fa,
sembrano essere ancora lontane soluzioni idonee affinché i Pungenti possano
tornare come un tempo; i turisti che tra poche settimane arriveranno in luogo,
troveranno l’area ripulita dal pietrisco (“abbiamo chiesto a Teseco di operare
in tal senso” ha detto Arzilli) ma con macigni bianchi che sporgono vistosamente
dalla scogliera. ALESSANDRA
BERNARDESCHI |
21 OTTOBRE
2005
Naufragio Venus,
condannato il capitano
Rinviati a giudizio i due armatori libanesi. La prima udienza fissata a febbraio
2006
Sbarca in un’aula
giudiziaria la vicenda della motonave Venus, naufragata ai Pungenti nell’ottobre
2002, fatta a pezzi e poi rimossa a luglio del 2004. Davanti al gip Sandra
Lombardi, a Livorno, ieri sarebbero dovuti comparire quattro imputati: il
comandante 34enne Mohamed Abd El Halim Hassan Aly, il direttore delle macchine
Magdy Mohamed Helmy Ahmed Abou Khatwa (49 anni, entrambi nativi di Alessandria
d’Egitto), insieme ai due armatori libanesi Hussein Amine Ghaddar (81 anni) e
Rashid El Nakib (49). Loro non c’erano, a rappresentarli erano presenti i
rispettivi legali.
L’udienza è finita con il patteggiamento per il comandante Hassan che,
incensurato, è stato condannato a una anno e sei mesi di reclusione con
sospensione della pena, l’assoluzione del direttore di macchine per non aver
commesso il fatto, il rinvio a giudizio degli armatori.
L’avvocato Fernando Bartolomei, di Cecina, figurava come legale di fiducia del
comandante e del direttore di macchine; l’avvocato Michela Giannandrea come
difensore d’ufficio degli armatori. L’udienza è stata celebrata davanti al gip
Lombardi; pubblico ministero il dottor Massimo Mannucci.
l prossimo atto della vicenda giudiziaria della Venus si svolgerà il 24
febbraio 2006 in tribunale a Cecina, dove si terrà l’udienza di rinvio a
giudizio a carico degli armatori. Il reato che viene loro ascritto fa appello
agli articoli 113 e 449 del codice penale. Imputati perché, è spiegato nella
richiesta di rinvio a giudizio, «in cooperazione, con imperizia, negligenza e
imprudenza, avrebbero fatto partire la motonave Venus in cattivo stato di
navigabilità, con apparecchiature di bordo in avaria tanto da causare al
comandante la perdita del controllo della nave» che andò a incagliarsi e fece
naufragio.
Si conclude con l’udienza di ieri la vicenda giudiziaria dell’equipaggio della
Venus. Dodici persone in tutto, tra cui il comandante e il direttore delle
macchine. Gli altri dieci, che subito dopo il naufragio avevano aperto una
vertenza sindacale contro gli armatori, non hanno ottenuto che un rimborso di
cento dollari. Quanto agli armatori, invece, fin da subito si sono resi
irreperibili.
Ci sono voluti oltre due anni prima che la carcassa della Venus scomparisse
definitivamente dai Pungenti. Con l’interesse di tutti i livelli della pubblica
amministrazione - dall’allora sindaco Gianfranco Simoncini al presidente della
Regione Claudio Martini fino al ministro Altero Matteoli -, l’impegno
dell’ammiraglio Marco Brusco, commissario ad acta per l’emergenza, e un milione
di euro fu risolta la questione della motonave battente bandiera libanese che
aveva anche doppifondi per trasportare merci non autorizzate. |
20 MAGGIO 2006
Iniziato il processo Venus
Prime testimonianze di due ufficiali della capitaneria
CECINA. Venus: quella di
ieri è stata praticamente la prima udienza del processo per la nave mercantile
naufragata ai Pungenti nell’ottobre 2002, fatta a pezzi e poi rimossa nel
luglio 2004. Un processo subito stoppato a febbraio per un’eccezione di nullità.
Allora c’era un problema di lingua, di traduttori, di notifiche da ripetere ai
due imputati, gli armatori libanesi Hussein Amine Ghaddar e Rashid El Nakib.
Stavolta si è parlato. In italiano: perché i primi due testimoni a sfilare
davanti al giudice Mosti sono stati due comandanti della capitaneria di porto
livornese, il capitano di corvetta Alberto Betti e il capitano di fregata
Umberto Marsili. L’udienza è stata rinviata al 13 ottobre. |
31
OTTOBRE 2006
Caso Venus, la difesa vince
ai punti.
Una condanna (con l’indulto)
e un’assoluzione per i due armatori. Si chiude così il processo per la motonave
finita sugli scogli 4 anni fa
CECINA. Per la
difesa, calcisticamente è stato un pareggio ma nel linguaggio della boxe una
vittoria ai punti: un’assoluzione e una condanna a un anno di reclusione (per
naufragio colposo) “cancellata” dall’indulto.
Il pm Giuseppe Rizzo aveva chiesto un anno per entrambi gli imputati, gli
armatori libanesi Hussein Amine Ghaddar e Rashid El Nakib. Si è chiuso così il
caso Venus, la motonave naufragata sugli scogli dei Pungenti nell’ottobre 2002,
fatta a pezzi e rimossa solo due anni dopo tra ritardi, polemiche e una spesa
(denaro pubblico) di un milione di euro. Una vicenda giudiziaria contorta, in
cui a uscirci maluccio è anche la capitaneria di porto che «nell’immediatezza
non condusse un sopralluogo tecnico sul mercantile ma si limitò ad acquisire
informazioni dai membri dell’equipaggio». E’ stato l’unico punto sul quale hanno
concordato il pm e l’avvocato difensore Claudio Cataldo: da una parte un buco
investigativo, dall’altra dichiarazioni sospette visto che poi gli stessi membri
(dodici) dell’equipaggio fecero vertenza agli armatori.
Armatori a loro volta avvolti dal mistero, che non si sono mai presentati in
aula e nemmeno nello studio del loro avvocato (Cataldo era il difensore
d’ufficio e ha lavorato sulle carte); contumaci anche all’udienza di ieri, in
cui ha deposto solo l’ammiraglio Marco Brusco. Ghaddar ed El Nakib erano gli
unici rinviati a giudizio di un’inchiesta nei confronti di quattro persone.
Davanti al gup il comandante egiziano Mohamed Abd El Halim Hassan Aly aveva
patteggiato un anno e sei mesi, mentre il direttore di macchine Magdy Mohamed
Helmy Ahmed Abou Khatwa, pure lui egiziano, era stato prosciolto.
Era rimasta da definire la posizione di Ghaddar, armatore di fatto, ed El Nakib,
l’armatore ufficiale: imputati di naufragio colposo perché in cooperazione, con
imperizia, negligenza e imprudenza, avrebbero fatto partire la Venus in cattivo
stato di navigabilità, con apparecchiature di bordo in avaria tanto da causare
al comandante la perdita del controllo della nave, che poi andò a incagliarsi
nella scogliera dei Pungenti e fece naufragio.
Ed è proprio su questo punto che ha insistito il pm Rizzo: sulla responsabilità
dei due armatori a prescindere dall’errore del comandante. Errore sul quale
invece ha battuto l’avvocato Cataldo, concentrando la sua arringa sul nesso
causale tra manovra sbagliata e naufragio: «E’ l’unico vero motivo che anticipa
e rende vana qualsiasi considerazione sulla vetustà della nave. Lo confermano
gli stessi testimoni Marsili e Betti», ha aggiunto l’avvocato riferendosi
all’udienza precedente quando avevano deposto due comandanti della capitaneria
livornese, il capitano di corvetta Alberto Betti e il capitano di fregata
Umberto Marsili. Tra le due deposizioni c’era stata qualche discordanza e su
quelle crepe si è infilato l’avvocato, chiedendo l’assoluzione degli armatori.
«Le diverse responsabilità erano già contenute nel capo d’imputazione - ha
replicato il pm Rizzo - il profilo di colpa del comandante riguarda lui e non
esclude affatto la negligenza dell’armatore. E’ lo stesso principio che vale per
la revisione delle auto. Su quella nave non funzionava l’ecoscandaglio e la
girobussola era rotta: lo dice lo stesso direttore di macchine».
Rizzo ha chiesto un anno per entrambi gli imputati. Il giudice Ottavio Mosti ha
accolto la richiesta solo per El Nakib, concedendo però l’indulto. Ghaddar è
stato assolto in base al secondo comma dell’articolo 530 del codice di
procedura, la vecchia insufficienza di prove.
Assenti gli imputati, ma anche lo Stato che non si è mai costituito parte
civile. Decisione che in teoria non pregiudica un’azione risarcitoria in sede
civile. Sempre ammesso che si trovino i due libanesi. ALESSANDRO DE GREGORIO
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31 OTTOBRE 2006
CONCLUSIONE: CHI HA PAGATO?
Quelle carrette fantasma
Si è chiusa ieri, nel
tribunale di Cecina, la storia della Venus. Carretta del mare piena d’amianto
naufragata sugli scogli di Caletta il 24 ottobre 2002, fatta a pezzi e rimossa
due anni dopo con una spesa pubblica di un milione di euro, è l’emblema di un
sistema perverso. Quello che consente a imbarcazioni vetuste e con armatori più
o meno fantasma di solcare i mari del mondo, scaricando veleni e lasciando
rottami a spese dei contribuenti. Per ripulire i Pungenti ci sono voluti due
anni, pochi nel panorama europeo, dove da anni stazionano carrette in attesa di
rimozione.
Chiave di volta fu l’azione sinergica ed energica di Comune e Ministero
dell’Ambiente: per una volta gli enti si trovarono d’accordo.
Ma chi ha pagato? Lo Stato, quindi i cittadini. Ancora una volta denaro pubblico.
Con pochissime speranze, diciamo nulle, di recuperare qualcosa dagli
armatori.
(m.m.) |