La
pineta Marradi
salotto di Castiglioncello |
immagini Clicca sulle foto per ingrandirle e leggere la |
||
Le foto storiche sono tratte da "Castiglioncello: un secolo di immagini" di Castaldi-Marianelli-Scaramal scaricabile dal sito. |
||
Galli, il “Masaniello” che guidò la rivolta per la pineta libera... |
||
1908 Viale della pineta
1 Origini. 1914 Pineta di Castiglioncello Interpellanza Gotti |
1915
La pineta |
1919
Pattinaggio nel parco del Kursaal 1 1924 In Comune si siscute per l'acquisto della pineta 1925 Diventa comunale |
1930 Il tennis
dal castello. A destra, un campo lavorato ora pineta |
1931 Partita di calcio nel campo sportivo della pineta. | 1931 Ingresso alla pineta |
La pineta negli
anni '30 1 1943 Quando la pineta produceva pinoli |
1935 Il viale della pineta visto
dall'angolo del campo di calcio. |
1939 Dalla
stazione vista sulla pineta e sui giardini con la "vasca". |
Gruppo in pineta | La pineta negli anni '50 | |
La pineta negli anni '50 | Anni 50 - La pineta dalla stazione | |
La pineta negli anni '60 |
12 febbraio 1963
Freddo polaree 1956 Lettera al Sindaco |
1968 |
Anni '70 Chiacchiere intorno alla vasca | 1988 - La pineta con la vecchia vasca | La vecchia vasca |
La pineta nel terzo millennio
Numerazione e classificazione delle piante Pineta Marradi da risanare con taglio degli alberi |
Il parco giochi fino al 2014 | Il tennis in pineta |
La terrazza sul mare dell'ex tiro a volo | La terrazza sul mare dell'ex tiro a volo | Il mercato estivo del giovedi |
La vasca modificata | La vasca ripristinata a luglio 2024 | Il solarium oggi occupato dal "Cardellino" |
Negozi Un pò di storia "Mariti parrucchiere dei divi" |
Passeggiate sulle tracce dei Macchiaiolii |
"Il pittore" di Lomi in
pineta Marradi |
Giovanni Marradi, è il vero innamorato cantore
di Castiglioncello. Ospite del cognato Foraboschi, il poeta vi
soggiornò a lungo scrivendo poesie ed entusiasmandosi alla fremente
grandiosità delle pinete, oppure posando in raccoglimento nel quieto
giardino che l'ospitava, in compagnia dei nipoti intenti a preparare
la caccia e la pesca. Il cantore di Castiglioncello, abbiamo detto. Ed
è vero: oltre alla poesia su
«La
ferrovia Livorno-Cecina»,
(vedi sezione Rosignano Solvay/La
ferrovia), il suo più alto e canoro poema è quello
dedicato nell'autunno del 1900 al prof. Aurelio Ugolini suo nipote ed intitolato, appunto, «Castiglioncello». Suona così: « Presto, Aurelio, verrò. Da che le piogge desolatrici e il vastator libeccio spopolarono il golfo peschereccio
e fecero sprangar cancelli e logge non mai sì dolce al mite solicello e al silenzio de' candidi villini mi richiamò, col mormorio dei pini
e con l'urlo del mar, Castiglioncello. Presto verrò. Quelle armonie diffuse vinceran forse il tedio che m'ingombra, e tornerò poeta, io, qui nell'ombra,
troppo oblioso delle alate Muse. Verrò da questa fredda ombra. Ho bisogno della luce infinita. Oh! alla grand'aria, della medicea torre solitaria,
fra cielo e acqua spaziar
nel sogno! Oh! ancor sognare fra gli urli ben noti delle maree, nella schiumante baia, in faccia all'Elba, al Giglio, alla Capraia,
ai monti della Corsica remoti! Sognar nel roseo lume onde a'tramonti Rosignano sfavilla alto e corrusco, onde splendono, fino al lido etrusco
di Populonia, tutte l'acque e i monti, e risentirmi vivo, in quell'assenza d'ogni vivente! Aurelio, questo bianco raggio d'ottobre che traluce stanco,
da tanta di vapori
evanescenza, questo languido raggio che m'accese d'improvvisa letizia, io vo' goderlo fra i nostri vepri dove fischia il merlo
e fioriscon le rose d'ogni
mese, fra i canneti che crosciano ai rovai, fra i tamarisci che scolora autunno, mentre tu, dolce de' miei ozi alunno,
ridirai gl'inni che a' bei
di cantai. Lo so, lo so; la pergola dell'orto, già dei pampinei grappoli sì grave, non ha più ombre; ben lo so che ignave
pendon le braccia sue nel sole smorto. Ma sempre verde in sua fronda perenne, alla luce infinita e alla grand'aria dalla medicea torre solitaria
chiama ancora la gran selva centenne, la gran selva de' pini, il gran viale che su l'estatica anima pacata, s'inarca austero, come la navata
d'una selvaggia immensa
cattedrale. Ed io verrò, da questo freddo e putre tedio, a' miei secolari alberi soli, che, giocondi di musiche, di voli
e di fragranze, la pia terra nutre. Al, gran tempio verrò, dove adorare possa io pur anche l'Iside infinita, della navata altissima, romita,
piena del sacro cantico del mare » |