MARIACCIA Mario Lenzi (1931)
Passata la guerra la squadra di calcio del
Castiglioncello aveva come difensore centrale Piero Colombaioni,
una colonna quasi insuperabile che però, nel '48, abbandonò i
colori azzurri. Sostituirlo sembrava impresa impossibile e non
si trovò di meglio che inserire in squadra un giovanottone di
Caletta dal fisico atletico, ma dalla tecnica un pò
approssimativa. In squadra c'erano tipi tosti come Boccino
Quaglierini, Massei detto Polverone, Nannetti, Walter Ciucchi,
Fedi, Grandi, Cino Pizzi... In poco tempo Mario fece dimenticare
il suo predecessore. Senso dalla posizione, prestanza fisica,
grande elevazione, anticipo e tanta tanta grinta. Quando entrava
sul pallone un pò per la foga e un pò per mancanza di misura non
mancava mai l'intervento, ma spesso era assai sgraziato perché
arrivava sulla palla o troppo vicino o troppo lontano.
Allungava, allora, o rannicchiava le gambone e il pallone non
andava sempre nella direzione dovuta, ma per gli attaccanti
avversari era come andare a sbattere contro un muro
insuperabile. Forse per questo al campo lo invocavano come
"Mariaccia". Giocò per 10 anni e smise nel 59 quando il
Castiglioncello vinse il campionato senza che lui avesse
partecipato molto assiduamente a causa di un doloroso infortunio
al braccio.

Quando andavano a giocare all'Elba, a Portoferraio, dovevano
partire il sabato e pernottare in albergo. Dopo cena, presto a
letto perché, a una certa ora, passava sempre un dirigente a
controllare se qualcuno aveva fatto il furbo e se l'era svignata
a divertirsi. Uno di questi sabato sera, Mario, Walter Ciucchi e
Polverone, arrivati in camera studiarono un piano perfetto per
poter andare a ballare in una sala poco lontana. Due si calarono
dalla finestra, il terzo stette in camera. A intervalli regolari
uno dei due fuggitivi rientrava e l'altro rimasto usciva. Quando
il dirigente andò a bussare alla porta quello che era dentro
rispose che gli altri dormivano e lui aveva qualche difficoltà
ad addormentarsi. La partita finì 1-1 e nessuno si accorse di
niente.
Ebbe molti presidenti, Rino Rossi, Biagioni, Bruno
Guerrini....ma chi decideva tutto era Elio Sani, per tutta la
vita, salvo brevi periodi, segretario della sportiva, un vero e
proprio Cardinale Mazzarino, effettivo dominatore del governo
azzurro. Della sua celebrità e del suo potere sono sempre stati
coscienti tutti i giocatori. Tra gli allenatori ricorda con
particolare affetto il Ballati e Vittorino Bini, valente terzino
del Castiglioncello prima, del Cecina, del Livorno e del Genoa
poi. Da ragazzetto era un buon tiratore di sassi in quelle bande
che, per gioco, si formavano spontanee a difesa di un
territorio. Così c'erano i calettani contro i portovecchiesi o
gli uni e gli altri contro i castiglioncellesi. Sopra il ponte
della ferrovia, al Poggio Allegro, i gemelli Casini facevano
banda a sé, loro giocavano sempre contro il resto del mondo ed
erano dolori per tutti. Ma quando c'era da vedersela con i
solvaini le faide interne si placavano e i castiglioncellesi,
uniti, li affrontavano sul fosso di Crepatura. Durante una di
queste battaglie un sasso andò a saggiare la durezza della testa
di Mario.
Fu premiato il suo amore per il mare quando fu promosso, in
terza media, con una piccola barca a vela con cui potè
scorrazzare liberamente. In seguito ha avuto altre barche per
soddisfare la sua passione per la pesca soprattutto ai polpi e
coi palamiti. Ora ha un Calafuria che tiene dal Tafi e che
principalmente usano i figli e un gozzetto di quattro metri del
Garfagnoli, una cosa ormai rara, e che lui tiene e tratta come
una cosa sacra.
Quando Don Mario Udina organizzò la processione in mare della
Madonna lui era sulla barca al cui timone c'era Vittorio
Fanucci, detto "la Pepa" gran bevitore e gran menestrello del
mare. Quella notte, con le barche munite di lampara, uscirono
dal Porticciolo con un bel vento di scirocco e onda formata. La
barca saltava sulle onde e la Madonna oscillava pericolosamente.
La Pepa, che aveva un pò approfittato in quanto a vino ingerito,
affrontò con gran maestria tutti i cavalloni prendendoli ora di
prua, ora di trequarti. Nessuno ha mai saputo se, quella sera,
la Pepa si fosse reso conto del mare che stava affrontando. La
moglie di Mario, milanese e anche lei sulla barca, ogni volta
che vedeva passare l'indomito timoniere lo guardava con una
certa aria mista di terrore e di ammirazione.
Da giovanotto, come tutti i Castiglioncellesi, non vedeva l'ora
che arrivasse l'estate e, con essa, le villeggianti. Dopo essere
andato per polpi, la sera andava a finire i quattrini nelle sale
da ballo, al Cardellino, all'Ovo Sodo e allo Scoglietto. Era una
gioventù spensierata che cercava di divertirsi dopo gli anni
della guerra e il ballo era occasione di baldoria e di piacevoli
incontri. Alla Lucciola, per entrare, bisognava pagare, e
potevano andarci solo una volta la settimana…regolarmente. Sì
perché altre volte riuscivano ad entrare passando dagli scogli
sotto il tiro a volo. Per fortuna il locale fu poi rilevato dal
Ferrini, amico di Serredi, e per i calettani fu più facile
trovare il modo di entrare.
In inverno c'era solo il bar e, a Caletta, ce n'erano due: il
Signorini, frequentato meglio, e il Calderini, frequentato da
gente più ruspante, ma col gioco del biliardo. E, col biliardo,
Mario consumò molte stecche, ma con scarsi risultati, meglio le
boccette. La vita e la rivalità proprie dei bar di paese
portarono, nel '60, alla organizzazione di una memorabile
partita di calcio tra scapoli e ammogliati. Il giorno della
partita le due compagini, già in veste da gioco, sfilarono per
il paese su due camions con tanto di grancassa e strumenti vari.
La tenzone fu aspra, le membra appesantite spesso portarono a
scontri da scintille: chi rimaneva a terra veniva soccorso dallo
Staccioli che, in veste di massaggiatore, annaffiava i contusi
con un una macchina da ramare. La cronaca dice che prevalsero
gli scapoli per 4-3.
Il negozio, in cui tanta vita ha fatto scivolare, fu aperto nel
'20 e nel '26 arrivò la licenza per commerciare un pò di tutto,
dalla cartoleria alle pannine, dai saponi ai giocattoli, dalle
stoviglie agli articoli da regalo. Per 10 anni ha anche avuto un
negozio in Castiglioncello, Via Fucini, che poi ha ceduto ad una
sua commessa, Lucia Lami, ma non nasconde l'idea di tornare, se
se ne offre la possibilità, sulla piazza. Del suo diploma di
geometra non ha fatto uso ed ha lasciato ai figli la gestione
del negozio anche se spesso lo si può vedere dietro al banco a
far attenzione ai resti e a non esagerare con gli sconti. Il
tempo libero lo passa nel suo pezzetto di terra, sopra il
Caverone, a lavorare con le proprie mani sui solchi che daranno
le più deliziose primizie, dall'insalata ai piselli, dalla
frutta ai baccelli.
Su un campo ha conosciuto i suoi onori, su un campo diverso ha
trovato la tranquillità necessaria per non pensare troppo a
quei tempi che non tornano più ma che sicuramente ci sono stati.
"MARIACCIA"
La gloria fatta 'n casa come 'rpane
tè l'hai mangiata e sempre avuta 'n mano
su quer campo di guerre ormai lontane
che come un Re eri 'r centro mediano
I riordi si sa spesso son foglie
che 'r vento un po' le leva e un po' l'ammucchia
hai vinto tanto se pur senza medaglie
e le tu' foglie son lì, dentro 'na nicchia
Ora,
co' un po' d'anni sulle spalle
difendi 'r gioo tuo nella vetrina
aspetti l'avversario e un ci son palle
Re sei rimasto ma della pannina
Un ti leva' di dosso 'uella maglia
di difensore onesto come sei
riorda che la vita è meraviglia
quando ner cambio un ci rimetti mai
Dal volume "Dar tempo dell'etruschi ar tempo de'
Caini" di Castaldi Lami Mariaelli scaricabile dal sito.
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