Il negozio Lenzi nel centro di Caletta. In basso le tre generazioni: Amedeo, Mario e Giulio

Amedeo Lenzi arriva a Caletta da Rosignano M.mo dopo aver sposato la figlia di Giulio Stacchini che a Castellina Ma. già ad inizio '900, aveva cinque negozi di generi alimentari dove vendeva in uno la farina, nell'altro la pasta, nell'altro ancora il pane e cosi via. Seguendo la tradizione commerciale dei suoceri, Amedeo con la moglie, sua grande collaboratrice, aprono il primo negozio in via di Caletta, assai vicino all'attuale nel 1922, vendendo merce varia secondo la consuetudine dell'epoca, dai saponi, alle stoviglie, alle calzature estive, merceria, profumeria, per arrivare alle confezioni, l'odierna specializzazione, introdotta dal figlio Mario nel novembre del 1958. Amedeo, persona di rara modestia, precisione ed attitudine commerciale pur avendo studi elementari, sviluppa con grande passione l'attività del negozio, spostandolo sulla via Aurelia nella posizione odierna e interrompendola solo e per poco tempo, durante il passaggio del fronte nel 1944, quando la famiglia, come molte altre famiglie locali, decide di sfollare nelle vicine grotte del Fondino, mentre gli alleati fermi sul Fine sparavano su Rosignano M.mo. Nell'immediato dopoguerra il negozio riapre con l'aiuto del figlio maggiore Umberto che partecipa all'attività di famiglia finché viene assunto come ragioniere dalla Direzione Solvay. Amedeo va avanti da solo fino al 1952, quando si rende disponibile il secondogenito Mario (1931) che, completati gli studi di geometra a Livorno, inizia l'attività commerciale in aiuto al padre ormai 65enne, ma ancora validissimo, tanto da conquistare il titolo onorifico di Commendatore nel 1958. In questa fase il negozio si specializza nel settore biancheria e confezioni, diventando un punto di riferimento importante per tutta la zona. Intanto nel 1948, Mario aveva iniziato a giocare nel Castiglioncello come difensore. Senso dalla posizione, prestanza fisica, grande elevazione, anticipo e tanta grinta. Quando entra sul pallone un pò per la foga e un pò per mancanza di misura, non manca mai l'intervento, ma spesso arrivava sulla palla troppo vicino o troppo lontano. Allunga allora, le gambone e il pallone non va sempre nella direzione dovuta, ma per gli attaccanti avversari è come andare a sbattere contro un muro insuperabile. Forse per questo al campo lo invocavano come "Mariaccia". Ha giocato per 10 anni fino al '59 quando il Castiglioncello ha vinto il campionato senza che lui avesse potuto partecipare assiduamente, a causa di un infortunio al braccio. Nel 1959 Mario sposa e nel 1964 nascono i gemelli Giulio e Daniele che nel 2006 costituiscono una loro Società familiare, rilevando come terza generazione l'attività della famiglia e consentendo a Mario la meritata pensione. Tre generazioni quindi, che con impegno e passione hanno portato avanti con successo una sfida lunga 90 anni, in un settore non facile, dominato sempre più dalla grande distribuzione.
 

 
 

Le prime cambiali del 1922

La licenza di commercio rilasciata dal Podestà ad Amedeo.

La nomina di Amedeo a Commendatore
 

Da Poughkeepsie (stato di New York) il 10 febbraio 2011 la signora Nicoletta Caracciolo Turner commenta:
Congratulazioni! Caletta non sarebbe la stessa senza "Il Lenzi". Villa Santa Lucia non saprebbe come sopravvivere senza la loro merce!

2022 - Il negozio Lenzi a Caletta compie cento anni!

 

MARIACCIA Mario Lenzi (1931)
Passata la guerra la squadra di calcio del Castiglioncello aveva come difensore centrale Piero Colombaioni, una colonna quasi insuperabile che però, nel '48, abbandonò i colori azzurri. Sosti­tuirlo sembrava impresa impossibile e non si trovò di meglio che inserire in squadra un giovanotto­ne di Caletta dal fisico atletico, ma dalla tecnica un pò approssimativa. In squadra c'erano tipi tosti come Boccino Quaglierini, Massei detto Polverone, Nannetti, Walter Ciucchi, Fedi, Grandi, Cino Pizzi... In poco tempo Mario fece dimenticare il suo predecessore. Senso dalla posizione, prestanza fisica, grande elevazione, anticipo e tanta tanta grinta. Quando entrava sul pallone un pò per la foga e un pò per mancanza di misura non mancava mai l'intervento, ma spesso era assai sgraziato perché arrivava sulla palla o troppo vicino o troppo lontano. Allungava, allora, o rannicchiava le gambone e il pallone non andava sempre nella direzione dovuta, ma per gli attaccanti avversari era come andare a sbattere contro un muro insuperabile. Forse per questo al campo lo invocavano come "Mariaccia". Giocò per 10 anni e smise nel 59 quando il Castiglioncello vinse il campionato senza che lui avesse partecipato molto assiduamente a causa di un doloroso infortunio al braccio.
Quando andavano a giocare all'Elba, a Portoferraio, dovevano partire il sabato e pernottare in albergo. Dopo cena, presto a letto perché, a una certa ora, passava sempre un dirigente a controllare se qualcuno aveva fatto il furbo e se l'era svignata a divertirsi. Uno di questi sabato sera, Mario, Walter Ciucchi e Polverone, arrivati in camera studiarono un piano perfetto per poter andare a ballare in una sala poco lontana. Due si calarono dalla finestra, il terzo stette in camera. A intervalli regolari uno dei due fuggitivi rientrava e l'altro rimasto usciva. Quando il dirigente andò a bussare alla porta quello che era dentro rispose che gli altri dormivano e lui aveva qualche difficoltà ad addormentarsi. La partita finì 1-1 e nessuno si accorse di niente.
Ebbe molti presidenti, Rino Rossi, Biagioni, Bruno Guerrini....ma chi decideva tutto era Elio Sani, per tutta la vita, salvo brevi periodi, segretario della sportiva, un vero e proprio Cardinale Mazzarino, effettivo dominatore del governo azzurro. Della sua celebrità e del suo potere sono sempre stati coscienti tutti i giocatori. Tra gli allenatori ricorda con particolare affetto il Ballati e Vittorino Bini, valente terzino del Castiglioncello prima, del Cecina, del Livorno e del Genoa poi. Da ragazzetto era un buon tiratore di sassi in quelle bande che, per gioco, si formavano sponta­nee a difesa di un territorio. Così c'erano i calettani contro i portovecchiesi o gli uni e gli altri con­tro i castiglioncellesi. Sopra il ponte della ferrovia, al Poggio Allegro, i gemelli Casini facevano ban­da a sé, loro giocavano sempre contro il resto del mondo ed erano dolori per tutti. Ma quando c'era da vedersela con i solvaini le faide interne si placavano e i castiglioncellesi, uniti, li affrontavano sul fosso di Crepatura. Durante una di queste battaglie un sasso andò a saggiare la durezza della testa di Mario.
Fu premiato il suo amore per il mare quando fu promosso, in terza media, con una piccola bar­ca a vela con cui potè scorrazzare liberamente. In seguito ha avuto altre barche per soddisfare la sua passione per la pesca soprattutto ai polpi e coi palamiti. Ora ha un Calafuria che tiene dal Tafi e che principalmente usano i figli e un gozzetto di quattro metri del Garfagnoli, una cosa ormai rara, e che lui tiene e tratta come una cosa sacra.
Quando Don Mario Udina organizzò la processione in mare della Madonna lui era sulla barca al cui timone c'era Vittorio Fanucci, detto "la Pepa" gran bevitore e gran menestrello del mare. Quella notte, con le barche munite di lampara, uscirono dal Porticciolo con un bel vento di scirocco e onda formata. La barca saltava sulle onde e la Madonna oscillava pericolosamente. La Pepa, che aveva un pò approfittato in quanto a vino ingerito, affrontò con gran maestria tutti i cavalloni pren­dendoli ora di prua, ora di trequarti. Nessuno ha mai saputo se, quella sera, la Pepa si fosse reso conto del mare che stava affrontando. La moglie di Mario, milanese e anche lei sulla barca, ogni vol­ta che vedeva passare l'indomito timoniere lo guardava con una certa aria mista di terrore e di ammi­razione.
Da giovanotto, come tutti i Castiglioncellesi, non vedeva l'ora che arrivasse l'estate e, con essa, le villeggianti. Dopo essere andato per polpi, la sera andava a finire i quattrini nelle sale da ballo, al Cardellino, all'Ovo Sodo e allo Scoglietto. Era una gioventù spensierata che cercava di divertirsi dopo gli anni della guerra e il ballo era occasione di baldoria e di piacevoli incontri. Alla Lucciola, per entrare, bisognava pagare, e potevano andarci solo una volta la settimana…regolarmente. Sì per­ché altre volte riuscivano ad entrare passando dagli scogli sotto il tiro a volo. Per fortuna il locale fu poi rilevato dal Ferrini, amico di Serredi, e per i calettani fu più facile trovare il modo di entrare.
In inverno c'era solo il bar e, a Caletta, ce n'erano due: il Signorini, frequentato meglio, e il Calderini, frequentato da gente più ruspante, ma col gioco del biliardo. E, col biliardo, Mario consumò molte stecche, ma con scarsi risultati, meglio le boccette. La vita e la rivalità proprie dei bar di paese portarono, nel '60, alla organizzazione di una memorabile partita di calcio tra scapoli e ammogliati. Il giorno della partita le due compagini, già in veste da gioco, sfilarono per il paese su due camions con tanto di grancassa e strumenti vari. La tenzone fu aspra, le membra appesantite spesso portaro­no a scontri da scintille: chi rimaneva a terra veniva soccorso dallo Staccioli che, in veste di massaggiatore, annaffiava i contusi con un una macchina da ramare. La cronaca dice che prevalsero gli sca­poli per 4-3.
Il negozio, in cui tanta vita ha fatto scivolare, fu aperto nel '20 e nel '26 arrivò la licenza per commerciare un pò di tutto, dalla cartoleria alle pannine, dai saponi ai giocattoli, dalle stoviglie agli articoli da regalo. Per 10 anni ha anche avuto un negozio in Castiglioncello, Via Fucini, che poi ha ceduto ad una sua commessa, Lucia Lami, ma non nasconde l'idea di tornare, se se ne offre la possibilità, sulla piazza. Del suo diploma di geometra non ha fatto uso ed ha lasciato ai figli la gestione del negozio anche se spesso lo si può vedere dietro al banco a far attenzione ai resti e a non esagerare con gli sconti. Il tempo libero lo passa nel suo pezzetto di terra, sopra il Caverone, a lavorare con le proprie mani sui solchi che daranno le più deliziose primizie, dall'insalata ai piselli, dalla frutta ai baccelli.
Su un campo ha conosciuto i suoi onori, su un campo diverso ha trovato la tranquillità necessa­ria per non pensare troppo a quei tempi che non tornano più ma che sicuramente ci sono stati.

              "MARIACCIA"

La gloria fatta 'n casa come 'rpane
tè l'hai mangiata e sempre avuta 'n mano
su quer campo di guerre ormai lontane
che come un Re eri 'r centro mediano

I riordi si sa spesso son foglie
che 'r vento un po' le leva e un po' l'ammucchia
hai vinto tanto se pur senza medaglie
e le tu' foglie son lì, dentro 'na nicchia

Ora, co' un po' d'anni sulle spalle
difendi 'r gioo tuo nella vetrina
aspetti l'avversario e un ci son palle
Re sei rimasto ma della pannina

Un ti leva' di dosso 'uella maglia
di difensore onesto come sei
riorda che la vita è meraviglia
quando ner cambio un ci rimetti mai

Dal volume "Dar tempo dell'etruschi ar tempo de' Caini" di Castaldi Lami Mariaelli scaricabile dal sito.
 

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