IL MONDO ALLA
ROVESCIA (1943)
“Oggi, Signori e Signore” grida come un ossesso il rag. Paoletti,
noto per i suoi lunghi discorsi e per il baccano che fa alla mensa, “oggi
Vi farò vedere il mondo alla rovescia".
“Avanti, Signori; sotto a chi
tocca: primi gli uomini, per cavalleria (si fa avanti la signorina Scarlini). “Ma no, signore,
Voi siete una donna”, osserva argutamente
il rag. Paoletti. La sig.na Scarlini, a malincuore si allontana,
seguita dai concupiscenti sguardi dei presenti.
Si fa avanti il Maestro
di Ponte Ginori, con un foglio di carta dove è scritto il discorso:
“Signori", egli esclama “Ho finito”. Il magnifico discorso è
entusiasticamente applaudito soprattutto dai nuovi giunti alla
mensa,
addirittura in tumulto. L’infernale baccano può essere sedato
soltanto dall'intervento di Patrizia, che impone il silenzio. E’ ora
la volta di Carletto il quale, per farsi vedere da tutti, è costretto
a salire sopra una sedia; ciò nonostante, non riesce a farsi vedere
dalla signora Picco. “ Ma c’è anche la signora Picco? “ esclama l’ing.
Perrone”. Strano, non avevo sentito la sua voce...”
Si fa ora avanti l’avv. Toni, solo soletto. Dice che a tavola è
sempre solo, si annoia e invidia il dr. Turchetto, sempre circondato
dai suoi parenti. Il dr. Turchetto, sentendo che si parla di lui,
tace.
E’ la volta di Giuseppe Mazzini che, com'è risaputo è testè uscito da
Volterra dove era ricoverato assieme ad un altro malato che si riteneva
Napoleone. Mazzini si lamenta che nessun giornale parli più di lui:
Gasparri prende nota della lamentela; provvederà presso chi di
dovere.
Preceduto da uno squillo di tromba entra il grande
Napoleone, veramente imponente per statura: peccato che abbia la voce
piuttosto esile, cosicché tutti non lo possono ben sentire. L’unico
che lo sente ottimamente è il sigr. Botti, ma anche il col. Santucci
assicura di sentirlo. Molti tra i presenti ritengono che Napoleone sia un emerito imbroglione e che il suo vero nome sia un altro.
Il col. Santucci, a nome di tutti, gli chiede perentoriamente se
abbia le carte in regola. Napoleone risponde che gli manca il settebello, ma tutte le altre carte sono a posto. Ne approfitta, anzi
per iniziare la partita con l’ing. Muzzati che, come il solito, vince.
A questo punto il rag. Paoletti, che è stato fin qui l’animatore
della discussione, deve uscire per servizio. Lo sostituisce il suocero
del sig Lacroix il quale a voce altissima, in perfetto italiano, tiene
la prolusione sul tema: “Un bel tacer non fu mai scritto”. Non ha
ancora iniziato a parlare, che astanti intuiscono che il tema è
stato brillantemente svolto. Tra le signore invece, si nota parecchio
nervosismo: pare non siano d’accordo sul valore del tema. Il suocero
del sig. Lacroix riprende le sue funzioni di Presidente e da la parola
al genero, il quale gliela restituisce tra gli applausi generali.
Si fa ora avanti il sig Ferrari, il quale, premesso che avrebbe preferito rimanere nell’ombra, rivolge un affettuoso saluto a
Napoleone, cui si sente legato da particolare simpatia e lo prega,
con l’occasione, di interessarsi a favore di un suo carissimo amico
che, per tirare avanti, è costretto a fare l’ingrato mestiere dello
spazzino. Napoleone assicura il suo personale interessamento; gli
raccomanda però di non sparigliarlo con qualche altro.
Il Presidente, a questo punto, richiama a dovere l’ing. Muzzati,
che tiene un atteggiamento un po’ troppo volgare; gli propone, come
esempio a cui uniformarsi: la signorilità e la compitezza di Fiacca,
l’eleganza di Gasparri, il senso della misura di Turchetto.
Ecco ora
il rag. Agretti il quale, dopo aver recitato la lirica “gli otto biondi”
di famoso autore, coglie l’occasione per raffrontarlo a D’Annunzio
che gli è indubbiamente inferiore. Agretti ha parole di fuoco
contro D’annunzio a cui rimprovera sopratutto l’eccessiva
spiritualità dei motivi.
Il rag. Bartolomei avanza tutto dimesso e raccoglie, per questo suo
atteggiamento, la simpatia dei presenti,
esclusa quella degli amanti del gioco del calcio che ripongono nei
piedi il valore dei loro eroi. Segue Seu a passi lenti e compassati.
“Chi Seu?” gli chiede il maestro ben noto per il suo umorismo. “Sono Tu, risponde
Seu che, sommandosi
a suo fratello, fa dodici senza difficoltà.
Bruno Pischiutta, serio
e accigliato, intrattiene gli astanti sull’amore e dopo aver fatto una dichiarazione amorosa a tutte le donzelle
presenti, (tutti osservano il viso bianchissimo, forse di paura),
si siede e resta fermo
sino alla fine del pranzo.
Marchi, a ciò espressamente invitato,
racconta, in perfetto accento italiano, una barzelletta che, per quanto spiritosa, non interessa
troppo per la eccessiva castigatezza. A questo punto il Presidente,
dopo aver lodato la tranquillità e la bontà
di Paolo, Gianlorenzo e, sopratutto di Alberto, i quali durante
tutta la di discussione non hanno infastidito nessuno, permettendo
così lo sviluppo regolare di essa, dichiara chiusa la prima parte dello
spettacolo e concede dieci soli
minuti di libertà in modo da dare alle signora (ora tocca a loro!)
la possibilità di prepararsi. Ma le signore, sempre pronte così come
quando si tratta di uscire con i rispettivi mariti, stanno già
all’erta e muoiono dal desiderio di esibirsi in pubblico. Cosicchè il
Presidente non riesce a trattenere la figlia, signora Lacroix, che
entrata rapidamente in scena, canta a piena voce una brillantissima
canzonetta. Segue la signora Boni che, a differenza delle due
figliole, è sempre allegra e gioconda. La signora Muzzati si presenta
tenendo in braccio il figlio Carletto, che guarda amorevolmente la
sua mamma voltando gli occhi in su. La scena tanto patetica è
favorevolmente commentata dai presenti che applaudono trattenendo a
stento le lacrime per la commozione. La signora Perrone e la sig.ra
Picco parlano dello spettacolo teatrale cui hanno assistito ieri
sera. Domani incomincerà la stagione dell’opera per la quale hanno
già preso l’abbonamento permanente dalla sig.ra Ramazzotti. La
sig.ra Tosolini,
bionda, evanescente, scompare facilmente tra la folla, e il Presidente
deve fare più volte il giro della tavola prima di trovarla. (Tutti
del resto sono abituati a fare il giro della tavola, che è attualmente uno degli
sport più in voga, accanto al tiro della cinghia e
al salto del pasto). La sig.ra Benvenuti canta con la sua voce
sottile, una canzoncina delicata, commovente.
Ma guarda un po’ chi si presenta ora al proscenio: la sig.na Bianca
Pischiutta!! Chi avrebbe mai pensato che avesse tanto coraggio da
esibirsi in pubblico e affrontare il giudizio della folla? Lei, così
timida e impacciata. La sig.na Pischiutta canta, per quanto
maledettamente stonata, una canzone italiana.
In questo preciso istante
la sirena di Ponte Ginori che, come si sa funziona alla perfezione,
suona l’allarme. Tra la gente che disordinatamente si da alla fuga,
invocando la divinità, imprecando, singhiozzando, s’erge austera e
solenne la sig.ra Pischiutta, magnifico esempio di compostezza e di
tranquillità, la quale, con fine dialettica, riesce a
convincere gli astanti della inutilità della fuga: cosicché, alla
fine, tutti, affascinati dalla parole e più ancora dall’esempio della
nostra eroina veramente spartana si rimettono a sedere. Ma ormai
il Presidente non riesce a tenere più la disciplinate e la serietà,
che vanno
a farsi friggere assieme al pesce di cui dalla cucina entra il gradevole
odore. E’ tempo di andare a tavola e benché nessuno abbia
fame, pure è necessario fare onore alla magnifica pastasciutta ed ai
gustosi e saporitissimi manicaretti che la mensa procura e che
l’inappuntabile servizio di camerieri offre con ogni signorilità. I
commensali, per far onore alla mensa e mangiare un po’ di tutto, sono
costretti a gettar via gli ossi non completamente spolpati; ed è un
vero peccato che tutta questa grazia di Dio vada poi a finire nella
spazzatura, non essendoci neppure un cane che la raccolga.
Ma bisogna affrettarsi perché quantunque nessuno impedisca di rimanere
su oltre la
mezzanotte, tutti hanno voglia di andare a letto per riposarsi dalle
fatiche e dal lavoro immane della giornata . |