pagine: "dedicate alle vostre foto e non solo..." 

 Le caricature del Dr. Bruno Pischiutta

   
         
Ponteginori 1943 - 1944

                                           IL MONDO ALLA ROVESCIA (1943)
“Oggi, Signori e Signore” grida come un ossesso il rag. Paoletti, noto per i suoi lunghi discorsi e per il baccano che fa alla mensa, “oggi Vi farò vedere il mondo alla rovescia".
“Avanti, Signori; sotto a chi tocca: primi gli uomini, per cavalleria (si fa avanti la signorina Scarlini). “Ma no, signore, Voi siete una donna”, osserva argutamente il rag. Paoletti. La sig.na Scarlini, a malincuore si allontana, seguita dai concupiscenti sguardi dei presenti.
Si fa avanti il Maestro di Ponte Ginori, con un foglio di carta dove è scritto il discorso: “Signori", egli esclama “Ho finito”. Il magnifico discorso è entusiasticamente applaudito soprattutto dai nuovi giunti alla mensa, addirittura in tumulto. L’infernale baccano può essere sedato soltanto dall'intervento di Patrizia, che impone il silenzio. E’ ora la volta di Carletto il quale, per farsi vedere da tutti, è costretto a salire sopra una sedia; ciò nonostante, non riesce a farsi vedere dalla signora Picco. “ Ma c’è anche la signora Picco? “ esclama l’ing. Perrone”. Strano, non avevo sentito la sua voce...”
Si fa ora avanti l’avv. Toni, solo soletto. Dice che a tavola è sempre solo, si annoia e invidia il dr. Turchetto, sempre circondato dai suoi parenti. Il dr. Turchetto, sentendo che si parla di lui, tace.
E’ la volta di Giuseppe Mazzini che, com'è risaputo è testè uscito da Volterra dove era ricoverato assieme ad un altro malato che si riteneva Napoleone. Mazzini si lamenta che nessun giornale parli più di lui: Gasparri prende nota della lamentela; provvederà presso chi di dovere.
Preceduto da uno squillo di tromba entra il grande Napoleone, veramente imponente per statura: peccato che abbia la voce piuttosto esile, cosicché tutti non lo possono ben sentire. L’unico che lo sente ottimamente è il sigr. Botti, ma anche il col. Santucci assicura di sentirlo. Molti tra i presenti ritengono che Napoleone sia un emerito imbroglione e che il suo vero nome sia un altro. Il col. Santucci, a nome di tutti, gli chiede perentoriamente se abbia le carte in regola. Napoleone risponde che gli manca il settebello, ma tutte le altre carte sono a posto. Ne approfitta, anzi per iniziare la partita con l’ing. Muzzati che, come il solito, vince. A questo punto il rag. Paoletti, che è stato fin qui l’animatore della discussione, deve uscire per servizio. Lo sostituisce il suocero del sig Lacroix il quale a voce altissima, in perfetto italiano, tiene la prolusione sul tema: “Un bel tacer non fu mai scritto”. Non ha ancora iniziato a parlare, che astanti intuiscono che il tema è stato brillantemente svolto. Tra le signore invece, si nota parecchio nervosismo: pare non siano d’accordo sul valore del tema. Il suocero del sig. Lacroix riprende le sue funzioni di Presidente e da la parola al genero, il quale gliela restituisce tra gli applausi generali.
Si fa ora avanti il sig Ferrari, il quale, premesso che avrebbe preferito rimanere nell’ombra, rivolge un affettuoso saluto a Napoleone, cui si sente legato da particolare simpatia e lo prega, con l’occasione, di interessarsi a favore di un suo carissimo amico che, per tirare avanti, è costretto a fare l’ingrato mestiere dello spazzino. Napoleone assicura il suo personale interessamento; gli raccomanda però di non sparigliarlo con qualche altro.
Il Presidente, a questo punto, richiama a dovere l’ing. Muzzati, che tiene un atteggiamento un po’ troppo volgare; gli propone, come esempio a cui uniformarsi: la signorilità e la compitezza di Fiacca, l’eleganza di Gasparri, il senso della misura di Turchetto.
Ecco ora il rag. Agretti il quale, dopo aver recitato la lirica “gli otto biondi” di famoso autore, coglie l’occasione per raffrontarlo a D’Annunzio che gli è indubbiamente inferiore. Agretti ha parole di fuoco contro D’annunzio a cui rimprovera sopratutto l’eccessiva spiritualità dei motivi.
Il rag. Bartolomei avanza tutto dimesso e raccoglie, per questo suo atteggiamento, la simpatia dei presenti, esclusa quella degli amanti del gioco del calcio che ripongono nei piedi il valore dei loro eroi. Segue Seu a passi lenti e compassati. “Chi Seu?” gli chiede il maestro ben noto per il suo umorismo. “Sono Tu, risponde Seu che, sommandosi a suo fratello, fa dodici senza difficoltà.
Bruno Pischiutta, serio e accigliato, intrattiene gli astanti sull’amore e dopo aver fatto una dichiarazione amorosa a tutte le donzelle presenti, (tutti osservano il viso bianchissimo, forse di paura), si siede e resta fermo sino alla fine del pranzo.
Marchi, a ciò espressamente invitato, racconta, in perfetto accento italiano, una barzelletta che, per quanto spiritosa, non interessa troppo per la eccessiva castigatezza. A questo punto il Presidente, dopo aver lodato la tranquillità e la bontà di Paolo, Gianlorenzo e, sopratutto di Alberto, i quali durante tutta la di discussione non hanno infastidito nessuno, permettendo così lo sviluppo regolare di essa, dichiara chiusa la prima parte dello spettacolo e concede dieci soli minuti di libertà in modo da dare alle signora (ora tocca a loro!) la possibilità di prepararsi. Ma le signore, sempre pronte così come quando si tratta di uscire con i rispettivi mariti, stanno già all’erta e muoiono dal desiderio di esibirsi in pubblico. Cosicchè il Presidente non riesce a trattenere la figlia, signora Lacroix, che entrata rapidamente in scena, canta a piena voce una brillantissima canzonetta. Segue la signora Boni che, a differenza delle due figliole, è sempre allegra e gioconda. La signora Muzzati si presenta tenendo in braccio il figlio Carletto, che guarda amorevolmente la sua mamma voltando gli occhi in su. La scena tanto patetica è favorevolmente commentata dai presenti che applaudono trattenendo a stento le lacrime per la commozione. La signora Perrone e la sig.ra Picco parlano dello spettacolo teatrale cui hanno assistito ieri sera. Domani incomincerà la stagione dell’opera per la quale hanno già preso l’abbonamento permanente dalla sig.ra Ramazzotti. La sig.ra Tosolini, bionda, evanescente, scompare facilmente tra la folla, e il Presidente deve fare più volte il giro della tavola prima di trovarla. (Tutti del resto sono abituati a fare il giro della tavola, che è attualmente uno degli sport più in voga, accanto al tiro della cinghia e al salto del pasto). La sig.ra Benvenuti canta con la sua voce sottile, una canzoncina delicata, commovente.
Ma guarda un po’ chi si presenta ora al proscenio: la sig.na Bianca Pischiutta!! Chi avrebbe mai pensato che avesse tanto coraggio da esibirsi in pubblico e affrontare il giudizio della folla? Lei, così timida e impacciata. La sig.na Pischiutta canta, per quanto maledettamente stonata, una canzone italiana.
In questo preciso istante la sirena di Ponte Ginori che, come si sa funziona alla perfezione, suona l’allarme. Tra la gente che disordinatamente si da alla fuga, invocando la divinità, imprecando, singhiozzando, s’erge austera e solenne la sig.ra Pischiutta, magnifico esempio di compostezza e di tranquillità, la quale, con fine dialettica, riesce a convincere gli astanti della inutilità della fuga: cosicché, alla fine, tutti, affascinati dalla parole e più ancora dall’esempio della nostra eroina veramente spartana si rimettono a sedere. Ma ormai il Presidente non riesce a tenere più la disciplinate e la serietà,
che vanno a farsi friggere assieme al pesce di cui dalla cucina entra il gradevole odore. E’ tempo di andare a tavola e benché nessuno abbia fame, pure è necessario fare onore alla magnifica pastasciutta ed ai gustosi e saporitissimi manicaretti che la mensa procura e che l’inappuntabile servizio di camerieri offre con ogni signorilità. I commensali, per far onore alla mensa e mangiare un po’ di tutto, sono costretti a gettar via gli ossi non completamente spolpati; ed è un vero peccato che tutta questa grazia di Dio vada poi a finire nella spazzatura, non essendoci neppure un cane che la raccolga.
Ma bisogna affrettarsi perché quantunque nessuno impedisca di rimanere su oltre la mezzanotte, tutti hanno voglia di andare a letto per riposarsi dalle fatiche e dal lavoro immane della giornata .

Bruno Pischiutta era nato in quel di Casale Monferrato il 15 settembre 1925 da genitori originari di San Daniele del Friuli. Suo padre, laureato in chimica divenne un grande esperto della fabbricazione della prima fibra sintetica allora conosciuta “Il Rayon Viscosa”, conoscenza che lo portò a lavorare in diversi stabilimenti ed ad approdare infine in Francia in quel di "Clermont sur l’Oise” dove appunto Bruno frequentò le scuole medie divenendo perciò bilingue oltre ad acquisire anche una buona padronanza dell’inglese. Risalgono ad allora la passione per la caricatura ed il calcio.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale costrinse la famiglia Pischiutta a rientrare in Italia e ad approdare infine nella nostra cittadina dove il dr. Pischiutta padre completò la sua carriera di chimico presso il locale stabilimento.
Bruno completò pertanto a Livorno gli studi liceali laureandosi in seguito, brillantemente, in medicina presso l’Università di Pisa. Il dr. Bruno Pischiutta divenne quindi una figura di Medico di Famiglia, ben noto in tutto il nostro circondario per la sua disponibilità, affabilità e competenza, oltre ben inteso ad essere conosciuto per il suo humour che si esprimeva nelle sue insuperabili caricature, molte delle quali relative ad amici dipendenti Solvay, sono visibili in questa pagina. Il suo tempo libero lo dedicava all’altra sua passione, il calcio, che lo portò per molti anni, a prestare le sue arti come medico della locale squadra di calcio. Bruno ci ha lasciati il 28 luglio 2008.
(Per gentile concessione del Dr. Mario Manca - 1/2010)

              Il medico umorista - Bruno Pischiutta tra amore per lo sport e caricature
Il "dottore" viene ricordato per il suo talento per il disegno e dedizione incondizionata ai suoi pazienti ed alla medicina.
Medico di riconosciuto valore, sempre seriamente impegnato nella professione come tutti quei laureati in medicina che considerano il loro lavoro come se fosse davvero una missione, intelligente, colto, con un innato senso dell'umorismo e disegnatore provetto. Queste due ultime qualità gli permettevano di essere un formidabile caricaturista. Sono centinaia le spassose vignette da lui realizzate per ritrarre i personaggi più noti, in particolare molti dipendenti Solvay ed anche parecchi giocatori della squadra di calcio. Il suo nome era Bruno Pischiutta, anzi dottor Bruno Pischiutta. Era nato in Piemonte a Casale Monferrato in provincia di Alessandria il 15 settembre 1925 da Angelo e da Ester Salvigni. Il padre, laureato in chimica, esperto di fibra sintetica "Rayon Viscosa" si trasferì in Francia a Clermont sur l'Oise con la moglie ed i figli Bianca e Bruno. Quest'ultimo frequentò le scuole medie divenendo bilingue ed anche con una buona conoscenza dell'inglese. Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel giugno del 1940 i Pischiutta rientrarono in Italia ed infine nell'ottobre del '42 approdarono a Rosignano dove il padre completò la sua carriera di chimico presso lo stabilimento Solvay. Terminato il liceo classico Bruno si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Pisa e dopo aver affrontato gli studi con grande impegno si laureò a pieni voti il 18 luglio 1951. Immediatamente iniziò la libera professione nella zona riscuotendo subito grande fiducia da parte della cittadinanza e procurandosi una vasta clientela. Le sue giornate trascorrevano tra le visite a domicilio e quelle in ambulatorio. Filippo nipote del dottor Pischiutta, figlio del dottor Licio Amodeo che aveva sposato Bianca sorella di Bruno, ha molti aneddoti da raccontare. Ricorda che spesso lo zio doveva lasciare improvvisamente una cena o un pranzo per raggiungere urgentemente qualche paziente. Infatti in quegli anni il medico di famiglia conduceva una vita piuttosto scomoda in quanto era sempre costretto a soddisfare ogni chiamata, anche quelle notturne che lo svegliavano dopo la mezzanotte. Ogni tanto c'era anche da ridere come nel caso di quel paziente che sinceramente dispiaciuto di dover disturbare il dottore alle tre del mattino, si lasciò scappare questa frase: "Dottore, mi scuso, scommetto che dormiva?".  Un'altra volta ci fu uno che volendo fargli un grande complimento disse: "Lei sarà anche dottore, però ogni tanto le indovina". Durante una visita il dottor Pischiutta chiese al malato: "Da che parte le fa male?" e quello rispose: "Dalla parte di Castiglioncello". Un giorno si presentò un signore che desiderando far parte della sua clientela gli domandò: "Dottore, ce l'avrebbe un bu'o libero?". Ma l'episodio più grazioso fu quello di una pensionata che mostrandogli una ciste che aveva sul braccio, disse: "È tanto dottore che gliela volevo far vedere..."Il dottor Pischiutta era anche uno sportivo ed in particolare appassionato di tennis. Lo ricordo sui campi del Circolo Canottieri Solvay impegnato in accanitissimi incontri anche nelle ore più calde delle roventi giornate estive. In quegli anni anch'io giocavo a tennis e lui una volta mi donò una mia caricatura che ancora conservo attaccata ad una parete del mio studio. Il disegno mi rappresenta con la racchetta in mano e con alcuni fogli di carta che mi svolazzano intorno. Gli chiesi: "Ma questi fogli cosa significano?" e lui mi rispose candidamente: "Sono le arie che ti dai". Bruno Pischiutta per ben vent'anni, dal 1960 al 1980, ricoprì l'incarico di medico sportivo della squadra di calcio Solvay. Fu collaboratore del Tirreno dal 1978 al 1983 perché ogni settimana pubblicava una vignetta che illustrava la cronaca degli incontri della squadra biancoblù. Anche sulla famosa Settimana Enigmistica molto spesso apparivano le sue spiritose vignette. In età non più giovanissima si decise a prendere moglie e convolò a nozze con la signorina Monica Steffen che purtroppo morì improvvisamente qualche anno dopo. In seconde nozze sposò la signora Lina Pozzi, vedova con un figlio. All'età di ottantatre anni, il 28 luglio del 2008 il dottor Pischiutta dopo breve malattia cessò di vivere. Considerando il suo spiccato ed irrefrenabile umorismo, c'è da pensare che forse avrebbe disegnato volentieri anche la caricatura del suo funerale.
DINO DINI per Il Tirreno 22/5/2018