In rappresentanza del consiglio, che ha inviato comunicazione ufficiale al Comune, Ripoli e Pellicci ripercorrono le tappe, dolorose che hanno portato alla decisione di interrompere la kermesse. «Dal punto di vista economico – dicono – è sempre più difficile reperire pesce, il cui costo è notevolmente cresciuto per una causa naturale dovuta al riscaldamento delle acque che fa sì che il pesce vada ancora più in profondità. Pescarlo diventa più problematico e conseguentemente aumenta il prezzo».
Per non parlare della conservazione della materia prima, «che ha comportato ogni anno norme più stringenti, da condividere giustamente con Asl. Dal punto di vista normativo, sappiamo ormai che non è più possibile tollerare la mancanza di certificazioni di alcune attrezzature tipo padella, friggitrici, fornelli ed altre attrezzature». Insomma, una serie di regole, sempre nuove e più ferree, che rendono impossibile proseguire una delle manifestazioni estive più caratteristiche della costa.
«Per quanto riguarda la sicurezza – spiega il consiglio direttivo –, la dimensione assunta dalla festa comincia a fare a pugni con la sua ubicazione, che una volta era delimitata da siepi mentre oggi servirebbero muri alti due metri, ringhiere e restringimenti che sommati alla presenza di banchetti sia nel viale Marradi sia sul lungomare in zona Crepatura renderebbero problematica l’eventuale evacuazione; da ricordare che il tutto funziona con l’apporto di una enormità di metano, e poi c’è la padella contiene 700 litri di olio bollente. Evidente come la tranquillità viene meno». Ripoli e Pellicci ricordano anche i problemi della presenza della Festa sul territorio, «che se da un lato serve al turismo e quindi al richiamo di tantissimi turisti, dall’altro canto crea disagi e difficoltà alcuni operatori economici e cittadini che non mancano di farci notare. Siamo consapevoli che il territorio mal comincia a sopportare questa manifestazione e sentiamo di non avere più il pieno consenso».
Un’altra carenza è quella dei volontari. «Durante lo svolgimento dell’evento sono presenti – ma la stessa presenza non si manifesta durante le fasi di allestimento e rimozione delle attrezzature». E poi il dilemma delle finanze. «Da sempre nelle casse dell’associazione – spiegano Ripoli e Pellicci – ci sono stati dei fondi di tranquillità che permettevano anche di effettuare le prime spese di ripartenza dell’anno successivo, però da qualche anno è stato più difficile mantenere questa disponibilità. Le scelte fatte precedentemente, di passare da un solo fine settimana a due, sembrano non essere più sufficienti e passando a tre fine settimana siamo troppo invadenti e sarebbero in aumento i rischi meteorologici e insopportabile l’impegno dei volontari. Teniamo presente che i fondi rimasti a giugno 2019 (ultima edizione della Festa del pesce, ndr) per la prima volta non sono stati sufficienti a dotarci di monete spicciole, circa 15mila euro, per i resti alle casse e sono stati diversi consiglieri ad anticipare delle somme poi rese subito dopo il primo incasso». Infine la parte più delicata: la contabilità. «Riteniamo – dicono i consiglieri – essere fatta a regola d’arte, trasparente e alla luce del sole. Restiamo a disposizione di chiunque voglia vedere spese e ricavi».
Ecco che la Festa del Pesce chiude i batenti definitivamente. «I fondi che restano all’atto della chiusura – terminano i consiglieri –, sono circa 50mila euro. Di questi 30mila saranno messi a disposizione dell’amministrazione per posizionare una fontanella di acqua a Caletta per il rimanente attraverso un sondaggio tra i soci della Festa del pesce sono state individuate alcune associazioni del territorio e ad esse sarà devoluto. La volontà è quella riuscire a adempiere a tutti gli impegni entro il 31 dicembre, anche per non incorrere in ulteriori costi di gestione».
Anna Cecchini Il Tirreno 27 Giugno 2021