Gabriella Pescucci - biografia
Nata a Rosignano Solvay nel 1941, Gabriella Pescucci dopo le
scuole medie studia a Firenze
all’Istituto d’Arte di Porta Romana e quindi all’Accademia di Belle Arti. Nel
1964 si trasferisce a Roma, anche seguendo il consiglio e
l’incitamento del suo insegnante di disegno professor Martinelli,
e inizia subito a lavorare come assistente costumista con Pier
Luigi Pizzi, al fianco del quale realizza tra l’altro le
versioni televisive di David Copperfiel, Felicita Colombo, Addio
giovinezza. Lavora anche come assistente di Ezio Frigerio e
Piero Tosi, e con quest’ultimo collabora a Medea di Pasolini e a
Morte a Venezia e Ludwing di Visconti. Debutta nel 1968
disegnando i costumi per il film I sette fratelli Cervi
di Gianni Puccini. Tra gli spettacoli teatrali più notevoli dal
1972, cui
ha collaborato ricordiamo Ascesa e caduta della città di
Mahagonny di Brecht-Weill, Napoli chi resta e chi parte
di Viviani, Le femmine puntigliose di Goldoni, Fior di
pisello di Bourdet, Le false confidenze di Mari vaux,
Una volta nella vita di Hart e Haufman, Il trovatore
di Verdi, tutti perla regia di Giuseppe Patroni Griffi; Norma
di Bellini per la regia di Mauro Bolognini; Manon Lescaut
di Puccini per la regia di Luchino Visconti (costumi realizzati
in collaborazione con Piero Tosi), Manon Lescaut di Puccini
perla regia di Piero Faggioni; Strano interludio di O’Neill,
Gli ultimi giorni dell’umanità di Kraus per la regia di
Luca Ronconi; La traviata di Verdi, Cardillac di
Hindemith, La vestale di Spontini, tutti perla regia di
Liliana Cavani. Ma la sua attività si è svolta soprattutto in
campo cinematografico. Tra i suoi molti film ricordiamo Addio
fratello crudele, Identikit, La divina creatura per
la regia di Giuseppe Patroni Griffi; Fatti di gente perbene,
L’eredità Ferramonti per la regia di Mauro Bolognini; Il
gabbiano di Marco Bellocchio; Uomini contro e Tre
fratelli per la regia di Francesco Rosi; Prova
d’orchestra e La città delle donne per la regia di
Federico Fellini; Passione d’amore, Il mondo nuovo, La
famiglia, Spiendor, Che ora è per la regia di Ettore Scola;
C’era una volta in America per la regia di Sergio Leone
1984;
Orfeo per la regia di Goretta; Dagobert per la
regia di Dino Risi; Il nome della rosa per la regia
diJean Jacque Annaud; Le avventure del barone di Munchausen
per la regia di Terry Gilliam; L’età dell’innocenza
per la regia di Martin Scorsese premio Oscar. Tra i molti riconoscimenti
ricevuti oltre l'Oscar del '93, sei Nastri d’argento, due David di Donatello,
due premi BFTA, due Ciak d’oro. Oggi è certamente la
concittadina che nel cinema è andata più avanti.
I SETTE FRATELLI CERVI - 1967 |
L'ESTATE STREGATA - 1989 |
UOMINI CONTRO - 1970 |
INDOCINA - 1991 |
ADDIO
FRATELLO CRUDELE - 1971 |
L'ETA' DELL'INNOCENZA - 1993
PREMIO
OSCAR |
DIVINA CREATURA - 1975 |
PER AMORE SOLO PER AMORE - 1993 |
L'EREDITA' FERRAMONTI - 1976 |
LA
LETTERA SCARLATTA - 1995 |
PROVA D'ORCHESTRA - 1979 |
ALBERGO ROMA - 1996 |
LA CITTA' DELLE DONNE - 1979 |
PADRONA DEL SUO DESTINO - 1998 |
IL MONDO NUOVO - 1981 |
LA CUGINA BETTE - 1998 |
PASSIONE D'AMORE - 1981 |
I MISERABILI - 1998 |
TRE FRATELLI - 1981 |
IL TEMPO
RITROVATO - 1999 |
C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA - 1984 |
SOGNO DI UNA NOTTE DI
MEZZA ESTATE - 1999 |
IL NOME
DELLA ROSA - 1986 |
PERDUTO AMOR - 2002 |
LA
FAMIGLIA - 1986 |
VAN HELSING - 2004 |
LE AVVENTURE DEL BARONE DI
MUNCHAUSEN - 1988
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I FRATELLI GRIMM E L'INCANTEVOLE STREGA - 2005 |
SPLENDOR - 1988 |
LA FABBRICA DI CIOCCOLATO - 2005
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CHE ORA
E' - 1989 |
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23 marzo 1994 - Gabriella,
trionfo tessuto in sartoria.
«E'
proprio vero: è bello ricevere un Oscar. Sono tutti pazzi per
questa serata. E`io ero terrorizzata, emozionatissima. in sala.
Non pensavo che mi chiamassero. Dino Trapetti voleva che mi
preparassi una
frase. Ma io, forse per scaramanzia, non l'ho fatto», racconta
per telefono, con pudore, Gabriella Pescucci, la costumista
premiata con un Oscar, l'unico arrivato in ltalia, per
«L'età
dell'innocenza» di Scorsese.
Salita sul podio, quando Sharon Stone, luccicante nel vestito di
perle nero di Valentino, le ha consegnato l'Oscar, Gabriella
Pescucci ha ringraziato tutti con semplicità e sincerità ed è
scappata subito via.
«Non
so parlare. Sono però orgogliosa di questo Oscar, anche un
riconoscimento al nostro grande artigianato», dice, confessando
che si è molto divertita, come una curiosa provinciale, a
guardare da vicino così tanti attori tutti insieme.
E' uno spettacolo nello spettacolo. Ho rincontrato anche Daniel
Day Lewis e Winona Ryder. Tutti carini: quante feste,
quanti abbracci».
Dino Trapetti, che dopo la scomparsa di Umberto Tirelli manda
avanti con tenacia la celebre sartoria romana da cui
sono usciti i vestiti dell'«Età
dell'innocenza» è fiero dell'0scar di Gabriella: «E un
riconoscimento anche alla sartoria
Tirelli. Del resto Umberto considerava Gabriella una figlia.
Significa che abbiamo lavorato bene. La stessa Jane Campion
ci ha fatto i complimenti. Forse la vedremo a Roma per "Ritratto
di signora”, il film che sta preparando», spiega Trapetti.
Conosce la Pescucci da sempre, da quando la costumista nata a
Rosignano Solvay cinquant`anni fa, diploma all'Accademia di
belle arti di Firenze, giovanissima comincia a frequentare la
sartoria di Tirelli.
E Piero Tosi che la introduce come sua assistente e le fa
conoscere Luchino Visconti. La costumista racconta ancora
oggi con passione l'«iniziazione» con il grande maestro. Non si
è mai scoraggiata di fronte alla sua meticolosità, al suo
perfezionismo quasi maniacale. Anche lei è precisa, una
perfezionista. E una donna schiva. Non ama parlare di sé,
preferisce dare la parola ai suoi costumi. E l'abbiamo proprio
rilevato quando l'incontrammo lo scorso dicembre nella sartoria
della Scala dove dava gli ultimi ritocchi ai costumi per la
«Vestale» di Spuntini.
La brava costumista sapeva di essere in corsa per l`Oscar. Ma
minimizzava. Anche se ai premi, in 25 anni di lavoro per
cinema, teatro e televisione, è avvezza. Ha già avuto una
nomination nell'88 per «Le avventure del barone di Munchausen».
E ha ricevuto ottimi riconoscimenti, come il Silver Ribbon per
«La città delle donne» di Fellini ('78) e per «La famiglia» di
Scola ('85), il David di Donatello per «ll mondo nuovo» di Scola
('80), per «C'era una volta in America» di Leone ('82) e per «ll
nome della rosa» di Annaud (85).
Laura Dubini Corriere della
Sera.
I.O.M.A. - Gabriella Pescucci riceve il Premio alla Carriera.
Lunedì 28
Febbraio 2005 la Giuria degli Italian Online Movie Awards ha
assegnato durante la diretta radio su www.radioexplora.it il
Premio alla Carriera 2005: vincitrice è la straordinaria
costumista Gabriella Pescucci, realizzatrice dei costumi per
numerosi grandi film di successo internazionale e che rappresenta
uno dei più grandi talenti "tecnici" italiani che siano riusciti a
sfondare all'estero. Tra i suoi lavori importanti, figurano film
come "C'era una volta in America", "Il nome della rosa", "La
lettera Scarlatta", "Sogno di una notte di mezza estate", "Van
Helsing" e "L'età dell'innocenza". Candidata due volte ai César
Awards e due volte agli Oscar, e vincitrice di due premi BAFTA, di
due David di Donatello e di ben sei Nastri d'argento, la Pescucci
è riuscita a farsi strada tra i più grandi costumisti mondiali e
tra i suoi prossimi lavori troviamo "Charlie and the chocolate
factory", il nuovo progetto di Tim Burton, e "The brothers Grimm",
diretto da Terry Gilliam. Il Premio alla Carriera è un
riconoscimento che viene assegnato annualmente dalla giuria degli
IOMA ad un personaggio che si sia distinto in ambito
cinematografico, innovando un genere, dimostrando grandi abilità
tecniche o interpretative, o ancora, diventando un caposaldo della
cinematografia mondiale. Congratulazioni quindi alla Signora
Pescucci.
Pietro
Salvatori (4 Marzo 2005) |
Gabriella Pescucci, lady
Oscar. Da Rosignano al trionfo a Hollywood: con il cinema ha
vinto tutto. Firenze,
2 febbraio 2018 - "Ho studiato affresco a Firenze prima
all’Istituto d’Arte, scuola fantastica che avviava a un
mestiere. Poi all’Accademia di piazza San Marco e poi sono
arrivata a Roma. C’era qualcosa dentro di me, un fuoco forse:
sentivo che l’Italia mi aspettava". Bella e raggiante, elegante
con un soprabito rosso fuoco: Gabriella Pescucci è la costumista
italiana che il mondo ci invidia. Nata a Rosignano, ha vestito i
divi di Hollywood grazie a una creatività unica. A Firenze ha
visitato la Fondazione Franco Zeffirelli ospite del figlio del
Maestro, Pippo.
Signora Pescucci, che
ragazza è stata?
"Di sicuro fortunata: nel mio essere invecchiata ho la
consapevolezza di aver vissuto anni stupendi, pieni di vitalità,
di energia, di cose positive e creative. Anni tra il ’70 e l’80
dove tutto poteva accadere e soprattutto c’era un’Italia che
aspettava i giovani, non li respingeva come adesso".
L'Italia respinge i giovani?
"Fanno corsi specializzazione per ogni cosa, e questo
perché nessuno li vuole. Il Paese li respinge e cercano
escamotage. Per questo voglio soltanto assistenti giovani,
capisco la loro voglia di fare, di essere parte e partecipi di
progetti. La mia è una marginalità consapevole di chi guarda la
vita dal punto di vista degli esseri umani. Dopo il ’68 c’è
stata un’Italia meravigliosa. Ma oggi i politici sono ignoranti
sulla cultura".
Devono saperne troppe?
"Sì, non possono occuparsi di tutto e conoscere lo scibile
umano. Ma il grave è che spesso hanno consiglieri che sono
peggio di loro".
Ha avuto Oscar, Nastri d’Argento, David, Caesar: film a cui è
più legata?
"Non ho mai lavorato per avere premi. Ma di sicuro ho amato "Le
avventure del barone di Münchausen" e "C’era una volta in
America" due capolavori. Per il secondo andai a Hollywood con
Raffaella, figlia di Sergio Leone a cercare stoffe per fare i
vestiti del film. Ma poi li facemmo tutti in Italia".
E quando vinse l’Oscar?
"Fu emozionante. Sharon Stone dandomi la statuetta mi disse:
stasera devi dormire con lui".
Ci torna a Rosignano?
"Certo, sempre. C’è la casa dei miei genitori che divido con mio
fratello. Lì ho le amiche di infanzia, i miei rapporti
d’affetto: sono un capricorno fedele, io".
Cos’è il cinema per lei?
"«E’ scoprire il mondo. Devo moltissimo al cinema e spesso cerco
piccoli film per capire tanto".
Non le dà noia essere in secondo piano rispetto ai registi?
"No. Deve essere così. Perché il mio è un bellissimo lavoro ma
di équipe e di responsabilità. In fondo il trucco, i capelli e i
vestiti sono il primo passo per un attore di entrare nel
personaggio. Basta passare da Firenze e vedere la Fondazione
Zeffirelli. Il mistero è tutto lì".
TITTI GIULIANI FOTI per La Nazione
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