Erano
gli anni tra il 1925 e il 1932 -
Ugo Cesare Galluzzi, originario del Livornese, figlio
di Alfredo Galluzzi, era ambasciatore italiano in Cina. Aveva
sposato una donna inglese, Cristina Bancroft. Villa Galluzzi
l’aveva costruita e arredata con lei, su quel terreno con una
collocazione splendida sul promontorio, vicinissima al mare e
all’hotel Pineta.
L'immobile è accatastato (siamo negli anni 1929-30) a nome di
Galluzzi Alfredo fu Federigo e Ugo di Alfredo. Censito come
Villa con terrazza
con sotterraneo
(scantinato?) di 3 vani, 1° piano con 7 vani e 2° piano con 2
vani. Il 13/9/1940 passa per successione a Galluzzi Ugo, Cesare
fu Alfredo. (Grazie a
Roberto Branchetti)
Per la cronaca:
Va all’asta per 2
milioni una villa storica.
Costruita da un ambasciatore, è stata anche
quartier generale degli alleati.
Il giardino è ben curato, verde di palme, olivi e alberi di macchia
mediterranea. Una villa maestosa, in stile
tardo liberty, con quel fascino da anni
Trenta che culmina nel portico e nel tetto a
terrazza. Un gioiello, muri che se
parlassero racconterebbero di ufficiali
inglesi e americani che la abitarono durante
e dopo la seconda guerra. Racconterebbero,
soprattutto, di chi la costruì -
l’ambasciatore Ugo Cesare Galluzzi - che con
il padre Alberto aveva acquistato parte del
promontorio per erigerci una villa. Erano
gli anni tra il 1925 e il 1932. Passata agli
eredi in linea diretta (fino ad Anna
Galluzzi, figlia di Ugo Cesare), la villa in
via Marconi 9, sotto l’ex hotel Pineta, il
14 marzo sarà venduta all’incanto per quasi
due milioni di euro. Sulla villa pende
un’ipoteca; per questo, tra due mesi, sarà
venduta all’asta negli uffici giudiziari di
Livorno. Conoscenti e amici della famiglia
Galluzzi rabbrividiscono: «E’ l’ultima villa
di Castiglioncello rimasta alla famiglia di
origine. L’ultima che si è conservata
integra, sulla quale il trascorrere dei
tempi non ha lasciato segni. E appartiene a
una famiglia rispettabile, di persone
squisite». Rabbrividiscono, anche, perché
non vogliono pensare a quale destino
attenderà la villa quando il nuovo
proprietario l’avrà acquistata. Al pensiero,
insomma, che un altro edificio di così
grande valore architettonico possa essere
frazionato e diviso in appartamenti, come è
già successo per tanti edifici di pregio
nella ex Perla del Tirreno. I conoscenti
della famiglia Galluzzi raccontano di una
villa arredata in modo unico, prezioso, con
al primo piano, tredici camere e altrettante
stanze da bagno, un immenso salone rotondo
abbellito da cineserie raffinate, armadi
intarsiati e paraventi con i rami di
ciliegio intagliati nel legno rosso. La
storia. Ugo Cesare Galluzzi, originario del
Livornese, figlio di Alfredo Galluzzi, era
ambasciatore italiano in Cina. Aveva sposato
una donna inglese, Cristina Bancroft. Villa
Galluzzi l’aveva costruita e arredata con
lei, su quel terreno con una collocazione
splendida sul promontorio, vicinissima al
mare e all’hotel Pineta (che si affaccia
sull’Aurelia, di recente trasformato in
appartamenti e fondi commerciali); nella
stessa strada (via Marconi) sono nati l’hotel Tirreno, Miramare,
Leopoldo. Fin da subito, la famiglia Galluzzi ebbe relazioni di buon vicinato con
tutte le famiglie residenti nella zona.
Compresi i D’Amico, proprietari di una villa
nelle immediate vicinanze. «Ricordo
chiaramente l’ambasciatore Galluzzi -
ricostruisce la sceneggiatrice Suso Cecchi
D’Amico, raggiunta al telefono nella sua
abitazione romana -. Ricordo le nostre
discussioni sulle correnti del mare. In quel
periodo (erano gli anni tra il ’40 e il ’50)
all’improvviso avevano cambiato assetto al
porticciolo, e le correnti marine si erano
modificate». Poi arrivò la guerra, il
secondo conflitto mondiale. L’ambasciatore
Galluzzi fu richiamato. Partì (a quanto
riportano alcuni, per la campagna di Russia)
e non fece mai ritorno. Intanto la moglie
aveva cambiato dimora. La villa, invece, era
diventata quartier generale degli alleati,
prima inglesi poi americani, che l’abitavano
e da dove erano in diretto contatto con gli
altri ufficiali alloggiati nel castello
Sonnino. Gli inglesi portarono la luce
elettrica nella villa. Ancora oggi, nel
seminterrato, chi conosce la villa riporta
che si trova la centralina dell’energia
elettrica, attaccata a una parete, collegata
ad alcuni spezzoni di impianto come era in
origine all’epoca in cui fu installato. Più
tardi, dopo la fine della guerra, nella
villa trovarono dimora, ancora per alcuni
anni, più ufficiali americani ai vertici di
Camp Darby. Ogni mattina lo chaffeur
arrivava e li portava in auto alla base
americana (non più tardi di qualche anno fa
sono stati portati via dalla villa le ultime
tracce della permanenza dei soldati inglesi
e americani nella villa: nel garage era
rimasta una jeep, negli armadi bandiere e
documenti risalenti alla guerra). La
denuncia di successione risale al novembre
del 1953, come dal testamento depositato
presso il notaio romano Floriano Rosa. La
figlia Anna Galluzzi (che ne frattempo si
era sposata con il regista romano Luciano
Perugia e si era trasferita nella capitale)
ereditò la nuda proprietà dell’edificio
residenziale, mentre l’usufrutto passò, in
parti uguali (per volontà dell’autore del
testamento), alla moglie Cristina Bancroft e
alla sorella Renata Galluzzi, che aveva
sposato un nipote di Giuseppe Garibaldi ed
era rimasta vedova. Cristina e Renata sono
rimaste nella villa fino alla fine dei loro
giorni. La signora Bancroft - descritta come
una figura alta ed esile, una donna di
profonda gentilezza, molto attaccata alle
piante che popolavano il suo parco - ha
vissuto fino a 102 anni, per spegnersi circa
tredici anni fa (è seppellita nel cimitero
di Castiglioncello). Da allora, la villa è
stata abitata saltuariamente, in prevalenza
d’estate, dall’attuale e unica proprietaria,
Anna Galluzzi, con il marito (scomparso
pochi anni fa e anche lui sepolto a
Castiglioncello), i tre figli e i nipoti.
Purtroppo, in più di un’occasione, villa
Galluzzi è stata saccheggiata senza pietà
dai ladri, che l’hanno derubata di tanti
oggetti di valore inestimabile. La villa.
Dalla perizia in possesso dell’ufficio
esecuzioni immobiliari del tribunale di
Livorno, risulta che l’anno di costruzione
della villa e del fabbricato di pertinenza
(veniva utilizzato all’epoca, sembra, come
stalla per i cavalli) non è individuabile
con certezza. Si può affermare la
costruzione sia successiva al 1920 (quando
il terreno fu acquistato) e precedente il
1939 (anno riportato sulla planimetria
catastale rinvenuta), ma potrebbe essere
anche precedente al 1932 secondo una pratica
edilizia rinvenuta e relativa a un
ampliamento. La villa è formata da un
fabbricato principale ben conservato che si
sviluppa su tre livelli (seminterrato e due
piani), con copertura a terrazza. Il
giardino circostante (da via Marconi in
salita) è di 4.570 metri quadrati; vi si
accede anche da via Fellini e via Amendola.
Vincoli. Dagli accertamenti condotti dal
professionista che ha eseguito la perizia
per l’ufficio esecuzioni immobiliari, la
villa risulta inserita nella classificazione
delle zona A del piano regolatore vigente
(sono così classificati «immobili e
complessi edilizi, isolati e aree di
rilevante valore storico, artistico,
ambientale»). Ma mentre all’epoca della sua
costruzione, sull’edificio residenziale e il
parco annesso gravavano, vincoli di tipo
ambientale (come su tutti gli immobili di Castiglioncello, del resto), e di carattere
storico artistico, oggi questi ultimi
sarebbero decaduti, per abrogazione della
legge che li istituiva. Vendita. Le
domande per avere accesso alla vendita
all’asta senza incanto (esecuzione numero
253/02) dovranno pervenire entro le ore 13
del 14 marzo 2005 al tribunale di Livorno.
Il prezzo base di vendità è fissato in un
milione 940mila euro. La vendita all’asta
scatta a seguito di un pignoramento
immobiliare a favore di Intesa Bci Gestione
Crediti spa, con sede a Milano, nei confronti dell’attuale
proprietaria, e dall’iscrizione di un’ipoteca giudiziale
(derivante da decreto ingiuntivo del tribunale di Roma).
Da "Il Tirreno" del 12-01-2005 di Barbara Antoni |