La Tabula Peutingeriana rappresenta
il più importante monumento cartografico dell'antichità. Scoperta alla
fine del XV secolo dall'umanista viennese Konrad Celtes, bibliotecario di
Massimiliano I in una biblioteca di Worms e da lui rimessa nelle mani di
Konrad Peutinger, un antiquario di Augusta (dal quale la Tabula deriva il
suo nome), la carta è attualmente è conservata presso la Biblioteca
Nazionale di Vienna. È dipinta su pergamena ed era originariamente divisa
in 12 segmenti, il primo dei quali è andato perduto; l'unione dei fogli
costituirebbe un rotolo lungo poco meno di 7 metri e alto 34 cm. Quanto
alla sua datazione, la critica più recente è concorde nel ritenere che si
tratti di una copia medievale di una carta originale dell'età romana
imperiale.
L'Italia si sviluppa per cinque segmenti (pari a 2,10 metri), con una
ricchezza di informazioni geografiche ben superiore a ogni altro luogo, in
modo da creare un'evidente sproporzione di rapporto rispetto ai restanti
territori. Nei particolari, notiamo l'Adriatico raffigurato come una
sottile striscia allungata; l'articolazione della penisola istriana
distintamente individuata nelle linee generali, cosa che non sarà consueta
neppure nelle carte del Cinquecento; l'assenza dell'apparato deltizio del
Po, che doveva cominciare a formarsi solo più tardi, nei secoli XV e XVI;
la mancanza del promontorio del Gargano, forse perché non c'erano
diramazioni stradali importanti che vi penetrassero. Ma, come si è detto,
lo scopo principale della Tabula era di carattere itinerario. Le strade
sono tracciate in rosso, con segmenti uniti tra loro da brevi angoli o
gomiti, vicino ai quali compaiono i nomi delle località toccate; ogni
segmento indica, perciò, una frazione dell'intero percorso. Le distanze
sono espresse in miglia, con numeri romani. I diversi percorsi stradali
trovano il loro centro d'incontro e di diramazione nelle città principali. |