Vada oggi

Villa Mazzanta trasformata in residence nel 2004, immersa in un parco di 5.000 mq.
E' stata la residenza estiva di Clara Calamai
(foto a destra)  e per i ricoverati al manicomio di Volterra.

        Un residence nella villa della Calamai

Sono in tanti, fra i “ragazzi” locali tra i sessanta e i settanta ad avere ancora stampata in mente l’immagine dell’attrice Clara Calamai distesa al sole sulla spiaggia privata della sua villa alla Mazzanta. Proprio quella casa maestosa, prima residenza di lusso costruita nella zona sud di Rosignano, oggi diventa un residence...Come l’araba fenice che risorge dalle ceneri della distruzione, anche la villa dell’attrice cinematografica pratese (divenne contessa sposando il conte Alberto Bonzi e molto discussa per i suoi comportamenti anticonformisti, anche davanti la macchina da presa) ha avuto una storia molto tormentata.  Fu costruita negli anni Quaranta, una residenza marina di lusso immersa nella vegetazione e molto isolata, con una spiaggia propria. Negli anni è passata più volte di proprietà: all'inizio degli anni '50, Clara Calamai cedette la villa a un nobile del nord Italia, mentre una parte dell'immobile fu acquistato dai titolari del colorificio Max Mayer. Poi nel '52 la villa e molti dei terreni che la circondavano passarono a Salvatore Ciarlo. Più di recente, dal 1975 circa, mentre la Mazzanta viveva la sua vorticosa espansione urbanistica, divenne colonia marina per bambini dell’Asl di Volterra. In disuso dalla prima metà degli anni '90 e quindi caduta in degrado, fu messa in vendita dall’Asl che ne era proprietaria. L'acquistò nel 2001, per una cifra di 850mila euro, la immobiliare di Massimo Sobrini. Per i Sobrini, Villa Mazzanta rappresenta un ulteriore investimento nel settore turistico ricettivo: sono già proprietari del residence Stella del Mare e hanno una partecipazione in un campeggio della zona, il Mare Blu. << In tutto questo tempo spiega Massimo Sobrini non siamo riusciti a risalire alla data certa della costruzione della villa, ma di certo fu eretta negli anni Quaranta. Fu la prima villa alla Mazzanta: a quell’epoca nella zona si trovavano solo alcune case coloniche e l’immobile della bonifica. La struttura ha molte caratteristiche architettoniche analoghe alle colonie di Calambrone». Negli anni la villa ha subito, spiega ancora Sobrini, «tre ristrutturazioni forti. Non abbiamo trovato alcun segno dell’attrice, se non una mattonella con lo stemma della famiglia nobiliare Bonzi, cui apparteneva per aver sposato il conte Alberto». (Da Il Tirreno del 19/6/2005)

                                         DIVA DELLO SCANDALO
La prima a mostrare il seno al cinema. Alla Mazzanta veniva a riposarsi. Appartiene a Clara Calamai il primo seno nudo sul grande schermo della cinematografia italiana. Era il 1941 e l’interpretazione quella de “La cena delle beffe”, di Alessandro Blasetti tratto dall’opera teatrale omonima di Sam Benelli. Era nata a Prato, nel settembre 1915, secondo la versione ufficiale che ha mantenuto tutta la vita: solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1998 a Rimini, si scoprì che in realtà era nata nel 1909. A Prato aveva vissuto nella sua casa di via Della Robbia, fino a poco meno di diciotto anni. Era figlia di un capostazione fiorentino, Priamo Grazzini. Lasciò giovanissima Prato per dimenticare una sfortunata storia d'amore con un uomo più grande di lei. Tentò anche di suicidarsi sparandosi un colpo di pistola al petto. Ma la vita aveva ancora molto da riservarle: soprattutto una lunga e luminosa carriera cinematografica. Una bellezza che non poteva passare inosservata. Il primo a notarla fu il produttore Eugenio Fontana, alla ricerca di volti nuovi per il film “Pietro Micca”. Il regista Aldo Vergano tenne a battesimo la fulminante carriera della Calamai, che ha girato oltre trenta film in vent’anni, tra cui pellicole indimenticabili come “Ossessione” e “Le notti bianche” di Luchino Visconti. Nella villa della Mazzanta, Clara Calamai trascorse molte estati, soprattutto dopo il matrimonio con il conte Bonzi. Gli abitanti sapevano dei suoi soggiorni e spesso, curiosi, si avvicinavano alla villa per ammirare la sua bellezza.  

 

Foto di Aulo Bernini del 1955. Ricorda Antonio Zaimbri su FB: Clara Calamai, per questo costume (uno dei primi due pezzi) venne addirittura arrestata dai carabinieri e l'arresto avvenne proprio vicino alla cabina con scritta Ferrania che funzionava da base di appoggio di Foto Bernini ed era piazzata vicino alle gabine dei bagni Lido .. e ogni mattina veniva in paese Vada a cavallo. Aveva anche l'aereo personale, un piccolo aereo modello "cicogna" e la base di atterraggio di fianco alla villa a Mulino a Fuoco.

 

 

 

 

 

Clara Calamai, morta a Rimini all'età di 89 anni, è stata forse uno dei primi «vip» a frequentare le nostre spiagge. Ben prima che Castiglioncello divenisse la meta dei «cinematografari» degli anni '60 (Sordi, Mastroianni, Gassman ecc.), la Calamai aveva infatti scelto l'allora isolatissima zona della Mazzanta come rifugio, soprattutto estivo, durante le pause concesse dal set. Il rifugio quasi segreto di Clara Calamai, in quegli anni '40 che videro i suoi maggiori successi cinematografici, e poi fino ai primi anni '50, era una bella villa circondata solo da campi e da rare case di contadini. Da lì poteva raggiungere la spiaggia, allora quasi deserta, e godersi sole e mare indisturbata. Memorie paesane, che ormai sanno quasi di leggenda, raccontano della bellissima attrice involontariamente sorpresa da alcuni pescatori a prendere la tintarella nuda, stesa su una barchetta nel mare di Molino a Fuoco. Un evento davvero eccezionale in quegli anni ormai lontani e che comunque ben si addice al «mito» della diva pratese, la prima a mostrare il seno nudo nella celebre scena de «La cena delle beffe», del 1942. Il «rifugio» della Calamai, in quella Mazzanta che sapeva ancora di selvaggia Maremma, sfuggì praticamente a tutti all'epoca. Anche se nei pressi della villa, l'attrice si era fatta costruire una piccola pista di atterraggio per raggiungere la meta delle sue vacanze in aereo. I «paparazzi» ancora non c'erano, così come la Tv, e i giornali non si affannavano a inseguire i «divi» anche in vacanza. La Mazzanta, poi, erano giusto quattro case di contadini sparse in campi immensi e anche a Vada - dove il cinema non c'era - si pensava più alla ricostruzione dopo la guerra che al fascino della celluloide. (Da Il Tirreno del 23/9/1998)

                              IL MANICOMIO NELLE COLONIE ESTIVE DI VADA

Sulla marina di Vada tra la pineta e il mare, fra gli anni Sessanta e Settanta sorsero una serie di colonie estive. Perlopiù casette in legno realizzate da parrocchie dell'entroterra della Toscana destinate al soggiorno estivo di ragazzi. Con gli anni divennero numerose. Oggi ne rimangono solo alcune. Fra queste verso la metà degli anni Settanta, ne sorse una che si differenziava da tutte le altre, non solo perché fatta in muratura, ma per gli ospiti che vi soggiornavano, che erano i pazienti dell`Ospedale psichiatrico di Volterra, o come veniva chiamato a quei tempi, del "manicomio". Un capitolo poco conosciuto, ma molto interessante della recente storia locale che, peraltro fa luce anche su altre vicende meno note.

La villa Mazzanta. L’edificio in questione nasce come villa. Fu la residenza di villeggiatura di Clara Calamai, diva del cinema anni Quaranta, nota anche per essere stata la prima a mostrare il seno nudo sul grande schermo della cinematografia italiana. Per l’esattezza si trattava del film di Alessandro Blasetti “La cena delle beffe” del 1942. La Calamai ebbe una gloriosa carriera, lavorando fra gli altri, anche con Luchino Visconti. La villa risale agli anni Quaranta e probabilmente fu fatta costruire proprio dall'attrice pratese, morta nel 1998 e divenuta contessa dopo il matrimonio con il conte Alberto Benzi. Un edificio maestoso, con accesso diretto alla spiaggia,

immerso nella vegetazione e isolato, dato che a quei tempi la zona della Mazzanta non era ancora urbanizzata. La villa cambiò poi vari proprietari fino alla metà degli anni Settanta, periodo dell`urbanizzazione più consistente dell`area, quando fu acquistata dall`ospedale psichiatrico di Volterra, al fine di organizzarvi soggiorni per gli internati. Nel frattempo, dal dopoguerra nella zona erano sorte numerose colonie estive su iniziativa di parrocchie dell'entroterra toscano.

Il campeggio di don Cuba. Fra le tante esperienze, ricordiamo quella di don Danilo Cubattoli. “don Cuba", come lo chiamavano i ragazzi di San Frediano, parrocchia dello storico quartiere nel cuore di Firenze. Considerato “prete di frontiera”, don Cubattoli è stato cappellano dell'Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale degli Operai e presso le carceri delle Murate, Santa Teresa e Sollicciano. Nel ‘54 intraprese, in sella alla sua motocicletta, uno viaggio attraverso dieci stati e tre continenti per raggiungere la vetta del Kilimangiaro, in Tanzania, e celebrare una messa in onore di tutti i lavoratori del mondo. Sensibile alle tematiche sociali, si impegnò per i ragazzi più poveri del suo quartiere, per il quali sognava un futuro migliore; tornato a Firenze, si mise alla ricerca di un luogo dove trascorrere con loro parte dell’estate, avendo a disposizione più tempo

per occuparsi della loro formazione. Grazie alle indicazioni dell'allora capo della Forestale, individuò a Vada il luogo dove allestire il campeggio.

I soggiorni dei “matti”. Diversa l`esperienza degli ospiti dell'ex manicomio di Volterra. La legge Basaglia n°180 del 1978, non era ancora entrata in vigore, ma l'influenza si faceva già sentire. Una testimonianza diretta di questa esperienza che durò un paio di decenni, si trova nel libro "ll sostenibile peso della follia" scritto da Angelo Lippi e Giovanni Sansoni, uno assistente sociale e l'altro psichiatra che, in quel periodo hanno prestato servizio presso la struttura volterrana; un capitolo del volume, pubblicato nel 2008 dalle Edizioni del Cerro, è dedicato a questa esperienza vadese, fra resistenze e integrazione. “Alla Mazzanta - si legge nel libro - furono accompagnati i ricoverati «migliori». Ciononostante, soprattutto in principio, l'iniziativa fu accolta con diffidenza dalla popolazione. “Una volta informati sulla destinazione della Mazzanta a favore dei ricoverati del manicomio i proprietari delle case iniziarono una battaglia per ricacciare il matto-nemico nella sua sicura <<riserva>> sul poggio volterrano." Così, fu organizzata una assemblea alla quale partecipò anche l'allora sindaco del comune di Rosignano Marittimo, Iginio Marianelli. In essa si stabilì la “possibilità di incontri di verifica periodici per valutare eventuali inconvenienti" e soprattutto fu approntato il servizio di guardia medica per i turisti della zona, “in un periodo in cui ancora non si parlava di continuità assistenziale e di guardia turistica”.

Nel libro, si sottolinea la notevole capienza dell'edificio, “in grado di ospitare fino a 50 persone e relativi accompagnatori”. I vantaggi sia per il territorio, sia per gli ospiti della struttura, furono anche altri. Si poté attivare lo scambio di accoglienza con strutture di altre zone, accogliere le famiglie dei ricoverati, ma anche quelle del personale, sperimentando situazioni di integrazione. La struttura, inoltre, accolse anche anziani della zona di Volterra e fu utilizzata come sede congressuale, con l'organizzazione di incontri su temi di salute mentale. I soggiorni nella residenza della Mazzanta erano animati da “molte feste - si legge ancora nel volume - con balli, canti, musiche e visite eccellenti, come gli attori Paolo Panelli e Bice Valori", che a Castiglioncello possedevano una residenza estiva. Anche nella memoria locale resta traccia di alcuni momenti di convivialità. Franco Santini, attuale direttore del Teatro L'Ordigno di Vada, ricorda: «con altri amici andavamo a suonare a Villa Mazzanta, per animare le giornate degli ospiti, altre volte venivano loro, accompagnati dal personale che li assisteva, all'Arena del Popolo. Mi ricordo che cantavamo soprattutto le canzoni di De André; in paese li chiamavano “i matti”, ma con un'accezione priva di scherno. Nella cittadinanza - precisa Santini - soprattutto

all'inizio, c`era della diffidenza e in particolare, il timore che la loro presenza compromettesse una quieta villeggiatura ai turisti ma, alla fine, fu una convivenza tranquilla». Come testimonia il libro di Lippi e Sansoni, “i costi di gestione salivano e gradualmente furono ridotti i periodi di apertura", fino all`abbandono. Nei primi anni Duemila la struttura fu acquistata da un imprenditore della zona e vi fu realizzato un residence ancora oggi funzionante. (Chiara Castaldi per Bolgheri News maggio 2018)

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