Con la fine della Guerra 15/18 a Vada si rafforza il nucleo dei
pescatori. Si verifica un consistente afflusso di barche e pescatori del
napoletano, "i pozzolani", come verranno chiamati in paese. Un gruppo di famiglie vi trae modesto, ma puntuale
sostentamento. Sono i Rotta, i Procolo, i Gervasio che piano
piano cominciano a mettere qui le radici con le loro famiglie,
formandone anche delle nuove, inserendosi così nel paese che
li accoglie volentieri per la loro operosità e l'apporto
economico derivato dalla pesca. Con le loro barche gli uomini vanno a calare
tramagli, palamiti e nasse lungo la costa ed anche fino al «Fanale»
e nei fondali verso la Corsica. Il mare è ricco, il pesce
abbonda. Le
donne vadesi si incaricano di venderlo non solo ai
grossi commercianti, ma soprattutto ad alberghi e pensioni della
zona.
(Da Q. Vadesi 11 a cura di
Vinicio Bernini)
Vada - Problemi ittici. Le cause che provocano la crisi
della pesca
Chi per primo ha fatto questa constatazione ha dimostrato di
osservare attentamente i problemi paesani con tutto quanto
di nuovo, di imprevisto, essi possono portare alla vita di
Vada che si svolge un po' come in tutti paesi di questo
mondo sotto gli occhi dei suoi cittadini. Chi non ha voluto
soffermarsi sulle cause, ha dichiarato trattarsi solo di un
temporaneo allentarsi di questa attività dovuto
all'incostanza del tempo, che ha caratterizzato con
improvvisi voltafaccia la scorsa stagione. Chi ha voluto
indagare un po' più profondamente sulle circostanze che
hanno determinato questa crisi, ha parlato con le persone
che, vissuto questo momento, che sembra ora debba ritornare
anche se non del tutto, ai tempi delle giornate migliori:
intendiamo parlare dei pescatori locali. Chi vive a Vada non
può ignorare le esigenze ed i problemi vivissimi di questa
meravigliosa di interessante categoria di persone, che
mangia il suo pane saporito di salmastro dopo averlo
quotidianamente sottratto alle intemperie ed ai pericoli.
Parlare di questi ora significherebbe voler fare
dell'antipatica ed inutile retorica. Da questa indagine ben
altre si sono rivelate come cause che continuano a
determinare la crisi. Innanzitutto la pesca con gli
esplosivi. Devo ancora incontrare un pescatore che non
imprechi contro coloro che distruggono ogni specie di pesci
ricorrendo alla pesca con gli esplosivi. Chi crede di poter
onestamente trascorrere i suoi pomeriggi e le sue ferie,
dedicandosi alle bombe subacquee di recente uso, si sbaglia
di grosso. Sappia che danno peggiore di questo non lo si può
fare. Veramente dovrebbe convincersi anche da solo, se
avesse coraggio di posare lo sguardo sullo stato della preda
catturata con quel mezzo. Si accorgerebbe che la metà del
bottino sarebbe stato gettato onestamente in mare
dall'ultimo dei pescatori della zona, che avesse atteso per
ore un solo pesce. E' inutile dire quanto altrettanto
ricreativo e dopolavoristico sarebbe una leale tenzone con i
pesci in occasione del sabato pomeriggio. Come non bastasse
c'è pure la pesca con le reti a strascico. Questo genere di
pesca che si svolge con l'ausilio delle grandi barche le
"paranze", anche se contrariamente alla pesca fatta con
esplosivi è ammessa dalla legge, arreca un danno pari della
precedente perché tesa alla ricerca della quantità, da
ottenersi con il miglior spreco di energie, quantità
ottenuta oggi, indipendentemente da ciò che può accadere
domani. Questa teoria dell'industrialità, del quintalaggio,
ottenuto in poco tempo è controproducente. La rete a
strascico che rasenta per chilometri e chilometri il fondo
del mare, gratta tutto ciò che incontra sul suo cammino,
strappa dalla terra la delicata vegetazione marina che è
pascolo ed asilo di pesci di qualunque età e dimensione.
Essa distrugge le uova, nascondigli, abitacoli e tutto
raccogliere le sue maglie terribili per tutto sottrarre
senza nessuna distinzione, ignorando che le uova saranno i
pesci piccoli ed pesci piccoli saranno i pesci grossi di
domani, quelli che il mercato apprezzerà e sarà disposto ad
acquistare. Non c'è più religione oggi mi dice un pescatore,
povero ragazzo siciliano, finito a fare il pescatore a Vada,
che ha il coraggio di confessarmi di non avere avuto per
giorni dieci lire per comprare una sigaretta. Occorrerebbe
solo la buona volontà, la stagionaccia, il mare grosso,
l'oscillazione del mercato, anche se rendono
comprensibilmente precaria la vita dei pescatori di Vada,
(come quella di tutti i pescatori del mondo), sarebbero cose
rimediabili, perché fino a prova contraria, dopo il
temporale arriva il sereno e il mare se Dio vuole, è ancora
quella potente macchina che fabbrica pesce, perché gli
uomini se ne cibino. Il problema si identifica solo in una
questione di uomini che possono e dovrebbero fare solo ciò
che è loro consentito, tenendo presente il domani. Eppure
qui a Vada, dove si può acquistare il pesce migliore, la
parte migliore dei pescatori ha dimostrato di non ignorare
il problema di domani. La cooperativa dei pescatori di Vada
se non erro, è stata creata per salvaguardare i problemi
contingenti, relativi alla vendita del pesce, ma anche
soprattutto per una delicata e desiderata linea di condotta,
da seguire per ciò che concerne problemi che vanno al di là
della produzione spicciola, dell'immediata collocazione sul
mercato di consumo, contemplando con encomiabile iniziativa
attività previdenziali ed assistenziali e propugnando
energicamente cordiale collaborazione, identità di fini da
raggiungere, ed onestà di intendimenti, quali si comprende
si convengono ad uomini allevati dalla dura scuola del mare
(Trento
Paladini 3 maggio 1955 su "La Nazione")
Dai Catarsi ai pozzolani, la vita in mare
Si cominciò con i “trabaccoli” per
passare alle mini flotte. Il ricordo di Varese, 90 anni.
Storie di pesca e di amicizia: una comunità nata negli anni Venti.
Una comunità compatta, quella dei
pescatori di Vada, rimasta tale fino a pochi anni fa: a quando, cioè, i
vecchi hanno tirato, come si sul dire i remi in barca. Ci riferiamo ai
Catarsi, Giovannelli, Rotta, Ducci, Ulivi, Grassi, Sandri, Neri,
Bartoletti, Pierattelli... che di mare vivevano e del quale avevano
fatto praticamente la loro abitazione a cielo aperto. Varese Giovannelli,
oggi 90enne, fisico ancora robusto, è l’ultimo rappresentante di quella
generazione di pescatori indomiti ai quali lo spazio aperto del mare
offriva la gioia di vivere nonostante le ristrettezze ed i pericoli
quotidiani. Sin da ragazzo Varese bordeggiava sui “trabaccoli”, barche
a vela che, in coppia, pescavano a strascico, spesso di notte, nella
zona del pontile Lamberti o della Magona, meglio nota come Bonaposta,
dove spesso le navi gettavano l’ancora quando il mare era in tempesta o
in attesa di essere scaricate del carbone che avevano nel ventre. Ma è
stato a bordo pure delle “tartane”.
- LE BESTINARE. Poi si iniziò la
pesca con tramagli e palamiti anche se imperavano ancora le “bestinare”,
reti per grosse prede in cui rimanevano, danneggiandole, verdesche,
squali volpe, pesci vacca e “bestie” di notevole caratura. Negli
anni ’20 giunsero i Catarsi con il piccolo, ma ben piantato Ernesto con
al seguito i figli Autilio, Romolo, Bruno e una femmina. In breve nacque
una mini-flotta di barche da pesca (a remi e a vela), più tardi dotate
di motori recuperati da vecchie auto ed adattati alla bisogna.
- I CATARSI. Dei Catarsi rimane un gran ricordo poiché dettero vita
prima alla Rotonda e poi alla Barcaccina, due locali con tanto di
bagnetti: i primi apparsi a Vada. La Barcaccina, in seguito, assunse una
notorietà, grazie a Vincenzo e Franco Catarsi, pari a qualche locale
della Versilia, tanto da essere frequentata da attori, cantanti,
complessi e persone in vista. Molte le avventure dei Catarsi per mare,
tra cui ne ricordiamo una: quella in cui incappò Bruno.
- ALLA DERIVA. La tramontana sorprese lui - ragazzo - con altri 4
pescatori a 4 miglia e mezzo dalla costa. Remarono fino allo stremo per
raggiungere il faro di Vada (ovvero la Gabbia in cui all’epoca abitava
il fanalista) dove, sfiniti, trascorsero la notte per riprendere la via
di casa dopo l’alba. Sulla spiaggia ad attendere la barca, cinque
famiglie in ambasce. (La storia è
QUI)
-
ULIVI E POZZOLANI. E gli Ulivi? Un’altra “stirpe” che ha speso più di
mezzo secolo tra le onde. Marcello, Renato, Libero (ma soprattutto i
primi due), ne hanno passate di cotte e di crude. Infine i “pozzolani”,
cioè i Rotta, ma non solo loro, così chiamati perchè venivano da
Pozzuoli, per compiere la stagione di pesca a remi ed a vela. Dal centro
campano si muovevano
7-8 gozzi insieme per navigare, in genere, 8-15
giorni a seconda del tempo. La barca era la loro casa, la loro vita: a
poppa tenevano le reti ed a prua le “brande” per dormire, gli stipetti
per gli abiti. Un posto era riservato alla riserva di acqua potabile ed
al caldaro ove cuocevano gli scarti di pesce. Quello di pregio veniva
venduto. Col tempo decisero di restare a Vada, tanto che molte sono le
famiglie che vi vivono ancora con discendenti “toscanizzati” al massimo,
come del resto accadde ai loro nonni, impagabili e onesti lavoratori,
che ben si integrarono con gli abitanti dell’allora piccolo borgo, dove
sulla marina esistevano le tipiche casette, oggi demolite. Una vita
difficile quella del pescatore, sempre esposto al pericolo, affrontata
con gran rispetto per il mare, anche quando per giorni toglieva loro,
con le tempeste, i mezzi di sostentamento.
(Manrico Falorni per Il Tirreno
del
25-02-2004)
Se ne va uno dei primi pescatori della marina
Se n’è andato
uno dei pescatori che ha fatto la storia della marina di
Vada. All’età di 90 anni si è spento Pasquale Rotta, una
vita passata tra i tramagli e il mare. Rotta, molto
conosciuto in paese (così come i suoi fratelli Angiolino e
Michele), era arrivato per la prima volta a Vada negli anni
Trenta. Insieme ai fratelli raggiungeva in estate le sacche
di Vada per pescare con la barca a vela: venivano da
Pozzuoli, ma si sono innamorati in fretta di Vada. Quella
che era una tappa estiva, con il tempo, si è trasformata in
qualche di fisso. Così, prima dell’inizio del secondo
conflitto mondiale, Rotta si è stabilito a Vada, dove si è
fatto una famiglia. Qui sono nati i figli dei tre fratelli
Rotta, guarda caso tutti di nome Luigi proprio come il loro
nonno. Pasquale Rotta possedeva anche una delle casotte presenti
sulla marina. Casotta poi passata ad un pescatore
professionista. Nonostante negli ultimi anni frequentasse
poco il paese, sono tante le persone che che a Vada si
ricordano e si ricorderanno di Pasquale il pescatore.
(MA.MO. per Il
Tirreno 9-9-2009)
Addio a Pasqualino Rotta
27/4/2017 - Pescatore
molto noto nella comunità vadese scomparso a 82 anni. Un pezzo di storia se ne
va! Un personaggio che ha marcato con la sua presenza la
realtà vadese ...con la sua simpatia, briosità , modo di
essere sempre rappresentato da atteggiamenti tali da
suscitare sempre un sorriso e buonumore. Le sue battute,le
sue scenette messe in essere nella vita comune , nel lavoro.
Sempre! Quando vendeva il pesce nei vari paesi, quando
tornava dalla pesca. Come tifoso del Vada si caratterizzava
sempre nel modo di tifare, nell’abbigliamento sempre con
qualcosa di amaranto addosso, con il suo incitamento
preferito ai giocatori: “insistisci!”. Un uomo di mare,
esperto sia nella pesca che nei mestieri, e per questo
affidabile collaboratore per anni del Circolo Nautico Vadese.
Simpatia abbinata alla sua bontà d’animo, alla sua
generosità. Un personaggio sagace e mai banale, ben voluto
da tutti, che lascia un vuoto assordante . Non sappiamo
quale sarà la sua destinazione nell’aldilà ma di sicuro si
farà ben volere suscitando allegria. E di sicuro ci arriverà
in ciabatte come era abituato in vita a portare, a piedi
nudi, sia con il caldo che con il freddo, in estate ed in inverno. Mario
Baldeschi Presidente Circolo Nautico Vadese.
1943 - Problematiche con la
vendita del pesce.
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